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Il Consiglio di Amministrazione della University of Illinois (UIUC) si è riunito oggi per votare sul reintegro o meno del professor Steven Salaita nella sua posizione nel dipartimento di Studi Americani Indiani alla UIUC. Nonostante una notevole affluenza di studenti, docenti e membri della comunità a sostegno della reintegrazione di Salaita, il Consiglio di Amministrazione ha votato per non riassumere il professor Salaita.

Il “Muro di Ferro” a Gaza

Contrariamente alla solita copertura mediatica, che prende la sua linea narrativa da fonti ufficiali israeliane e statunitensi, l'invasione israeliana di Gaza non è stata una questione di auto-difesa, ma un'offensiva calcolata. Secondo Gideon Levy, come scritto su Haaretz il 13 Luglio 2014, l'obiettivo israeliano era semplicemente quello di uccidere gli arabi per “riportare la calma...Lo slogan della mafia è diventato politica ufficiale israeliana. Israele crede sinceramente che se uccide centinaia di palestinesi nella Striscia di Gaza, regnerà la tranquillità.” Levy non spiega ciò che Israele intende per “tranquillità” o “calma”, o come e da chi tale “calma” è stata interrotta, domande a cui tornerò in seguito. Ma entro il momento dell’accordo per un cessate il fuoco raggiunto il 26 Agosto, quelle “centinaia” di palestinesi morti, secondo le statistiche dell'Ufficio per il Coordinamento degli Affari Umanitari delle Nazioni Unite (OCHA), si erano trasformate in 2.131, il 70% dei quali, da stime delle Nazioni Unite, sono civili, tra cui 501 bambini. Inoltre, i dati OCHA calcolano che circa 10.224 abitanti di Gaza sono stati feriti (citando il Ministero della Sanità palestinese) e 475.000 sono stati sfollati, mentre le forze militari di terra e di aria israeliane hanno distrutto le infrastrutture di Gaza. Questo lascia Gaza, già impoverita da anni da un lungo blocco israeliano ed egiziano, ancora più profondamente nella povertà, con B'Tselem (il Centro israeliano di informazione per i diritti umani nei Territori Occupati) che, a Febbraio 2014, riportava come il “90-95% dei principali rifornimenti di acqua a Gaza non sono potabili, e creano problemi anche in termini di uso agricolo.” Questa crisi idrica in atto non può che essere stata intensificata dalla distruzione delle infrastrutture a cui ha portato l’invasione di Gaza.

I tentativi da parte delle università israeliane di punire gli studenti e docenti che hanno protestato contro la guerra di Gaza sono stati una sfida profonda a chi, come me, si era opposto al boicottaggio accademico di Israele.

di Amir Hetsroni

La persistente guerra di Gaza e ora (forse) le sue conseguenze hanno portato ancora una volta alla ribalta la questione di un boicottaggio internazionale di Israele. Prima di rispondere se un tale boicottaggio sia giustificato date le mutate circostanze, e se derivi o no dall'effettivo riconoscimento della brutalità inaccettabile del comportamento di Israele e non da puro antisemitismo, dobbiamo prima chiarire di cosa stiamo parlando.

Il movimento BDS (Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni) fa appello a persone e istituzioni di tutto il mondo perché si astengano dal cooperare con Israele in qualsiasi campo - dal commercio, al turismo, alla ricerca scientifica. Questi appelli sono forti e pubblici, ma spesso i loro effetti non vengono dichiarati dai canali ufficiali, passando in silenzio ma non inosservati. Quando, per esempio, le vendite di manghi israeliani in Scandinavia scendono di oltre il 50 per cento in un solo mese (come è successo di recente) non è solo a causa della riluttanza delle catene di alimentari nordiche a commercializzare la frutta israeliana, ma anche perché i loro consumatori lasciano sugli scaffali i prodotti "Made in Israel". 

Dopo più di un mese di bombardamenti da parte dello Stato israeliano, circa 2.000 palestinesi sono morti – la stragrande maggioranza dei quali civili. Questi includono 408 bambini, secondo gli ultimi calcoli delle Nazioni Unite, cifra che è quasi sicuramente destinata a salire mentre i sopravvissuti setacciano le macerie. 67 sono i morti da parte israeliana - tutti, soldati dell’IDF a parte 3. Ancora una volta, gli abitanti di Gaza hanno visto le loro case e le loro città ridotte in macerie. Intere famiglie sono state spazzate via. Si tratta del terzo attacco da parte di Israele su Gaza, dopo aver ritirato ufficialmente le sue forze dalla Striscia nel 2005 (pur mantenendo il controllo dei confini, dello spazio aereo e marittimo, tanto che l'ONU riconosce ancora Gaza come territorio occupato). Nel 2008-2009, l'Operazione Piombo Fuso uccise 1.400 palestinesi, ferendone 5.000. Nel 2012, l'Operazione Pilastro di Difesa uccise 103 civili palestinesi e ne ferì 1.399. Questi eventi si verificano sullo sfondo di decenni di illegale occupazione e colonizzazione israeliane. E’ a causa di questo contesto, crediamo, che rende così in malafede accusare i critici Israele di “prenderlo di mira in maniera esclusiva”. Come molti hanno persuasivamente sostenuto nel corso delle ultime settimane, è Israele che si mette su un piano di attenzione esclusiva [1]: attraverso le sue pretese di impeccabilità morale, attraverso il suo Stato celebrato come una democrazia, attraverso il suo sostegno massiccio ricevuto dagli Stati Uniti e da altre nazioni, e attraverso il suo continuo abuso del retaggio dell'Olocausto, al fine di sviare le critiche e di screditare la lotta palestinese.  

