Il movimento di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni ha ancora tanta strada davanti a sé, ma le recenti iniziative di solidarietà ne mostrano gli sviluppi positivi.
La maggior parte delle organizzazioni accademiche ha dimostrato cautela nel trattare, ed ancor più nell’appoggiare, il boicottaggio di Israele a livello accademico. Ma le cose sono cambiate a partire dall’aprile 2013, quando l’Association of Asian American Studies è diventata la prima organizzazione accademica a rispondere all’appello di solidarietà per il movimento di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) proveniente dalla società civile palestinese. L’American Studies Association ha votato di appoggiare il boicottaggio di Israele a livello accademico, cosa che in dicembre ha messo in atto un movimento di massa e creato un effetto domino estesosi ben oltre i confini degli Stati Uniti. L’atroce attacco israeliano su Gaza della scorsa estate, che ha ucciso più di 2.200 palestinesi, di cui 500 bambini, ha provocato dimostrazioni di protesta a livello mondiale senza precedenti. E solo in tempi recenti, proseguendo l’inarrestabile spostamento del governo israeliano verso l’estrema destra, il parlamento israeliano ha approvato una legge sulla nazionalità che, secondo il Christian Science Monitor, “rischia di segregare ulteriormente la minoranza di cittadini arabi in Israele, infangare la reputazione democratica del paese e logorare i legami di Israele con gli alleati occidentali.”
Il 23 novembre, in occasione della riunione del governo israeliano, ci fu un’aperta polemica in merito a questa legge controversa, che rischia di “sancire per legge la natura di Israele in quanto stato ebraico, riservando ciò che il primo ministro ha definito ‘diritti nazionali’, quali la bandiera, l’inno e il diritto ad immigrare, ai soli ebrei.” E mentre secondo Netanyahu “ciò porrebbe l’accento anche sulla natura democratica di Israele, l’uguaglianza per tutti i cittadini”, nessuno può seriamente accettare la polemica, considerando la natura della legge (anche se prima avrebbero potuto).
La combinazione della continua costruzione di colonie illegali, con massicce operazioni militari disumane e le manovre legislative tese a codificare il razzismo ha cambiato le carte in tavola. Si è assistito, se non a esplicite risoluzioni a sostegno del movimento BDS, a un significativo cambiamento di atteggiamento delle organizzazioni accademiche. Non è più un tabù il semplice parlare di un possibile boicottaggio: organizzazioni quali l’American Anthropological Association (AAA) stanno formalmente avviando il dibattito.
Riunitisi in dicembre a Washington DC, i membri dell’AAA hanno discusso di una petizione che avrebbe bloccato il confronto su un possibile boicottaggio delle istituzioni israeliane. In precedenza, più di 1.000 membri dell’AAA avevano firmato una dichiarazione a sostegno del boicottaggio delle istituzioni accademiche israeliane. In una delle più grandi assemblee nella storia dell’associazione (tanto che lo staff dell’hotel aveva dovuto rimuovere una parete divisoria nella sala riunioni per accogliere 700 partecipanti), una fazione pro-boicottaggio dell’AAA ha osservato che “Lo sforzo di chiudere la discussione sul boicottaggio ha avuto un eccezionale effetto contrario: i membri presenti hanno votato quasi all’unanimità contro il provvedimento [anti-boicottaggio], che ha raccolto solo 52 sostenitori. L’atmosfera nella stanza era elettrica, mentre antropologi di tutti gli ambiti di studio discutevano sul boicottaggio e le ripetute violazioni della libertà accademica palestinese e dei diritti umani. Dei 24 membri che hanno preso parola, i tre quarti si sono opposti alla risoluzione, sostenendo che era un tentativo di chiudere un dibattito cruciale.” (grassetto nell’originale).
