LIBERTÀ. GIUSTIZIA. UGUAGLIANZA.

Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni per i diritti del popolo palestinese.

Notizie BDS

Notizie internazionali del movimento globale BDS.

Cisgiordania (Reuters) – L'agricoltore palestinese Nasser Ismail spera che i datteri che coltiva nella Valle del Giordano gli conquisterà spazio sugli scaffali dei supermercati in Europa, ora occupati dai suoi vicini coloni ebrei che vendono lo stesso prodotto ad un prezzo elevato.

Sono sempre di più i palestinesi che guardano verso le palme da dattero nella ricerca di modi per ricavare una vita dalla terra della Cisgiordania coltivata dalle loro famiglie da generazioni. Oggi, molti lottano per la sopravvivenza.

Ad ovest del fiume biblico, un lento torrente di 100 km, che segna il confine con il regno di Giordania dal Mare di Galilea al Mar Morto, molte delle coltivazioni palestinesi sono ora abbandonate, a metà stagione, per mancanza di acqua, una risorsa in gran parte controllata da Israele da quando ha occupato i territori nel 1967.

Ad aggravare i loro problemi, gli agricoltori dicono che esportare attraverso i confini controllati da Israele è complicato e richiede molto tempo nella migliore delle ipotesi, è impossibile nella peggiore. La maggior parte ha rinunciato.

In Jiftlik, un villaggio rurale nel cuore della valle assolata, i piccoli proprietari parlano di abbandonare del tutto la terra.

Eppure, nella stessa regione, nelle terre adiacenti alle coltivazioni palestinesi, i coloni israeliani con migliori approvvigionamenti di acqua hanno costruito un settore agricolo descritto dal loro sindaco come "una miniera d'oro".

14 giugno 2010

In esclusiva da Yehuda Talmon: "Le aziende che in passato sono state orgogliose dei loro legami con il Ministero della Difesa cancellano le tracce dai loro siti, in quanto questo è diventato motivo per interrompere i rapporti commerciali."

Imprenditori israeliani hanno ricevuto circa dieci lettere nel corso delle ultime due settimane dai loro colleghi in Italia, Germania e Svezia, i quali chiedono una dichiarazione che non fabbricano prodotti "dual use" - per uso civile e sicurezza.

Le società che hanno inviato le lettere hanno detto che se non ricevono questo tipo di conferma, i loro codici etici li obbligano a interrompere i rapporti con le aziende israeliane, ha dichiarato ieri Yehuda Talmon, capo dell'Organizzazione degli appaltatori indipendenti (Lahav).

"Il fenomeno ha avuto inzio con l'arrivo di comunicazioni da parte di imprenditori europei, inclusi quelli che le quali hanno rapporti commerciali da 10 a 20 anni , all'ufficio della presidenza di Lahav. Nelle comunicazioni, affermavano che, secondo il codice etico della loro società, è vietato fare affari con chi fabbrica prodotti "dual use", direttamente o indirettamente".

10 giugno 2010

Il Commissario UE al Commercio, Karel De Gucht, e il Ministro palestinese dell'Economia Nazionale, Hasan Abu-Libdeh, hanno discusso oggi le misure per migliorare le relazioni commerciali bilaterali tra la UE e la Palestina e di agevolare la commercializzazione dei prodotti palestinesi sui mercati dell'UE.

Il Commissario Karel De Gucht ha dichiarato: "La Commissione Europea proporrà nei prossimi mesi la concessione di accesso libero da dazi e quote per le esportazioni palestinesi verso l'Unione Europea. Ciò migliorerebbe l'accesso delle esportazioni palestinesi verso i mercati UE al di là del nostro attuale accordo di libero scambio e contribuirebbe a rilanciare il settore privato. L'UE continuerà inoltre a sostenere la richiesta palestinese di diventare un osservatore dell'Organizzazione mondiale del commercio come un primo passo verso l'integrazione nel sistema commerciale multilaterale e come parte fondamentale del processo di costruzione dello Stato."

