In cambio di un accordo, Bruxelles offre buoni affari in Europa. Con una mano critica le colonie israeliane, ma con l'altra torna a proporre una vuota pace economica.
di Emma Mancini
Soldi in cambio della pace. Se il negoziato non offre i frutti sperati, allora meglio tentare con gli affari. La proposta giunge da Bruxelles: "L'Unione Europea fornirà un pacchetto senza precedenti di supporto politico, economico e alla sicurezza ad entrambe le parti, israeliana e palestinese, se saranno in grado di finalizzare la pace", si legge in un comunicato emesso ieri dai ministeri degli Esteri europei.
La proposta dei 28 è cristallina: la UE offrirà a Israele e al futuro Stato di Palestina una "Partnership Privilegiata Speciale", che prevede l'ingresso facilitato nel mercato europeo, rapporti di natura culturale e scientifica, sostegno nell'investimento e nel commercio con partner europei.
Precondizione al super-pacchetto europeo (oltre, ovviamente, ad un accordo di pace definitivo) è il congelamento dell'espansione coloniale israeliana nei Territori Occupati. Dura è stata la dichiarazione emessa ieri dai ministri degli Esteri dei 28 che da Bruxelles hanno condannato la continua costruzione di nuovi insediamenti: se Israele pubblicherà nuovi progetti di costruzione dopo il rilascio del terzo gruppo di prigionieri palestinesi previsto per la fine di dicembre - hanno detto i 28 - Tel Aviv sarà considerata responsabile del fallimento del negoziato.
Dopo la presentazione della risoluzione, gli ambasciatori in Israele di Germania, Italia, Spagna, Francia e Gran Bretagna hanno chiesto un meeting urgente con Nissin Ben-Shitrit, direttore generale del Ministero degli Esteri israeliano, per portargli il messaggio (che sarà reiterato oggi a Ramallah al presidente Abbas): "Vi abbiamo fatto un offerta senza precedenti - hanno detto - Siamo molto seri e vi chiediamo di non sottostimarla. Siamo pronti a discutere con voi da adesso sul futuro delle relazioni tra Israele e UE".
Durante la riunione, i cinque ambasciatori hanno ricordato a Ben-Shitrit la questione del rilascio dei detenuti politici palestinesi e il timore di nuove colonie. Forse per questo, la reazione israeliana alla proposta è stata tutt'altro che entusiasta, Israele non è abituato ad accettare diktat dall'esterno: "Parole vuote, senza significato - ha commentato un diplomatico israeliano rimasto anonimo - L'offerta, il modo in cui è presentata, non ha contenuti concreti e appare irrealistica". Gli fa eco un collega: "Dicono di volerci dare delle carote, ma quali carote - e di che grandezza - non è chiaro".
Tutti più ricchi, tutti più felici. Il piano europeo, caratterizzato da un'inattesa praticità materiale, ha sorpreso anche il segretario di Stato Kerry, che lo ha definito "brillante". Dopotutto rientra perfettamente in quella "pace economica" che l'amministrazione di Washington tenta da tempo di far passare come il miglior strumento per un accordo che ponga fine a sei decenni di conflitto.
Un'opzione che lo stesso premier Netanyahu ha più volte ribadito e che ha trovato la sua massima espressione, il maggio scorso, nell'iniziativa "Breaking the Impasse" di 200 businessman israeliani e palestinesi: parlare di affari - e fare affari - per risolvere le questioni politiche. Una retorica vecchio stampo che negli anni Novanta ha portato ai famigerati Accordi di Oslo e ai tanti errori strategici e negoziali dell'OLP. Per giungere alla pace, sul tavolo devono finire le questioni politiche: Gerusalemme, il diritto al ritorno dei rifugiati, i prigionieri politici, l'economia palestinese, i confini. E non mazzette di euro, una "proposta senza precedenti".
Fonte: Nena News