Il 20 novembre Rosalind Petchensky, membro della National Women’s Studies Association, ha riferito: “La settimana scorsa, alla conferenza annuale della National Women’s Studies Association a San Juan, Puerto Rico, una coalizione di attiviste femministe in solidarietà della Palestina – principalmente palestinesi ed ebree – sono riuscite a spingere quasi tutti i partecipanti alla conferenza (un gruppo estremamente eterogeneo di circa 2.300 membri di facoltà e studenti laureati in Studi di genere e sulle donne, provenienti da tutto il paese e incontratisi a Puerto Rico) a supportare una dichiarazione riguardo alle ingiustizie commesse nella Palestina occupata.” Nella bozza della dichiarazione della NWSA si legge:
Noi, sottoscritti membri della National Women’s Studies Association (NWSA), appoggiamo l’appello per il boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS), emessa da un’ampia coalizione composta dalla società civile palestinese nel 2005. In qualità di studiose femministe, attiviste, insegnanti ed intellettuali impegnate riconosciamo l’interconnessione di forme sistemiche di oppressione (tra cui il genocidio, la schiavitù, il razzismo, il sessismo, l’omofobia, l’oppressione basata sulla differenza di classe, l’islamofobia, la discriminazione nei confronti di portatori di handicap e basata sull’età, etc.) e il potenziale trasformativo della resistenza e della solidarietà in tutte le nostre comunità, che superi divisioni e frontiere. Non possiamo ignorare l’ingiustizia e la violenza, compresa la violenza sessuale e di genere, perpetrata contro i palestinesi in Cisgiordania, nella Striscia di Gaza, in Israele e il trasferimento coloniale di milioni di individui.
Il mese precedente, in ottobre, la Peace and Justice Studies Association (PJSA), un’associazione binazionale professionale, che raccoglie studiosi, attivisti ed educatori di giustizia di Sati Uniti e Canada, si è unita alla campagna BDS. Dopo tre mesi di dibattiti, con l’87% dei voti l’associazione ha appoggiato la proposta di rispondere all’appello palestinese per la solidarietà internazionale e di partecipare al movimento BDS.
Forse il dibattito più significativo si è svolto alla Middle East Studies Association (MESA) in novembre, a Washington DC. Come rileva Magid Shihade, professore all’università di Bir Zeit, “la MESA si è storicamente opposta al semplice dibattito sul boicottaggio come associazione.” Tuttavia, durante la riunione economica, il 75 % dei partecipanti ha votato per una risoluzione a sostegno dei diritti di individui, gruppi e associazioni di boicottare ed essere tutelati contro qualsiasi ripercussione. La MESA creerà un forum annuale per tutti i membri in cui discutere sull’argomento del boicottaggio. Shihade ha inoltre riferito che la MESA intende “dedicare più spazio ai palestinesi e ad argomenti quali il colonialismo in Israele-Palestina.” L’Associated Press scrive: “L’organizzazione ha deciso di restare un forum aperto alla discussione sul boicottaggio accademico di Israele e ha condannato i tentativi per intimidire coloro i quali intendano partecipare a tale attività. La questione è nata dall’appello per il boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) contro Israele lanciato dalla società civile palestinese nel 2005.”
Anche la Modern Language Association, una delle più grandi organizzazioni accademiche del mondo, con circa 24.000 membri in un centinaio di paesi, ha accettato di parlare formalmente riguardo ad un boicottaggio accademico di Israele e di boicottaggio accademico in generale. L’organizzazione ha annunciato che dedicherà un tempo considerevole alla discussione sul caso specifico del boicottaggio accademico di Israele, del boicottaggio accademico in generale, e del diritto alla libertà accademica e alla libertà di espressione. In una recente e-mail rivolta ai propri membri, l’MLA annuncia che l’assemblea dei delegati di quest’anno prenderà in considerazione le seguenti questioni: “Boicottaggio istituzionale ed individuale: in che modo l’MLA può affrontare questo problema?”; “Qual è la relazione tra il boicottaggio e la libertà accademica?” e “Come dovrebbe rispondere l’MLA ai problemi di amministrazione di facoltà e di ritorsione nei confronti del discorso pubblico?.” David Lloyd, uno dei promotori della risoluzione per il boicottaggio accademico di Israele, riferisce che l’organizzazione ha deciso che l’assemblea del 2016 accoglierà un dibattito sull’argomento, con rappresentanti di entrambe le parti. L’MLA lascerà, poi, un anno intero ai propri membri per continuare la discussione prima di valutare una risoluzione per il boicottaggio.
Per quanto riguarda il caso di Steven Salaita (una faccenda di grande rilievo connessa al diritto di aperta critica nei confronti delle politiche statali israeliane senza incorrere nel rischio di punizioni) l’University of Illinois e la Commissione del Senato di Urbana-Champaign sulla libertà accademica e le nomine (Committee on Academic Freedom and Tenure) hanno constatato che
L’iter che ha portato il futuro incarico del dottor Salaita ad essere annullato e, alla fine, rifiutato non ha seguito sotto molti aspetti norme e procedure esistenti, sollevando dubbi sull’impegno istituzionale volto ad un’amministrazione condivisa. I motivi addotti (il tenore dei tweet pubblicati dal dottor Salaita nell’estate del 2014) non rispettano la libertà di espressione politica garantita dall’università. Le giustificazioni fornite dal Rettore, dal Dirigente e dagli Amministratori, secondo cui la maleducazione delle dichiarazioni di un candidato può costituire un motivo sufficiente per rifiutarne la nomina, dovrebbero essere ritirate. Concludiamo, comunque, che il Rettore ha avanzato domande legittime sull’adeguatezza professionale del dottor Salaita che devono trovare risposta. Alla luce delle anomale circostanze che hanno portato il consiglio di amministrazione a rifiutare la nomina del dottor Salaita, la Commissione suggerisce che la candidatura del dottor Salaita venga rinviata al College of Liberal Arts and Sciences per essere riesaminata da un commissione di esperti accademici qualificati.
