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Le esportazioni militari sono variate ampiamente negli ultimi anni, con un picco a circa 7 miliardi di dollari nel 2009-2010. Israele è classificato tra il quarto e il sesto paese al mondo per vendite di armi.

Le esportazioni di attrezzature militari per il 2012 sono stimate di aver raggiunto $ 7 miliardi, un incremento del 20 per cento rispetto al 2011, secondo i dati preliminari del Ministero della Difesa. Quelli definitivi saranno disponibili nel mese di marzo.

Le esportazioni militari sono variate ampiamente negli ultimi anni ed hanno raggiunto il picco di circa 7 miliardi di dollari nel 2009-2010. Israele è classificato tra il quarto e il sesto paese al mondo per le vendite di armi.

Israele esporta la maggior parte delle sue armi negli Stati Uniti e in Europa, seguono il Sud-Est asiatico e il Sudamerica. Le esportazioni verso i paesi africani sono marginali.

L’aumento dello scorso anno delle esportazioni deriva in parte da un accordo militare da $1 miliardo con l'Italia. Israele sta per acquistare nuovi caccia da addestramento dall’Italia, la quale ha firmato un contratto per acquisti reciproci per attrezzature militari da Israele. L’Italia acquisterà da Israele due velivoli AWACS e un satellite di osservazione – entrambi prodotti dell’industria aeronautica israeliana.

La votazione si chiude il 23 di gennaio.
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G4S è in lizza per il Public Eye People's Award del 2013, il premio 'fai i nomi e fai vergognare' che nessuna società vorrebbe vincere. G4S, la più grande compagnia privata militare e di sicurezza del mondo, è complice dell'occupazione israeliana della Palestina e trae profitti dal conflitto e dall'insicurezza in tutto il mondo. War on Want e altre organizzazioni europee hanno nominato G4S per i premi che aiutano a "puntare i riflettori internazionali sugli scandali delle corporation". L'azienda è stata selezionata ed è ora in lizza per il voto del pubblico.

Prendete un minuto per votare per G4S e poi dite ai vostri amici di fare lo stesso.

votaPerché votare per G4S?

G4S è complice dell'occupazione israeliana della Palestina attraverso la fornitura di attrezzature di sicurezza e di servizi per l'impiego ai posti di blocco e agli insediamenti illegali nella Cisgiordania occupata. Essa contribuisce anche a mantenere e trarre profitto dal sistema carcerario israeliano. Nel 2007, la filiale israeliana di G4S ha firmato un contratto con l'Autorità carceraria israeliana per la fornitura di sistemi di sicurezza per grandi prigioni israeliane.

(Quella che segue è la traccia per un intervento fatto ad un'iniziativa che si è svolta a Torino nell'ambito della campagna del Movimento No TAV "C'è lavoro e lavoro" e BDS armamenti)

L'ultima volta che mi è sembrato di trovarmi in Palestina è stato poco meno di due settimane fa, quando insieme a qualche centinaio di persone del movimento No TAV ci siamo recat* a Lione per manifestare insieme ai/alle compagn* d'Oltralpe la nostra opposizione a questa grande opera nociva, inutile e costosa; lo abbiamo fatto nel momento in cui François Hollande e Mario Monti firmavano degli accordi imprescindibili -secondo i media main stream- sull'alta velocità ferroviaria, accordi in massima misura rivelatisi poi essere inerenti mantrici discorsi di crescita economica europea e a proposito del rafforzamento della cooperazione di polizia a livello bilaterale per la "sicurezza interna" (stavano forse il presidente ed il primo ministro facendo riferimento all'Eurogendfor, ovvero la Forza di Gendarmeria europea, una sorta di polizia politica europea svincolata da controlli parlamentari e non dipendente dalla magistratura per cui è stata scelta la sede della caserma dei carabinieri "Generale Chinotto" a Vicenza?), a proposito di ulteriori scambi commerciali di armamenti e di una da loro auspicata intensificazione della cooperazione militare tra i due Paesi (qui il documento completo http://www.governo.it/GovernoInforma/documenti/vertice_italo_francese_20121203.pdf).

