Notizie BDS
Notizie internazionali del movimento globale BDS.
Lettere della Rete Ebrei Contro l’Occupazione alle commissioni Commercio internazionale e Affari esteri del Parlamento europeo
15 aprile 2012
Ai componenti Italiani dell’INTA:
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Onorevole
Il Comitato INTA, di cui Voi fate parte, è chiamato a votare sul protocollo ACAA EU-Israele all’inizio di Maggio. In questa occasione, noi della Rete Ebrei Contro l’Occupazione (ECO) Vi chiediamo di votare per la sospensione della procedura di assenso a questo protocollo, finchè Israele non abbia applicato gli standard richiesti dai principi fondamentali dei diritti umani, stabiliti da molte leggi umanitarie internazionali.
Il Trattato dell’Unione Europea stabilisce l’obbligo per l’Unione di “ assicurare la coerenza tra le aree della sua azione verso l’esterno” (Articolo 21 TEU). La UE ha fermamente condannato le politiche e le azioni di Israele che violano la legge internazionale, come ha detto nelle conclusioni del suo Consiglio del 2009. Lo sviluppo delle sue relazioni commerciali deve essere coerente con le sue dichiarazioni.
Leggi: Rete Ebrei contro l'occupazione: No all'ACAA Israele-UE
(Trascrizione completa. Estratti di questo discorso sono stati presentati presso l'Università di Sydney in Australia durante la Settimana contro l’Apartheid israeliano, 2012.)
Vorrei parlare di normalizzazione. Ho trovato la migliore definizione del termine “normalizzazione” sul sito per la Campagna Palestinese per il boicottaggio culturale e accademico:
"La normalizzazione è la colonizzazione della mente, per cui il soggetto oppresso arriva a credere che la realtà dell'oppressore è l'unica realtà ‘normale’ da sottoscrivere, e che l'oppressione è un fatto della vita che deve essere sopportato."
Quindi, i progetti che costituiscono normalizzazione non riguardano libertà, giustizia e liberazione, ma cercano di anestetizzare le nostre menti all'orrore dell'occupazione, in modo da accettarlo come normale, permanente, un’immutabile realtà fissa!
Leggi: Samah Sabawi: Colonizzazione della Mente. Normalizzate questo!
27.01.2012
Gli organizzatori della Esposizione Universale di Milano invitano gli israeliani a partecipare alle gare per la costruzione della fiera in modo da assicurarsi una maggiore visibilità, così come un padiglione più grande e attraente
MILANO - L'Expo di Milano avrà luogo nel 2015, ma gli organizzatori stanno già invitando le aziende israeliane a partecipare alle gare per la costruzione della fiera, promettendo che i paesi che saranno coinvolti per primi si avantaggeranno di una maggiore visibilità e di un padiglione più grande e più attraente.
La fiera, il cui tema è "Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita", che nel arco di tre anni creerà una città digitale con tecnologie avanzate, capace di dare a 20 milioni di visitatori - e ad un miliardo di navigatori web - un'esperienza educativa unica.
"Sui 150 paesi partecipanti, vediamo Israele come uno dei 15 paesi in grado - se scelto – a guidare la costruzione della esposizione," ha detto a Yedioth Ahronoth Giuseppe Sala, amministratore delegato Expo Milano 2015, ex direttore generale di Telecom Italia.
In un'aula si parlava di Israele come un progetto coloniale, mentre in un'altra si teneva un workshop sulla Palestina e le rivolte arabe. Nei corridoi piccoli gruppi di attivisti parlavano di recenti viaggi o del ruolo dell'Autorità palestinese nella Cisgiordania. E la sera, si dirigevano verso Occupy Wall Street, l'accampamento nel distretto finanziario di New York per intervenire nell'assemblea generale.
Questa era la scena alla Columbia University a New York dal 14 al16 ottobre dove 350 studenti provenienti da più di cento università da tutti gli Stati Uniti si sono riuniti per la prima assemblea nazionale degli Studenti per la Giustizia in Palestina (SJP). L'incontro è stato organizzato in tanti workshop che spaziavano da "L'economia del colonialismo israeliano" all'"Attivismo delle donne" a "Come avviare in modo efficace una sezione locale SJP". 'Si è trattato del risultato di un anno di programmazione, organizzazione e raccolta fondi da parte degli studenti. Questo incontro nazionale SJP arriva in un momento in cui l'attivismo per la Palestina nei campus universitari è sempre più sotto controllo.
