LIBERTÀ. GIUSTIZIA. UGUAGLIANZA.

Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni per i diritti del popolo palestinese.

La Striscia di Gaza, ormai al suo settimo anno di assedio totale da parte di Israele, ha dovuto affrontare ancora più disagi a seguito del colpo di stato del 3 luglio, nel vicino Egitto.

Il 26 novembre, l'Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari ha avvertito che l'enclave palestinese "è colpita da una delle più gravi crisi energetiche degli ultimi anni, con potenziali gravi conseguenze umanitarie".

I blackout elettrici sono aumentati fino a 16 ore al giorno, mentre la scarsità di carburante ha creato problemi per le operazioni di tutti i 291 impianti di trattamento per l'acqua e per le acque reflue, causando diverse fuoriuscite di liquami. Le scorte di medicine salva vita scarseggiano o sono terminate, e gli attacchi israeliani contro i pescatori e gli agricoltori palestinesi continuano.

Nel frattempo, a centinaia di studenti e a migliaia di aspiranti viaggiatori è impedito di attraversare in entrata o in uscita sia il valico di Erez che di Rafah.

Complicità delle corporation

Tom Anderson e Therezia Cooper sono ricercatori di Corporate Occupation, (Occupazione delle corporazioni, ndt) un progetto di Corporate Watch. Facendo nomi, ed entrando nello specifico, il loro blog documenta il coinvolgimento delle società internazionali e israeliane nell’occupazione illegale della Palestina.

Hanno trascorso la maggior parte del mese di novembre nella Striscia di Gaza nel corso di un nuovo viaggio di ricerca "per fornire strumenti al movimento per il boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) contro l'apartheid, il militarismo, la colonizzazione e l'occupazione israeliani".

The Electronic Intifada aveva già parlato con Anderson e Cooper all'inizio di quest'anno dopo che erano stati molestati dalla polizia con la scusa della legge "anti -terrorismo" mentre tornavano in Gran Bretagna da un viaggio di ricerca nella Cisgiordania occupata.

Joe Catron ha intervistato Anderson e Cooper per l’Electronic Intifada il 5 dicembre a Gaza City, poco prima della fine della loro visita.

Joe Catron: Siete stati a Gaza per quattro settimane e mezzo. Su che cosa si è incentrata la vostra ricerca? 

Therezia Cooper: Abbiamo voluto fare ricerche sull'impatto dell'assedio e sul modo in cui Israele ne trae profitti. La nostra ricerca è stata piuttosto ampia, e ha riguardato tutti gli aspetti dello strangolamento dell'economia e dell’impatto che l'assedio ha sul campo. Abbiamo analizzato l'agricoltura, le esportazioni da Gaza, il settore medico, i prigionieri e gli effetti della tecnologia dei droni e di altre armi.

Tom Anderson: Oltre alla ricerca, volevamo anche raccogliere informazioni da parte della gente di Gaza che potranno essere utili nelle campagne BDS in tutto il mondo. Molti attivisti hanno parecchi contatti in Cisgiordania data la relativa facilità di accesso. Volevamo stabilire dei contatti con gli attivisti di Gaza per informare meglio le campagne di solidarietà, e in particolare il movimento BDS.

JC: Quali tipi di contatti avete avuto con gli attivisti di Gaza?

TA: Siamo stati incoraggiati nell’incontrare le persone e nel sentire del loro entusiasmo per il BDS come strategia, che essi ritengono una parte importante della loro lotta contro l'occupazione.

Molti gruppi hanno chiesto di parlare con noi. Abbiamo parlato di quello che sta facendo il movimento internazionale BDS. Le persone volevano sapere dei successi, erano desiderose di avere maggiore feedback da parte del movimento, maggiore interazione e più materiali in arabo sul BDS.

TC: Tutti questi incontri ed i contatti che abbiamo stabilito, sono state una delle parti più utili del nostro viaggio. Il movimento sta crescendo molto attraverso i collegamenti Internet, ma andare a incontrare le persone, avere un contatto nella vita reale e parlare è molto importante.

