LIBERTÀ. GIUSTIZIA. UGUAGLIANZA.

Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni per i diritti del popolo palestinese.

Notizie BDS

Notizie internazionali del movimento globale BDS.

Cinque sindacati della Galizia (UGT, CCOO, CIG, CNT e CUT*) hanno firmato un manifesto in cui si impegnano a stabilire misure di pressione e ad evitare rapporti economici, politici e commerciali con questo stato che viola il diritto internazionale e le risoluzioni delle Nazioni Unite. Aderiscono in questo modo alla campagna globale per il Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) contro Israele, in cui si denunciano le violazioni e i soprusi perpetrati contro il popolo palestinese.

Il manifesto chiede la fine dell'occupazione militare della Palestina, lo smantellamento del Muro in Cisgiordania, la fine del sistema di discriminazione razziale, la revoca totale e definitiva del blocco di Gaza e il riconoscimento del diritto al ritorno dei profughi. I cinque sindacati si impegnano inoltre a denunciare pubblicamente tutte le istituzioni e le imprese in Galizia "che nelle proprie attività mettono interessi economici, politici o di altro tipo davanti a quelli per i diritti del popolo palestinese e che collaborano per legittimare l'occupazione coloniale della Palestina."

Il testo afferma che "il brutale assedio israeliano di Gaza rappresenta oggi la più critica ed urgente di tutte le ingiustizie israeliane contro il popolo palestinese che si manifestano sotto forma di innumerevoli violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario." Ricorda le parole di Nelson Mandela quando ha detto che la giustizia per il popolo palestinese è diventata la "causa morale del nostro tempo". Denuncia inoltre l'atteggiamento dell'Unione europea e dei suoi Stati membri "che rimangono immobili di fronte alle ripetute violazioni dei diritti umani, civili e politici della popolazione araba della Palestina".

Si fa ardua ed in salita la strada dei profitti per Veolia, la società che vanta un curriculum di violazioni dei diritti umani di “tutta vergogna”. Solo per citarne alcune, ricordiamo innanzitutto la sua partecipazione alla costruzione della metropolitana leggera di Gerusalemme, che è stata progettata per collegare gli insediamenti illegali costruiti su Gerusalemme Est con il territorio israeliano di Gerusalemme Ovest (questo viola il diritto internazionale umanitario e la quarta Convenzione di Ginevra, articolo 49, per quanto riguarda la protezione delle persone civili in tempo di guerra); inoltre, la società fornisce anche servizi di autobus per le colonie israeliane e gestisce la discarica di rifiuti Tovlan nei territori occupati palestinesi.

Veolia ha anche pubblicato un annuncio razzista per autisti dove viene richiesto che essi abbiano completato il servizio militare e che abbiano l’ebraico come lingua materna. Ha inoltre annunciato che avrebbe operato tratte ferroviarie "kosher" ma che potremmo più appropriatamente definire di apartheid, tratte cioè in cui sarebbero state previste aree di soggiorno segregate per gli uomini (nella parte anteriore del treno) e per le donne (nella parte posteriore).

Accogliamo quindi con gioia le due notizie che qui riportiamo.

Chiedete ai vostri governi e parlamentari europei di sospendere l'accordo di collaborazione EU-Israele, ACAA e di battersi per i diritti umani e la fine dell'occupazione.

I rappresentanti di diversi governi europei hanno espresso molta preoccupazione rispetto al piano israeliano di costruire altri 3000 insediamenti in West Bank. L'Alto rappresentante EU C. Ashton ha ripetuto che "la costruzione di tutti gli insediamenti è illegale dal punto di vista del diritto internazionale e costituisce un ostacolo alla pace".

Mentre vengono accolte le dichiarazioni di preoccupazione riguardo i crimini di guerra di Israele e le violazioni del diritto internazionale, in pratica l'occupazione militare di Israele e la politica di apartheid che include il suo progetto di insediamento in West Bank, il continuo assedio e assalto della striscia di Gaza, la continua demolizione delle abitazioni palestinesi, l'annessione illegale di Gerusalemme Est occupata, gli arresti arbitrari e le torture di adulti e bambini, le severe restrizioni della libertà di movimento e di accesso alle risorse e altre illegali operazioni militari, ricevono un supporto concreto e diretto dall'Europa.