"È un grande, grande passo per noi", ha spiegato Muqeet Aman, un neo-laureato della Florida International University, che faceva parte del Comitato coordinatore nazionale SJP, un gruppo informale di attivisti SJP che ha organizzato l'assemblea nazionale.
Secondo gli attivisti, gli obiettivi dell'incontro, con lo slogan "Gli Studenti Sfidano l'Apartheid", miravano a rafforzare il movimento studentesco per i diritti dei palestinesi e a sviluppare una migliore comprensione della situazione politica in Palestina. Gli attivisti SJP si dividevano in diversi workshop sul tema "costruire il movimento" con lo scopo di sviluppare proposte per una struttura nazionale per meglio coordinarsi e condividere le risorse, mantenendo tuttavia l'autonomia delle sezioni locali.
Leggi: Prima assemblea nazionale negli USA degli Studenti per la Giustizia in Palestina
Su molti prodotti in vendita nei supermercati potrebbero entro breve tempo comparire etichette con la scritta "prodotto negli inserdiamenti illegali dei territori Palestinesi occupati", a seguito dei colloqui fra l'attivista Zackie Achmat e il ministro del commercio e dell'industria Rob Davis.
16 settembre 2011
Achmat e la sua organizzazione, Open Shuhada Street, e Davies hanno concordato in linea di principio che le merci prodotte nei territori occupati devono essere etichettati come tali perché l'etichettatura come prodotto di Israele è fuorviante.
In questa settimana Davies ha detto al Mail & Guardian: "Sono in attesa di una comunicazione ufficiale che esaminerò per decidere sulle raccomandazioni da proporre. Siamo convinti che sapere se i prodotti provengono da Israele o dai territori occupati sia di interesse dei consumatori sudafricani".
Sempre in questa settimana Achmat ha sostenuto che secondo il diritto internazionale gli insediamenti israeliani nei territori occupati sono illegali e che ai sensi della Convenzione di Ginevra, la potenza occupante non può prelevare risorse dalla terra occupata.
I prodotti dell'Ahava vengono venduti a Wellness Warehouse a Città del Capo e nei negozi di Foschini. Open Shuhada Street si è impegnata in una campagna a lungo termine per il loro ritiro dagli scaffali.
Rientrano nella stessa categoria i prodotti kosher, tra cui halva e cetriolini, che sono venduti a Pick n Pay e Spar.
Leggi: Sud Africa: Iniziativa per rietichettare i 'beni' israeliani come 'mali'
di Ahmad Tibi
29/7/2011
Alla libertà d'espressione in Israele è stato inferto un duro colpo questo mese quando il Parlamento ha approvato una legge antiboicottaggio che ha come bersaglio individui o organizzazioni che promuovono pubblicamente il boicottaggio contro Israele o qualsiasi area sotto il suo controllo.
Poiché credo che si debba porre fine all'occupazione israeliana dei territori palestinesi, in uguali diritti per palestinesi ed ebrei, e nel diritto al ritorno dei profughi palestinesi costretti ad abbandonare le loro case e terre nel 1948, sostengo il boicottaggio - e il fare appello ad altri a boicottare – contro tutte le compagnie israeliane che contribuiscono a perpetuare queste ingiustizie.
Ma questo nuovo limite legale per la libertà d'espressione mi potrebbe mandare in bancarotta.
Gli ufficiali israeliani non mi manderanno in prigione per aver sostenuto pubblicamente tali boicottaggi, ma gruppi di coloni mi possono chiedere di pagare dei danni economici, senza nemmeno dover mostrare alcun danno effettivo. Inoltre, alle organizzazioni che sostengono il boicottaggio potrebbe essere negato il diritto di ricevere donazioni deducibili dalla tasse e finanziamenti statali. Questa settimana, ho fatto appello alla Corte Suprema per questa legge.
Una nuova misura concede a 21 comunità ebraiche al di là dei confini pre-1967 54.000 dunam inutilizzati, portando il totale complessivo di terreni agricoli a 110.000 dunam.
La Divisione per gli Insediamenti ha deciso di raddoppiare la quantità di terra che i coloni possono utilizzare per l'agricoltura nella Valle del Giordano. Ha inoltre deciso di aumentare la quantità di acqua a disposizione degli agricoltori ebrei per i loro campi.
Le nuove aree agricole concesse sono tutte in zone demaniali; nessun terreno è di proprietà privata palestinese, ha detto il portavoce della divisione Ofer Amar.
Un funzionario del governo ha detto che la decisione, presa all'inizio di questo mese, ma resa pubblica solo durante questa settimana, non ha cambiato lo stato dei terreni, che già appartenevano allo Stato.
