LIBERTÀ. GIUSTIZIA. UGUAGLIANZA.

Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni per i diritti del popolo palestinese.

Notizie BDS

Notizie internazionali del movimento globale BDS.

La G4S, società per la sicurezza che ha sbandato da una crisi all'altra nel corso degli ultimi due anni, si trova ad affrontare un'inchiesta da parte di autorità internazionali sulle sue presunte attività in Israele e nei Territori palestinesi occupati.

La G4S è accusata di fornire ad Israele apparecchiature di sorveglianza per i suoi posti di blocco nei territori occupati, anche se l'esatta natura dei dispositivi non è nota.

L'OCSE, che opera sotto l'ombrello del Dipartimento degli Affari Commerciali in Gran Bretagna, indagherà per capire se la fornitura di tali apparecchiature viola le sue linee guida per le imprese multinazionali - una serie di raccomandazioni sostenute dai governi sulla "condotta responsabile delle imprese" all'estero.

Data l'illegalità degli insediamenti ai sensi del diritto internazionale, si prevede che l'OCSE chiederà alla G4S come si può giustificare, essendo una società di un paese membro dell’OCSE, la fornitura e manutenzione di apparecchiature che facilitano l'occupazione.

di Ramzy Baroud 

La disonestà intellettuale dei sostenitori di Israele è atroce. Tuttavia, in qualche strana maniera, è anche comprensibile. In quale altro modo potrebbero reagire al movimento per il boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) che sta crescendo considerevolmente?

Quando un movimento nonviolento – sostenuto da migliaia di attivisti della società civile, dal Sudafrica alla Svezia e da buona parte dei paesi di mezzo – conduce una campagna morale per isolare e tenere responsabile una nazione di apartheid, come Israele, tutto quello che i sostenitori di quest’ultima possono fare è diffondere menzogne e disinformazione. Non ci può essere altra strategia, a meno che, ovviamente, gli amici di Israele non abbiano il loro momento di risveglio morale e non si uniscano all’ondata del BDS che ha già spazzato via molte barriere e liberato tante menti dalla morsa della hasbara (propaganda) israeliana.

di Richard Falk

Con un’iniziativa che è stata poco notata, l’Assemblea Generale dell’ONU, il 26 novembre 2013 ha votato per proclamare il 2014 Anno Internazionale di Solidarietà con il Popolo Palestinese. Al Comitato dell’ONU per l’Esercizio dei Diritti inalienabili del popolo palestinese, è stato richiesto di organizzare attività rilevanti in collaborazione con i governi, il sistema ONU, le organizzazioni intergovernative, e, cosa significativa, con la società civile. Il voto è stato di 110-7, con 56 astensioni, che riflette più o meno i sentimenti ora presenti nella società internazionale. Tra i 7 oppositori dell’iniziativa, oltre a Israele, ci sono stati, come si prevedeva i tre sostenitori più devoti a Israele, ognuno dei quali era una volta colonia britannica: Stati Uniti, Canada, Australia, con l’aggiunta di  stati internazionali di grande peso, come la Micronesia, lo stato insulare di Palau e le Isole Marshall. L’Europa e vari stati del mondo erano tra le 56 astensioni, mentre praticamente l’intero non-Occidente appoggiava solidamente l’idea mettere in luce la solidarietà con il popolo palestinese nella loro lotta per la pace con la giustizia basata sui diritti della legge internazionale. 

Il Ministro della Giustizia israeliana dice che le politiche riguardanti i palestinesi trionfano su tutte le questioni interne e il boicottaggio internazionale degli insediamenti nella Cisgiordania si farà sentire nel resto del paese: 'Il conflitto palestinese è il “soffitto di vetro” dell’economia israeliana'

Il Ministro della Giustizia israeliana Tzipi Livni ha detto che Israele sta mettendo la testa sotto la sabbia per quanto riguarda le conseguenze del conflitto con i palestinesi.

«Voglio parlare della 'bolla'", ha detto. "Non la bolla finanziaria e neanche la bolla immobiliare, ma la bolla in cui viviamo. Un intero paese che è scollegato dalla realtà internazionale".

