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L’università israeliana Technion ha lanciato un nuovo programma di formazione per i professionisti che desiderano entrare nella crescente industria delle "esportazioni nel settore della difesa" di Israele.

"C'è un intero mondo in espansione che crea numerose opportunità economiche nel settore, mentre non esiste alcun programma che fornisca tutti i componenti che devono essere conosciuti e li riunisca in un modo così ricco e preciso", dice Meir Shalit, consigliere accademico del programma e ex capo della Vigilanza del Dipartimento per le Esportazioni del Ministero della Difesa.

In un articolo promozionale sul programma apparso sul giornale finanziario The Marker, si delinea un target eterogeneo, che include quelli che già lavorano nelle esportazioni nel settore della difesa come anche avvocati, commercialisti, ricercatori, regolatori e accademici.

Sebbene il campus principale del Technion è a Haifa, il corso si svolgerà a Tel Aviv.

"Abbiamo scelto docenti con grande esperienza che provengono direttamente dall’azione sul campo", ha detto Shalit a The Marker. "Per esempio, nella sezione dedicata alla vigilanza del Ministero degli Esteri sulle esportazioni nel settore della difesa, terrà lezioni Pini Avivi, ex vice direttore del ministero". Shalit ha aggiunto che "il corso offre l'esperienza collettiva dei rappresentanti dell'industria e lavoreremo per fare da ponte tra il desiderio dell'industria di esportare e gli interessi dello Stato di Israele".

"La gente non ha idea di quanto denaro si può guadagnare in questo settore", ha detto l’ex Tenente colonnello Eyal Bar Or, che da anni ha prestato servizio nell’aeronautica nella ricerca e sviluppo ed è oggi un imprenditore high-tech, proprietario di Bar-On Technology Ltd. e consulente del Ministero della Difesa. "L’alta tecnologia e la sicurezza di Israele hanno una buona reputazione - la combinazione delle due è vincente. Ho incontrato due ragazzi che hanno sviluppato un programma e la loro prima vendita era ad un paese africano per $15 milioni, e questo era solo l'inizio. Non ci sono limiti, ma è necessario conoscere alcune regole".

I tentativi di censura non sono un segno di forza, ma di debolezza

di Ben White

Per anni, le lobby israeliane hanno bollato l’appello dei palestinesi per il boicottaggio delle università israeliane come attacco alla “libertà accademica”. Ora la maschera è finalmente caduta. 

Il mese prossimo, all’Università di Southampton nel Regno Unito, si terrà una conferenza su Israele e il diritto internazionale che riunirà “studiosi di diritto, politica, filosofia, teologia, antropologia, storia, studi culturali e altre discipline connesse”.

Tuttavia, in un impudico attacco alla libertà di parola, è aumentata la pressione perché l’università annullasse l’evento. Alla fine dell’anno scorso, il Comitato dei Deputati Ebrei Britannici, il Jewish Leadership Council, e l’Unione degli studenti ebrei hanno scritto al direttore della Scuola di Giurisprudenza di Southampton, sostenendo che la conferenza “andrebbe oltre l’ammissibile”.

Nel mese di febbraio, queste organizzazioni si sono riunite nella coalizione Università del Regno Unito, e hanno lamentato che la “libertà di parola” impediva alle università di “prendere in considerazione rappresentazioni valide per la comunità ebraica”. Stranamente, era presente anche l’ambasciatore britannico in Israele, Matthew Gould.

Dibattiti annullati. Studiosi screditati. Attacchi sulla stampa. Da Roma a Londra: negli atenei Ue va in scena lo scontro con Tel Aviv. Tra censure e sabotaggi.

di Ranieri Salvadorini

I primi fatti risalgono a febbraio. L’Università di Roma Tre ha revocato aula e logo al noto storico israeliano Ilan Pappé a tre giorni dell’incontro «Europa e Medio Oriente oltre agli identitarismi», previsto per lunedì 16.

Per gli organizzatori l’università avrebbe ceduto a pressioni dell’ambasciata israeliana, mentre il rettore Mario Panizza ha minimizzato, parlando aLettera43.it di «errore procedurale».

Panizza ha offerto un’altra aula rispetto a quella stabilita, ma gli organizzatori hanno rifiutato: «Richiedendo (…) di rimuovere i loghi dell’Università da tutti i volantini e gli inviti, cancellando le informazioni dell’evento dal sito dell'ateneo, l’evento era stato delegittimato».

UNIVERSITÀ TROPPO TIMIDE. Da questi fatti ha preso corpo A call for academic freedom, appello pubblico in cui si racconta l’accaduto e si denuncia, con il dietrofront dell’università romana, la pratica di un «doppio standard» in tema di libertà d’espressione: siamo tutti Charlie Hebdo, ma se c’è da aprire un confronto su Israele e Palestina le cose si complicano.

Pochi giorni dopo, alla facoltà di Ingegneria della Sapienza di Roma un episodio simile, con la revoca dell’aula per la proiezione di The Fading Valley della regista israeliana Irit Gal. Il film denunciava l’accesso all’acqua interdetto ai palestinesi.