La nuova misura ristabilisce equità tra gli agricoltori della Valle del Giordano, che è al di là dei confini precedenti al 1967, e quelli in altre zone del paese, come l'Arava, ha detto il capo del Consiglio regionale della Valle del Giordano David Lahiani.
Leggi: Lo Stato concede altri terreni ad aziende agricole dei coloni nella Valle del Giordano
25 maggio, 2011
Vi sono alcuni valori sui quali generalmente i sindacalisti si trovano d'accordo: il potere dell'azione collettiva, la sicurezza economica di base, le opportunità di un buon lavoro. Le cose si imbrogliano quando quelle questioni lisce come il pane e burro si scontrano con uno dei più terribili e amari conflitti politici della storia moderna. L'incrociarsi del movimento dei lavoratori con il conflitto israelo-palestinese aggiunge un ulteriore intreccio alla dilagante e complessa battaglia per la terra, la sovranità e la giustizia nel Medio Oriente.
Le vedute di sinistra e progressiste vengono filtrate attraverso un curioso prisma quando si riferiscono a Israele e Palestina. Da entrambe le parti gli impulsi nazionalisti e rivoluzionari hanno originato versioni contrapposte della storia; le memorie spezzate del dislocamento e del trauma palestinese scoppiano da un lato del muro, contro il fervore ideologico e un aspro senso del diritto di Israele.
Leggi: La classe operaia in Palestina: il lavoro della resistenza riceve un nuovo impulso
Negli ultimi anni, i Palestinesi e i movimenti di solidarietà a sostegno dei diritti dei Palestinesi hanno avuto successo nell’attirare l’attenzione su Israele come stato di apartheid, che merita lo stesso trattamento del Sud Africa dell’apartheid. Eminenti personaggi come l’ex presidente statunitense Jimmy Carter, l’arcivescovo del Sud Africa Desmond Tutu, il Relatore Speciale dell’ONU sui Diritti Umani Richard Falk e molti altri, hanno usato il termine apartheid in varie occasioni per riferirsi al regime israeliano di evidenti violazioni del diritto internazionale. Ma che cos’è l’apartheid ed esattamente perché Israele è uno stato di apartheid? Soprattutto, perché le persone di coscienza in tutto il mondo dovrebbero partecipare al movimento di boicottaggio, disinvestimenti e sanzioni contro Israele che è andato crescendo nel corso degli ultimi sei anni? Questa domande sono diventate opportune alla luce delle Carte Palestinesi (Palestinian Papers) che sono state rese pubbliche nel gennaio di quest’anno e che smascheravano l’intransigenza d’ Israele nei negoziati di pace Israelo-Palestinesi, e mostravano l’impotenza dell’Autorità Palestinese nella difesa dei diritti dei Palestinesi.
Leggi: Comprendere il movimento per Boicottaggio, Disinvestimenti e Sanzioni contro Israele
Il primo ministro britannico David Cameron ha posto termine, silenziosamente, al suo patronato onorario del controverso Fondo nazionale ebraico (Jewish National Fund - JNF). Il suo ufficio ha confermato la notizia. Per molti anni, i leader di tutti e tre i principali partiti politici britannici diventavano Patroni onorari del JNF per convenzione. Secondo Dick Pitt, un portavoce della campagna 'Stop the JNF', "Cameron era l'unico leader dei tre principali partiti rimasto come Patrono del JNF. Il calo del sostegno politico al JNF ai più alti livelli della struttura politica può essere un segno dell'aumento della consapevolezza nelle sedi del potere che la vigorosa difesa delle attività del JNF potrebbe non essere sostenibile".
La notizia della decisione di Cameron ha raggiunto i palestinesi nei campi profughi, persone la cui terra è sotto il controllo del JNF. Salah Ajarma del campo profughi di Aida a Betlemme era "felice di sentire la notizia che il Primo Ministro britannico ha deciso di ritirare il suo sostegno a questa losca organizzazione coinvolta nella pulizia etnica. Il mio villaggio, Ajjur, è stato preso con la forza dalla mia famiglia e dato al JNF che ha poi utilizzato fondi dal JNF Regno Unito per piantare il 'British Park' sulle sue rovine. Per i palestinesi che sono stati sfrattati dai loro villaggi e ai quali è impedito di tornare, le dimissioni di Cameron rappresentano un'altra vittoria sul cammino per realizzare la giustizia e la libertà per i palestinesi".
Leggi: Cameron toglie il patrocinio a organizzazione di "beneficienza" israeliana razzista