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Lontano dai combattimenti nella Striscia di Gaza e dal lancio di razzi che hanno preso a pugni Israele da sud fino a Sharon, circa 300 dipendenti della Israele Military Industries [IMI, ndt] a Nazareth non hanno lasciato le loro linee di montaggio per un solo minuto nelle ultime quattro settimane. Hanno lavorato a turni, 24 ore al giorno, al fine di garantire una fornitura regolare di proiettili da 5,56 millimetri ai soldati delle Forze di Difesa Israeliane. Altri sono stati al lavoro per sfornare granate Kalanit e Hatzav per carri armati altamente sofisticate per i Corpi d’Artiglieria. Queste granate, che vengono sparate sopra le teste dei militanti in possesso di armi anticarro esplodendo a mezz'aria sopra di loro rilasciando schegge, sono state entrambe utilizzate per la prima volta su larga scala nell’Operazione Margine Protettivo.
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Una scelta più che altro simbolica: il commercio bellico di Madrid con Tel Aviv è dell’1 per mille sul totale dell'export militare
Il governo di Mariano Rajoy ha sorpassato «a sinistra» tutti gli altri governi europei, Italia compresa. In una riunione del Comitato interministeriale del commercio estero di giovedì scorso — anche se la notizia è stata resa nota solo lunedì sera da Cadena Ser — la Spagna ha deciso di congelare «cautelarmente» l’autorizzazione alla vendita di armi verso il governo di Israele. La decisione, che non ha carattere retroattivo, non ha data di scadenza, ma potrebbe essere rivista già a settembre, non appena il Comitato tornerà a riunirsi.
La notizia ha un impatto politico notevole e ha sorpreso tutti gli osservatori del paese. Persino Izquierda Unida, per bocca di Alberto Garzòn — probabile candidato capolista per le prossime elezioni politiche — ha commentato sul suo profilo di Facebook: «Incredibile, qualcosa di buono che fa il governo».
Ma a ben guardare stiamo parlando di briciole: meno dell’1 per mille dell’export totale di armi. Nel 2013 la Spagna ha venduto a Israele armamenti per meno di 5 milioni di euro (soprattutto pistole, 4x4, spolette, mortai e granate illuminanti) su un totale di circa 4 miliardi di euro di esportazioni belliche. Per confronto, nello stesso anno, i paesi del Golfo hanno comprato armamenti dalla Spagna per un valore di circa 1,24 miliardi. La novità sta nel fatto che per la prima volta la Spagna, applicando il Trattato Internazionale sul Commercio di Armi, sospende la vendita a un paese che non rispetta i diritti umani in maniera unilaterale, senza aspettare il consenso degli altri paesi dell’Unione Europea. Lo aveva già fatto per esempio per la Libia, l’Egitto o il Venezuela, ma sempre sotto l’ombrello europeo.
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Attivisti del Regno Unito occupano una fabbrica di armamenti della compagnia israeliana Elbit System
Per quasi un mese, Israele ha bombardato Gaza via terra, mare e aria. Più di 1.800 palestinesi hanno perso la loro vita, sono stati compiuti crimini di guerra. Con nostra vergogna collettiva, il governo britannico ha fallito non solo nel mettere pressione su Israele affinchè fermasse il suo massacro, ma ha anche rifiutato di adottare misure per porre fine al sostegno materiale che fornisce al brutale regime israeliano di apartheid e colonialismo. Quando i governi sostengono crimini contro l'umanità, i movimenti di base devono intervenire direttamente.
Madrid ferma le armi per Israele. L’Europa è il secondo principale fornitore di armamenti e sistemi militari a Israele, preceduta solo dagli Stati Uniti
di Francesco Vignarca*
Allora sembrerebbe davvero possibile. La richiesta, già avanzata dalla Rete Italiana per il Disarmo all’immediato scoccare degli attacchi su Gaza, di un embargo e uno stop delle forniture militari verso Israele si può davvero fare. Così ci dicono le cronache di queste ora e così ci sottolinea la decisione presa dal governo spagnolo. Il governo di Madrid ha infatti deciso di «bloccare temporaneamente», per agosto, le vendite di attrezzature militari a Israele, in conseguenza del conflitto aperto di Gaza, con una decisione presa lo scorso giovedì in una riunione della commissione governativa interministeriale.
Già qualche giorno fa si era mosso anche il governo britannico di Cameron, facendo partire una revisione di tutte le licenze di esportazione armata che l’esecutivo di Sua Maestà Britannica ha negli ultimi tempi concesso verso il governo Netanyahu.
