LIBERTÀ. GIUSTIZIA. UGUAGLIANZA.

Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni per i diritti del popolo palestinese.

Notizie BDS

Notizie internazionali del movimento globale BDS.

Gli attivisti dei diritti umani dei palestinesi stanno celebrando un’altra vittoria nella loro campagna contro Veolia, la multinazionale idrica, energetica e dei rifiuti francese.

E’ appena stato annunciato che la sussidiaria inglese della compagnia, la Veolia Environmental Services, ha provato ad estendere il suo contratto di manutenzione del Regent’s Park (già in essere) e di accaparrarsi un ulteriore contratto per il St James’s Park. Questi due parchi sono forse i due più prestigiosi di tutti e otto Parchi Reali di Londra. Il 20 Maggio 2014, la Royal Parks Agency (TRP) ha annunciato di aver assegnato i contratti settennali che coprono tutti e otto i parchi ad altre tre compagnie. Veolia non ha solo fallito nell’allargare il suo business nei royal Parks accaparrandosi St James’s Park, ma ha anche perso il suo esistente contratto con il Regent’s Park. Per milioni di londinesi e di visitatori da tutto il mondo, queste amenità tanto amate saranno zone senza servizi Veolia. La posta in gioco è prestigiosa, e Veolia è chiaramente su un pendio scivoloso.

La più grande delle principali Chiese Protestanti negli Stati uniti ha disinvestito dalla compagnia di sicurezza britannica G4S, a causa del ruolo chiave che questa gioca nel mantenimento dell’occupazione militare israeliana e del sistema di incarcerazione in cui i palestinesi sono detenuti senza processo e sottoposti a torture.

Il General Board of Pension and Health Benefits (GBPHB) della The US United Methodist Church ha dato istruzioni ai gestori del suo fondo da 20 miliardi di $ di vendere tutte le azioni della G4S.

La notizia arriva a seguito della decisione della Gates Foundation di disinvestire dalla G4S e di aprire un’ indagine governativa ufficiale nel Regno Unito sulle attività della compagnia in Palestina/Israele. La G4S ha recentemente annunciato all’incontro dei suoi azionisti a Londra che progetta di porre fine alle sue attività all’interno delle carceri israeliane, anche se non prima del 2017.

La più significativa delle vittorie per la campagna globale di boicottaggio contro lo Stato di Israele: la decisione della compagnia anglo-danese G4S di non rinnovare il contratto con le autorità di Tel Aviv ha un valore storico. Da tempo uno dei principali target del BDS per la fornitura di tecnologie per checkpoint e carceri israeliane – due dei simboli peggiori dell’occupazione israeliana dei Territori – il G4S avrebbe capitolato. Almeno in parte.

Se infatti pochi giorni fa la compagnia annunciava l’intenzione di interrompere i legami con Israele entro i prossimi tre anni, dall’altra lanciava una sorta di “inchiesta indipendente”, volta ad auto-assolversi dalla complicità nei crimini di guerra compiuti da Israele contro la popolazione palestinese. Il timore – fondato – della G4S, che sta alla base della decisione di stracciare il contratto milionario, è di venir implicati in possibili inchieste o indagini future sui crimini commessi nei Territori Occupati, lungo il Muro di Separazione e dentro le prigioni dove sono rinchiusi oltre 5mila prigionieri politici e alcuni di loro sono morti durante interrogatori.

di Jamal Juma'  

Negli ultimi dodici anni, un'ombra si è allungata sulla Palestina occupata. È un'ombra dilagante, che frammentando città e villaggi consuma terre e mezzi di sussistenza, che imprigionando una popolazione indigena in minuscoli bantustan acquisisce sempre più territori, formando così la spina dorsale del progetto coloniale.

Quest’ombra si origina dal Muro dell'Apartheid, che si insinua minaccioso nel paesaggio palestinese — un amalgama di calcestruzzo, torri di guardia e filo spinato, di checkpoint, buffer zone e sensori di movimento. Un muro che è sopravvissuto a un'intifada, a incontri e incontri di negoziati farsa e a innumerevoli condanne di svariate associazioni in difesa dei diritti umani.

