di Joe Catron
Malaka Mohammed, studentessa di letteratura inglese presso l'Università islamica di Gaza (IUG), è presidente del Club Universitario di lingua inglese per studentesse .. Sotto la sua guida, il club composto da 15 membri ha intrapreso questo autunno come iniziativa universitaria nella striscia di Gaza la prima campagna di boicottaggio dei prodotti israeliani "Dopo aver saputo delle campagne BDS, ho capito di dover fare qualcosa", racconta Mohammed. "Così, durante la nostra prima riunione, ho proposto in Università il boicottaggio dei prodotti israeliani."
L’attivismo studentesco per le campagne BDS nella Striscia di Gaza è iniziato con il lancio nel mese di gennaio 2009 da parte degli studenti palestinesi della campagna per il boicottaggio accademico di Israele (PSCABI), inclusa nella campagna palestinese per il boicottaggio accademico e culturale di Israele (PACBI). Per i successivi quattro anni, gli studenti hanno organizzato nei campus inziative per sostenere il boicottaggio lungo tutto il territorio costiero, in gran parte a sostegno del boicottaggio accademico e culturale di Israele.
Oltre a ciò, le attività di questa associazione di studentesse della IUG costituiscono il primo specifico impegno nella Striscia di Gaza per le campagne BDS e per opporsi all’acquisto di prodotti israeliani da parte della popolazione palestinese, nato all’interno di una ben precisa università.
"Qui nella Striscia di Gaza viviamo una particolare condizione," ci dice Haidar Eid, professore di letteratura inglese presso l’Università Al-Aqsa della città di Gaza - " Dal 2006 viviamo subendo un assedio medievale. Spesso non riusciamo a procurarci prodotti alternativi. Così si capisce quando la gente compra prodotti israeliani, perché non esiste altra scelta. "
Eid è un attivista della campagna PACBI e di quella per aprire il valico di Rafah in modo permanente e senza condizioni.
"Incoraggiamo le persone a comprare prodotti egiziani, turchi e giordani contrabbandati attraverso i tunnel quando possibile. Ma la priorità deve essere data alle merci palestinesi” aggiunge.
L’assedio israeliano della Striscia di Gaza forza il territorio ad affidarsi pesantemente alle sue importazioni. E 1,6 milione di residenti della Striscia di Gaza, a cui viene negata la possibilità di commerciare liberamente con il mondo esterno, offre ai produttori israeliani un attraente mercato vincolato. Dall'inizio del 2012, circa 48.000 camion carichi di prodotti israeliani sono entrati nella Striscia di Gaza, tra cui quasi 21.000 camion contenenti cibo e prodotti agricoli, mentre di contro Israele ha consentito a solamente 147 camion carichi di merce da esportare di attraversare il valico di Kerem Shalom (Archivio "Gaza Crossing Activities Database " – Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari, 1 novembre 2012).
Boicottare in nome della dignità
"A molti studenti piace l'acquisto di cose deliziose, ma non sanno che si tratta di beni sionisti provenienti da Israele", dice Mohammed. "Così li acquistano e li mangiano, senza sapere che i loro soldi andranno ad alimentare la macchina di morte israeliana".
Il suo gruppo cerca di scoraggiare tali azioni, in parte diffondendo manifesti nel campus della IUG, con didascalie e slogan di lettura: "Ogni volta che acquistiamo o vendiamo un prodotto sionista, aiutiamo ad uccidere un membro della nostra famiglia", "Boicottare per la nostra dignità. E’ il nostro potere “,” Il carceriere non libererà mai i prigionieri, che devono combattere per la libertà. La lotta comincia con il boicottaggio “, “ Boicottare è un appello per la libertà”. Un Manifesto contiene ciò che Mohammed descrive come il motto della campagna: " Boicottare è resistere e resistere è boicottare! "
"Stiamo assistendo a una sorta di rivoluzione, in Sud Africa, in Gran Bretagna, in molti paesi che stanno boicottando i prodotti israeliani" sostiene "Allora perché non iniziare dal di dentro?"
La vittoria del distributore automatico
Il suo club ha anche tra i suoi obiettivi la verifica degli acquisti istituzionali da parte della IUG e dei suoi fornitori.
"Siamo andati al consiglio studentesco dell’Università e suggerito una campagna di boicottaggio dei prodotti israeliani” racconta "Dopo la nostra proposta, ricevemmo una lrisposta formale da parte del capo del consiglio degli studenti al bar. Ci comunicavano di aver valutato ed accettato la nostra proposta".
“Gli stava bene l’attuazione dei nostri obiettivi, pur sostenendo di non aver mai venduto prodotti israeliani. Ma, mentre stavo uscendo dalla caffetteria, vidi alcuni di questi prodotti in un distributore automatico. Ne parlai con il suo proprietario il quale mi disse che sarebbe stata l'ultima volta che avrei visto la sua azienda vendere prodotti israeliani alla IUG. Da allora, in effetti, non ne ho più visti.
"Abbiamo parlato anche di questo con i proprietari dei negozi fuori dall'università. Molti di loro erano riforniti di merci israeliane Quindi, ancora una volta, la cosa più importante è cominciare dall'interno. Se gli studenti sanno che questi prodotti sono vietati, non li acquisteranno nemmeno all’esterno”.
Motivazione
“Il movimento BDS collega studenti attivisti palestinesi con le loro controparti in tutto il mondo” dice Mohammed "Non possiamo fare nulla da soli qui a Gaza. C'è un rapporto reciproco tra gli attivisti BDS a Gaza e quelli impegnati in questo all'estero. Non possiamo boicottare Israele senza l'aiuto di attivisti in altre parti del mondo. Il loro sostegno ci dà la motivazione per andare avanti.
"So che molti studenti in tutto il mondo ci amano e apprezzano la nostra lotta per ottenere libertà e giustizia. Quindi il nostro messaggio e il nostro appello a loro è quello di non abbandonarci e di continuare a sostenere la nostra battaglia. Apprezzo tutto quello che finora essi hanno fatto per sostenerci ".
Haidar Eid ha osservato che la campagna IUG "rientra nel quadro del sostegno che gli studenti palestinesi hanno ricevuto dai loro coetanei europei, americani e dagli studenti delle università sudafricane. Tale sostegno include l'ultima risoluzione del Consiglio studentesco Wits che approva l’appello per sostenere le campagne BDS, e i 34 campus universitari inglesi occupati dagli studenti in solidarietà con la Palestina in generale, e in particolare con Gaza, avvenute durante il massacro di Gaza"
Ricordando i suoi inizi come studente attivista durante la prima Intifada, ha fatto proprio riferimento ad una specifica tradizione in merito alla resistenza studentesca palestinese. "Gli studenti sono sempre stati in prima linea", ha detto "affrontando le forze di occupazione dalla Cisgiordania alla Striscia di Gaza, a an-Najah, Birzeit e le Università islamiche".
Joe Catron è un attivista statunitense che vive a Gaza, Palestina. Collabora con il Centro di studi politici e per lo Sviluppo (CPDS) e con altri gruppi palestinesi e con le reti di solidarietà internazionale, in particolare a sostegno delle campagne di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni e con i movimenti per i diritti dei detenuti. Blog all'indirizzo joecatron.wordpress.com (e tweet)
Fonte: Electronic Intifada
Traduzione di Teresa Pelliccia