di Randa Abdel-Fattah

Gli australiani interessati alla libertà accademica e alla libertà di parola dovrebbero essere molto preoccupati dagli sforzi israeliani di danneggiare i valori fondamentali della nostra democrazia, e di demonizzare i sostenitori dei diritti umani dei palestinesi.

Sono uno di quei 2.000 sostenitori dei diritti umani australiani e internazionali da 60 diversi paesi che hanno sottoscritto una petizione [1] di sostegno al movimento di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS), e che si sono offerti come co-imputati per qualsiasi azione legale portata avanti contro il Professore Jake Lynch, del Centro per la Pace e per gli Studi dei Conflitti dell’ Università di Sidney. Martedì, Shurat HaDin, uno studio legale israeliano, ha presentato una causa contro il Professore Lynch alla Corte Federale dell’Australia, dicendo che il professore avrebbe perseguito politiche razziste e discriminanti con il suo specifico sostegno al boicottaggio accademico delle istituzioni israeliane e degli individui che le rappresentano. Jake Lynch ha rifiutato di collaborare con la Hebrew University a causa del suo supporto all’illegale occupazione della Palestina e dei suoi collegamenti con l’industria bellica israeliana.

Non c’è niente di razzista o antisemita nel BDS. Gli sforzi per intimidire e diffamare i suoi attivisti sono basati su una coordinata campagna di menzogne, di distorsioni deliberate e bullesche – una campagna diretta dall’esterno dell’Australia. Telegrammi del governo degli Stati Uniti divulgate da Wikileaks [2] mostrano che Shurat HaDin prende direttive dal governo israeliano su quali casi perseguire e chef a affidamento su contatti con l’intelligence israeliana per aver prove e testimoni. Nonostante la causa contro il Professore Lynch sarà giudicata da una corte australiana, è chiaro che si tratta di un attacco politico esterno ai principi e alle libertà democratiche australiane. Attaccando il diritto accademico australiano di libertà di parola, di dissentire e di supportare la scelta di personale di una causa politica e umanitaria, Israele sta esportando il marchio della sua oppressione in Australia. Israele non è nuovo nel demolire i principi democratici e i fondamentali diritti dell’uomo nei suoi tentativi di mettere a tacere le critiche nei confronti delle sue politiche razziste.

A Marzo 2011, il Parlamento isrealiano (Knesset) ha approvato una legge che autorizza il Ministero delle Finanza a ridurre i fondi statali o il sostegno alle istituzioni che promuovono “attività contrarie ai principi dello Stato”.

Da notare che queste attività includono “il rifiutare l’esistenza di Israele come stato ebraico e democratico” e “il commemorare il Giorno dell’Indipendenza o la giornata della nascita di Israele come una giorno di lutto.” Se si mette ad invocare l’offesa di antisemitismo contro chiunque osi chiedergli di affrontare le sue responsabilità per la sua illegale occupazione e le sue politiche di apartheid, o ad accusare gli attivisti ebrei che chiedono giustizia per i palestinesi come “ebrei autolesionisti”, o a punire i palestinesi, così che come gli israeliani solidali, che commemorano il giorno in cui hanno visto persa la propria terra (la Nakba), Israele mostra che non tollera le critiche alle proprie politiche. Israele è uno stato che si considera al di sopra dei giudizi e avente diritto il di agire nell’impunità, dato il tacito, e talvolta esplicito, consenso dei paesi occidentali che sono tutti troppo pronti a perdonargli la sua illegalità e il suo militarismo.

Quindi, perchè Israele è così spaventato dal BDS? Dopo tutto, lo stato israeliano è una gigantesca macchina da guerra e, segretamente, una potenza nucleare. Economicamente e militarmente, i palestinesi non hanno alcuna possibilità.

Gli apparati di occupazione ed apartheid hanno, senza dubbio, accelerato. Ma l’autorità morale che serviva per guidare questo processo si sta erodendo – è questo è ciò di cui Israele ha paura: la delegittimazione. Israele è giustamente preoccupato delle vittorie, fortemente simboliche, archiviate dal BDS e dal suo potenziale, sul lungo periodo, di erodere il sostegno del mondo occidentale alle intransigenze israeliane, e quindi di essere ancora di più isolato agli occhi della famiglia delle nazioni democratiche. Dal Libano del 2006, all’operazione Piombo Fuso, alle Freedom Flotillas, all’assedio di Gaza, al bombardamento della Striscia nel 2012, Israele ha perso molto della sua credibilità agli occhi della comunità internazionale. C’è un indiscutibile cambiamento nella bilanciamento dell’autorità morale.

Dal canto loro, i palestinesi ora godono della superiorità morale e, con il lancio del movimento BDS nel 2005, loro e i loro sostenitori hanno avvisato che non si fideranno più di logori giochetti politici e di ridicoli “processi di pace”, investendo invece in una strategia che evidenzia la loro superiorità morale, e confidando che la giustizia sarà raggiunta attraverso gli sforzi collettivi della società civile globale.

E proprio a causa del potenziale dell’efficacia del BDS che Israele è preoccupato e si prodiga nel percorrere distanze così grandi per andare a dichiarare una Guerra legale contro un accademico australiano che ha osato rifiutarsi di sponsorizzare un accademico proveniente dalla Hebrew University di Gerusalemme. I prevedibili insulti di antisemita e razzista sono stati tirati fuori in un tentativo di far apparire questa vicenda una questione di vittimismo israeliano, ignorando tutto ciò che è il BDS e facendo finta che esso sia nato dal nulla - e non a causa di più di 60 anni di oppressione, brutalità e apartheid.

L’assoluta ridicolaggine di accusare i sostenitori del BDS di razzismo viene molto alleviata se si considera che, nel 1980, le Nazioni Unite approvarono una risoluzione che incitava “tutti le istituzioni accademiche e culturali a tagliare i propri collegamenti con il Sud Africa.” Il BDS prende ispirazione dai boicottaggi e dalle iniziative di disinvestimento applicate per mettere sotto pressione il Sud Africa affinchè ponesse fine al suo regime di apartheid. Per le organizzazioni internazionali della società civile e per le persone di coscienza non era razzismo il supportare misure punitive non violente e imporre boicottaggi, incluso quello accademico, contro il Sud Africa affinchè terminasse il suo regime. E non è razzismo per un modello similare applicato contro Israele per le sue politiche di apartheid e per le continue violazioni della legge internazionale.

C’è un qualcosa di davvero ironico in uno studio legale israeliano che gioca la carta del razzismo. Come può uno Stato che porta avanti un progetto razzista, antiquato, etnico-religioso e coloniale basato sulla pulizia etnica affermare seriamente che coloro che si oppongono al suo razzismo siano dei razzisti? E’ verosimile che, con l’avanzare della causa contro il Professore Lynch, le calunnie e le distorsioni aumenteranno, ma molti australiani non si faranno ingannare dalla palese tattica di intimidazioni ed attacchi alla libertà di parola, riconoscendo la causa legale portata avanti per quello che è: un esplicito tentativo di mettere a tacere il dissenso e le critiche verso Israele sotto la finzione della discriminazione razziale.

 

 

 

[1] http://www.bdsitalia.org/index.php/ultime-notizie-bac/838-professori-lynch-rees-australia

[2] http://www.bdsitalia.org/index.php/ultime-notizie-sulbds/926-ilc-collegamento-governo-intelligence-israeliani

 

 

Fonte: www.abc.net.au

Traduzione: BDS Italia