LIBERTÀ. GIUSTIZIA. UGUAGLIANZA.

Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni per i diritti del popolo palestinese.

Notizie BDS

Notizie internazionali del movimento globale BDS.

Su molti prodotti in vendita nei supermercati potrebbero entro breve tempo comparire etichette con la scritta "prodotto negli inserdiamenti illegali dei territori Palestinesi occupati", a seguito dei colloqui fra l'attivista Zackie Achmat e il ministro del commercio e dell'industria Rob Davis.

16 settembre 2011

sud-africaAchmat e la sua organizzazione, Open Shuhada Street, e Davies hanno concordato in linea di principio che le merci prodotte nei territori occupati devono essere etichettati come tali perché l'etichettatura come prodotto di Israele è fuorviante.

In questa settimana Davies ha detto al Mail & Guardian: "Sono in attesa di una comunicazione ufficiale che esaminerò per decidere sulle raccomandazioni da proporre. Siamo convinti che sapere se i prodotti provengono da Israele o dai territori occupati sia di interesse dei consumatori sudafricani".

Sempre in questa settimana Achmat ha sostenuto che secondo il diritto internazionale gli insediamenti israeliani nei territori occupati sono illegali e che ai sensi della Convenzione di Ginevra, la potenza occupante non può prelevare risorse dalla terra occupata.

I prodotti dell'Ahava vengono venduti a Wellness Warehouse a Città del Capo e nei negozi di Foschini. Open Shuhada Street si è impegnata in una campagna a lungo termine per il loro ritiro dagli scaffali.

Rientrano nella stessa categoria i prodotti kosher, tra cui halva e cetriolini, che sono venduti a Pick n Pay e Spar.

di Ahmad Tibi

29/7/2011

tibiAlla libertà d'espressione in Israele è stato inferto un duro colpo questo mese quando il Parlamento ha approvato una legge antiboicottaggio che ha come bersaglio individui o organizzazioni che promuovono pubblicamente il boicottaggio contro Israele o qualsiasi area sotto il suo controllo.

Poiché credo che si debba porre fine all'occupazione israeliana dei territori palestinesi, in uguali diritti per palestinesi ed ebrei, e nel diritto al ritorno dei profughi palestinesi costretti ad abbandonare le loro case e terre nel 1948, sostengo il boicottaggio - e il fare appello ad altri a boicottare – contro tutte le compagnie israeliane che contribuiscono a perpetuare queste ingiustizie.

Ma questo nuovo limite legale per la libertà d'espressione mi potrebbe mandare in bancarotta.

Gli ufficiali israeliani non mi manderanno in prigione per aver sostenuto pubblicamente tali boicottaggi, ma gruppi di coloni mi possono chiedere di pagare dei danni economici, senza nemmeno dover mostrare alcun danno effettivo. Inoltre, alle organizzazioni che sostengono il boicottaggio potrebbe essere negato il diritto di ricevere donazioni deducibili dalla tasse e finanziamenti statali. Questa settimana, ho fatto appello alla Corte Suprema per questa legge.

Una nuova misura concede a 21 comunità ebraiche al di là dei confini pre-1967 54.000 dunam inutilizzati, portando il totale complessivo di terreni agricoli a 110.000 dunam.

datteriLa Divisione per gli Insediamenti ha deciso di raddoppiare la quantità di terra che i coloni possono utilizzare per l'agricoltura nella Valle del Giordano. Ha inoltre deciso di aumentare la quantità di acqua a disposizione degli agricoltori ebrei per i loro campi.

Le nuove aree agricole concesse sono tutte in zone demaniali; nessun terreno è di proprietà privata palestinese, ha detto il portavoce della divisione Ofer Amar.

Un funzionario del governo ha detto che la decisione, presa all'inizio di questo mese, ma resa pubblica solo durante questa settimana, non ha cambiato lo stato dei terreni, che già appartenevano allo Stato.

La nuova misura ristabilisce equità tra gli agricoltori della Valle del Giordano, che è al di là dei confini precedenti al 1967, e quelli in altre zone del paese, come l'Arava, ha detto il capo del Consiglio regionale della Valle del Giordano David Lahiani.

25 maggio, 2011

laborVi sono alcuni valori sui quali generalmente i sindacalisti si trovano d'accordo: il potere dell'azione collettiva, la sicurezza economica di base, le opportunità di un buon lavoro. Le cose si imbrogliano quando quelle questioni lisce come il pane e burro si scontrano con uno dei più terribili e amari conflitti politici della storia moderna. L'incrociarsi del movimento dei lavoratori con il conflitto israelo-palestinese aggiunge un ulteriore intreccio alla dilagante e complessa battaglia per la terra, la sovranità e la giustizia nel Medio Oriente.