Gentile dott. Battista,

la sua sdegnata reazione alla decisione democratica di 1504 (il 73% di 2056 votanti) fra studenti, docenti e altro personale della SOAS, University of London, di approvare la mozione di sostegno al boicottaggio accademico e culturale di Israele mi ha dato l’impressione che lei

  • non sappia in che cosa consista il boicottaggio accademico promosso dalla società civile palestinese e sostenuto con sempre maggiore vigore a livello internazionale;
  • non conosca la differenza fra l’uso legittimo di uno strumento non violento di pressione sui governi previsto dal diritto internazionale [oppure una legittima, non violenta e motivata critica al governo o alle istituzioni israeliane] e l’anti-semitismo, ossia l’odio e la discriminazione nei confronti degli ebrei;
  • non si sia accorto che non tutti gli ebrei si identificano con lo Stato di Israele o sostengono le sue politiche e che l’ attuale governo di Israele non rappresenta assolutamente tutti gli ebrei ne’ all’interno di Israele (esiste anche un’opposizione interna a Netanyahu!) ne’ quelli sparsi nel mondo.

Il boicottaggio accademico e culturale, componente della campagna di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni - BDS (1), riguarda esclusivamente le istituzioni accademiche e culturali israeliane e non i singoli individui, docenti o studenti. Esso nasce dalla constatazione che queste istituzioni sono profondamente complici nel sistema israeliano di oppressione che nega ai palestinesi i diritti fondamentali garantiti dalla legislazione internazionale, o ostacola l'esercizio di questi diritti, compresa la libertà accademica e il diritto all'istruzione.

Sono stati istituiti laboratori di neurologia, di energia solare, di fisica  e di scienze della salute

In Israele sono stati istituiti, o sono attualmente in corso di istituzione, diversi laboratori congiunti per gli istituti di ricerca israeliani e italiani. I laboratori ricevono finanziamenti da entrambi i paesi. Sono di proprietà comune e ricercatori israeliani e italiani vi lavorano insieme sotto l'egida dei due paesi.

Nei laboratori vengono portate avanti ricerche considerate prioritarie  e che riguardano settori in cui entrambi i  paesi sono considerati avanzati. A Tel Aviv, è stato istituito un laboratorio di ricerca  di neurologia, a Sde Boker un laboratorio solare,  presso la Ben Gurion University un laboratorio di scienze della salute e presso l'Istituto Weizman un laboratorio di fisica. E’ presente anche un laboratorio spaziale. Sia l’Italia che Israele hanno sovvenzionato Il laboratorio di Tel Aviv con  oltre  € 500.000 Euro, anche Unione Europea  ha partecipato alla sua istituzione– il che dimostra che il concetto ha avuto successo.

I laboratori sono uno dei progetti inclusi nell’Accordo di cooperazione Israele-Italia per la ricerca e la tecnologia. Israele e Italia hanno già stanziato € 3.000.000 ciascuno per il progetto ed il Comitato per la Pianificazione e il Budget del Consiglio di Israele per l'Istruzione Superiore ha stanziato ulteriori € 3.000.000, portando il bilancio annuale a un totale di € 9.000.000.

Gli studenti che hanno fatto campagna elettorale alla School of Oriental and African Studies  [Scuola di Studi Orientali e Africani] (SOAS) dell’università di Londra stanno festeggiando  una grande vittoria a favore del movimento per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni (BDS) dopo il referendum che ha appoggiato il boicottaggio accademico di Israele in modo massiccio.

Il risultato, reso noto venerdì [27 febbraio] dopo cinque giorni di votazioni, ha mostrato che uno schiacciante 73% degli oltre duemila votanti ha appoggiato il boicottaggio. Gli aventi diritto al voto sul quesito se la SOAS debba recidere ogni rapporto con le istituzioni accademiche israeliane comprendevano gli studenti, le facoltà e il personale a contratto.

Benché altre comunità universitarie, associazioni di studenti ed enti accademici in molti Paesi abbiano sostenuto il boicottaggio con dei referendum, il fatto che tutte queste categorie del SOAS avessero diritto al voto   ha stabilito un precedente.

In seguito all’annuncio dei risultati, la campagna per il “Sì” della SOAS ha emesso un comunicato in cui ha sottolineato che la vittoria “ha dimostrato che l’appello popolare del BDS è una forma efficace di protesta e di resistenza.”

di Nora Barrows-Friedman

Giovedì 19 febbraio 2015 gli organi di rappresentanza studentesca della Northwestern University in Illinois (USA) hanno approvato una risoluzione per il disinvestimento dopo oltre cinque ore di audizioni e dibattito. La risoluzione invita l’università a ritirare i propri investimenti da società che traggono profitto dall’occupazione israeliana.

Ventiquattro studenti senatori hanno votato a favore della risoluzione, ventidue hanno votato contro e tre si sono astenuti. Il giornale universitario The Daily Northwestern ha riferito che l’auditorium da 400 posti era al completo. L’incontro è stato inoltre trasmesso in streaming su YouTube.