In un discorso alla conferenza di Calcalist sulle previsioni per il 2014, Livni ha detto che un paese di solito scopre il costo di vivere in una bolla solo dopo che scoppia, come nel caso del Sudafrica.

Il ministro ha detto che pur partecipando a conferenze finanziarie e comitati sulla povertà, queste questioni "non hanno alcun significato se ignorano il conflitto. Il conflitto palestinese è il soffitto di vetro dell'economia di Israele".

Ha avvertito che il boicottaggio internazionale, finanziario ed economico, è iniziato con gli insediamenti in Cisgiordania, ma con il tempo si allargherà al resto del paese.

In cambio di un accordo, Bruxelles offre buoni affari in Europa. Con una mano critica le colonie israeliane, ma con l'altra torna a proporre una vuota pace economica.

di Emma Mancini

Soldi in cambio della pace. Se il negoziato non offre i frutti sperati, allora meglio tentare con gli affari. La proposta giunge da Bruxelles: "L'Unione Europea fornirà un pacchetto senza precedenti di supporto politico, economico e alla sicurezza ad entrambe le parti, israeliana e palestinese, se saranno in grado di finalizzare la pace", si legge in un comunicato emesso ieri dai ministeri degli Esteri europei.

La proposta dei 28 è cristallina: la UE offrirà a Israele e al futuro Stato di Palestina una "Partnership Privilegiata Speciale", che prevede l'ingresso facilitato nel mercato europeo, rapporti di natura culturale e scientifica, sostegno nell'investimento e nel commercio con partner europei. 

Precondizione al super-pacchetto europeo (oltre, ovviamente, ad un accordo di pace definitivo) è il congelamento dell'espansione coloniale israeliana nei Territori Occupati. Dura è stata la dichiarazione emessa ieri dai ministri degli Esteri dei 28 che da Bruxelles hanno condannato la continua costruzione di nuovi insediamenti: se Israele pubblicherà nuovi progetti di costruzione dopo il rilascio del terzo gruppo di prigionieri palestinesi previsto per la fine di dicembre - hanno detto i 28 - Tel Aviv sarà considerata responsabile del fallimento del negoziato.

Abvakabo, sindacato olandese con più di 350.000 membri, ha terminato il proprio contratto con la G4S, compagnia di sicurezza privata che gestisce le carceri israeliane nella Cisgiordania occupata.

La G4S forniva servizi di sicurezza ad un ufficio utilizzato dal sindacato in Utrecht.

Marion Nordemeule, portavoce di Abvakabo, ha riferito per telefono che il sindacato si trasferirà in un altro ufficio a Marzo. Ma anche se non ci fosse stata questa opportunità, Abvakabo “avrebbe comunque rescisso il suo contratto con G4S per la partecipazione di questa nelle violazioni israeliane del diritto internazionale.”

di Ameer Makhoul

All'inizio di quest'anno l'Unione europea ha adottato delle linee guida, secondo le quali viene distinto lo Stato di Israele dalle sue "entità" nei Territori palestinesi che Israele occupa sin dal 1967. Tali linee guida non consentiranno a queste entità, a partire dal 2014, l'accesso a sovvenzioni europee, premi e ad altri strumenti finanziari.

Detta così, la decisione dell'Unione europea sembra rappresentare un cambiamento fondamentale, essenziale e positivo nella politica europea nei confronti della Palestina. Tuttavia, sarebbe meglio che i Palestinesi e i movimenti di solidarietà non facessero grande affidamento su questa decisione dell'UE. Essa suona infatti come "anti-occupazione", ma in realtà serve a legittimare il sistema coloniale israeliano, il vero motore dell'occupazione, "entità" comprese.

Non sono gli insediamenti a determinare la politica; essi al contrario costituiscono il risultato inevitabile dell'intera politica di Israele, profondamente radicata tanto nella società israeliana che nelle strutture governative, semigovernative e non governative.