Le vedute di sinistra e progressiste vengono filtrate attraverso un curioso prisma quando si riferiscono a Israele e Palestina. Da entrambe le parti gli impulsi nazionalisti e rivoluzionari hanno originato versioni contrapposte della storia; le memorie spezzate del dislocamento e del trauma palestinese scoppiano da un lato del muro, contro il fervore ideologico e un aspro senso del diritto di Israele.

Sami-Hermez

Negli ultimi anni, i Palestinesi e i movimenti di solidarietà a sostegno dei diritti dei Palestinesi hanno avuto successo nell’attirare l’attenzione su Israele come stato di apartheid, che merita lo stesso trattamento del Sud Africa dell’apartheid. Eminenti personaggi come l’ex presidente statunitense Jimmy  Carter, l’arcivescovo del Sud Africa Desmond Tutu, il Relatore Speciale dell’ONU sui Diritti Umani Richard Falk e molti altri, hanno usato il termine apartheid in varie occasioni per riferirsi al regime israeliano di evidenti violazioni del diritto internazionale. Ma che cos’è l’apartheid ed esattamente perché Israele è uno stato di apartheid? Soprattutto, perché le persone di coscienza in tutto il mondo dovrebbero partecipare al movimento di boicottaggio, disinvestimenti e sanzioni contro Israele che è andato crescendo nel corso degli ultimi sei anni? Questa domande sono diventate opportune alla luce delle Carte Palestinesi (Palestinian Papers) che sono state rese pubbliche nel gennaio di quest’anno e che smascheravano l’intransigenza d’ Israele nei negoziati di pace Israelo-Palestinesi, e mostravano l’impotenza dell’Autorità Palestinese nella difesa dei diritti dei Palestinesi.

stopthejnfIl primo ministro britannico David Cameron ha posto termine, silenziosamente, al suo patronato onorario del controverso Fondo nazionale ebraico (Jewish National Fund - JNF). Il suo ufficio ha confermato la notizia. Per molti anni, i leader di tutti e tre i principali partiti politici britannici diventavano Patroni onorari del JNF per convenzione. Secondo Dick Pitt, un portavoce della campagna 'Stop the JNF', "Cameron era l'unico leader dei tre principali partiti rimasto come Patrono del JNF. Il calo del sostegno politico al JNF ai più alti livelli della struttura politica può essere un segno dell'aumento della consapevolezza nelle sedi del potere che la vigorosa difesa delle attività del JNF potrebbe non essere sostenibile".

La notizia della decisione di Cameron ha raggiunto i palestinesi nei campi profughi, persone la cui terra è sotto il controllo del JNF. Salah Ajarma del campo profughi di Aida a Betlemme era "felice di sentire la notizia che il Primo Ministro britannico ha deciso di ritirare il suo sostegno a questa losca organizzazione coinvolta nella pulizia etnica. Il mio villaggio, Ajjur, è stato preso con la forza dalla mia famiglia e dato al JNF che ha poi utilizzato fondi dal JNF Regno Unito per piantare il 'British Park' sulle sue rovine. Per i palestinesi che sono stati sfrattati dai loro villaggi e ai quali è impedito di tornare, le dimissioni di Cameron rappresentano un'altra vittoria sul cammino per realizzare la giustizia e la libertà per i palestinesi".

22 maggio 2011

makhoulMa la lotta per la nostra causa non è combattuta solo da noi palestinesi, perché è parte delle rivolte nel mondo arabo e del movimento globale per il boicottaggio di Israele

È passato un anno dal mio arresto. Il mio “contributo” è modesto se paragonato a quello di altri prigionieri che sono entrati nelle carceri israeliani quattro decenni fa.

È vero, non si dovrebbero fare distinzioni tra le sentenze – come non si dovrebbero fare differenze tra i combattenti per la libertà – perché la sentenza rilasciata da un giudice dell’oppressione è sempre crudeltà, terrore e abuso.