“L’occupazione è una forma di esportazione: Israele vende e la comunità internazionale compra”.  Il ruolo di Europa e Usa nei finanziamenti internazionali, e quello della cooperazione (“che dovrebbe fare come le Freedom Flottille”). La seconda parte dell’intervista all’economista israeliano Shir Hever. 

di Stefano Nanni

SECONDA PARTE - “GLI AIUTI INTERNAZIONALI E LA COOPERAZIONE”

Dopo la lunga intervista con Osservatorio Iraq sulle prossime elezioni politiche, previste in Israele alla fine di gennaio, l’economista israeliano Shir Hever* risponde ad alcune domande sul sistema degli aiuti internazionali in Israele e Palestina, gli effetti dell’occupazione sull’economia israeliana e la cooperazione. 

La realtà del protrarsi dell’occupazione israeliana sui Territori Palestinesi si aggrava giorno dopo giorno, mentre favorisce  il progetto degli insediamenti. Nella pratica, chi altri trae vantaggio dall’occupazione?

Certamente la realtà palestinese sotto occupazione è molto seria. C’è uno stato di crisi anche economica, con l’ANP che si trova in grave emergenza finanziaria, e rischia di collassare. Anche nella Striscia di Gaza, nonostante l’ampliamento delle aree adibite alla pesca, la situazione è altrettanto difficile. 

Affermare che Israele stia solo guadagnando da tutto questo sarebbe un errore, perché paga in realtà un prezzo molto alto per l’occupazione in termini economici: il costo degli insediamenti è altissimo, è un onere molto pesante sull’economia. Israele sicuramente trae alcuni vantaggi, ma la maggior parte dei cittadini soffre economicamente a causa del protrarsi dell’occupazione. 

Le decisioni politiche tengono conto di ciò che fa guadagnare di più: ci sono compagnie che traggono grande profitto dall’occupazione, dal conflitto, dagli attacchi su Gaza, e che ad esempio hanno beneficiato dall’operazione Pillar of Cloud.

“Un voto conta qualcosa se ti piace colui o ciò per cui vai a votare. Per questo penso che i votanti quest’anno saranno piuttosto pochi: probabilmente la più bassa affluenza nella storia di Israele”. Pubblichiamo la prima parte di una lunga intervista a Shir Hever, economista israeliano dell'AIC. 

di Stefano Nanni

PRIMA PARTE - “LE ELEZIONI ISRAELIANE"

Shir Hever è un ricercatore economico per l’Alternative Information Center, organizzazione israelo-palestinese che promuove i diritti umani e nazionali dei palestinesi e una giusta pace basata sul rispetto del diritto internazionale, con sede a Beit-Sahour, Betlemme.

Studiando gli aspetti economici dell’occupazione dei Territori Palestinesi, i principali argomenti che Hever tratta sono gli aiuti internazionali di cui beneficiano i palestinesi e lo stato di Israele, gli effetti dell’occupazione sull’economia israeliana e le campagne di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro  Tel Aviv. Ha collaborato con varie testate online, tra cui Electronic Intifada e JNews, ed è spesso invitato da università e centri di ricerca internazionali per parlare ed esporre i suoi studi sull’economia dell’occupazione israeliana. 

Ma, prima di tutto, è un cittadino israeliano che sarà chiamato a eleggere un nuovo parlamento il 22 gennaio prossimo.  

Cosa pensa delle prossime elezioni legislative?

Credo che non siano molto importanti, perché se si guarda attentamente ai programmi dei vari partiti politici si nota che non c’è quasi differenza tra loro, tra quello che dicono oggi e che dicevano quattro, o peggio ancora otto anni fa. Il sistema politico israeliano è costruito in modo tale che i partiti sionisti possano avere sempre la maggioranza. 

Basta fare un semplice ragionamento: l’area territoriale controllata da Israele, inclusa la Cisgiordania, consta di circa 12 milioni di persone. Ma di questi, soltanto il 49% è ebreo-israeliano, e questa stessa percentuale detiene il 75% del voto. In questo modo i partiti sionisti sono organizzati in modo da vincere sempre. E inoltre questi partiti, che si riconducano alla sinistra, come il Labor, o alla destra, come il Likud-Beiteinu o l’Habayt Hayehudi, concordano su diverse questioni. 