JC: Quali nuovi strumenti possono aspettarsi gli attivisti BDS a seguito della vostra ricerca a Gaza?

TA: Ci siamo concentrati su diversi settori. Uno di questi è la tecnologia militare che usano contro i palestinesi. Aziende di armi israeliane sono leader mondiali nella tecnologia dei droni. Hanno sviluppato tale tecnologia nel contesto dell'occupazione. La loro esperienza e la tecnologia che stanno ora cercando di vendere a livello internazionale è stata acquisita attraverso i crimini di guerra e la repressione.

Israele ha venduto la tecnologia dei droni a circa 49 paesi. Il movimento BDS ha bisogno di sfidare la capacità di Israele di trarre profitti dalla loro esperienza di oppressione del popolo palestinese, ostacolando le vendite all’estero di questa tecnologia e prendendo di mira gli uffici e gli impianti di produzione di aziende [di armi] come l’IAI [Israel Aerospace Industries] e l’Elbit, come anche la loro partecipazione a fiere internazionali di armi.

Abbiamo intervistato la gente che, qui a Gaza, subisce la tecnologia dei droni israeliani, parlando con le persone le cui case sono state prese di mira, e con i tanti che hanno perso familiari negli attacchi dei droni israeliani.

I droni sono ormai l’arma di scelta di Israele contro la gente di Gaza. I morti per gli attacchi dei droni, durante l'ultimo attacco israeliano su vasta scala a Gaza, hanno superato quelli provocati da altre armi, e sono stati una gran parte di quello precedente. Speriamo di poter fornire agli attivisti gli strumenti necessari per poter fare campagne contro la capacità di queste società di fare soldi utilizzando l’esperienza che si sono fatte attraverso il rifornimento di attrezzature utilizzate per commettere crimini di guerra.

TC: Abbiamo anche passato molto tempo nel fare ricerche che potranno essere utilizzate dalla campagna contro la società G4S che fornisce sistemi di sicurezza alle carceri israeliane.

La campagna contro G4S è forse quella in più rapida crescita tra le campagne BDS in Europa, con tanti gruppi che lavorano insieme e premono sulla G4S affinché receda dal contratto che ha con il Servizio carcerario israeliano [IPS], tra le altre cose.

Abbiamo intervistato detenuti che hanno avuto tante diverse esperienze nelle carceri israeliane, e subito tanti diversi maltrattamenti, tra cui detenute che hanno partorito in carcere, persone a cui sono state negate cure mediche adeguate e detenuti che sono stati trasferiti con la forza dalla Cisgiordania.

Anche in questo caso, pensiamo che venendo qui per ascoltare le storie personali di persone che hanno sperimentato gli abusi dell’IPS, possiamo contribuire alle campagne in Gran Bretagna e in Europa. È difficile per la gente di Gaza boicottare i prodotti israeliani, o portare avanti una campagna BDS sul campo. Ma penso che il racconto delle loro esperienze, possa fornire la spina dorsale del movimento BDS e possa far capire perché è necessario, in modo che possiamo lavorare insieme per fare pressione su queste aziende per interrompere la cooperazione con Israele.

TA: G4S fa soldi attraverso grandi contratti con il settore pubblico, e questa è anche la sua debolezza. La gente in tutto il mondo può premere sulle autorità pubbliche affinché non diano appalti alla G4S fino a quando la stessa non avrà reciso i contratti che ha con l'IPS e con i posti di blocco, gli insediamenti e le autorità di occupazione israeliane in Cisgiordania.

È un buon obiettivo per le campagne BDS, perché una campagna pubblica che impedisca a G4S di vincere una di queste gare può costare alla stessa milioni di sterline.

"Guerra economica"

TC: Una delle maggiori sfide di cui siamo diventati ancora più consapevoli stando a Gaza è quanto i movimenti di solidarietà, oltre a portare avanti il BDS possono aiutare i palestinesi a realizzare qualche forma di economia indipendente. Le difficoltà dell'economia palestinese sono evidenti in tutto ciò che si vede, ad ogni livello, a Gaza. Al momento, è molto difficile trovare un modo per sostenere le esportazioni palestinesi.

