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Il console generale a NY Ido Aharoni afferma all’Assemblea Generale della Federazione Ebraica che Israele deve concentrare le sue iniziative al fine di “costruire relazioni.”

Non c’è un sentimento anti-Israele diffuso nei campus americani; piuttosto c’è un’apatia che può essere un vero pericolo per lo Stato Ebraico, secondo quanto afferma un diplomatico israeliano.

 “Non c’è un sentimento antisraeliano diffuso. Questa non è la rappresentazione di Israele prevalente nei campus”, ha sostenuto Ido Aharoni, console generale di Israele a NY, davanti ad una delegazione di rabbini riuniti per prendere parte ai lavori dell’annuale Assemblea Generale della Federazione degli Ebrei Nord Americani.  

“Il maggior problema che abbiamo nei campus oggi è l’apatia” ha insistito. “Il pericolo reale per un numero crescente di americani, ebrei e non ebrei, è questa crescente incapacità di rapportarsi con Israele”. Aharoni, che visita frequentemente college e Università come parte del suo impegno diplomatico, ha dichiarato che i sostenitori di Israele nei campus hanno perso tempo seguendo una strategia imperfetta.

“Per molti e molti anni abbiamo lavorato sull’ipotesi errata che il fine della comunicazione umana fosse vincere un dibattito immaginario” ha affermato il diplomatico israeliano. “Ora sappiamo che il vero scopo della comunicazione umana è costruire relazioni”.

Il console generale ha ribadito che Israele ha bisogno per prima cosa di costruire relazioni e soltanto in un secondo momento di chiedere aiuto per fronteggiare le sfide che il Paese affronta. Ha spiegato che la via per costruire tali relazioni consiste nel definire i modi per coinvolgere nel sostegno ad Israele persone capaci di spostare l’attenzione oltre il conflitto israelo-palestinese, in particolare puntando sui contributi creativi del Paese. Aharoni ha indicato l’hi-tech, l’agricoltura, la danza, la moda e i programmi TV come alcuni esempi di settori in cui la creatività israeliana può attrarre un pubblico internazionale. Ha osservato che il Ministro degli Esteri non si riferisce più ad iniziative come il "branding", cioè connotare Israele attraverso un marchio di riconoscibilità, a causa del senso di manipolazione che il termine suggerisce.

 “Il campito a portata di mano è quello di ampliare il discorso su Israele. La discussione attuale è molto limitata ed è limitata soprattutto ai problemi di Israele” sostiene Aharoni. “Se noi non ampliamo il discorso, non saremo in grado di aggiudicarci l’interesse delle generazioni future”

“Assicurarsi che le persone rimangano legate a Israele è certamente una preoccupazione crescente” ha replicato il Rabbino conservatore Stuart Weinblatt, a capo del consiglio rabbinico della Federazione degli Ebrei Nord Americani (JFNA). Il religioso ha affermato che proprio questa preoccupazione ha condotto il consiglio a porre la questione tra gli ordini del giorno in agenda. Degli oltre 3000 leader laici e attivisti ebrei presenti a Baltimora per l’Assemblea Generale, Weinblatt ha stimato che circa 60 tra loro erano rabbini, rappresentando così la composizione del potere ebraico.

 “Noi dobbiamo comprendere che abbiamo un ruolo importante da giocare e cioè quello di motivare le persone a prendersi cura di Israele” ha ribadito Weinblatt alla congregazione rabbinica.

Fonte: Jerusalem Post

Traduzione di Sara Montagnani