LIBERTÀ. GIUSTIZIA. UGUAGLIANZA.

Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni per i diritti del popolo palestinese.

Attivisti e diplomatici occidentali stanno facendo fuoco contro gli insediamenti di Israele nei Territori palestinesi e, se i colloqui di pace fallissero, la pioggia di boicottaggi e sanzioni potrebbe trasformarsi in un diluvio.

Un alto diplomatico europeo ha incontrato poche settimane fa un suo omologo israeliano e, tra gli argomenti discussi, c’è stato quello del proseguimento delle sanzioni dell'Unione Europea contro gli insediamenti israeliani. Durante il colloquio tra i due è emersa, come scenario possibile, la richiesta che i prodotti di Israele provenienti dalla Cisgiordania siano contrassegnati come tali nei supermercati europei. La questione sollevata rende palese una delle più gravi minacce che Israele dovrà affrontare nel prossimo anno, cioè il suo crescente isolamento internazionale.

"In questa fase siamo in attesa di uno specifico contrassegno per i prodotti provenienti dai Territori [palestinesi]”,ha riferito il diplomatico europeo al suo interlocutore di Israele. "Tuttavia, qualora i negoziati con i palestinesi si arenassero, Israele dovrebbe aspettarsi un diluvio di sanzioni”. Il rappresentante israeliano è stato preso alla sprovvista dalle parole taglienti del suo omologo europeo e ha chiesto se le circostanze di un fallimento dei negoziati  possano avere conseguenze rilevanti. Il diplomatico europeo ha risposto laconico che lo stato attuale delle cose, potrebbe rivelarsi perdente nel gioco dello scaricabarile, successivo ad un eventuale fallimento dei negoziati.

Sono rimasti disponibili solo cinque mesi del lasso di tempo stabilito per i negoziati tra Israele e i palestinesi. In tale contesto di colloqui zoppicanti, il Segretario di Stato Usa John Kerry si appresta a presentare alle due parti un "accordo quadro", nel tentativo di ottenere una svolta nella situazione di stallo dei negoziati e di costringere i responsabili a prendere decisioni.

Kerry ha messo in guardia il Primo ministro Benjamin Netanyahu dal rischio che Israele diventi oggetto di una crescente delegittimazione internazionale e bersaglio di una "campagna di boicottaggio muscolare", che si aprirà se i colloqui fallissero. Questi avvertimenti da parte del Segretario di Stato e del diplomatico europeo stanno già cominciando ad avere i loro effetti. Non esiste ancora un diluvio di boicottaggi e sanzioni da parte degli Stati occidentali, ma il flusso è certamente in aumento. L'obiettivo principale di questa campagna sono gli insediamenti e tutte le entità ad essi associate.

Un numero crescente di catene di supermercati [europei] non hanno atteso le direttive dall’alto e hanno già etichettato i prodotti provenienti dagli insediamenti. Vi è una crescente campagna per boicottare tutti i prodotti israeliani della Cisgiordania, come ad esempio i datteri della Valle del Giordano o i gasatori per l’acqua SodaStream, azienda che ha una fabbrica nell’insediamento di Mishor Adumim. C'è uno sforzo concertato in vista del Natale per realizzare un boicottaggio dei prodotti SodaStream in Gran Bretagna, Italia, Canada, Stati Uniti e Australia. Poche settimane fa Ahava Dead Sea Laboratories, una società di cosmetici israeliana, ha cessato le operazioni in Sud Africa a seguito di una campagna simile.

Non sono solo le aziende israeliane ad essere nel mirino. Anche imprese internazionali che operano oltre la Linea Verde sono diventate bersaglio del fuoco delle campagne di boicottaggio. Il gigante francese Veolia Transport sta subendo una forte pressione, a causa della sua presenza a Gerusalemme Est e in altre località della Cisgiordania. La filiale di Veolia in Israele ha appena annunciato di rinunciare ad operare sulla Route 443, una strada che collega la Cisgiordania a Gerusalemme. Un altro esempio è la società britannica G4S, che si occupa di servizi di sicurezza e che ha perso contratti in Sud Africa, a causa proprio dei suoi appalti negli insediamenti in Cisgiordania. Ci sono anche le campagne attive al Kings College e l'Università di Sheffield in Gran Bretagna che richiedono il ritiro di investimenti in Israele.

