La campagna

L’embargo militare è finalizzato al blocco degli scambi accademici, scientifici e commerciali di tipo militare e securitario con Israele. Paese che, benché piccolo, è il 7°esportatore di armi al mondo (il 3° verso l’Italia) e il 17° come importatore. Con una spesa militare di oltre 15 miliardi di dollari l’anno in continua ascesa, Israele spende per il settore militare tra 6,5 e 8,5 % del suo PIL.

L’Italia e l’Unione Europea sono pesantemente coinvolte nell’interscambio di tecnologie a uso bellico e nei sistemi di sicurezza, con collaborazioni in settori strategici e finanziamenti, mentre gli USA forniscono un sostegno pressoché incondizionato al settore militare israeliano, per varie decine di milioni di dollari al giorno.

Israele usa la forza e la tecnologia militare per mantenere il suo sistema di occupazione militare e di apartheid, per procedere gradualmente all’annessione dei territori palestinesi, per attuare una politica di minacce e aggressioni nei confronti di altri paesi sovrani del “Medio Oriente” ponendo a rischio la stabilità e le prospettive di pace in tutta la regione.

Grazie a un secolo di repressione e contro-insurrezione, attraverso una guerra infinita contro i palestinesi e la conseguente militarizzazione nella vita quotidiana, Israele ha potuto introdurre nella sua produzione di armi tecnologie molto raffinate, utili a forze armate, agenzie di sicurezza e polizie di tutto il mondo per il controllo “securitario” delle popolazioni.

I territori palestinesi occupati, sostiene Jeff Halper nel suo libro “Questa guerra è contro di noi”, sono un vero e proprio laboratorio di questo approccio. Israele infatti sviluppa, affina e sperimenta sul campo, a Gaza e in Cisgiordania, armi convenzionali, sistemi missilistici di intercettazione, di sorveglianza, di controllo della folla, raccolta di dati biometrici, usando i palestinesi come cavie. Rivende poi il tutto sul mercato globale.

Fino al 70% della produzione militare israeliana viene esportata, principalmente nel Sud del mondo e in particolare, come già detto, verso regimi corrotti e autoritari che utilizzano tali armi per commettere genocidi, pulizia etnica e altre gravi violazioni dei diritti umani.

Le sue esportazioni sono utilizzate anche per costruire muri, promuovere la sorveglianza, abilitare la profilazione razziale e la repressione da parte di corpi di polizia razzisti contro i diritti delle popolazioni indigene, dei migranti e dei difensori dei diritti umani.

Nella repressione dei moti di rivolta negli Stati Uniti e altrove si riconoscono i tratti, i metodi e gli strumenti usati dalla polizia israeliana

Come scrive Halper nel suo testo già citato, grazie all’industria della guerra securitaria, Israele è riuscito a trasformare il suo know-how nel campo della sicurezza in influenza politica e a stringere relazioni militari ufficiali con almeno 150 paesi, molti dei quali feroci dittature.

Grazie agli offici che offre in tutto il mondo, Israele gode di una totale impunità e ottiene che governi, aziende e centri di ricerca cooperino e finanzino la sua industria militare e della sicurezza, nonostante le accertate violazioni del diritto internazionale ed i crimini di guerra nei confronti dei palestinesi e di altri popoli. La stessa UE finanzia attività di ricerca svolta da compagnie militari israeliane mentre i suoi membri commerciano in armi.

La società civile palestinese chiede da tempo un embargo militare globale nei confronti di Israele per porre fine a questa complicità, per rendere manifesta la responsabilità di Israele per i suoi crimini e mettervi fine.

Per raggiungere questo obiettivo dobbiamo attuare una strategia complessa, fatta di azioni dirette, attività di lobbying e campagne di sensibilizzazione e di pressione sulle imprese che collaborano con Israele.

Amnesty International e diversi governi locali in tutto il mondo chiedono la fine del commercio di armi con Israele.

È necessario attuare l’embargo militare totale contro Israele finché non riconoscerà uguali diritti a tutti i cittadini che abitano la Palestina storica, non si ritirerà da tutti i territori occupati, non consentirà il ritorno dei profughi e non libererà i prigionieri politici.

Sostieni i diritti del popolo palestinese, unisciti alla lotta universale per i diritti umani e le libertà civili di tutte e tutti noi.

La UE ha quadruplicato i fondi a disposizione per la militarizzazione delle frontiere, superando nel 2020 la ragguardevole cifra di € 21,3 miliardi (1). L’aumento dei fondi vuole garantire alle proprie agenzie di controllo delle frontiere – in particolare Frontex and EMSA – una loro dotazione militare.

Per anni l'industria militare israeliana ha fatto pressioni per ottenere una parte della spesa multimilionaria dell'UE per la militarizzazione delle frontiere. Il ministero della Difesa israeliano ha annunciato nel 2018 che l'Europa è un "obiettivo significativo per le operazioni di difesa, principalmente in termini di "difese alle frontiere" (2). I risultati stanno finalmente arrivando: Frontex ed EMSA hanno iniziato a usare droni killer israeliani. Dal 2018, € 63.750.000,00 di fondi pubblici dell'UE sono stati utilizzati per finanziare e alimentare direttamente l'economia di guerra di Israele, poiché Frontex ed EMSA stanno militarizzando ulteriormente i confini europei e il mar Mediterraneo con la tecnologia bellica di sorveglianza che Israele ha sviluppato e testato nei brutali assalti di Gaza (3). Nel frattempo, il numero di "barche fantasma" – barche con migranti che sono scomparse senza lasciare traccia nel Mediterraneo – ha continuato ad aumentare. Abbiamo la responsabilità e la possibilità di fermare tutto questo, adesso.