Venerdì, gli studenti hanno portato la loro protesta contro il licenziamento di Steven Salaita direttamente ai membri del consiglio di amministrazione della University of Illinois. [UIUC, ndt]

Gli studenti hanno chiesto “l’immediata riabilitazione” di Salaita, che è stato licenziato dagli amministratori dell’università da una posizione di ruolo nel programma di studio indio-americani presso il campus Urbana-Champaign dell'università, a seguito di una campagna mediatica che lo ho preso di mira per via del suo criticismo verso Israele.

Gli studenti hanno pianificato un'altra azione per Martedì.

Rompendo finalmente il silenzio, la University of Illinois a Urbana-Champaign ha oggi affermato che il licenziamento di Steven Salaita “non è stato in alcun modo influenza dalle sue posizione sul conflitto in Medio Oriente o dal suo criticismo verso Israele.”

Piuttosto, infatti, si è trattato di un licenziamento preventivo basato sulla supposizione che con i suoi tweet sarebbe stato un cattivo insegnante.

Questo uso trasparente di "civiltà" come copertura per licenziare un professore che ha schietti punti di vista su Israele è quasi identico al pretesto che è stato dato dalla DePaul University nel 2007 per negare un mandato di ruolo a Norman Finkelstein.

In tal caso, DePaul negò a Finkelstein il mandato sulla base di vaghe motivazioni secondo le quali Finkelstein mancava di “collegialità.”

“L’università è orgogliosa di tutti i suoi studenti e ringrazia coloro che hanno prestato servizio come riservisti,” scrive in una mail del 13 Agosto Yoav Ariel, presidente di facoltà della Tel Aviv University. “Auguro a tutti noi un repentino ritorno alla nostra benedetta routine.”

La mail di Ariel espone alcuni dei benefici che la Tel Aviv University sta fornendo agli studenti che hanno partecipato all'assalto militare di Israele su Gaza, tra cui la possibilità di ripresentarsi agli esami.

L'università aveva già annunciato il mese scorso che avrebbe fornito un anno di retta universitaria gratuita ai soldati.

L'attacco di Israele, che ha ucciso almeno 1.975 palestinesi, di cui almeno 459 bambini, e causato una distruzione senza precedenti a Gaza, è stata nominato “Operation Protective Edge” in inglese [Operazione “Margine Protettivo,” ndt], e in ebraico “Tzuk Eitan” – che si traduce come “Mighty Cliff.” [“Scogliera possente,” ndt]

Più di un migliaio di professionisti hanno sottoscritto un manifesto rilasciato dalla campagna BDS (Boicottaggio, Divestimento and Sanzioni) accademico per la Palestina, che esige la fine di tutte le relazioni istituzionali con il mondo accademico israeliano, finchè questo non cesserà di supportare l’occupazione e l’apartheid in Palestina.

La campagna, iniziata due anni fa, chiede il sostegno dei professionisti provenienti dai settori accademici e scientifici, e anche delle associazioni collegati a questi campi, come sindacati studenteschi e dei lavoratori, centri di ricerca, associazioni professionali etc. Delle 1.400 persone che hanno sottoscritto il manifesto, 150 sono professori universitari, 850 maestri e 200 son ricercatori. Anche più di 55 associazioni collegate al campo accademico hanno firmato; tra queste sono presenti gruppi di ricerca e dipartimenti universitari.

Il Collettivo Organizzatore della Campagna Statunitense per il Boicottaggio Accademico e Culturale di Israele (USACBI) protesta nei termini più forti possibili contro la cessazione della nomina del professor Steven Salaita dalla University of Illinois, Urbana-Champaign (UIUC). Secondo il report di Inside Higher Education, la UIUC ha rescisso il suo contratto di lavoro con Salaita in base alla sua posizione pubblica sulla questione di Israele-Palestina. Dopo aver pubblicamente annunciato la nomina di Salaita come Professore Associato (di ruolo) di American Indian Studies dopo il consueto esame completo, l'università ha ritirato la sua nomina. In altre parole, Salaita è stato licenziato. Quest’azione negativa costituisce una palese violazione della libertà accademica di Salaita e un attacco insidioso su di lui e su coloro che difendono il diritto all’onesta critica ed etica all’interno delle accademie. Siamo seriamente preoccupati per questo attacco su uno dei principali studiosi di studi arabo-americani ed etnici, indigeni, e americani, le cui brillantemente pioneristiche ed altamente prolifiche borse di studio lo hanno reso una personalità in prima linea in questi campi.

[La seguente lettera, che invita studiosi e bibliotecari di studi sul Medio Oriente a boicottare le istituzioni accademiche israeliane, è stata presentata a nome dei firmatari qui sotto a Jadaliyya il 6 agosto 2014

AGGIORNAMENTO
L'appello è ora stato sottoscritto da più di 400 studiosi e bibliotecari. L'elenco completo delle firme si trova sul sito Mondoweiss ]

Noi sottoscritti, studiosi e bibliotecari che lavorano sulla tematica del Medio Oriente, riteniamo che il silenzio sull’ultima catastrofe umanitaria causata dal nuovo attacco militare di Israele sulla Striscia di Gaza, il terza e più devastante negli ultimi sei anni, costituisca complicità. I governi mondiali e i media mainstream non ritengono Israele responsabile per le sue violazioni del diritto internazionale. Noi, tuttavia, come comunità di studiosi impegnati con il Medio Oriente, abbiamo la responsabilità morale di farlo.