La settimana scorsa ci sono stati altri esempi di tali sforzi. Il Governo britannico ha divulgato indicazioni secondo le quali sarebbero sconsigliati investimenti, trasferimenti di denaro o acquisti di beni immobili negli insediamenti. L’informativa ha avvertito di "potenziali implicazioni illecite" contenute in questo genere di rapporti d'affari. La più grande azienda di acqua nei Paesi Bassi, in seguito a "consultazioni" con il Ministero degli Esteri dell'Aia, ha annunciato l’interruzione dei rapporti con il fornitore di acqua di Israele Mekorot, a causa della sua attività nei Territori palestinesi. Anche la Romania, paese non noto per essere duro con l'occupazione israeliana della West Bank, ha chiesto che i lavoratori rumeni inviati in Israele non siano impiegati negli insediamenti.

Il Ministero degli Esteri [israeliano] si dichiara impotente di fronte a questi nuovi sviluppi. Con il Primo ministro Netanyahu che annuncia la costruzione di 5.000 unità abitative in più negli insediamenti e il  ministro Uri Ariel che lancia uno tsunami di nuove gare d'appalto per 24.000 unità nei Territori palestinesi, è difficile convincere qualcuno che Israele si stia impegnando nel trovare una soluzione a due Stati per risolvere il conflitto con i palestinesi.

Tutto ciò che i diplomatici israeliani possono fare è protestare con i governi stranieri. Hanno informato il Ministero degli Esteri di Londra che gli avvertimenti agli uomini d'affari danneggiano il processo di pace. Hanno protestato con l’ambasciatore olandese a Tel Aviv affermando che "l'atmosfera creata dal Ministero degli Esteri olandese favorisce solo il boicottaggio di Israele". Hanno consegnato un ultimatum al governo rumeno in merito ai lavoratori inviati in Israele - e la Romania sembra per ora aver riconsiderato la sua posizione.

Alti funzionari del Ministero degli Esteri israeliano ammettono che si tratta tuttavia di provvedimenti simili ad un cerotto nella migliore delle ipotesi o, nel peggiore dei casi, di tentativi di resuscitare i morti. Le ondate di costruzioni, che fanno seguito ad ogni rilascio di prigionieri palestinesi, possono placare le ire del Consiglio di Giudea e Samaria e del partito Habayit Hayehudi, ma fanno infuriare la comunità internazionale e la spingono a prendere in considerazione ulteriori sanzioni contro gli insediamenti. Il Ministero degli Esteri afferma che i nuovi orientamenti dell'Unione Europea, che vietano il finanziamento di attività o di organizzazioni che operano negli insediamenti, sono un nuovo punto di riferimento strategico per l'atteggiamento dell'Unione Europea verso l'occupazione israeliana della West Bank. Le linee guida vietano la concessione di eventuali fondi, borse di studio o premi per le agenzie che operano in questi insediamenti, così come proibiscono il prestito di denaro a qualsiasi agenzia israeliana che abbia qualche legame con gli insediamenti.

Mentre queste sanzioni dell’UE hanno ottenuto una copertura mediatica capillare, altre sanzioni sono passate quasi inosservate.  Tuttavia nessuna di queste è sfuggita all'attenzione del Ministero degli Esteri [israeliano], quando, nel mese di giugno, l'Unione Europea ha emanato nuove direttive sulla certificazione di controllo della qualità per i prodotti agricoli. Un alto funzionario del Ministero degli Esteri ha detto che l'Unione Europea non accetterà più un timbro di approvazione da parte del Piano di Ispezione israeliano e del Servizio di Protezione per i prodotti dalla Cisgiordania. La politica ha cominciato ad essere applicata da luglio a qualsiasi prodotto biologico proveniente dagli insediamenti. Non c’è ancora un assoluto divieto di importare prodotti dagli insediamenti, ma queste mosse renderanno comunque molto difficile per gli agricoltori israeliani in Cisgiordania commercializzare i loro prodotti in Europa, causando ai coltivatori stessi difficoltà finanziarie.

