Coloro di noi che hanno invitato al boicottaggio delle istituzioni accademiche israeliane lo hanno fatto per motivi inequivocabili. Noi crediamo nella libertà accademica e nell’intricata rete di scambi intellettuale che la libertà accademica salvaguarda. Crediamo questo, non principalmente perché siamo preoccupati per il destino della professione e dei suoi protocolli, ma perché crediamo che l'accademia è parte del mondo.

L’apprendimento e l’insegnamento non hanno naturalmente le stesse modalità delle altre pratiche, ma sono parte integrante del mondo del pensiero e di azione che tutti noi viviamo, indipendentemente quale sia il nostro abito accademico. Niente compiace la cultura della competenza dello Stato neoliberista più della mistificatoria invocazione della torre d’avorio che gli permette di governare senza l’impedimento di una cittadinanza critica.

Niente fa infuriare i neoconservatori più di una manciata di accademici che mostra di possedere davvero la capacità di impattare sul mondo esterno per mezzo di dibattiti che iniziano a cambiare il percorso delle politica estera ed interna statunitense, o, in questo caso, sulle relazioni Usa-Israele. La prova di ciò è data dalla corrente campagna di  “guerra legale” per silenziare le critiche verso Israele nei campus universitari sulle false supposizioni che siano antisemiti.

Le risorse infuse in tali campagne sia dale organizzazioni sioniste negli Stati Uniti che NGO israeliane suggeriscono che di sicuro loro non vedono la “torre d’avorio” come un luogo di lotta politica.

Crediamo anche che la libertà accademica e il diritto all’educazione siano universali ed indivisibili. Non possono essere offerti agli accademici statunitensi ed israeliani ma non a quelli palestinesi.

Continuo attacco

Infatti, come dimostrato da dai violenti attacchi in atto ai professori e agli studenti che hanno alzato critiche ad Israele, se la libertà accademica non è disponibile per i palestinesi, allora non sarà pienamente disponibile neanche per tutti gli accademici statunitensi. E la libertà accademica è stata negata ai palestinesi non semplicemente attraverso la legge, ma anche attraverso i continui attacchi di Israele, il cui scopo finale è negare ai palestinesi la capacità di trasmettere le loro cultura o educare la propria gente.

L’opinione pubblica Americana ora è a conoscenza che nell’operazione militare Piombo Fuso del 2008-2009 contro Gaza, Israele ha polverizzato 23 scuole, inclusa la scuola di musica, l’International American School, e l'Università Islamica. Ciò che è meno ben riportato è che Israele ha sistematicamente chiuso le università [palestinesi] come atto di punizione collettiva, e ha successivamente vietato ai professori di tenere le proprie lezioni fuori dai campus.

Ha negato la libertà di movimento cosicchè gli studenti non potessero raggiungere i loro campus e gli studenti vincitori di borse di studio per gli Stati Uniti non potessero usufruire di tali borse. Israele ha proibito agli accademici di lasciare il loro paese e anche di ritornarci.

Ha frammentato la Cisgiordania con checkpoints in modo che i bambini non potessero raggiungere le loro scuole. Il suo blocco ha impedito l’entrata a Gaza dei più basilari equipaggiamenti scolastici.

Come il vecchio regime di apartheid sudafricano, ha ucciso giovani e bambini che protestavano per queste condizioni o rottogli le ossa a mazzate. All’interno degli stessi territori israeliani, dove I palestinesi dovrebbero avere il diritto alla cittadinanza, il Sistema scolastico è sotto un regime segregazionista come lo erano gli Stati Uniti del sud sotto Jim Crow.

Le università israeliane non sono innocenti

Le istituzioni accademiche israeliane sono complici di questo sistematico diniego di libertà accademica. Partecipano in esso e ne traggono beneficio. Forniscono le informazioni geografiche e demografiche che permettono la costruzione del Muro di Separazione e lo sfratto dei palestinesi dalle proprie terre e dalle proprie case.

Compiono le ricerche tecniche che permettono l’occupazione e la rete di sorveglianza e degli  insediamenti illegali. Premiano coloro che progettano le pratiche di tortura. Sono state costruite liberamente su terra occupata, in violazione del diritto internazionale.

Nessuna istituzione israeliana ha mai protestato per le violazioni alla libertà accademica palestinese, e anzi hanno costituito un consorzio per proteggere la propria e per mettere pressione alle amministrazioni di tutto il mondo per condannare il boicottaggio. Questi sono i veri abusi della libertà accademica: le arbitrarie azioni di distruzione e la passività del silenzio.

E’ in risposta a questi fatti che abbiamo chiamato al boicottaggio delle università israeliane. Chiediamo una moratoria sul supporto istituzionale alle istituzioni accademiche israeliane, che quotidianamente infrangono la libertà accademica degli altri.

Doppia espropriazione

E chiediamo il boicottaggio degli studiosi che agiscono esplicitamente non come persone individuali, ma come “ambasciatori culturali” per la macchina israeliana di propaganda, o hasbara — ovvero, contro coloro che hanno esplicitamente politicizzato le proprie ricerche al servizio dell’espropriazione e dell’occupazione. Questo non per prenderli di mira per via delle loro capacità personali come accademici, ma per il loro ruolo di funzionari dello Stato di Israele.

Tale moratoria dovrebbe e dovrà impattare sulle vite e sul lavoro di quegli accademici che ora sostengono un sistema che migliora le proprie condizioni a diretta spesa delle condizioni di altri.

La prescrizione alternativa per l'inazione è l'equivalente accademico della dichiarazione di terra di nessuno. Gli oppositori al boicottaggio, che avanzano con grande preoccupazione per il destino dell’accademici israeliani e della loro libertà accademica, scarsamente sono a conoscenza perfino dell’esistenza degli studiosi palestinesi, e delle loro istituzioni che hanno lottato decadi per sopravvivere, per portare Avanti la ricerca, per soddisfare la sete di sapere dei propri studenti.

La loro difesa dei diritti degli accademici israeliani dipende dallo sfratto morale dei palestinesi, che sono soggetti ad una doppia espropriazione: prima espropriati delle loro terre e delle risorse materiali per tramandare la loro cultura, e poi considerati come inesistenti nell’intricato molto degli scambi accademici.

Il boicottaggio accademico delle istituzioni israeliane non proibirà agli studiosi di lavorare, pensare o scambiarsi idee. Non distruggerà interamente le loro istituzioni.

Il boicottaggio ha dei fini abbastanza specifici, basati sulle convenzioni dei diritti umani e sul diritto internazionale, e può essere di breve durata. L’espropriazione del popolo palestinese si minaccia essere permanente ed irrimediabile.

 

Colin Dayan è Robert Penn Warren professore di studi umanitari,  Vanderbilt University.

David Lloyd è un illustre professore di letteratura inglese, alla University of California, Riverside.

 

 

 


Fonte: electronicintifada.net

Traduzione: BDS Italia