LIBERTÀ. GIUSTIZIA. UGUAGLIANZA.

Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni per i diritti del popolo palestinese.

Notizie BDS

Notizie internazionali del movimento globale BDS.

Esportazioni ferme per 150 giorni nel 2013 con la chiusura del valico di Kerem Shalom da parte di Israele che impone di vendere solo a Europa e Russia, non a Cisgiordania

di Rosa Schiano

Un recente report pubblicato dalla Camera di Commercio, Industria e Agricoltura di Gaza sostiene che le autorità israeliane hanno chiuso il valico di Karm Abu Salem (Karem Shalom), l'unico valico commerciale della Striscia di Gaza, per 150 giorni durante il 2013, il 41% dei giorni lavorativi. Il report sottolinea che la continua chiusura del valico commerciale costituisce una violazione degli accordi per il cessate il fuoco raggiunti nel novembre 2012 dopo l'offensiva israeliana "Pilastro di Difesa".

Normalmente Israele mantiene il valico commerciale operativo 22 giorni al mese, afferma il report, chiudendolo il venerdì e il sabato, eppure il valico è stato chiuso anche durante le vacanze ebraiche per 'motivi di sicurezza'. Secondo il report, nel 2013 il numero di camion merci entrato a Gaza è di 55.833, 1.578 in meno rispetto al 2012. Israele ha permesso solo l'uscita di 187 camion dalla Striscia di Gaza verso i mercati europei, rispetto ai 234 camion del 2012, la maggior parte carichi di prodotto agricoli.

Il report descrive anche l'impatto della chiusura egiziana dei tunnel dal luglio 2013. Chiusura che ha causato un'enorme perdita economica negli scorsi 6 mesi, come conseguenza diretta dell'interruzione totale di alcune attività economiche e il declino nella produzione, con conseguente declino del 60% del prodotto interno lordo. La disoccupazione ha superato il 39% alla fine del 2013.

La Pggm, tra i principali gestori di fondi pensione in Europa, ha venduto le azioni di 5 istituti di credito di Gerusalemme perché "finanziano gli insediamenti coloniali nei territori palestinesi occupati" e, quindi, violano il diritto internazionale

Per il quotidiano israeliano Haaretz l’empasse ammonterebbe solo a poche decine di milioni di euro. Ma la decisione rappresenta un grosso danno d’immagine per le banche di Gerusalemme e potrebbe spingere altre società europee a portare avanti iniziative simili. L’olandese Pggm, tra le maggiori società di gestione fondi pensione d’Europa, ha annunciato in queste ore di aver ritirato i propri investimenti dai cinque istituti di credito israeliani più importanti: Bank Hapoalim, Bank Leumi, First International Bank of Israel, Israel Discount Bank e Mizrahi Tefahot Bank. Il motivo? Hanno filiali in Cisgiordania e finanziano gli insediamenti coloniali nei territori palestinesi occupati. 

Un nuovo traguardo per la campagna BDS: il fondo pensionistico olandese PGGM, tra i più grandi in Olanda, con un capitale investito di circa 150 miliardi di euro, ha ritirato i suoi investimenti da cinque delle maggiori banche di Israele a causa delle loro filiali nelle colonie in Cisgiordania e perché sono coinvolte nel finanziamento della costruzione degli insediamenti, riferisce il giornale israeliano Haaretz.

Nel corso degli ultimi mesi, PGGM ha contattato Bank Hapoalim, Bank Leumi, Bank Mizrahi-Tefahot, the First International Bank of Israel and Israel Discount Bank per informarli che i loro legami con gli insediamenti hanno implicazioni in vista del parere emesso nel 2004 dalla Corte Internazionale di Giustizia dell'Aja sulla costruzione del muro in Cisgiordania. In questo parere, la Corte ha stabilito che gli insediamenti nei territori palestinesi occupati sono illegali e violano l'articolo 49 della Quarta Convenzione di Ginevra, il quale afferma che alla potenza occupante non è permesso ''procedere alla deportazione o al trasferimento di una parte della sua propria popolazione civile nel territorio da essa occupato". Le banche israeliane hanno risposto che secondo la legge israeliana non gli è permesso non fornire servizi ai soggetti legati agli insediamenti. E data la realtà quotidiana in cui operano le banche, non sarebbe neanche fattibile, secondo Haaretz.