Gli effetti devastanti delle politiche israeliane sugli agricoltori li stanno schiacciando. I loro mercati principali sono stati eliminati. Anche quando sono autorizzati ad esportare piccole quantità di prodotti, non hanno accesso ai mercati locali, in Israele o in Cisgiordania, che prima sostenevano la vita a Gaza.

TA: E questo fa parte di una politica di guerra economica. Quegli aspetti dell’assedio che cercano di controllare le esportazioni palestinesi vanno di pari passo con le politiche che prendono di mira contadini e pescatori palestinesi. Esse sono volte a devastare l'economia, ma anche a creare un'economia compatibile che Israele possa controllare, e da cui possa trarre profitto.

Ovunque abbiamo parlato del boicottaggio, ci hanno chiesto in che modo il movimento di solidarietà potrebbe sostenere gli esportatori palestinesi e aiutare a far uscire i prodotti palestinesi da Gaza. Questo è un settore in cui il movimento di solidarietà deve ragionare in modo creativo, per trovare il modo di sostenere i palestinesi a rompere l'assedio, e per rompere il controllo israeliano sulle esportazioni palestinesi.

Penso che una delle ragioni per cui le autorità israeliane permettono che una piccola quantità di prodotti esca da Gaza sia di minare il movimento di boicottaggio, mostrare che le aziende israeliane stanno esportando prodotti palestinesi, e quindi non devono essere boicottate. È indispensabile trovare il modo di rompere le restrizioni sull'esportazione di prodotti palestinesi senza che ciò possano trarre beneficio le aziende israeliane e l'economia israeliana.

TC: Anche se Israele trae beneficio dalle esportazioni di Gaza, sta comunque boicottando efficacemente i prodotti di Gaza poiché non permette loro l’accesso ai propri mercati. Ciò non è altro che un boicottaggio, da parte di Israele, di tutte le merci di Gaza.

E, naturalmente, gli agricoltori qui non hanno scelta. Essi devono vivere, e devono cercare di esportare quello che possono. Le persone che abbiamo incontrato hanno detto che non hanno altra scelta, ma che sono d'accordo con il boicottaggio internazionale. Le esportazioni consentite ora sono così minuscole che, in realtà, non fanno la differenza. Per poter effettivamente contribuire all'economia di Gaza, ci deve essere una sorta di autonomia per gli agricoltori di Gaza, in modo che essi non debbano fare affidamento esclusivamente su Israele e le sue società.

Restrizioni che danneggiano

JC: Avete parlato più volte di come Israele tragga profitti dall'assedio. Potete spiegare meglio?

TA: Abbiamo già accennato a due aree. Una sono le esportazioni palestinesi, che devono necessariamente passare attraverso aziende israeliane. Abbiamo anche accennato alle aziende di armi israeliane che hanno un mercato per i loro prodotti, stante l'aggressione continua contro la gente in Palestina, ed un terreno su cui testare i prodotti da vendere poi a livello internazionale.

Il valico di Kerem Shalom è praticamente l'unico punto per fare entrare le merci a Gaza. Di tale flusso di prodotti in Israele beneficia l'economia israeliana. Le aziende di trasporto e per la commercializzazione beneficiano dalle vendite di tali merci e del loro trasporto attraverso il valico.

Gli operatori sanitari devono acquistare prodotti provenienti dall'estero. Tutte le organizzazioni dei lavoratori sanitari dicono che sono favorevoli al boicottaggio di Israele e boicottano i prodotti israeliani, tranne quando hanno bisogno di salvare delle vite e non possono acquistarli in un qualsiasi altro luogo. Tuttavia, tutti i farmaci che i lavoratori sanitari comprano o vengono forniti devono arrivare attraverso Israele, fatta eccezione per le piccole quantità che, occasionalmente, vengono fatte passare sotto forma di aiuti attraverso il valico di Rafah.

Le aziende israeliane traggono benefici dalla fornitura di questi farmaci, così come dal loro trasporto. I lavoratori sanitari che hanno bisogno di far entrare apparecchiature a Gaza, quando sono in grado di farlo, a volte devono attenderne la consegna, mentre vengono effettuati i controlli per la sicurezza o per altri ritardi arbitrari. Nel caso poi di apparecchiature che provengono dall’estero, devono pagarne lo stoccaggio durante l’attesa.