Mentre nel 2010 ben otto compagnie israeliane, ivi incluse Elbit Systems e Israel Aerospace Industries (IAI), avevano partecipato all’ Aeromart, l’expo aereospaziale di Tolosa in Francia, senza che fosse sollevata la benché minima obiezione, quest’anno una forte campagna iniziata nel febbraio 2012 ha cambiato le carte. In un primo tempo la nostra azione è stata indirizzata al Consiglio Regionale della Regione dei Medi-Pirenei, uno dei principali attori dell’Expo, ottenendo la promessa, la cui attuazione andrà verificata, che le sovvenzioni alle compagnie di media grandezza, sarebbero state subordinate al rispetto del diritto internazionale, ivi incluso quello derivato dalla sentenza della Corte Europea di Giustizia sulla Brita. (1) 

Studenti attivisti hanno realizzato adesivi che imitano il logo G4S, per sensibilizzare gli altri studenti del campus. (Foto del Comitato per la Palestina  presso l'Università di Oslo)

A seguito del crescente successo della campagna per boicottare G4S, società fornitrice dei servizi di sicurezza alle prigioni israeliane,  l'Università di Oslo ha annunciato che rescinderà il suo contratto con la società nel mese di luglio 2013.

G4S è una società privata che si occupa di sicurezza ; in particolare, fornisce attrezzature e servizi alle  prigioni israeliane in cui sono detenuti e maltrattati i  prigionieri politici palestinesi, inclusi i bambini. G4S fornisce a Israele anche le attrezzature e i servizi per i posti di blocco, gli  insediamenti illegali e le imprese operanti negli insediamenti. Il Governo israeliano ha recentemente confermato che G4S fornisce anche attrezzature per il muro dell'apartheid illegale.

In contemporanea con la giornata internazionale di solidarietà con il popolo palestinese, oltre 50 nomi di prestigio a livello internazionale, tra cui 4 italiani, hanno lanciato un appello che chiama ad "un'urgente azione internazionale perché si arrivi ad un embargo militare totale e obbligatorio nei confronti di Israele." Tale dichiarazione, sebbene motivata direttamente dall’ultima aggressione israeliana contro un milione e seicentomila Palestinesi, che vivono nella striscia di Gaza occupata ed assediata, è anche una reazione alla occupazione militare israeliana, che dura ormai da decenni, e alla continua negazione dei diritti del popolo palestinese, già sanciti dall’ONU.

Mentre esprime tutto l’orrore per l’ultimo bagno di sangue che ha causato la morte di 175 Palestinesi, tra cui 34 bambini, la dichiarazione afferma anche che la continua e ripetuta brutalità di Israele è resa possibile grazie alla impunita di cui gode. Ed in particolare sottolinea la complicità degli Stati Uniti, dell’Unione europea, del Brasile, dell’India e della Corea del sud, in quanto tali paesi sono sostenitori determinanti e facilitatori di Israele sul piano militare.

Il Medio oriente è in fiamme. La Siria è in ginocchio, migliaia di profughi fuggono in Libano, in Turchia, in Giordania. Tel Aviv mobilita le forze terrestri, aeree, navali. Minaccia d’intervenire in Golan e di lanciare i suoi missili e i suoi caccia contro decine di “obiettivi strategici” in Iran. Intanto cannoneggia la striscia di Gaza e schiera carri armati e blindati alla frontiera con il Libano. Scenari di guerra che non sembrano intimorire più di tanto le forze politiche e il governo italiano. Quest’ultimo, anzi, trova pure il tempo d’inviare a Gerusalemme una delegazione d’eccezione, il premier con sei ministri, per il terzo summit intergovernativo in meno di due anni. Per rafforzare la partnership politica e militare e moltiplicare affari e scambi commerciali.

Il comunicato ufficiale emesso lo scorso 25 ottobre è come sempre laconico. “In occasione del vertice Italia-Israele, al quale ha partecipato il Presidente del Consiglio, Mario Monti, il ministro della Difesa Giampaolo Di Paola ha incontrato il suo omologo dello Stato di Israele, Ehud Barak.A conferma dei solidi rapporti di amicizia e di collaborazione esistenti tra i due Paesi, sono stati approfonditi i temi inerenti alla cooperazione industriale nel settore della Difesa”.

di Antonio Mazzeo

Blitz in Israele dei reparti d'élite della Marina militare italiana. Dal 3 all'8 novembre, nelle acque prospicienti la città di Haifa, si è tenuta la prima edizione dell'esercitazione bilaterale Rising Star 2012 a cui hanno partecipato i palombari artificieri del Gruppo operativo subacquei del COMSUBIN (Comando Subacquei ed Incursori) di La Spezia e i Divers (specialisti sommozzatori) della Marina israeliana. Obiettivo dell'addestramento, il "contrasto della minaccia costituita dagli ordigni esplosivi improvvisati (Improvised Explosive Devices)", attraverso la "bonifica a bordo delle unità navali e subacquee".