Dato che la Northwestern University è un’istituzione privata, il portfolio di investimenti dell’università è tenuto segreto. La risoluzione chiede trasparenza da parte dell’amministrazione universitaria riguardo ai miliardi di dollari che detiene in investimenti. Gli studenti attivi nella campagna dicono che tali investimenti probabilmente includono partecipazioni in almeno sei aziende statunitensi o multinazionali che hanno contratti con l’esercito israeliano.

Lo studente senatore Noah Whinston, uno dei co-autori della risoluzione per il disinvestimento, ha dichiarato al Daily Northwestern, “Questo ci conferma la validità di tutto il lavoro che abbiamo fatto. È il risultato di tutte le voci marginalizzate che abbiamo ascoltato stasera”.

di Nora Barrows-Friedman

Martedì notte, in una seconda votazione a sorpresa, il senato studententesco universitario della Stanford University in California ha approvato una risoluzione per il disinvestimento dalle imprese che traggono profitto dalle violazioni di Israele dei diritti dei palestinesi. La vittoria è stata schiacciante con dieci rappresentanti che hanno votato a sostegno della risoluzione, quattro voti contrari e un'astensione.

L'approvazione al disinvestimento arriva appena una settimana dopo il voto espresso sulla risoluzione dal senato studentesco universitario, non passata per la mancanza di un solo voto per raggiungere la maggioranza dei due terzi.

La risoluzione è stata portata avanti dalla coalizione Stanford Out of Occupied Palestine (SOOP), che si compone di diciannove gruppi studenteschi, tra cui la Black Student Union, la MEChA (la più grande organizzazione studentesca Latin*/Chican* degli Stati Uniti) e la Stanford Students for Queer Liberation.

Secondo un comunicato stampa pubblicato martedì notte, la Stanford Out of Occupied Palestine afferma:

Il presidente e il vicepresidente del Senato studentesco hanno deciso di riconsiderare la risoluzione dopo la sconfitta di stretta misura per un solo voto la settimana scorsa (nove a favore, un'astensione, cinque contrari). I rappresentanti degli studenti hanno dichiarato che l'ambiente ostile creato dagli oppositori al disinvestimento durante la seduta della settimana passata aveva loro impedito di votare con la giusta chiarezza e hanno chiesto di poter far coincidere il prorio voto con le proprie vere opinioni.

di Mel Plant, laurea  in turco e arabo

Per promuovere la sua campagna per il boicottaggio accademico di Israele, l'Associazione palestinese della SOAS [School of Oriental African Studies dell'università di Londra] ieri ha ospitato l'insigne storico israeliano Ilan Pappe e il palestinese-americano  Karma Nabulsi,  professore a Oxford, per discutere del problema con gli studenti.

Dal 23 al 27 di febbraio gli studenti dell'Università SOAS avranno l'opportunità di votare un appello che impegni l'istituzione universitaria a perseguire attivamente il boicottaggio accademico di Israele, una mozione stilata in collaborazione con l'Unione degli Studenti. Sebbene all'inizio del suo intervento Pappe abbia dichiarato “assolutamente superfluo” spiegare il significato del boicottaggio, uno studente  ha manifestato la propria preoccupazione con la domanda “In cosa consiste la lotta nel BDS”? Il BDS, universalmente noto come il movimento  per il Boicottaggio, Disinvestimento e  Sanzioni, che include il più ampio boicottaggio economico, culturale e accademico di Israele, era considerato dallo studente come un mezzo di autogratificazione per il fatto di comportarsi in modo etico. Un altro studente ha messo in evidenza un altro approccio al BDS, sostenendo  che sebbene il movimento abbia scarsi effetti sulla vita quotidiana dei palestinesi, “ avere a disposizione uno spazio è [di per sé]  un risultato molto significativo,” manifestando  il proprio orgoglio per la promozione da parte della comunità universitaria di uno spazio di libera discussione e dibattito sulla lotta dei palestinesi.

Il movimento di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni ha ancora tanta strada davanti a sé, ma le recenti iniziative di solidarietà ne mostrano gli sviluppi positivi.

La maggior parte delle organizzazioni accademiche ha dimostrato cautela nel trattare, ed ancor più nell’appoggiare, il boicottaggio di Israele a livello accademico. Ma le cose sono cambiate a partire dall’aprile 2013, quando l’Association of Asian American Studies è diventata la prima organizzazione accademica a rispondere all’appello di solidarietà per il movimento di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) proveniente dalla società civile palestinese. L’American Studies Association ha votato di appoggiare il boicottaggio di Israele a livello accademico, cosa che in dicembre ha messo in atto un movimento di massa e creato un effetto domino estesosi ben oltre i confini degli Stati Uniti. L’atroce attacco israeliano su Gaza della scorsa estate, che ha ucciso più di 2.200 palestinesi, di cui 500 bambini, ha provocato dimostrazioni di protesta a livello mondiale senza precedenti. E solo in tempi recenti, proseguendo l’inarrestabile spostamento del governo israeliano verso l’estrema destra, il parlamento israeliano ha approvato una legge sulla nazionalità che, secondo il Christian Science Monitor, “rischia di segregare ulteriormente la minoranza di cittadini arabi in Israele, infangare la reputazione democratica del paese e logorare i legami di Israele con gli alleati occidentali.”