Bloccate il carico e lo scarico delle navi israeliane

Finché Israele non rispetti pienamente il diritto internazionale e metta fine al suo assedio illegale di Gaza

Il movimento sindacale palestinese, soggetto chiave del Comitato nazionale per il "boicottaggio, disinvestimento, sanzioni" fa appello ai sindacati dei lavoratori portuali in tutto il mondo perché blocchino il commercio marittimo israeliano in risposta al massacro operato da Israele di lavoratori e attivisti umanitari a bordo della Flotta per la libertà di Gaza, finché Israele non rispetti il diritto internazionale e metta fine al suo illegale blocco di Gaza. Ubriaco di potere e impunità, Israele ha ignorato i recenti appelli del Segretario generale delle Nazioni Unite e il quasi generale consenso dei Governi del mondo per la fine dell'assedio, scaricando l'onere sulla società civile internazionale di sostenere la responsabilità morale di obbligare Israele a rendere conto di fronte al diritto internazionale, per mettere fine alla sua impunità criminale. I lavoratori portuali nel mondo hanno storicamente contribuito alla lotta contro l'ingiustizia, e in modo particolare contro il regime di apartheid in Sud Africa, quando i portuali hanno rifiutato di caricare/scaricare i cargo da e per il Sud Africa come uno dei mezzi più efficaci di protesta contro il regime di apartheid.

26 maggio 2010

In questi giorni si svolgono due iniziative importanti promosse dal movimento di solidarietà internazionale con la Palestina: la campagna Stop Agrexco in Italia (attiva anche in Inghilterra e in Francia) e la partenza di 8 navi "La flotta della libertà" per raggiungere Gaza con aiuti umanitari e circa 800, tra attivisti e parlamentari, a bordo.

Nel primo caso si tratta di una campagna volta al boicottaggio dei prodotti ortofrutticoli provenienti da Israele e commercializzati dalla società Carmel-Agrexco. I gruppi e le associazioni aderenti a questa campagna hanno scritto e si sono incontrati con i responsabili della Coop Italia spiegando le ragioni dell'iniziativa.

In risposta, la Coop ha deciso di sospendere la commercializzazione di tali prodotti etichettati "made in Israel", ma in parte provenienti dagli illegali insediamenti israeliani nei territori occupati, al "fine – dice un suo comunicato – di valutare se esistono possibilità di specificare maggiormente l'origine, così da salvaguardare un diritto di informazione al consumatore".

Questa decisione, corretta e rispettosa sia dei consumatori che della legalità, ha conquistato l'onore delle cronache, in particolare per reazioni scomposte e accuse alla Coop di razzismo e discriminazione verso Israele. Alcuni parlamentari - purtroppo anche del centrosinistra – sono insorti contro questa decisione.

16 maggio 2010

Mentre il boicottaggio internazionale contro l'apartheid del Sud Africa si ritiene che abbia contribuito alla caduta del regime, in Israele è considerato irrilevante e non confrontabile.

di Gideon Levy

gideon-levyLa maggior parte degli israeliani è inorridita dall'idea che qualcuno al di là dei nostri confini possa prendere in considerazione il boicottaggio del nostro paese, i nostri prodotti o università. Il Boicottaggio, dopo tutto, è considerato illegittimo in Israele. Chi chiede tale misure è percepito come un antisemita che odia Israele e che sta minando il diritto stesso dello stato ad esistere. In Israele, quelli che chiedono il boicottaggio sono bollati come traditori ed eretici. Non è tollerata l'idea che un boicottaggio, per quanto limitato, possa convincere Israele a cambiare le sue politiche - e per il proprio vantaggio.

Perfino un evidente, logico passo - come il boicottaggio da parte dell'Autorità palestinese di prodotti realizzati negli insediamenti - è visto da occhi ipocriti israeliani come una provocazione. Inoltre, mentre il boicottaggio internazionale contro l'apartheid in Sud Africa si ritiene che abbia contribuito alla caduta del regime, in Israele è considerato irrilevante e non confrontabile.

Sarebbe possibile immedesimarsi in queste reazioni intolleranti, se non fosse per il fatto che Israele stesso è uno dei più prolifici "boicottatori" del mondo. Non solo pratica il boicottaggio, ma fa anche la predica agli altri di mettersi in riga, a volte costringendoli. Israele ha imposto un boicottaggio culturale, accademico, politico, economico e militare sui territori occupati. Allo stesso tempo, quasi nessuno qui in Israele dice una parola di dissenso mettendo in discussione la legittimità di questi boicottaggi. Il solo pensiero di boicottare il boicottatore? Questo è inconcepibile.