 

Le cose in Palestina accadono seguendo la stessa regola: più dura è l’escalation di terrorismo, oppressione, persecuzione politica e deportazioni, più forti sono la nostra resistenza, la sfida di rimanere e preservare la nostra identità, l’impegno per la nostra causa e i diritti negati. Loro vorrebbero dividerci, attraverso la geografia e il diverso colore delle carte d’identità, ma la nostra forza non sarà mai annullata e la nostra lotta per la liberazione è dentro ognuno di noi. Mentre loro continuano a produrre oppressione, noi produciamo libertà e rompiamo il loro circolo vizioso, trasformando le loro azioni nelle nostre reazioni. Il nostro diritto alla Palestina, sia dalla nostra patria sia dall’esilio, è uno: il ritorno, l’autodeterminazione, la fine dell’occupazione, la liberazione dei prigionieri, la riconquista delle terre confiscate, lo smantellamento delle colonie e del Muro dell’apartheid, la protezione di Gerusalemme, del Negev, della Galilea e di tutta la costa dalla “giudaizzazione” e dai piani di espulsione, la rottura dell’assedio israeliano a Gaza. Tutte queste battaglie sono parte della stessa causa.

boycottsabra1Alla DePaul University di Chicago gli studenti hanno votato a larga maggioranza a favore di un referendum che chiedeva se sostenessero il divieto di vendere l'hummus (crema di ceci) del marchio Sabra nel loro campus. A causa di un tecnicismo, tuttavia, il risultato non sarà vincolante. Una nota pervenuta a Electronic Intifada dagli attivisti di Studenti per la giustizia in Palestina di DePaul annuncia i risultati delle votazioni che hanno avuto luogo all'inizio di questo settimana:

Risultati del referendum: 1127 a favore, 332 contro, 8 altre proposte. Per essere valido il referendum avrebbe dovuto avere una partecipazione di non meno di 1500 studenti. Anche se è stata una vittoria sorprendente, il referendum non è valido per mancanza di 33 voti. Ma non è finita. Studenti per la giustizia in Palestina rilascerà a breve una dichiarazione sulle prospettive della campagna.

 

14 aprile 2011

di Ben White

ben-whiteDopo che dei militanti in tutto il mondo hanno partecipato alla IAW (Israeli Apartheid Week), tenutasi in Canada dall '8 al 13 marzo, dai gruppi sionisti si sono dati da fare, ricorrendo a una mescolanza di diversivi mielosi, di menzogne, e di hasbaristi ( propagandisti sionisti)* addestrati allo scopo.

Ecco, alla rinfusa, cinque obbiezioni frequentemente avanzate contro la IAW:

1. "Gli arabi in Israele, fanno la loro spesa negli stessi mercati, si curano negli stessi ospedali, si siedono negli stessi parchi, ecc. degli israeliani ebrei".

Questa affermazione è a volte completata da foto che mostrano degli arabi dediti gioiosamente – e senza dubbio con riconoscenza – ai loro impegni quotidiani o che godono del loro tempo libero nell'"Unica Democrazia de Medio Oriente" (slogan commerciale).

Tuttavia, Israele come spazio democratico multiculturale, misto, è minato da un insieme di situazioni, tra cui segnatamente, e non esclusivamente:

dei "comitati di selezione" decidono chi può essere ammesso nelle piccole comunità, fondandosi su criteri come "l'attitudine sociale": è un'organizzazione che opera in centinaia di città (l'uso di questi comitati come strumento di esclusione dei palestinesi potrebbe essere rafforzato da una prossima legge); un certo numero di queste comunità sono state create in primo luogo nel quadro di un progetto basato sulla discriminazione etnica e la fobia demografica;

i Palestinesi "residenti permanenti" a Gerusalemme Est, pur vivendo nella pretesa "capitale unificata" di Israele, non possono acquistare dei beni immobili nella parte più estesa della città (Gerusalemme Ovest) e nel restante terzo (Gerusalemme Est, annessa illegalmente): questo "perché per avere il diritto di acquistare degli immobili su una terra dello Stato, il compratore deve essere cittadino di Israele o "avere diritto, secondo la legge israeliana, alla cittadinanza nel quadro della legge del Ritorno (cioè, essere ebreo);

i Palestinesi sotto l'occupazione militare israeliana sono sottoposti a uno stretto regime che controlla la loro libertà di spostamento, un regime basato su un sistema di "autorizzazioni" e messo in opera grazie ai check points e a degli ostacoli fisici sulle strade. In quanto ai cittadini israeliani ebrei, essi possono vivere nelle colonie all'interno della Cisgiordania e sono liberi di andare e venire a loro piacere: non così i loro vicini palestinesi.

ahava-coventIl negozio della filiale britannica dell'israeliana Ahava abbandona il centro di Londra dopo anni di manifestazioni pro-palestinesi.

I manifestanti sostengono che i cosmetici venduti nel negozio vengono prodotti in una fabbrica in un insediamento israeliano, Mitzpe Shalom in Cisgiordania, ma sono "erroneamente" etichettati come "Made in Israele".

Il proprietario del negozio, attualmente a Monmouth Street, Covent Garden, è alla ricerca di altri locali dopo che i proprietari dei negozi vicini si sono lamentati a seguito delle proteste.