La G4S, società per la sicurezza che ha sbandato da una crisi all'altra nel corso degli ultimi due anni, si trova ad affrontare un'inchiesta da parte di autorità internazionali sulle sue presunte attività in Israele e nei Territori palestinesi occupati.

La G4S è accusata di fornire ad Israele apparecchiature di sorveglianza per i suoi posti di blocco nei territori occupati, anche se l'esatta natura dei dispositivi non è nota.

L'OCSE, che opera sotto l'ombrello del Dipartimento degli Affari Commerciali in Gran Bretagna, indagherà per capire se la fornitura di tali apparecchiature viola le sue linee guida per le imprese multinazionali - una serie di raccomandazioni sostenute dai governi sulla "condotta responsabile delle imprese" all'estero.

Data l'illegalità degli insediamenti ai sensi del diritto internazionale, si prevede che l'OCSE chiederà alla G4S come si può giustificare, essendo una società di un paese membro dell’OCSE, la fornitura e manutenzione di apparecchiature che facilitano l'occupazione.

di Ramzy Baroud 

La disonestà intellettuale dei sostenitori di Israele è atroce. Tuttavia, in qualche strana maniera, è anche comprensibile. In quale altro modo potrebbero reagire al movimento per il boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) che sta crescendo considerevolmente?

Quando un movimento nonviolento – sostenuto da migliaia di attivisti della società civile, dal Sudafrica alla Svezia e da buona parte dei paesi di mezzo – conduce una campagna morale per isolare e tenere responsabile una nazione di apartheid, come Israele, tutto quello che i sostenitori di quest’ultima possono fare è diffondere menzogne e disinformazione. Non ci può essere altra strategia, a meno che, ovviamente, gli amici di Israele non abbiano il loro momento di risveglio morale e non si uniscano all’ondata del BDS che ha già spazzato via molte barriere e liberato tante menti dalla morsa della hasbara (propaganda) israeliana.

di Richard Falk

Con un’iniziativa che è stata poco notata, l’Assemblea Generale dell’ONU, il 26 novembre 2013 ha votato per proclamare il 2014 Anno Internazionale di Solidarietà con il Popolo Palestinese. Al Comitato dell’ONU per l’Esercizio dei Diritti inalienabili del popolo palestinese, è stato richiesto di organizzare attività rilevanti in collaborazione con i governi, il sistema ONU, le organizzazioni intergovernative, e, cosa significativa, con la società civile. Il voto è stato di 110-7, con 56 astensioni, che riflette più o meno i sentimenti ora presenti nella società internazionale. Tra i 7 oppositori dell’iniziativa, oltre a Israele, ci sono stati, come si prevedeva i tre sostenitori più devoti a Israele, ognuno dei quali era una volta colonia britannica: Stati Uniti, Canada, Australia, con l’aggiunta di  stati internazionali di grande peso, come la Micronesia, lo stato insulare di Palau e le Isole Marshall. L’Europa e vari stati del mondo erano tra le 56 astensioni, mentre praticamente l’intero non-Occidente appoggiava solidamente l’idea mettere in luce la solidarietà con il popolo palestinese nella loro lotta per la pace con la giustizia basata sui diritti della legge internazionale. 

Il Ministro della Giustizia israeliana dice che le politiche riguardanti i palestinesi trionfano su tutte le questioni interne e il boicottaggio internazionale degli insediamenti nella Cisgiordania si farà sentire nel resto del paese: 'Il conflitto palestinese è il “soffitto di vetro” dell’economia israeliana'

Il Ministro della Giustizia israeliana Tzipi Livni ha detto che Israele sta mettendo la testa sotto la sabbia per quanto riguarda le conseguenze del conflitto con i palestinesi.

