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Coloro di noi che hanno invitato al boicottaggio delle istituzioni accademiche israeliane lo hanno fatto per motivi inequivocabili. Noi crediamo nella libertà accademica e nell’intricata rete di scambi intellettuale che la libertà accademica salvaguarda. Crediamo questo, non principalmente perché siamo preoccupati per il destino della professione e dei suoi protocolli, ma perché crediamo che l'accademia è parte del mondo.

L’apprendimento e l’insegnamento non hanno naturalmente le stesse modalità delle altre pratiche, ma sono parte integrante del mondo del pensiero e di azione che tutti noi viviamo, indipendentemente quale sia il nostro abito accademico. Niente compiace la cultura della competenza dello Stato neoliberista più della mistificatoria invocazione della torre d’avorio che gli permette di governare senza l’impedimento di una cittadinanza critica.

di Rosemary Sayigh

Il piano dell’Università Ebraica di tenere una conferenza internazionale di storia orale a Gerusalemme nel 2014, annunciato i primi di luglio del 2013, ha scatenato un'ondata di proteste da parte degli storici e studiosi di tutto il mondo. Avviato da un gruppo di attivisti legati al movimento di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) - Sherna Gluck, Haim Bresheeth, Nur Masalha, Lisa Taraki, Sami Hermez, Omar Barghouti e questo scrittore - una campagna per boicottare la conferenza ha raccolto finora oltre 350 firme ed è ancora in crescita. Di questi, un terzo sono studiosi che utilizzano la storia orale.

Il primo obiettivo della campagna era quello di dissuadere i principali oratori Alessandro Portelli e Mary Marshall Clark dal partecipare alla conferenza, dato il sostegno dell’Università Ebraica al militarismo e il suo scarso rispetto per i diritti umani. Quando Portelli e Clark non sono riusciti a ritirarsi, gli attivisti hanno deciso di lanciare un appello pubblico in tutto il mondo nei confronti degli storici orali e studiosi interessati al richiamo arabo orientale per il boicottaggio della conferenza. Ad oggi, anche se una leggera maggioranza di firmatari provengono da paesi che hanno una lunga tradizione di movimenti per il Boicottaggio Accademico e Culturale di Israele (dell'ACBI) come la Palestina, gli Stati Uniti d’America e il Regno Unito, quasi la metà di essi proviene dall'America Latina, India, Giappone, Australia, Canada, Spagna, Irlanda, Francia, Italia, Egitto, Sud Africa e Israele.

La seguente dichiarazione a sostegno della risoluzione dell’Associazione di Studi Americani  a sostegno del boicottaggio accademico è stata organizzata da Cornell Students for Justice in Palestina e National Students for Justice in Palestine.

Cari Curtis Marez, Lisa Duggan, Matteo Jacobson e John Stephens:

Come membri a livello nazionale di Students for Justice in Palestine scriviamo per dare il nostro avvallo incondizionato alla risoluzione dell’Associazione di Studi Americani (ASA) a sostegno del boicottaggio accademico. Così facendo siamo solidali con la richiesta promossa dalla società civile palestinese di attuare un boicottaggio istituzionale delle università israeliane e di altri centri accademici per protestare contro l'occupazione militare della Palestina e le sistematiche violazioni dei diritti all'istruzione e alla libertà accademica di studenti e studiosi palestinesi in Cisgiordania, Gaza e Israele.

Un gruppo israeliano ha lanciato un’importante azione legale contro un controverso accademico australiano di cui si dice si sia reso colpevole di abusi di discriminazione razziale boicottando un accademico israeliano.

La scorsa settimana, Shurat HaDin - Israel Law Center, un’organizzazione israeliana di diritti civili, ha presentato la causa legale contro Jake Lynch, direttore del Centro per la Pace e per gli Studi dei Conflitti all’Università di Sidney, alla Corte Federale di Sidney.

La causa si concentra sul rifiuto di Lynch di patrocinare una domanda di assunzione di Dan Avnon, accademico israeliano della Hebrew University of Jerusalem, per un suo collega, Sir Zelman Cowen.


di Randa Abdel-Fattah

Gli australiani interessati alla libertà accademica e alla libertà di parola dovrebbero essere molto preoccupati dagli sforzi israeliani di danneggiare i valori fondamentali della nostra democrazia, e di demonizzare i sostenitori dei diritti umani dei palestinesi.