È necessario ricordare che l’Europa è il secondo principale fornitore di armamenti e sistemi militari a Israele, preceduti solo dagli Stati Uniti. Negli ultimi dieci anni i paesi dell’Unione hanno concesso licenze per l’esportazione di armi e sistemi militari verso Tel Aviv per un valore complessivo di oltre 2 miliardi di euro, di cui oltre 600 milioni di euro nel solo 2012. Da aggiungere in particolare per l’Italia, la preoccupazione per le previste, e non ancora cancellate nonostante le dichiarazioni della Difesa, esercitazioni aeree congiunte con l’Air Force Israeliane: prove di bombardamento in Sardegna. L’evidenza dei dati dimostra l’importanza di chiedere ai Governi dell’Unione una presa di posizione forte, considerando anche come dal 2002 non risultino (dai dati ufficiali) esportazione di armi verso l’Autorità Palestinese. Stiamo dunque parlando di una questione di responsabilità: occorre partire da scelte davvero concrete nel cercare di disinnescare l’attuale livello di conflitto, prima di passare ad un tentativo complesso di costruzione di una soluzione politica e di pace. Una responsabilità mostrata anche dalla sottosegretario agli Esteri britannica Sayeeda Warsi che si è dimessa dal governo per un profondo dissenso verso la politica su Gaza.
Leggi: Uno stop delle forniture militari verso Israele: Allora è possibile. E l’Italia tace.
Alla Procura della Repubblica Presso il Tribunale di Varese
Esposto-Denuncia
Noi, sottoscritti, Ugo Giannangeli, nato a Roma il 23/7/1949, residente a Veniano, via Fontanelle, 38; Filippo Bianchetti, nato a Bolzano il 27/11/1952, residente a Varese, viale Dandolo 29; Fiorella Gazzetta, nata a Varese il 4/10/1955, residente a Varese, viale Dandolo 29; Marco Varasio, nato a Sant’Angelo Lodigiano il 18/2/1987, residente a Milano, via Cadore 29; Giuseppe Orlandi, nato a Empoli il 17/2/1946, residente a Varese, via Aurora 4, in proprio e quali membri delle associazioni “ Comitato No M346 ad Israele”, “ Comitato Varesino per la Palestina” , “ Forum contro la guerra”, rete BDS Italia (Boicottaggio, Disinvestimenti, Sanzioni verso Israele) , esponiamo quanto segue.
La legge 9/7/1990 n. 185 contenente norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento all’art. 1 prevede, tra l’altro, il divieto della esportazione verso Paesi in stato di conflitto armato, verso Paesi la cui politica contrasti con i principi dell’art. 11 della Costituzione e verso Paesi i cui governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani, accertate dai competenti organi delle Nazioni Unite, dell’UE o del Consiglio d’Europa.
Nonostante questa chiara dizione il governo italiano in data 17/5/2005 ha sottoscritto un accordo di cooperazione militare con lo stato di Israele.
In particolare l’Alenia Aermacchi, azienda del gruppo Finmeccanica, con sede a Venegono superiore, ha concluso in data 19/7/2012 un accordo per la vendita ad Israele di 30 aerei M346.
Dopo gli ennesimo bombardamenti sui civili nella Striscia, il governo britannico promette una revisione "caso per caso" di tutte le licenze per le forniture belliche operative a Gerusalemme "per confermare o meno quello che noi pensiamo, che siano appropriate": verranno rivisti gli invii di armamenti, materiale per software e comunicazioni militari. Stop alle vendite se "c’è un chiaro rischio che possano provocare o prolungare il conflitto"
Nessuno stop alla fornitura di armi dal Regno Unito verso Israele, ma il governo di David Cameron promette ora una revisione “caso per caso” di tutte le licenze per le forniture militari operative, per cercare di capire quali di questi accordi preveda l’invio di “tecnologie per la repressione interna”. Non un dietrofront, quindi, ma comunque una prima, importante presa di coscienza da parte della Gran Bretagna. Quanto succede in Medio Oriente preoccupa Downing Street e il parlamento britannico, nonostante lo stesso Cameron, anche recentemente, abbia più volte ripetuto che “Israele ha un legittimo diritto all’autodifesa”. Però, domenica 3 agosto, dal governo del Regno Unito è arrivato anche un sostegno all’Onu. “Hanno fatto bene a condannare il bombardamento delle scuole definendolo ‘un oltraggio morale’”, ha detto il primo ministro conservatore. Così, ora, Londra si trova davanti a un bivio, prendere parte e condannare Israele, come del resto sta facendo già da settimane il partito laburista all’opposizione, oppure continuare a fare come gran parte del mondo occidentale. E la strada intrapresa da Cameron nelle ultime ore sembra chiara: interrogarsi sulla natura del proprio rapporto con quel paese. Per confermare la propria posizione, quasi sicuramente, ma pur sempre con dei distinguo.
Leggi: Gaza, Londra rivede forniture militari a Israele: “Basta, se usate per repressione”
L'Altra Europa aderisce a appello per embargo militare a Israele firmato da Nobel, personalità e artisti internazionali
Di fronte alla tragedia che vive Gaza, di fronte al silenzio complice della comunità internazionale, L'Altra Europa raccogle e rilancia l'appello per un embargo militare nei confronti di Israele.