«Voglio parlare della 'bolla'", ha detto. "Non la bolla finanziaria e neanche la bolla immobiliare, ma la bolla in cui viviamo. Un intero paese che è scollegato dalla realtà internazionale".

In un discorso alla conferenza di Calcalist sulle previsioni per il 2014, Livni ha detto che un paese di solito scopre il costo di vivere in una bolla solo dopo che scoppia, come nel caso del Sudafrica.

Il ministro ha detto che pur partecipando a conferenze finanziarie e comitati sulla povertà, queste questioni "non hanno alcun significato se ignorano il conflitto. Il conflitto palestinese è il soffitto di vetro dell'economia di Israele".

Ha avvertito che il boicottaggio internazionale, finanziario ed economico, è iniziato con gli insediamenti in Cisgiordania, ma con il tempo si allargherà al resto del paese.

In cambio di un accordo, Bruxelles offre buoni affari in Europa. Con una mano critica le colonie israeliane, ma con l'altra torna a proporre una vuota pace economica.

di Emma Mancini

Soldi in cambio della pace. Se il negoziato non offre i frutti sperati, allora meglio tentare con gli affari. La proposta giunge da Bruxelles: "L'Unione Europea fornirà un pacchetto senza precedenti di supporto politico, economico e alla sicurezza ad entrambe le parti, israeliana e palestinese, se saranno in grado di finalizzare la pace", si legge in un comunicato emesso ieri dai ministeri degli Esteri europei.

La proposta dei 28 è cristallina: la UE offrirà a Israele e al futuro Stato di Palestina una "Partnership Privilegiata Speciale", che prevede l'ingresso facilitato nel mercato europeo, rapporti di natura culturale e scientifica, sostegno nell'investimento e nel commercio con partner europei. 

Precondizione al super-pacchetto europeo (oltre, ovviamente, ad un accordo di pace definitivo) è il congelamento dell'espansione coloniale israeliana nei Territori Occupati. Dura è stata la dichiarazione emessa ieri dai ministri degli Esteri dei 28 che da Bruxelles hanno condannato la continua costruzione di nuovi insediamenti: se Israele pubblicherà nuovi progetti di costruzione dopo il rilascio del terzo gruppo di prigionieri palestinesi previsto per la fine di dicembre - hanno detto i 28 - Tel Aviv sarà considerata responsabile del fallimento del negoziato.

Abvakabo, sindacato olandese con più di 350.000 membri, ha terminato il proprio contratto con la G4S, compagnia di sicurezza privata che gestisce le carceri israeliane nella Cisgiordania occupata.

La G4S forniva servizi di sicurezza ad un ufficio utilizzato dal sindacato in Utrecht.

Marion Nordemeule, portavoce di Abvakabo, ha riferito per telefono che il sindacato si trasferirà in un altro ufficio a Marzo. Ma anche se non ci fosse stata questa opportunità, Abvakabo “avrebbe comunque rescisso il suo contratto con G4S per la partecipazione di questa nelle violazioni israeliane del diritto internazionale.”

di Ameer Makhoul

All'inizio di quest'anno l'Unione europea ha adottato delle linee guida, secondo le quali viene distinto lo Stato di Israele dalle sue "entità" nei Territori palestinesi che Israele occupa sin dal 1967. Tali linee guida non consentiranno a queste entità, a partire dal 2014, l'accesso a sovvenzioni europee, premi e ad altri strumenti finanziari.

Detta così, la decisione dell'Unione europea sembra rappresentare un cambiamento fondamentale, essenziale e positivo nella politica europea nei confronti della Palestina. Tuttavia, sarebbe meglio che i Palestinesi e i movimenti di solidarietà non facessero grande affidamento su questa decisione dell'UE. Essa suona infatti come "anti-occupazione", ma in realtà serve a legittimare il sistema coloniale israeliano, il vero motore dell'occupazione, "entità" comprese.

Non sono gli insediamenti a determinare la politica; essi al contrario costituiscono il risultato inevitabile dell'intera politica di Israele, profondamente radicata tanto nella società israeliana che nelle strutture governative, semigovernative e non governative.