Il seguente articolo è stato scritto su al Jazeera da Samah Sabawi, scrittrice palestinese e consigliera di Al-Shabaka, rete per le politiche palestinese.
Qualche mese fa mi sono volontariamente offerta come co-imputata per una possibile azione legale minacciata da uno studio israeliano, il Shurat HaDin, verso due accademici del Centro per la Pace e degli Studi dei Conflitti (CPACS), i professori Jake Lynch e Stuart Rees, che si sono pubblicamente rifiutati di collaborare con l’Università Ebraica di Gerusalemme. Da allora, quasi duemila tra accademici, scrittori, attivisti dei diritti umani e altri membri della società civile sia australiani che internazionali si sono uniti in un atto di solidarietà senza precedenti firmandosi come co-imputati insieme ai due professori.
Quando Jake Lynch prese la decisione, etica e morale, di rifiutarsi di collaborare con un accademico che rappresentava l’Università ebraica non ha fatto nient’altro che mettere in pratica un proprio basilare diritto democratico. Parte del campus e dei dormitori dell’Università Ebraica sono costruiti su terra palestinese illegalmente annessa da Israele, in violazione con la IV Convenzione di Ginevra. L’università inoltre finanzia scavi archeologici nei Territori Palestinesi Occupati, appropriandosi dei reperti storici palestinesi, vietandogli di accedere a quei siti archeologici e scacciandoli da quelle zone (azione considerata come “furto” secondo la legge umanitaria internazionale). La lista delle violazioni dell’Università Ebraica potrebbe continuare a lungo, come le sue relazione con i sistemi Elbit, una delle più grandi compagnie israeliane di sicurezza e sorveglianza militari che aiuta Israele a mantenere l’illegale occupazione della Cisgiordania, ma questa non riguarda né Jake Lynch né la Hebrew University, bensì come funzionano i diritti democratici.
Difendere il diritto degli accademici di esprimere il proprio punto di vista su questioni controverse è uno dei pilastri fondamentali della democrazia. Tenuto conto che le democrazie sono sempre un “qualcosa in continua evoluzione”, tocca a noi cittadini di stati democratici alzare la nostra voce per proteggere le nostre libertà civili. Parte di questo lavoro significa lottare per sostenere coloro che vengono soggiogati e private dei loro diritti umani fondamentali. E questo non porta a niente di buono per Israele, uno stato largamente criticato da vari corpi dell’ONU e famose organizzazioni dei diritti umani per le sue violazioni ai diritti fondamentali dei palestinesi.
I sostenitori di Israele reagiscono alle critiche in due modi:
1)Intimidendo e tacciando le critiche etichettandole con matrici di natura anti-semite e/o terrorista;
2)Attaccando e minando i nostri diritti democratici, distruggendo così gli strumenti che abbiamo per esporre le sue violazioni e i suoi crimini di
In questo caso, la rete di sostenitori di Israele ha aperto il fuoco con tutto quello che aveva a disposizione, diffamando gli accademici e mettendo pressione sul governo australiano per minare il diritto di dissenso. Il CPACS si trova ora ad affrontare la reale di minaccia di vedersi tagliati i fondi governativi per programmi che non hanno nulla a che fare con il movimento di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS), ma semplicemente a causa delle opinioni politiche del direttore del centro Jake Lynch.
La libertà accademica viene palesemente ostacolata quando i governi interferiscono col diritto di esprimere liberamente le proprie opinion e i propri punti di vista politici. Lo scorso anno, il precedente governo Gillard introdusse una proposta per riformare gli obiettivi dell’Atto a Sostegno dell’Educazione Superiore, rendendo requisite fondamentale per l’assegnazione di finanziamenti federali il pieno supporto alla libertà accademica. Jeannie Rea, presidentessa del National Tertiary Education Union, affermò al Sydney Morning Herald che ''queste modifiche sono un esplicito riconoscimento del fatto che l’università ha il diritto e il dovere di esercitare liberamente la ricerca intellettuale, incluso il diritto di esprimersi su argomenti controversi e impopolari senza venir disincentivati e discriminati”.