Nonostante la sua apparente immutabilità, dieci anni fa una crepa è apparsa nel muro. Il 9 luglio 2004, la Corte internazionale di giustizia (ICJ) ha infatti sancito l’illegalità del Muro edificato nella Cisgiordania occupata, e ha ordinato a Israele di abbatterlo e di pagare i risarcimenti per i danni causati dalla sua costruzione.

Inoltre, la Corte ha sottolineato l'obbligo dei governi di tutto il mondo di non riconoscere, finanziare o aiutare il muro e le imprese connesse agli insediamenti israeliani e di costringere Israele a conformarsi alla sentenza della Corte.

L’Unione Europea ha minacciato di imporre sanzioni economiche contro Israele e ha sollecitato affinché venga cancellato il progetto di relativo agli insediamenti annunciato ieri.

“Siamo profondamente delusi dal fatto che l’Amministrazione per il Territorio israeliana abbia pubblicato nuove gare per la costruzione di 1.466 unità abitative nelle colonie di Gerusalemme Est e del resto della Cisgiordania. Questa mossa non aiuta gli sforzi per la pace,” si legge in una dichiarazione ufficiale.

Nel frattempo, il Dipartimento di Stato americano ha espresso “profonda delusione” riguardo al complessivo progetto di costruzione nelle colonie nella Cisgiordania ed a Gerusalemme. “Abbiamo sostenuto su base regolare che questo tipo di azioni non sono di aiuto ed è difficile immaginare come questi insediamenti (illegali per il diritto internazionale, N.d.T.) possano contribuire alla pace,” ha affermato il vice portavoce del Dipartimento di Stato Marie Herf durante una conferenza stampa.

Il quotidiano israeliano Haaretz ha riportato che il primo ministro Benjamin Netanyahu incontrerà lo staff e i membri del governo per discutere i passi successivi per rispondere alla nascita del governo palestinese di unità nazionale. Le misure includono sanzioni economiche verso l’Autorità Palestinese ed eventuali decisioni di natura politica. Verrà inoltre vagliata la proposta del ministro dell’economia Neftali Bennett di annettere l’Area C della Cisgiordania ad Israele.

L’UE ha affermato: “Chiediamo alle autorità israeliane di fare marcia indietro sulle proprie decisioni e dirigere tutti i propri sforzi verso la ripresa dei colloqui di pace il prima possibile.”

G4S, la multinazionale ango-danese che trae profitto dalla sicurezza e dalle carceri sta per ritirarsi completamente dalle carceri israeliane, come ha riportato questa mattina il Financial Times.

Gli attivisti hanno dato un cauto benvenuto alla notizia, ma hanno sottolineato come la pressione sulla compagnia debba continuare finchè gli abusi di cui è complice non finiranno. Gli attivisti hanno anche fatto notare come la G4S abbia emesso comunicati fuorvianti in passato.

Secondo il Financial Times:

G4S ha confermato che porrà fine a tutti i suoi contratti con le carceri israeliane nel giro dei prossimi tre anni, in seguito ad un’assemblea generale annuale che è stata parecchio disturbata da manifestanti per i diritti umani. Questionati da alcuni manifestanti arrabbiati se la G4S si sarebbe ritirata dai Territori Palestinesi come riportato dal Financial Times lo scorso anno, Ashley Almanza, amministratore delegata, ha confermato: “nessun cambiamento su quella posizione.”

“Aspettiamo che questi [i contratti, ndt] terminino e non abbiamo intenzione di rinnovarli”, ha affermato. “Questi” includono i contratti per il fornimento di servizi di sicurezza e di selezione degli equipaggiamenti ai checkpoint militari, alla controversa prigione di Ofer e alle stazioni di polizia in Cisgiordania, i quali scadranno tutti il prossimo anno.

Gli Americani e gli Europei hanno provato con la voce della ragione e hanno fallito. Ormai devono rivolgersi ad Israele con il linguaggio che capisce meglio (e non è l’ebraico).

Se una comunità internazionale esiste, lo faccia sapere in fretta. Perché al momento è chiaro che non c’è più alcun intervento internazionale in Israele. Gli Americani hanno fatto i bagagli, gli Europei hanno rinunciato, gli Israeliani se ne rallegrano e i Palestinesi sono disperati.