A questo punto, tali conclusioni non avanzano alcuna giustificazione; tuttavia avviare un aperto ed equo dibattito sulla questione è comunque una decisione di grande importanza perché proveniente da una commissione universitaria regolarmente nominata.
Insomma, non sono solo le organizzazioni accademiche che scelgono di appoggiare e discutere del BDS. La società civile e i sindacati sono sempre più coinvolti. Alcuni membri ordinari hanno partecipato alla campagna Block the Boat di quest’estate: un tentativo concreto per impedire alla nave israeliana Zim di attraccare sulla costa occidentale degli Stati Uniti. La campagna illustra così gli obiettivi che si propone:
Con Block the Boat stiamo interrompendo le normali attività nei porti di tutta l’America del Nord e stiamo mettendo in pratica il BDS. Fermando la Zim stiamo ostacolando il commercio internazionale e una risorsa per la sicurezza nazionale israeliana. Non stiamo semplicemente scegliendo di astenerci dal comprare un prodotto israeliano, o ingaggiare una battaglia con un’istituzione israeliana; stiamo scegliendo di agire per fermare Israele. E stiamo lottando insieme a lavoratori, comunità nere e ispaniche, e con tutti coloro i quali si sono scontrati contro il ruolo di Israele nella repressione mondiale. La campagna Block the Boat non è solo uno sviluppo delle tattiche del BDS, ma sta portando il movimento per le strade e all’interno delle nostre comunità.
Questo mese è stato di particolare importanza nella dimostrazione dell’impatto del BDS. Il 4 dicembre l’UAW 2865, il sindacato di studenti e lavoratori della University of California, è diventato il primo grande sindacato di lavoratori degli Stati Uniti ad appoggiare il disinvestimento nei confronti di Israele, con un ampio margine di voti dei propri membri. Il comunicato stampa emesso dal sindacato afferma che:
L’UAW 2865 si unisce ai numerosi sindacati dei lavoratori di Regno Unito e Irlanda, allo UNITE neozelandese, al CUPE canadese, al COSATU sudafricano e a molti altri sindacati dei portuali di tutto il mondo. Si unisce anche alle crescenti voci della società civile presenti nei movimenti dei lavoratori americani, tra le quali anche quelle dei membri ordinari dell’International Longshore Workers’ Union Local 10 (sindacato dei lavoratori del trasporto litoraneo di San Francisco), che ha appoggiato i picchetti della società civile e ha bloccato con successo navi israeliane che intendevano scaricare merci, in linea con il loro storico coinvolgimento nel movimento anti-apartheid del Sud Africa, e alle centinaia di sindacalisti che hanno sottoscritto la dichiarazione denominata Labor for Palestine.
Un altro indicatore della profonda trasformazione che sta investendo la campagna BDS si può trovare nella classifica “2014 Influence List” redatta da The Chronicle of Higher Education, nella quale è stata inserita l’American Studies Association. La rivista ha commentato così la propria scelta: “Per la media delle organizzazioni nazionali, l’American Studies Association è piuttosto piccola. Tuttavia, il suo impatto sul dibattito politico è stato eccezionale. Votando a favore del boicottaggio accademico di Israele, il suo organo esecutivo composto da 18 membri ha innescato un aspro dibattito nazionale e internazionale, che partendo dall’ambito dell’istruzione superiore ne ha superato i confini.” Come rileva nello stesso articolo Lisa Duggan, presidentessa dell’ASA e professoressa presso la New York University, “Ci siamo avvicinati alla stampa tradizionale e abbiamo innescato una serie di discussioni prima impossibili sulla questione israelo-palestinese. In questo senso abbiamo fatto ciò che volevamo.” Tramite il sostegno nei confronti del movimento di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni, l’ASA è riuscita ad aprire un dibattito nazionale senza precedenti sulla questione israelo-palestinese, che si preannuncia in crescita nel 2015.
Fonte: The Nation
Traduzione di BDS Italia