Notizie BDS
Notizie internazionali del movimento globale BDS.
22 maggio 2011
Ma la lotta per la nostra causa non è combattuta solo da noi palestinesi, perché è parte delle rivolte nel mondo arabo e del movimento globale per il boicottaggio di Israele
È passato un anno dal mio arresto. Il mio “contributo” è modesto se paragonato a quello di altri prigionieri che sono entrati nelle carceri israeliani quattro decenni fa.
È vero, non si dovrebbero fare distinzioni tra le sentenze – come non si dovrebbero fare differenze tra i combattenti per la libertà – perché la sentenza rilasciata da un giudice dell’oppressione è sempre crudeltà, terrore e abuso.
Le cose in Palestina accadono seguendo la stessa regola: più dura è l’escalation di terrorismo, oppressione, persecuzione politica e deportazioni, più forti sono la nostra resistenza, la sfida di rimanere e preservare la nostra identità, l’impegno per la nostra causa e i diritti negati. Loro vorrebbero dividerci, attraverso la geografia e il diverso colore delle carte d’identità, ma la nostra forza non sarà mai annullata e la nostra lotta per la liberazione è dentro ognuno di noi. Mentre loro continuano a produrre oppressione, noi produciamo libertà e rompiamo il loro circolo vizioso, trasformando le loro azioni nelle nostre reazioni. Il nostro diritto alla Palestina, sia dalla nostra patria sia dall’esilio, è uno: il ritorno, l’autodeterminazione, la fine dell’occupazione, la liberazione dei prigionieri, la riconquista delle terre confiscate, lo smantellamento delle colonie e del Muro dell’apartheid, la protezione di Gerusalemme, del Negev, della Galilea e di tutta la costa dalla “giudaizzazione” e dai piani di espulsione, la rottura dell’assedio israeliano a Gaza. Tutte queste battaglie sono parte della stessa causa.
Alla DePaul University di Chicago gli studenti hanno votato a larga maggioranza a favore di un referendum che chiedeva se sostenessero il divieto di vendere l'hummus (crema di ceci) del marchio Sabra nel loro campus. A causa di un tecnicismo, tuttavia, il risultato non sarà vincolante. Una nota pervenuta a Electronic Intifada dagli attivisti di Studenti per la giustizia in Palestina di DePaul annuncia i risultati delle votazioni che hanno avuto luogo all'inizio di questo settimana:
Risultati del referendum: 1127 a favore, 332 contro, 8 altre proposte. Per essere valido il referendum avrebbe dovuto avere una partecipazione di non meno di 1500 studenti. Anche se è stata una vittoria sorprendente, il referendum non è valido per mancanza di 33 voti. Ma non è finita. Studenti per la giustizia in Palestina rilascerà a breve una dichiarazione sulle prospettive della campagna.
Leggi: Gli studenti della DePaul University di Chicago votano contro la vendita dell'hummus di Sabra
14 aprile 2011
di Ben White
Dopo che dei militanti in tutto il mondo hanno partecipato alla IAW (Israeli Apartheid Week), tenutasi in Canada dall '8 al 13 marzo, dai gruppi sionisti si sono dati da fare, ricorrendo a una mescolanza di diversivi mielosi, di menzogne, e di hasbaristi ( propagandisti sionisti)* addestrati allo scopo.
Ecco, alla rinfusa, cinque obbiezioni frequentemente avanzate contro la IAW:
1. "Gli arabi in Israele, fanno la loro spesa negli stessi mercati, si curano negli stessi ospedali, si siedono negli stessi parchi, ecc. degli israeliani ebrei".
Questa affermazione è a volte completata da foto che mostrano degli arabi dediti gioiosamente – e senza dubbio con riconoscenza – ai loro impegni quotidiani o che godono del loro tempo libero nell'"Unica Democrazia de Medio Oriente" (slogan commerciale).
Tuttavia, Israele come spazio democratico multiculturale, misto, è minato da un insieme di situazioni, tra cui segnatamente, e non esclusivamente:
dei "comitati di selezione" decidono chi può essere ammesso nelle piccole comunità, fondandosi su criteri come "l'attitudine sociale": è un'organizzazione che opera in centinaia di città (l'uso di questi comitati come strumento di esclusione dei palestinesi potrebbe essere rafforzato da una prossima legge); un certo numero di queste comunità sono state create in primo luogo nel quadro di un progetto basato sulla discriminazione etnica e la fobia demografica;
i Palestinesi "residenti permanenti" a Gerusalemme Est, pur vivendo nella pretesa "capitale unificata" di Israele, non possono acquistare dei beni immobili nella parte più estesa della città (Gerusalemme Ovest) e nel restante terzo (Gerusalemme Est, annessa illegalmente): questo "perché per avere il diritto di acquistare degli immobili su una terra dello Stato, il compratore deve essere cittadino di Israele o "avere diritto, secondo la legge israeliana, alla cittadinanza nel quadro della legge del Ritorno (cioè, essere ebreo);
i Palestinesi sotto l'occupazione militare israeliana sono sottoposti a uno stretto regime che controlla la loro libertà di spostamento, un regime basato su un sistema di "autorizzazioni" e messo in opera grazie ai check points e a degli ostacoli fisici sulle strade. In quanto ai cittadini israeliani ebrei, essi possono vivere nelle colonie all'interno della Cisgiordania e sono liberi di andare e venire a loro piacere: non così i loro vicini palestinesi.