Una delle nuove affascinanti tendenze all'interno della cultura politica degli Stati Uniti è che la lobby israeliana si sta dividendo e ricostituendo, leggermente a sinistra, al fine di affrontare il suo nuovo nemico: il movimento BDS. La lobby ha bisogno di ricostituirsi perché riconosce che i neoconservatori e il Likud espongono Israele e la lobby a un grave rischio politico, in un momento in cui l'Europa si sta spostando lentamente verso il boicottaggio delle merci provenienti dalle colonie e gli americani dicono chiaramente che non vogliono la guerra con l'Iran. La lobby si deve riunificare per affrontare la sua più grande minaccia: il movimento di delegittimazione, gli anti-sionisti che stanno mettendo in discussione il carattere fondamentale dello Stato ebraico e che stanno promuovendo la democrazia in Israele e Palestina.

Questo mi sembra il takeaway di un pezzo di Jeffrey Goldberg a Bloomberg News che lodava John Kerry come il salvatore di Israele. Goldberg sta cercando di convincere i sionisti americani a sostenere il movimento contro le colonie israeliane.

Alcuni estratti. In primo luogo, si noti la straordinaria lode del discorso di Kerry dello scorso fine settimana e la sfida alle sue critiche sioniste:

Il Segretario di Stato americano John Kerry ha rilasciato un appassionato discorso a favore di Israele lo scorso fine settimana al Forum Saban a Washington. Sulle questioni relative alla sicurezza di Israele, la sua legittimità internazionale e il suo futuro demografico, si è mostrato un vero amico. Ci sono persone in Israele - c'erano persone al Willard Hotel dove Kerry ha pronunciato il discorso - che non hanno considerato questo discorso come pro-Israele, ma si stanno illudendo da soli.

Kerry ha dimostrato un paio di cose ... [Egli] è impegnato, fino nel profondo, a promuovere il benessere di Israele. E’ un esemplare di un leader del Partito Democratico che sta lentamente svanendo, qualcuno con grande e semplice affetto per la promessa del sionismo.

La Striscia di Gaza, ormai al suo settimo anno di assedio totale da parte di Israele, ha dovuto affrontare ancora più disagi a seguito del colpo di stato del 3 luglio, nel vicino Egitto.

Il 26 novembre, l'Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari ha avvertito che l'enclave palestinese "è colpita da una delle più gravi crisi energetiche degli ultimi anni, con potenziali gravi conseguenze umanitarie".

I blackout elettrici sono aumentati fino a 16 ore al giorno, mentre la scarsità di carburante ha creato problemi per le operazioni di tutti i 291 impianti di trattamento per l'acqua e per le acque reflue, causando diverse fuoriuscite di liquami. Le scorte di medicine salva vita scarseggiano o sono terminate, e gli attacchi israeliani contro i pescatori e gli agricoltori palestinesi continuano.

Nel frattempo, a centinaia di studenti e a migliaia di aspiranti viaggiatori è impedito di attraversare in entrata o in uscita sia il valico di Erez che di Rafah.

Complicità delle corporation

Tom Anderson e Therezia Cooper sono ricercatori di Corporate Occupation, (Occupazione delle corporazioni, ndt) un progetto di Corporate Watch. Facendo nomi, ed entrando nello specifico, il loro blog documenta il coinvolgimento delle società internazionali e israeliane nell’occupazione illegale della Palestina.

Hanno trascorso la maggior parte del mese di novembre nella Striscia di Gaza nel corso di un nuovo viaggio di ricerca "per fornire strumenti al movimento per il boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) contro l'apartheid, il militarismo, la colonizzazione e l'occupazione israeliani".

Una società di cosmetici israeliana con sede in un insediamento illegale nella Cisgiordania occupata è stata costretta ad andarsene dal Sudafrica dopo un’accesa campagna di boicottaggio.

La notizia circa Ahava è stata rivelata ieri dal quotidiano israeliano Haaretz.

Un portavoce del BDS del Sudafrica oggi ha descritto la notizia come "una grande vittoria per tutti noi". Itani Rasalanavho si è sorpreso di tale notizia, ma ha osservato come la compagnia già da un po’ stesse progressivamente riducendo la propria presenza nei centri commerciali in tutto il paese.

"Questo dimostra l'influenza che stiamo esercitando," ha detto. "E’ qualcosa che deve essere celebrato."

Secondo Haaretz, "Poche settimane fa, Ahava Dead Sea Laboratories, una società di cosmetici israeliana, ha cessato le operazioni in Sudafrica a seguito di una campagna di ... [boicottaggio, disinvestimento e sanzioni]".