L'Altra Europa aderisce e si impegna a moltiplicare le iniziative di solidarietà con il popolo palestinese, in ogni città d'Italia.
Fonte: L'Altra Europa con Tsipras
Intervista all'economista israeliano Shir Hever: «L'esercito detta le scelte del governo, ma manca una strategia di lungo periodo. Come ogni impero, anche Tel Aviv è vicino alla fine»
di Chiara Cruciati
Nessuna tregua, l’offensiva continua. L’industria bellica israeliana pubblica e privata ha già scaldato i motori: la nuova sanguinosa operazione contro Gaza porterà con sé un’impennata delle vendite di armi. Successe con Piombo Fuso e con Colonna di Difesa. Alcune aziende firmano già contratti milionari. Come sempre, Israele prima testa e poi vende. Ne abbiamo parlato con Shir Hever, economista israeliano e esperto degli aspetti economici dell’occupazione.
Israele è uno dei primi esportatori di armi nel mondo. Dopo l’operazione del 2012, le vendite toccarono i 7 miliardi di dollari. Sarà lo stesso per Margine Protettivo?
L’industria militare israeliana è uno dei settori più significativi, il 3,5% del Pil a cui va aggiunto un altro 2% di vendite interne. Israele non è il più grande esportatore di armi al mondo, ma è il primo in termini di numero di armi vendute per cittadino, procapite. L’industria militare ha un’enorme influenza sulle scelte governative. Dopo ogni attacco contro Gaza, si organizzano fiere durante le quali le compagnie private e pubbliche presentano i prodotti utilizzati e testati sulla popolazione gazawi. Gli acquirenti si fidano perché hanno dimostrato la loro efficacia. Anche questa guerra aumenterà significativamente i profitti dell’industria militare. Basti pensare che pochi giorni fa l’Industria Aerospaziale Israeliana ha lanciato un appello agli investitori privati per la produzione di una nuova bomba. Hanno già raccolto 150 milioni di dollari, 100mila per ogni palestinese ucciso: si inizia a vendere ad operazione ancora in corso.
Leggi: Israele - Il boom dell’industria bellica: già in vendita le armi testate su Gaza
Secondo alcune interrogazioni di Sel e M5s, l’aeronautica israeliana testerà le sue armi in Sardegna
I piloti dell’aeronautica israeliana impegnati in questi giorni nell’intervento militare a Gaza saranno presto in Italia. Così denunciano alcune interrogazioni depositate nelle ultime ore alla Camera dei deputati. Secondo i documenti presentati a Montecitorio da Sel e Movimento Cinque Stelle, nelle prossime settimane è previsto un ciclo di esercitazioni degli F-15 e F-16 della Iaf — Israeli Air Force — sui cieli della Sardegna. Lo confermerebbe il "Programma esercitazioni a fuoco secondo semestre 2014” del Reparto Sperimentale Standardizzazione al Tiro Aereo — Air Weapon Training Installation (Rssta-Awti). Al centro delle interrogazioni finisce il reparto addestrativo della nostra Aeronautica con sede a Decimomannu, vicino Cagliari. Costituito con «l’obiettivo di consentire in scenari sempre più complessi - così spiega il ministero della Difesa italiano — l’addestramento al tiro e al combattimento aereo dei piloti militari».
Leggi: Esercitazioni in Sardegna: I piloti che bombardano Gaza si addestrano in Italia
di Gabriele Mombelli
Mentre si attende l’esito dell’incontro di ieri tra il viceministro degli Esteri, Lapo Pistelli, ed una delegazione pacifista capitanata dalla Rete Italiana per il Disarmo, continua inarrestata l’offensiva di Israele a Gaza. Al rappresentante del Governo Renzi le associazioni pacifiste hanno chiesto, tra l'altro, il “blocco delle forniture armate verso la regione, in particolare al Governo di Israele di cui l'Italia è il maggior fornitore bellico nell'UE” e la sospensione della "cooperazione militare dell'Italia con Israele. Una richiesta già avanzata da tempodalla Rete Disarmo che, insieme ad altre Reti, il 16 luglio scorso ha promosso una manifestazione in numerose città italiane.
Lo stop alla consegna e vendita di armamenti a Israele, tra i quali i jet addestratori M-346 costruiti dalla controllata Finmeccanica, Alenia Aermacchi, è una misura minima necessaria, dovuta, ma non sufficiente a determinare la fine dell’occupazione israeliana dei Territori palestinesi, di cui le politiche d’assedio e separazione della Striscia di Gaza costituiscono solo un elemento del sistema.
#StopSupportingAbbasSecurity
Parallelamente al blocco degli armamenti verso Israele, l’Esecutivo dovrebbe rivalutare e ridefinire il supporto dell’Italia all’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) e, soprattutto, ai suoi apparati di sicurezza e polizia.
Leggi: #StopArmingIsrael e #StopSupportingAbbasSecurity: le responsabilità dell’Italia