Il significato di questa riforma è andato perso con il nuovo governo australiano. Prima di vincere le elezioni, l’attuale Ministro degli Esteri australiano Julie Bishop promise di negare ogni finanziamento a progetti che vedevano coinvolti accademici che supportavano anche solo a parole il movimento di boicottaggio nei confronti di Israele, indipendentemente se questi progetti fossero collegati o meno al conflitto israelo-palestinese.
Ma, per dirla tutta, questa politica di repressione non andrà a prendere di mira solo i sostenitori della causa palestinese e i critici di Israele, ma avrà un impatto su tutti i settori della società civile australiana. Il Primo Ministro Tony Abbott ha chiarito di avere piani per “re-priorizzare” i 900 mln di $ di finanziamento del Consiglio Australiano di Ricerca (ARC), assicurando che tali finanziamenti verranno erogati solamente a progetti ritenuti “pregevoli” dal governo liberale e in linea coi loro principi ideologici. Il Sindacato Nazionale dell’Educazione Terziaria (NTEU) è stato tra i primi a criticare questa violazione della democrazia. Altre condanne sono arrivate da molte personalità e organizzazioni di spicco, come i presidi della Facoltà Artistica, del Consiglio di Arti Umanitarie e Scienze Sociali (CHASS), della Scienza e Tecnologia Australia (STA), delle Scienze Sociali ed Umanitarie, del Consiglio dell’Associazione Australiana dei Laureati e dell’Associazione delle Università d’Australia.
Ho chiesto a Jake Lynch di commentare la possibilità di trovarsi senza fondi per le sue ricerche. La sua risposta è stata:
“I tentativi di Julie Bishop (Ministro degli Esteri australiano, ndr) di soffocare i punti di vista dissidenti su una questione chiave della politica estera equivale ad un abuso d’ufficio e riflette la cattiva integrità della vita pubblica australiana. Accetto pienamente il fatto che io non venga finanziato con soldi pubblici per promuovere o pubblicizzare il boicottaggio accademico di Israele, e anzi non ho mai chiesto o ricevuto alcun finanziamento per questo. Ma le minacce della Bishop di negare finanziamenti governativi per la ricerca anche a quei progetti che non hanno nulla a che fare con il boicottaggio di Israele è un palese attacco alla libertà intellettuale, mirata ad intimidire tutti coloro che vorrebbero criticare le politiche del governo israeliano sul conflitto israelo-palestinese.”
A fine Ottobre si scoprirà se i finanziamenti erogati dal Consiglio di Ricerca Australiano al professore Jake Lynch per un progetto di ricerca saranno negati o meno per via delle sue visioni critiche di uno stato estero; visioni condivise da una larga schiera di illustri sostenitori dei diritti umani, come l’Arcivescovo Desmond Tutu. Nel frattempo, la lista di coloro che volontariamente si offrono come co-imputati continua a crescere, così come la lista di persone di buona coscienza che alzano la voce per dire no alle strategie bullesche di Israele che minacciano i nostri diritti democratici, indispensabili per opporci in maniera non violenta alle sue violazioni razziste della legge umanitaria internazionale.
Israele è indubbiamente visto di buon occhio dalle democrazie occidentali, ma non per le ragioni che lo stato israeliano proclama, bensì perchè mostra quali siano le ipocrisie e gli errori insiti negli altri sistemi democratici. Se non possiamo apertamente dibattere gli argomenti controversi all’interno dei campus universitari o sostenere opinioni di dissenso nei confronti di governi di altri paesi, allora i nostri diritti democratici e la nostra libertà d’espressione sono altamente in pericolo.
Fonte: aljazeera.com
Traduzione: BDS Italia