di Gabriele Mombelli

Mentre si attende l’esito dell’incontro di ieri tra il viceministro degli Esteri, Lapo Pistelli, ed una delegazione pacifista capitanata dalla Rete Italiana per il Disarmo, continua inarrestata l’offensiva di Israele a Gaza. Al rappresentante del Governo Renzi le associazioni pacifiste hanno chiesto, tra l'altro, il “blocco delle forniture armate verso la regione, in particolare al Governo di Israele di cui l'Italia è il maggior fornitore bellico nell'UE” e la sospensione della "cooperazione militare dell'Italia con Israele. Una richiesta già avanzata da tempodalla Rete Disarmo che, insieme ad altre Reti, il 16 luglio scorso ha promosso una manifestazione in numerose città italiane.  

Lo stop alla consegna e vendita di armamenti a Israele, tra i quali i jet addestratori M-346 costruiti dalla controllata Finmeccanica, Alenia Aermacchi, è una misura minima necessaria, dovuta, ma non sufficiente a determinare la fine dell’occupazione israeliana dei Territori palestinesi, di cui le politiche d’assedio e separazione della Striscia di Gaza costituiscono solo un elemento del sistema.       

#StopSupportingAbbasSecurity

Parallelamente al blocco degli armamenti verso Israele, l’Esecutivo dovrebbe rivalutare e ridefinire il supporto dell’Italia all’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) e, soprattutto, ai suoi apparati di sicurezza e polizia.

#StopSupportingAbbasSecurity: i numeri del Governo Renzi

Il Consiglio dei Ministri del 23 Luglio 2014 ha approvato la proroga, tramite rifinanziamento, delle missioni internazionali, e la partecipazione italiana a due distinte attività di addestramento nei Territori palestinesi. Grazie allo stanziamento di 64.230 euro, personale della Polizia di Stato potrà continuare ad addestrare la controparte palestinese, la PCP (Palestinian Civil Police), nell’ambito della missione europea denominata EUPOL COPPS, con base a Ramallah. Personale dell’Arma dei Carabinieri sarà, invece, coinvolto nell’addestramento della gendarmeria palestinese, le NSF (National Security Forces), e presumibilmente anche della Guardia Presidenziale, PG (Presidential Guard), tramite la missione dello USSC (United States Security Coordinator) finanziata con 1.236.817 euro.

Poco trasparente è stata la modalità con la quale il CdM ha definito la partecipazione ad USSC, accorpandone nel testo il budget a quello della missione internazionale TIPH2, che opera con un mandato di monitoraggio nella città di Hebron, in Cisgiordania. Monitoraggio ed addestramento non sono lo stesso tipo di attività, anche se il Governo sembrerebbe non essersene accorto. Confrontando le risorse precedentemente allocate per le missioni internazionali dal DL n. 2 (16 Gennaio 2014) rispetto al DL n. 114 (10 Ottobre 2013) si nota un incremento di 930.655 euro alla voce “TIPH2”. Anche il budget allocato per EUPOL COPPS risulta quasi raddoppiato dal DL n.2 2014 con un passaggio da 33.220 (DL n. 114) a 63.240 euro. L’unica interpretazione plausibile è l’appiattimento in termini di politica estera su posizioni statunitensi a danno di un approccio comune europeo. La differenza è riposta in una visione meno security-oriented del ruolo dell’Europa nei Territori.     

#StopSupportingAbbasSecurity: l’ambiente operativo

Con la vittoria di Hamas alle elezioni parlamentari del 2006 si è verificato il tentativo dell’amministrazione Bush di bypassare il governo legittimamente eletto dal popolo palestinese sostenendo la presidenza di Mahmoud Abbas (Fatah) e le forze di sicurezza a lui fedeli (Fatah). L’obiettivo era quello di arrivare a nuove elezioni – indette da Abbas – che avrebbero dovuto necessariamente riprodurre un governo ed un’ANP non ostili alle politiche di Israele e Stati Uniti nei Territori. Contrastando Hamas attraverso il blocco dei finanziamenti, che sono vitali per la sopravvivenza dell’ANP, ed il rafforzamento della figura del Presidente, attraverso l’iniezione di dollari e di nuovi battaglioni di NSF e PG addestrati in Giordania e Egitto dallo USSC, l’amministrazione Bush e il Generale statunitense Keith Dayton (USSC) hanno creato le condizioni per una guerra civile palestinese. Stessa politica applicata in Iraq. Stessi risultati. Infatti, come hadocumentato David Rose, vi era un preciso piano creato a tavolino – avvallato da Israele – per supportare una fazione a discapito dell’altra, una versione palestinese del caso Iran-Contra degenerato poi in uno scontro interno combattuto per le strade di Gaza nel Giugno 2007.