Sono uno di quei 2.000 sostenitori dei diritti umani australiani e internazionali da 60 diversi paesi che hanno sottoscritto una petizione [1] di sostegno al movimento di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS), e che si sono offerti come co-imputati per qualsiasi azione legale portata avanti contro il Professore Jake Lynch, del Centro per la Pace e per gli Studi dei Conflitti dell’ Università di Sidney. Martedì, Shurat HaDin, uno studio legale israeliano, ha presentato una causa contro il Professore Lynch alla Corte Federale dell’Australia, dicendo che il professore avrebbe perseguito politiche razziste e discriminanti con il suo specifico sostegno al boicottaggio accademico delle istituzioni israeliane e degli individui che le rappresentano. Jake Lynch ha rifiutato di collaborare con la Hebrew University a causa del suo supporto all’illegale occupazione della Palestina e dei suoi collegamenti con l’industria bellica israeliana.

I soci dell'Associazione per la Sociologia Umanista, un'organizzazione dedicata allo studio e all'azione a servizio della giustizia e della pace, hanno votato a favore del sostegno al boicottaggio accademico e culturale di Israele. L’appello nasce dalla società civile palestinese e noi rispondiamo a questa chiamata. Fa parte del movimento globale e ampiamente sostenuto per il Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) volto a porre fine alla violazione dei diritti dei palestinesi in Palestina/Israele.

Israele prosegue e, infatti, sta intensificando la sua colonizzazione della terra palestinese in violazione del diritto internazionale. La sofferenza umana nei territori occupati è enorme e diventa sempre più grave manifestandosi in vari modi. Tutti gli sforzi per far sì che Israele inverta la sua rotta hanno fallito. Ciò che rimane alla comunità internazionale per i diritti umani per dissuadere Israele da questa tragica linea di condotta che ha scelto di seguire sono le iniziative BDS, compreso il boicottaggio accademico e culturale.

È la nostra speranza più sincera che lo Stato di Israele ascolti queste grida per la giustizia, che provengono da tutto il mondo, compreso dall'interno stesso di Israele. Israele deve fermare la repressione ed avviare negoziati come un partner alla pari con i rappresentanti del popolo palestinese che porteranno ad un accordo reciproco per una soluzione pacifica nel rispetto dei diritti umani e le aspirazioni nazionali di entrambi i popoli.

L'adesione dell'Associazione per la Sociologia Umanista esorta il governo degli Stati Uniti, che continua a fornire sostegno economico e militare ad Israele, di interrompere immediatamente tale sostegno e di sostenere invece:

  1. il diritto al ritorno dei profughi palestinesi;
  2. la piena uguaglianza dei cittadini palestinesi di Israele, e
  3. la fine dell'occupazione e il dominio coloniale. 

Stephen Adair, Presidente dell'Associazione per Sociologia Umanista, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Johnny E. Williams , Vicepresidente dell'Associazione per Sociologia Umanista, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Fonte: Counterpunch

Traduzione di BDS Italia

La scorsa notte, circa alle 3.00 del mattino locali, il Consiglio dell’Associazione degli Studenti Universitari (USAC) dell’università UCLA ha votato per 5-7-0 [favorevoli-contrari-astenuti, ndt] contro una risoluzione che restringeva le possibilità degli studenti di impegnarsi nelle politiche di disinvestimento da compagnie che traggono profitto dall’occupazione israeliana.

La risoluzione, dal titolo “Risoluzione a sostegno di passi positivi verso una pace tra israeliani e palestinesi”, è stata presentata dal partito studentesco Bruins United. Secondo almeno una delle persone presenti all’audizione pubblica alla Kerckhoff Hall, la presentazione della normativa potrebbe essere stata deliberatamente calibrata per coincidere con il periodo in cui l’associazione Students for Justice in Palestine (SJP) sarebbe stata impegnata con l’organizzazione della Settimana per la Consapevolezza della Palestina (Palestine Awareness Week), uno degli eventi più importanti del semestre.

Il seguente articolo è stato scritto su al Jazeera da Samah Sabawi, scrittrice palestinese e consigliera di Al-Shabaka, rete per le politiche palestinese.   