"Le minacce terroristiche o i fenomeni di pirateria stanno portando le Forze di sicurezza ed in particolare le Marine militari dei paesi occidentali a studiare assetti e procedure efficaci", ha spiegato il Comando italiano nel comunicato di presentazione della missione in Israele. "L'intervento sugli IED a bordo delle unità navali, necessita di un continuo addestramento, materiali specifici e tecnologicamente moderni, ma soprattutto operatori altamente specializzati". Come i sub italiani e gli omologhi israeliani, operativi da tempo nei principali teatri di guerra internazionali. A partire dagli anni '90, ad esempio, i reparti del COMSUBIN di La Spezia sono intervenuti nei Balcani e in Albania, in Corno d'Africa, Rwanda, Libano e Golfo persico.

di Antonio Mazzeo.

Prenderà il via tra la fine di ottobre e i primi giorni di novembre, durerà non meno di tre settimane e, secondo il Pentagono, sarà la “più grande esercitazione nella storia della lunga relazione militare tra Stati Uniti d’America e Israele”. Mentre le potenze occidentali con i paesi partner del Golfo scalpitano per intervenire militarmente in Siria e si acutizza lo scontro tra la Nato, l’Unione europea e l’Iran, le coste e il deserto israeliano stanno per ospitare un imponente war game in cui saranno simulati attacchi con missili balistici contro obiettivi terrestri e navali.  Austere Challenge 2012, il nome dell’esercitazione congiunta, vedrà il coinvolgimento di 3.500 militari statunitensi ed un migliaio di israeliani. Solo un terzo circa del personale Usa sarà però distaccato direttamente in Israele. Il resto opererà da alcune basi in Europa e nelle unità navali che stazioneranno nel Mediterraneo orientale.

In 2 mila si sono ritrovati davanti alla sede di Alenia Aermacchi per protestare contro la vendita di 30 aerei militari ad Israele e propongono: “riconvertitevi in una produzione socialmente utile”. 

Chiedono una cosa molto semplice gli oltre 2mila manifestanti che si sono ritrovati a Venegono, davanti alla sede di Alenia Aermacchi: «Non vendete gli M346 ad Israele». Un messaggio urlato con un lungo corteo attorno alla grande fabbrica varesina. «La nostra è una Provincia di morte -dicono gli organizzatori- perchè abbiamo l’Agusta a Verghera, la Nato a Solbiate e l’Aermacchi qui, ma tutto deve e può cambiare». Quello che chiedono i manifestanti non è solo lo stop alla vendita dei 30 aerei -sulla carta mezzi di addestramento ma che sono armabili- ma la «riconversione dell’industria bellica». I manifestanti ribadiscono più volte il fatto che «noi non siamo contro i lavoratori, siamo contro l’industria della morte» ma allo stesso tempo «non si può giustificare lo spargimento di tanto sangue con la sola difesa dei posti di lavoro». E non c’è solo il pacifismo nelle motivazioni di chi ha sfilato per molte ore sotto un cielo minaccioso di pioggia. «Vendere armi ad Israele è doppiamente sbagliato» perchè «saranno usate contro il popolo Palestinese», come l’operazione Piombo Fuso ricorda in modo raccapricciante. «In Italia abbiamo una legge che proibisce la vendita di armi a paesi i guerra o che non rispettano i diritti umani -spiega Marco Tamborini, ex dipendente dell’Aermacchi- e chi “meglio” di Israele è in questa condizione?». Lui, che ha lavorato in quell’azienda per una vita, ricorda quando «per vendere aerei al Sud Africa sotto embargo si passava dalla Svizzera» e quanto sta succedendo oggi ricorda quegli anni con la differenza che «questa volta Israele non pagherà con denaro ma con altra tecnologia militare, cose di cui non abbiamo bisogno».