10 maggio 2010

di Akiva Eldar

akiva-eldarSupponete che un gruppo palestinese riesca a far nascere nella Valle del Giordano un nuovo insediamento nelle terre abbandonate dai rifugiati della guerra del 1967. Cosa avrebbe da dire il vostro comune patriottismo israeliano di un appaltatore israeliano che accetti di costruirlo o di lavoratori israeliani che si arrampichino sulle impalcature palestinesi? Quali grida sentiremmo dalla destra israeliana contro questi traditori! Nessun timore, le nostre forze non permetteranno mai ai non circoncisi di piantare neanche un piolo nei territori occupati sotto completo controllo israeliano (circa il 60% della Cisgiordania) . L'immagine di ebrei che costruiscono case per i palestinesi e' stata creata solo per il bene della discussione - in particolare per parlare delle proteste in Israele contro il divieto imposto dall'Autorita' Palestinese (AP) contro gli arabi che lavorano negli insediamenti.

Richiede non certo una piccola dose di coraggio minacciare i palestinesi di danneggiare la loro economia se si rifiutano di costruire insediamenti israeliani sulle loro terre. Solo a noi e' permesso minacciare ogni lunedi' e martedi' il boicottaggio nei confronti degli stati che osano criticarci. D'altronde, com'e' noto, abbiamo il monopolio del patriottismo. Ricordate il trattamento che le milizie Etzel and Lehi riservavano alle ragazze ebree che andavano con i soldati inglesi?

5 maggio 2010

Fayyad si rende conto del potenziale potere della guerra "soft" contro Israele; anche noi dovremmo
di Asher Fredman

fayyad-boycottIsraele sta prendendo coscienza della crescente minaccia della guerra "soft" perseguita a livello internazionale contro il paese. Pare che l'artista jazz Gil Scott-Heron abbia disdetto il suo prossimo concerto a Tel Aviv, e questo è solo l'ultimo risultato della crescente campagna per promuovere un boicottaggio culturale contro Israele. L'assalto contro la vice ambasciatrice di Israele nel Regno Unito mentre completava una sua relazione universitaria il 28 aprile è un altro segnale che la guerra "soft" può ben presto trasformarsi in una "dura".

Quelli che portano avanti la guerra soft hanno adottato diverse tattiche, incluse le azioni legali contro funzionari israeliani all'estero, la delegittimazione di Israele come il principale paese che viola i diritti umani nel mondo, e un deciso sforzo nel mettere a tacere i sostenatori di Israele. Equiparando la loro causa alla lotta contro l'apartheid in Sud Africa, hanno fatto la promozione di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) contro Israele il punto centrale della loro campagna.

packinghouseNonostante il fatto che ci sia, come dimostrato da questo sito web, chiaramente ancora molto lavoro da fare sulla campagna di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni contro Israele, una recente visita nella Valle del Giordano conferma che ci sono comunque molte ragioni per cui il movimento BDS può trarre un bilancio dei suoi successi.

La fertile Valle del Giordano è la più grande zona agricola della Cisgiordania e da dove proviene la maggior parte dei prodotti agricoli degli insediamenti (v., ad esempio, Occupation as Profit: The Settler Economy). Quindi, le aziende che lavorano nella vallata, come l'esportatore di verdura, frutta e fiori Carmel Agrexco, sono i target principali per il movimento di boicottaggio e ora stanno soffrendo una riduzione delle esportazioni come risultato. Dopo aver trascorso una settimana intervistando i lavoratori palestinesi negli insediamenti, mi pare evidente che le nostre strategie stiano funzionando e che siano sostenute dagli stessi lavoratori sfruttati dagli insediamenti.

Non cercano di nascondere da dove vengono, perché non è possibile, ma evitano di sottolineare l'identità israeliana in luoghi dove potrebbe attirare una reazione negativa. Abbiamo chiesto a grandi negozi e catene israeliane che operano a livello internazionale come è essere israeliani all'estero

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Non negarlo. Anche tu qualche volta hai fatto finta di non essere israeliano, preferendo rispondere "gli Stati Uniti", quando un tassista ti chiede da dove vieni. Non perché ci sia qualcosa di male nell'essere israeliano, ma soprattutto perché non ti va di affrontare reazioni che possono variare da un segno di irritazione ad essere buttato fuori dal taxi.

Neanche i negozi israeliani vengono accolti con baci e abbracci caldi all'estero. È difficile vendere un prodotto "Made in Israel", senza che gruppi di attivisti chiedano che sia boicottato. Tuttavia, non mancano i prodotti commercializzati e venduti in tutto il mondo sotto un timbro israeliano.