Leggi: Sulla settimana dell'apartheid: un manuale da debuttanti
Il negozio della filiale britannica dell'israeliana Ahava abbandona il centro di Londra dopo anni di manifestazioni pro-palestinesi.
I manifestanti sostengono che i cosmetici venduti nel negozio vengono prodotti in una fabbrica in un insediamento israeliano, Mitzpe Shalom in Cisgiordania, ma sono "erroneamente" etichettati come "Made in Israele".
Il proprietario del negozio, attualmente a Monmouth Street, Covent Garden, è alla ricerca di altri locali dopo che i proprietari dei negozi vicini si sono lamentati a seguito delle proteste.
26 marzo 2011
Israeliani spiegano perché hanno aderito al movimento di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni
È stato l'Egitto a farmi cominciare a pensare al movimento Boicottaggio Disinvestimento e Sanzioni (BDS) in modo serio. Stavo già conducendo un boicottaggio mirato sotto tono dei prodotti provenienti dagli insediamenti – leggendo in silenzio le etichette al supermercato per essere sicuro di non comprare nulla che proveniva da oltre la linea verde.
L'avevo fatto da tempo. Ma, a un certo punto, ho capito che il mio personale boicottaggio mirato era un po' ingenuo. E ho capito che non bastava.
Non sono solo gli insediamenti e l'occupazione, le due facce della stessa medaglia, che rappresentano un grave ostacolo alla pace e violano i diritti umani dei palestinesi. È anche tutto ciò che li sostiene - il governo e le sue istituzioni. È la bolla dentro la quale molti israeliani vivono, l'illusione della normalità. È l'idea che lo status quo è sostenibile.
E gli insediamenti sono un diversivo, un bersaglio conveniente per la rabbia. Gli israeliani devono anche affrontare una delle maggiori ingiustizie che ha avuto come risultato la creazione del loro stato - la Nakba, l'espulsione di centinaia di migliaia di palestinesi.
La più grande compagnia di sicurezza nel mondo, la G4S, ha annunciato questa mattina che l'azienda interromperà una serie di attività nei territori occupati della Cisgiordania. Questo accade dopo che il centro di ricerca indipendente danese, DanWatch, ha scoperto che la G4S fornisce, tra l'altro, tecnologia di sicurezza alle carceri e ai posti di blocco israeliani.
G4S ha scritto in un comunicato che i loro servizi di sicurezza nella Cisgiordania non sono in conformità con le politiche etiche della società, anche se le proprie attività "non sono discriminatorie o controverse".
"Abbiamo concluso che, al fine di garantire che le nostre attività commerciali siano in conformità con la nostra politica etica, di impegnarci a scindere un certo numero di contratti nell'area", ha scritto il direttore legale Soren Lundsberg.
Il Presidente di Histadrut afferma che il movimento per il boicottaggio di Israele sta "facendo un buon lavoro in tutto il mondo".
NEW YORK - Ofer Eini, il presidente della confederazione sindacale Histadrut, ha detto mercoledì ai leader ebraici a New York di non sottovalutare il potere del movimento BDS per il boicottaggio, e si è impegnato a parlarne il più possibile per combattere gli sforzi del movimento a seminare sentimenti anti-israeliani tra i sindacati internazionali.
Eini, che è anche vice presidente della Confederazione Sindacale Internazionale, è intervenuto durante un incontro sui rapporti tra i movimenti sindacali israeliano e statunitense, e sui lavori fatti per contrastare la campagna BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni) per delegittimare Israele. L'evento è stato ospitato dalla Conferenza dai Presidenti delle Maggiori Organizzazioni Ebraiche Americane e dal Congresso Ebraico Mondiale.
Eini ha detto che il movimento BDS contro Israele sta "facendo un buon lavoro in tutto il mondo", citando, come esempio della sua portata, gli sforzi fatti durante la conferenza della Confederazione Sindacale Internazionale lo scorso giugno a Vancouver.