Qualche mese fa mi sono volontariamente offerta come co-imputata per una possibile azione legale minacciata da uno studio israeliano, il Shurat HaDin, verso due accademici del Centro per la Pace e degli Studi dei Conflitti (CPACS), i professori Jake Lynch e Stuart Rees, che si sono pubblicamente rifiutati di collaborare con l’Università Ebraica di Gerusalemme. Da allora, quasi duemila tra accademici, scrittori, attivisti dei diritti umani e altri membri della società civile sia australiani che internazionali si sono uniti in un atto di solidarietà senza precedenti firmandosi come co-imputati insieme ai due professori.

Quando Jake Lynch prese la decisione, etica e morale, di rifiutarsi di collaborare con un accademico che rappresentava l’Università ebraica non ha fatto nient’altro che mettere in pratica un proprio basilare diritto democratico. Parte del campus e dei dormitori dell’Università Ebraica  sono costruiti su terra palestinese illegalmente annessa da Israele, in violazione con la IV Convenzione di Ginevra. L’università inoltre finanzia scavi archeologici nei Territori Palestinesi Occupati, appropriandosi dei reperti storici palestinesi, vietandogli di accedere a quei siti archeologici e scacciandoli da quelle zone (azione considerata come “furto” secondo la legge umanitaria internazionale). La lista delle violazioni dell’Università Ebraica potrebbe continuare a lungo, come le sue relazione con i sistemi Elbit, una delle più grandi compagnie israeliane di sicurezza e sorveglianza militari che aiuta Israele a mantenere l’illegale occupazione della Cisgiordania, ma questa non riguarda né Jake Lynch né la Hebrew University, bensì come funzionano i diritti democratici.

Nel luglio del 2013, la Commissione Europea ha annunciato nuove linee guida che mirano a impedire ai progetti israeliani negli insediamenti illegali di ricevere finanziamenti europei per la ricerca e a evitare che aziende e istituzioni israeliane che operano all'interno degli insediamenti illegali possano partecipare a strumenti finanziari come i prestiti europei. Le nuove linee guida sono state largamente accolte da organizzazioni della società civile palestinesi ed europee.

Ma ora Israele e i suoi sostenitori stanno facendo pressione sull'Unione Europea affinché essa abbandoni le nuove linee guida. Vi è un rischio reale che la Commissione ceda alle pressioni israeliane e decida di continuare a finanziare e sostenere i progetti e le organizzazioni israeliane che si trovano nel territorio palestinese occupato. Questo invierebbe il messaggio pericoloso che l'Unione Europea non ha la volontà politica di far pressione su Israele per porre fine i suoi crimini di guerra e per sì che rispetti il diritto internazionale.

Utilizza il nostro semplice e-tool per inviare un messaggio ai deputati italiani del Parlamento Europeo e chiedi loro di intervenire a sostegno delle nuove linee guida e di fare in modo che l'Unione Europea smetta di finanziare i crimini di guerra israeliani.

Agisci! Invia questo messaggio ai Deputati Italiani del Parlamento Europeo!

firma

Testo della lettera che verrà inviata agli europarlamentari 

Onorevole Membro del Parlamento Europeo,

Come uno dei vostri costituenti, Le scrivo per esortarla a prendere misure urgenti per sostenere un’importante decisione recentemente assunta dall'Unione Europea (UE) per quanto riguarda l'illegale occupazione israeliana del Territorio Palestinese.

A seguito delle preoccupazioni manifestate da numerosi parlamentari europei, dalla società civile e da migliaia di cittadini europei, la Commissione Europea ha recentemente annunciato nuove linee guida volte a dare attuazione alla posizione dell'UE di non riconoscere la sovranità di Israele sul Territorio Palestinese Occupato.

La raccolta di articoli per questa edizione de “Il Giornale della Libertà Accademica” è stata concentrata sulla tematica della globalizzazione dell'educazione superiore e il suo impatto sulla libertà accademica. La questione è: l'espansione dell'educazione superiore americana nel mondo e la crescita dell'integrazione internazionale hanno effetti sulla libertà accademica? E, al contrario, in quali modi la globalizzazione dell'educazione superiore sta cambiando l'università negli Stati Uniti, cambiando le tradizionali concezioni della libertà accademica? Uno degli argomenti che ha attirato di più l'attenzione per la sua potenziale relazione a queste domande includeva la questione della libertà accademica nei campus satelliti delle università, come nel caso della NYU ad Abu Dhabi e Yale a Singapore: come l'espansione dell'università liberale in paesi autoritari va ad interagire con la propria libertà accademica, e come questa viene percepita dagli studio all'interno delle istituzioni accademiche?