Ogni tanto, un papa o un ministro degli esteri viene a fare un giretto (quello della Norvegia era qui la settimana scorsa), pronuncia a fior di labbra qualche parola, per la pace, contro il terrorismo e le colonie, poi com’era venuto scompare. Al termine del cammino il re è stato rimpiazzato da un clown (vedi Shakespeare). Lasciano il conflitto ai sospiri dei Palestinesi e l’occupazione nelle mani di Israele, di cui ci si può fidare perché la faccia rendere con mano ancor più salda.

Questo ritiro dell’umanità è inaccettabile: la comunità internazionale non ha il diritto di lasciare le cose come stanno, anche se questo è il desiderio più ardente di Israele.

La situazione attuale non è accettabile nel 21° secolo. Effettivamente c’è di che stancarsi se si tratta di tracciare sempre lo stesso solco e di lanciare le stesse battute di scherno ad un sordo. Lo scacco americano mostra che è ora di adottare un altro metodo, mai tentato finora. Il messaggio, e il modo di farlo capire, devono cambiare. Il messaggio deve riguardare i diritti civili e per farlo capire si deve ricorrere alle sanzioni.

Dopo la campagna di pressione, la Gates Foundation ha venduto la maggior parte della sua quota azionaria investita nella più grande Compagnia Privata Militare di Sicurezza al mondo, la G4S. Più di 100 organizzazioni palestinesi ed internazionali, inclusa War on Want, avevano lanciato una campagna chiedendo alla Gates Foundation di ritirare il suo investimento di 100 milioni di £ nella compagnia. Grazie a tutti quelli che si sono uniti alla campagna, firmato la petizione e partecipato alle manifestazioni di protesta. 

“Siamo felici che la pressione portata alla Gates Foundation affinchè disinvestisse dalla G4S stia cominciando a fare effetto. Sollecitiamo la fondazione a vendere anche qualsiasi parte rimanente della quota azionaria che detiene ancora e a rilasciare un comunicato pubblico in cui promette di non investire in corporazioni che traggono profitto dall’occupazione militare israeliana,” ha affermato Rafeef Ziadah, attivista organizzatrice di War on Want.

Di Adri Nieuwhof

Durante gli ultimi anni, il parlamento israeliano, il Knesset, ha discusso varie misure finalizzate a criminalizzare gli attivisti che esprimono la propria solidarietà coi palestinesi. Il risultato di queste discussioni è stata la legge approvata nel 2011, che da il via libera alla persecuzione degli israeliani che incitano al boicottaggio dei prodotti e delle istituzioni israeliane. 

Ronnie Barkan è il tipo di attivista direttamente colpito da questa legge. E’ membro fondatore di Boycott from Within, un gruppo israeliano che supporta attivamente l’appello palestinese per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni (BDS) contro Israele.

Barkan è stato in Olanda, la scorsa settimana, e l’ho intervistato ad Utrecht. 

La società civile israeliana ed i pacifisti israeliani non possono promuovere la pace se la UE continua ad ignorare le gravi violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale effettuate da Israele. E‘ tempo per un vero dialogo.

Per arrivare ad una soluzione pacifica per palestinesi e israeliani, è necessario un coordinamento degli sforzi interni ed esterni. Il fatto è che il governo israeliano – sia che al potere ci sia la destra, sia che ci sia il centro-sinistra - non ha interesse a porre termine al proprio dominio sulle terre e sul popolo palestinesi. Questo è chiaro agli europei e anche all'amministrazione americana. Tragicamente, i "colloqui di pace" sono cinicamente visti dai politici israeliani come strumento utile a prender tempo per costruire sempre più insediamenti illegali.

Sono stata attiva nella lotta per la pace per un decennio. In questo breve periodo, i gruppi israeliani per i diritti umani e la pace hanno provato quasi tutte le strategie possibili: cercando di arrivare al pubblico israeliano, lanciando programmi educativi, facendo lobbying sui leader politici, inviando petizioni in tribunale ed esercitando pressioni a livello internazionale. Nonostante tutti i nostri sforzi, le violazioni dei diritti umani continuano. La documentazione meticolosa di queste violazioni, raccolta dai gruppi impegnati nella lotta per i diritti umani, riesce a fare molto poco per evitare la morte di civili e le violenze quotidiane.