I rapporti tra il Ministero degli Esteri e il Consiglio Affari Esteri dell'Unione Europea stanno andando molto male. Sospetto e ostilità stanno inquinando i contatti tra i rappresentanti ufficiali israeliani e Bruxelles. La sensazione di Gerusalemme è che lo staff del capo della politica estera dell'Unione Europea a Bruxelles, Catherine Ashton, Gerusalemme Est e anche Tel Aviv stanno costantemente spingendo per una maggiore pressione e per sanzioni contro Israele a causa della questione degli insediamenti, infettando così molti singoli diplomatici europei con il loro entusiasmo. Un alto funzionario del Ministero degli Esteri a Gerusalemme afferma che c'è un processo  di "Brussellizzazione" che sta prendendo il sopravvento tra i Ministri degli esteri nelle capitali europee.

L'ondata di boicottaggi sta straripando dall'Europa in direzione del Nord America. La scorsa settimana l'American Studies Association ha approvato una risoluzione senza precedenti che chiede di boicottare le università israeliane. Più tardi nel corso dello stesso mese, l'associazione dei docenti voterà per decidere se ratificare la risoluzione.

Poche settimane prima si è tenuto il convegno annuale della American Public Health Association. Questa associazione rappresenta trentamila medici, infermieri e assistenti di cura. Solo grazie ad un’intensa attività di lobbying durata mesi da parte delle organizzazioni ebraiche non è riuscita a passare una risoluzione che dichiara che Israele sta danneggiando la salute dei palestinesi. Iniziative di boicottaggio stanno anche spuntando nelle chiese liberal in Nord America. La Chiesa Unita del Canada, la più grande comunità cristiana nel Paese, ha iniziato una campagna di boicottaggio dei prodotti realizzati negli insediamenti e da aziende che operano oltre la Linea Verde.

Una nuova ricerca pubblicata dal Centro Molad prende in esame la posizione di Israele nel mondo. La ricerca stabilisce che Israele è particolarmente vulnerabile alle sanzioni e ai boicottaggi da parte dei Paesi occidentali a causa dell’ ostilità dei paesi vicini e del dato secondo cui il 40% del suo PIL è basato sulle esportazioni, soprattutto verso l'Europa. La ricerca ha anche sottolineato un fenomeno meno noto, perché si tratta di una forma di boicottaggio nascosto. I risultati mostrano che uomini d'affari, artisti e accademici israeliani stanno affrontando un crescente rifiuto da parte di agenzie internazionali e potenziali partner per collaborare con loro, a causa del bagaglio politico che il conflitto israelo-palestinese porta con sé. E’ difficile quantificare i danni di questo tipo di boicottaggio per l'economia israeliana.

Lo studio afferma che, nonostante le difficoltà affrontate fin dalla sua fondazione, Israele è riuscito a forgiare alleanze significative con Stati Uniti e Europa. Queste relazioni sono però peggiorate negli ultimi anni e ora sono in pericolo. I ricercatori hanno esaminato i legami culturali e scientifici, nonché relazioni economiche e politiche, e hanno scoperto che la maggior parte delle tensioni con i Paesi occidentali deriva dall'occupazione. Lo studio ha determinato che questa tendenza non farà che peggiorare col tempo a meno che non ci sia un cambiamento della politica israeliana. "L'occupazione senza sosta e l'insistenza del Governo nel continuare con gli insediamenti sono direttamente responsabili dell'erosione del prestigio internazionale di Israele. Finché gli insediamenti continueranno, il rischio per Israele di trovarsi sempre più isolato crescerà". I ricercatori non credono che i governi occidentali vogliano boicottare Israele o mettere in dubbio il suo diritto ad esistere. Come prova fanno notare che i boicottaggi hanno mirato solo ai Territori occupati e agli insediamenti.

L’opinione pubblica internazionale distingue chiaramente tra la legittimità di Israele e quella degli insediamenti. Proprio come la comunanza di valori e la strategia rafforza i legami di Israele con l'Occidente, così la distanza creatasi intorno alla questione dell'occupazione li indebolisce”. I ricercatori sostengono che non è troppo tardi per invertire questa tendenza e per bloccare la minaccia di isolamento per Israele, ma che lo spazio delle opportunità non è illimitato". Israele sta godendo di un periodo di grazia in cui i suoi tradizionali alleati la sostengono, mentre i paesi limitrofi sono intrappolati in lotte interne. Quasi tutto il programma che vada oltre negoziati futili e che chieda la fine dell'occupazione aiuterà Israele. Un passo in tale direzione sarà  quello di tracciare una chiara linea di demarcazione tra l'opposizione all'esistenza di Israele e quella alla sua occupazione della Cisgiordania".

Fonte: Haaretz

Traduzione di BDS Firenze