Leggi: Il Presidente di Histadrut ai leader ebraici statunitensi: Non sottovalutate il movimento BDS
La banca belga Dexia è stata esclusa dagli investimenti sostenibili della Triodos Bank [principale banca sonstenibile internazionale, ndt] a causa dei finanziamenti dati agli insediamenti israeliani nei territori Palestinesi occupati.
Dexia in Israele
Dexia Israel Bank (DIB), una controllata della Dexia, ha in passato finanziato le colonie israeliane. In risposta alle pressioni degli azionisti e degli interessati, DIB aveva cessato di fare nuovi prestiti alle colonie israeliane nel giugno 2008. Ci sono inoltre indicazioni che prestiti in corso siano ritirati, anche se il prestito di durata più lunga nel portafoglio non finirà fino al 2017. Le azioni di DIB hanno causato un tumulto in Israele e un Consiglio regionale nel sud di Israele ha invitato a boicottare DIB.
Nonostante il congelamento dei nuovi prestiti e il ritiro del DIB, la banca ha ancora finanziamenti in corso al Comune di Gerusalemme. Gerusalemme è il cuore dei territori occupati e dal 1967 Gerusalemme Est è stata sotto il dominio del governo israeliano. Insediamenti sono stati creati per i soli occupanti ebrei israeliani e i coloni ricevono notevoli vantaggi finanziari, così come l'accesso alle terre e alle risorse naturali nel territorio conteso. Con i finanziamenti al comune di Gerusalemme, i prestiti della DIB possono essere utilizzati per finanziare iniziative che violano i diritti umani dei palestinesi di Gerusalemme est.
Nel 1980, una canzone che ho scritto, "Another Brick in the Wall Part 2", è stata vietata dal governo del Sud Africa perché è stata utilizzata da bambini sudafricani di colore per sostenere il loro diritto ad una pari opportunità d'istruzione. Quel governo dell'apartheid aveva imposto un blocco culturale, per così dire, su alcune canzoni, compresa la mia.
Venticinque anni dopo, nel 2005, dei bambini palestinesi che partecipavano ad un festival in Cisgiordania hanno usato la canzone per protestare contro il muro dell'apartheid israeliana. Hanno cantato "We don't need no occupation! We don't need no racist wall!" Ancora non avevo visto con i miei occhi ciò di cui cantavano.
Un anno dopo, nel 2006, ho firmato un contratto per uno spettacolo a Tel Aviv.
Palestinesi del movimento per il boicottaggio accademico e culturale d'Israele mi hanno sollecitato a ripensarci. Avevo già espresso la mia opposizione al muro, ma non ero sicuro che il boicottaggio culturale fosse la strada giusta da percorrere. I promotori palestinesi del boicottaggio mi hanno chiesto di visitare i territori Palestinesi occupati, per vedere io stesso il muro, prima di decidere. Ho accettato.
Sotto la protezione delle Nazioni Unite ho visitato Gerusalemme e Betlemme. Niente mi avrebbe potuto preparare per quello che ho visto in quel giorno. Il muro è un'orrenda costruzione da vedere. È controllato da giovani soldati israeliani che mi hanno trattato, quale osservatore casuale proveniente da un altro mondo, con sprezzante aggressività. Se trattano così me, straniero e visitatore, figuratevi come deve essere per i palestinesi, per la "classe inferiore", per i portatori di passbook. Capii allora che la mia coscienza non mi avrebbe permesso di andare via da quel muro, dalla sorte dei palestinesi che ho incontrato, persone le cui vite sono schiacciate ogni giorno in molteplici modi dall'occupazione di Israele. In solidarietà, e sentendomi un po' impotente, ho scritto sul Muro quel giorno: "We don't need no thought control".
7 febbraio 2011
Può essere che verdure e erbe aromatiche nei supermercati sono etichettate Made in Israele, ma in realtà vengono dagli insediamenti illegali in Cisgiordania.
Informazioni ai consumatori che verdure e erbe aromatiche sono 'Made in Israele' non significa necessariamente che in realtà provengono da Israele.
Erbe aromatiche, datteri e verdure che i danesi comprano nel proprio supermercato spesso provengono dagli insediamenti illegali israeliani in Cisgiordania, anche se sull'etichetta c'è scritto che provengono da Israele.
Un'indagine effettuata da DanWatch dimostra che peperoni e datteri venduti nella catena di supermercati Føtex, per esempio, possono essere ricondotti agli insediamenti nella Valle del Giordano in Cisgiordania.
Origini simili possono essere rintracciate per le erbe aromatiche, come Melissa, basilico e dragoncello che vengono vendute ad alberghi e ristoranti in tutto il paese.
Leggi: Danimarca: Prodotto in Israele è prodotto in Cisgiordania