L'industria manifatturiera di Gaza è danneggiata dalle restrizioni sull’ingresso di alcune materie prime. Anche in questo caso, ciò aumenta la dipendenza da prodotti provenienti dall'esterno, che devono necessariamente arrivare attraverso Israele.

JC: Qual è lo stato del movimento BDS a Gaza?

TC: Il movimento ha molte potenzialità. Ci sono persone che si impegnano molto nella campagna, e il boicottaggio accademico è particolarmente diffuso. Penso che ci sia una chiara ragione per questo. Gaza è molto isolata, e, agli studenti, spesso è impedito di avere borse di studio per l'estero.

Molti giovani, anche all’università, hanno una vaga idea su quello che sta succedendo con il movimento BDS, ma vogliono trovare un modo per poter contribuire e lavorare più direttamente con le persone all'esterno, così come con le organizzazioni che stanno lavorando sul BDS a Gaza.

Ma, come abbiamo detto prima, abbiamo sentito, soprattutto tra i giovani molto entusiasmo, e il desiderio di lavorare sul BDS. Aumentare i contatti tra tutte le persone interessate al BDS, e con gli attivisti BDS in Cisgiordania e all'estero, sarebbe il grande passo successivo.

TA: Penso che il ruolo di attivisti internazionali nel fare ciò debba essere quello di seguire il mandato e i consigli dei palestinesi di Gaza, rispetto alle azioni BDS che intraprendono. E farsi guidare dai palestinesi a Gaza, per creare migliori collegamenti tra le campagne BDS e le persone sotto assedio a Gaza.

Ad esempio, la campagna internazionale contro il piano Prawer trarrebbe benefici dalla partecipazione e dall'esperienza dei rifugiati a Gaza, visto che le espulsioni forzate in corso nel Naqab non sono altro che la continuazione della Nakba, che ha costretto i profughi, che ora vivono a Gaza, a lasciare le loro case.

L'organizzazione che ha preso il controllo della maggior parte dei terreni dopo la Nakba, in modo strumentale per cancellare ogni traccia della storia palestinese dai siti da cui sono stati forzatamente espulsi, e che sta attualmente piantando foreste sulle terre di beduini palestinesi nella Naqab, è il Fondo Nazionale Ebraico.

"Aumento della disperazione"

JC: Cosa ti ha sorpreso a Gaza?

TC: Leggere di una situazione è molto diverso dallo sperimentarla. Per molti versi, quando una situazione la si vive, è peggio. Siamo arrivati in un momento in cui la questione delle frontiere, ed i problemi di rifornimento di combustibili ed energia elettrica, sono pessimi. Si percepisce una disperazione maggiore rispetto ad una possibile soluzione.

Ma come la Cisgiordania, c'è anche la bellezza del luogo, la bellezza del mare, e l'accoglienza delle persone, che vogliono disperatamente interagire con il mondo.

TA: La cosa che mi ha colpito è stata la sensazione di isolamento, non solo dal resto del mondo, ma dal resto della Palestina. Sentir parlare di amici colpiti da gas lacrimogeni da parte della polizia israeliana nel Naqab, sapendo che dista solo pochi chilometri, in luoghi che abbiamo visitato all'inizio di quest'anno, ma conoscendo l'estrema difficoltà di incontrare le persone coinvolte faccia a faccia, fa toccare con forza l'isolamento della gente di Gaza che lotta contro l'occupazione.

Penso che la sfida per gli attivisti internazionali di solidarietà sia quella di non accettare questo isolamento.

Joe Catron è un attivista statunitense a Gaza, in Palestina. E’ trai curatori del libro “Diari dei prigionieri palestinesi: Voci dal Gulag israeliano”, un'antologia di racconti da parte di detenuti liberati nello scambio di prigionieri del 2011. Il suo blog a joecatron.wordpress.com e su twitter è @jncatron.

Fonte: Electronic Intifada

Traduzione di BDS Italia