Il fondo pensione nazionale della Nuova Zelanda, con un patrimonio di 20 miliardi di dollari, ha disinvestito da tre imprese israeliane a causa del loro coinvolgimento diretto nella costruzione degli insediamenti e del muro di annessione nella Cisgiordania occupata da Israele.

In un comunicato pubblicato sul proprio sito web il 12 dicembre, il New Zealand Superannuation Fund ha annunciato che le azioni dell’impresa Israel Africa e delle sue controllate Danya Cebus e Shikun & Binui sono state tutte vendute "a causa del coinvolgimento delle imprese nella costruzione di insediamenti israeliani nei Territori palestinesi occupati".

Uno dei più grandi gruppi sindacali internazionali del mondo ha dichiarato il suo sostegno alla campagna di boicottaggio dei prodotti e delle istituzioni israeliane.

Nell’incontro a Durban, in Sudafrica, la settimana scorsa, Public Services International (PSI) si è inoltre impegnato a partecipare alla Settimana contro l'Apartheid israeliana, una serie annuale di manifestazioni volte a sensibilizzare l'opinione pubblica sulla discriminazione e sulle violazioni dei diritti umani subite dai palestinesi. PSI rappresenta 20 milioni di lavoratori in tutto il mondo. 

Israele non solo ha "punito" i palestinesi per aver cercato e ottenuto un miglioramento del loro stato alle Nazioni Unite, ma ha anche schiaffeggiato la Gran Bretagna e la Germania, che si erano entrambi astenuti dal sostenere i palestinesi al voto.

Può essere che la decisione del primo ministro Benjamin Netanyahu di dare il via libera per circa 3.000 nuove abitazioni nei territori Palestinesi occupati sia parte di piani di lunga data per tagliare fuori Gerusalemme est dal resto dei territori palestinesi, uccidendo le speranze per uno stato separato con Gerusalemme est come capitale. In alternativa, può essere che non sia altro che un’altra mossa nel vecchio gioco di Israele di minacciare il peggio per poi chiedere favori in cambio alla moderazione. In entrambi i casi, ciò non può passare senza conseguenze.

Se, come ha detto Netanyahu, il riconoscimento della Palestina all’Onu non ha effetti pratici, è necessario prendere misure che trasformino il riconoscimento virtuale in una realtà tangibile. Tali misure sono il Boicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni (BDS). Concrete sanzioni internazionali porterebbero Netanyahu a rimangiarsi quanto detto e a riconoscere la realtà dello Stato di Palestina. Tuttavia, ciò richiede una forte mobilitazione civile per costringere Holland, la Merkel e gli altri leader a porre fine alle loro politiche ipocrite, che con una mano riconoscono la Palestina e con l’altra incrementano le relazioni europee con Israele.

“Non fatene un problema, questa risoluzione non ha affetti pratici”, ha detto Benjamin Netanyahu dopo il voto con cui l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha riconosciuto la Palestina come Stato non membro. Non un problema, forse, ma si può restare indifferenti al fatto che Israele ancora un volta si è trovato isolato, con il solo sostegno di Stati Uniti, Canada e Repubblica Ceca? Dimenticavo: anche le Isole Marshall, la Micronesia, Nauru e Palau hanno sostenuto la posizione israeliana.

Dopo l'appello della campagna di boicottaggio, il cantante noto per le battaglie a fianco degli afroamericani decide di non partecipare al gala per l'esercito israeliano.

di Rossana Zena

Betlemme, 1 dicembre 2012, Nena News - Stevie Wonder cancella il concerto per l'esercito israeliano. Una vittoria del BDS? Il 25 novembre scorso, il sito di informazione israeliano Ynet annunciava che Stevie Wonder, leggenda musicale e sostenitore dei diritti civili, si sarebbe esibito per i soldati israeliani e per i donatori al gala annuale "Amici delle forze di difesa israeliane". Un evento a cui avrebbero partecipato oltre 1.000 membri della comunita' ebraica di Los Angeles, una serata d'eccellenza per raccogliere milioni di dollari.