La politica USA del “regime change” è stata l’origine del conflitto tra Hamas e Fatah – sinonimo di Abu Mazen e ANP – che si riproduce ancor oggi a livello geografico nella scissione tra Striscia di Gaza, conquistata da Hamas, e la Cisgiordania, dove le forze di Fatah hanno ripiegato dopo la sconfitta. Da Luglio 2007 la comunità internazionale si è focalizzata solamente nel supporto all’ANP in Cisgiordania, contribuendo all’ulteriore isolamento ed impoverimento di Gaza.

Le forze di Abbas controllano oggi solo le aree classificate come A – praticamente i principali centri urbani, 18% della Cisgiordania –, secondo la divisione del territorio che risulta stipulata dagli Accordi di Oslo (1993-1995). Infatti, Israele detiene il controllo completo dell’area C (60%) e la gestione della sicurezza in area B (22%). Le forze ANP possono operare solo in area A e, tramite coordinamento con le forze di occupazione, in area B.

#StopSupportingAbbasSecurity: perché è necessario

Il coordinamento con le forze israeliane consente ad Israele di alleggerire i costi di occupazione, consentendo un controllo indiretto (by proxy) delle aree urbane maggiormente popolate – dal punto di vista militare le più impegnative. Dopo la breve guerra civile del Giugno 2007, si verifica un allineamento di interessi tra ANP ed Israele nell’azzeramento di Hamas in Cisgiordania. Dal 2008 le forze ANP hanno coordinato le loro azioni contro Hamas, e tutte le forme di dissenso verso l’Autorità  di Abu Mazen, ad un livello tale da essere elogiate dagli stessi israeliani, soprattutto per quanto riguarda la condivisione dell’intelligence. Arresti arbitrari e casi di tortura su base politica sono stati documentati e ripetutamente denunciati dalle organizzazioni palestinesi ed internazionaliper i diritti umani. Documenti provano che lo USSC, Gen. Dayton, fosse a diretta conoscenza del fenomeno. 

Il caso di Osamah Nayef al-Shawamreh, un ragazzo di 28 anni torturato dalla PCP a Hebron prova, invece, il coinvolgimento diretto delle strutture supportate dall’Unione Europea e dall’Italia nelle violazioni di diritti umani in Cisgiordania. Ho avuto conferma dall’organizzazione al-Haq, che ha registrato la coraggiosa denuncia di Osamah, che effettivamente si tratta della polizia palestinese e che la vittima è stata sottoposta ashabeh, una particolare forma di tortura. La PCP è addestrata da EUPOL COPPS, di conseguenza l’Italia risulta essere – indirettamente – responsabile della violazione.

Gli elementi addestrati dall’Italia non risultano essere tra i principali responsabili dei casi di tortura. PCP e NSF sono comunque coinvolti nella cinturazione delle aree dove l’intelligence opera ed esegue arresti. La vera specialità di polizia e gendarmeria è la repressione delle manifestazioni pubbliche e del dissenso verso l’ANP che, a causa della collaborazione con le forze di occupazione, definita da Abbas, “sacra”, viene ormai ampiamente percepita dall’opinione pubblica palestinese come subcontractor di Israele e primo vero ostacolo verso la liberazione e l’autodeterminazione. Spesso il target preferito dai poliziotti palestinesi sono proprio i giornalisti che documentano l’annichilimento del dissenso.

Noam Sheizaf, analista israeliano, ha definito il regime di occupazione in Cisgiordania, “cheap occupation”, dove Israele è l’unico beneficiario di un’ANP finanziata da Stati Uniti e Europa. Questi stessi attori oggi chiedono il disarmo di Hamas e delle altre fazioni della Resistenza che si oppongono militarmente all’occupazione. Come ha sottolineato Benedetta Berti, ricercatrice dell’INSS di Tel Aviv, l’eventuale disarmo richiederà un processo politico-diplomatico graduale e di lungo periodo, e non potrà essere imposto militarmente – dall’operazione in corso e tramite un ritorno delle forze ANP a Gaza come pianificato nel 2007.

L’obiettivo delle organizzazioni della società civile italiana non può limitarsi al pur fondamentale e prioritario blocco delle forniture di armamenti ad Israele.L’occupazione dei Territori palestinesi oggi assume un duplice risvolto: si protrae attraverso la complice repressione dell’ANP in Cisgiordania, l’assedio e i bombardamenti a controllo remoto a Gaza. Rivendicare esclusivamente una soluzione temporanea per Gaza non può garantire la fine dell’occupazione.   

Fonte: Unimondo