LIBERTÀ. GIUSTIZIA. UGUAGLIANZA.

Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni per i diritti del popolo palestinese.

Di Adri Nieuwhof

Durante gli ultimi anni, il parlamento israeliano, il Knesset, ha discusso varie misure finalizzate a criminalizzare gli attivisti che esprimono la propria solidarietà coi palestinesi. Il risultato di queste discussioni è stata la legge approvata nel 2011, che da il via libera alla persecuzione degli israeliani che incitano al boicottaggio dei prodotti e delle istituzioni israeliane. 

Ronnie Barkan è il tipo di attivista direttamente colpito da questa legge. E’ membro fondatore di Boycott from Within, un gruppo israeliano che supporta attivamente l’appello palestinese per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni (BDS) contro Israele.

Barkan è stato in Olanda, la scorsa settimana, e l’ho intervistato ad Utrecht. 

Adri Nieuwhof: Puoi fare un’introduzione di te stesso?

Ronnie Barkan: Sono un maschio, bianco, ebreo, privilegiato israeliano. Le prima due caratteristiche sono state decise dalla natura, le ultime dallo Stato. E’ importante menzionare che io sia privilegiato. E’ il cuore della questione di cui stiamo parlando.

La Stato di Israele è stato fondato sulla basi della pulizia, la separazione e la supremazia etnica, codificata attraverso la legge. Ciò che è iniziato nel 1948 è stato portato avanti mascherato sotto la legge, per portare via i diritti degli altri.

Mi trovo in Olanda come parte di un tour europeo per parlare principalmente della campagna BDS ed incoraggiare le persone all’azione. E poiché mi trovo tra i privilegiati, questo significa che posso parlare di cose che altre persone non possono. Ad esempio, che il movimento BDS non è contro gli israeliani, ma contro lo Stato di Israele. Il BDS non è antisemita, ma si oppone contro tutte le forme di razzismo, sionismo incluso. Essere privilegiato significa che la mia voce possiede più significato e più responsabilità. Le persone dovrebbe ascoltare i palestinesi, ma come privilegiato, che resiste al fianco dei palestinesi, devo parlare per coloro che non hanno voce.

AN: Quali sono le tue principali attività? Boycott from Within sta crescendo, come gruppo?

RB: La maggior parte del mio tempo è impegnato in attività BDS, principalmente col piccolo gruppo che abbiamo fondato, Boycott from Within. Non ci imponiamo sui palestinesi, ma li supportiamo, unendoci a loro come gruppo privilegiato. Il gruppo permette agli israeliani di esprimere il proprio appoggio all’appello BDS. Dopo che individui come [gli accademici] Ilan Pappe e Tanya Reinhart sono stati personalmente attaccati per il loro sostegno al BDS, abbiamo deciso di lanciare questo gruppo. Non è una questione di numeri. E’ chiaro che il nostro consenso, e il sostegno delle attività BDS sono ricercati.

Un’altra cosa che facciamo è fornire informazioni per sostenere il movimento BDS, poiché ci troviamo sul campo e abbiamo accesso a fonti in lingua ebraica. E ciò si è dimostrato funzionare.

Terzo, ci concentriamo sul boicottaggio culturale. Le linee guida del PACBI (Campagna Palestinese per il Boicottaggio Culturale ed Accademico di Israele) sono chiare. Gli artisti israeliani saranno boicottati, se questi fungeranno da ambasciatori per Israele o aiuteranno a nascondere [whitewashing, ndt] l’apartheid israeliana. Tentiamo di approcciare gli artisti che si esibiscono in Israele.

Gli spieghiamo che c’è una chiara linea di picchetto, e che loro scelgono da che parte stare. La loro decisione di esibirsi in Israele è una decisione politica, e che “la musica è universale” non è un’argomentazione sufficiente. Se scelgono di esibirsi sotto un regime di apartheid, lo legittimano e saranno usati, da tal regime. Possono scegliere di stare dalla parte giusta della Storia e di non esibirsi.

Sono molto contento che tali artisti ci mettano molto impegno per capire da che parte stare. Ora, in Israele, quando una performance è programmata, ci sono già dubbi tra i mass media se gli artisti verranno effettivamente ad esibirsi.

Il boicottaggio culturale tocca un nervo scoperto nella società israeliana, a differenza del boicottaggio delle compagnie commerciali, che rimane abbastanza spesso nel quadro del 1967 [occupazione di Cisgiordania e Gaza]. Perché il boicottaggio culturale riguarda maggiormente il rifiutarsi di legittimare lo Stato di Israele così com’è adesso. Conduce il dibattito sul boicottaggio. In Israele questo dibattito c’è, non piace alla gente, ma le persone si sentono obbligate a parlarne. E’ importante.

Prima che l’appello al boicottaggio fosse pubblicato, si era soliti riferirsi ad Israele come la sola democrazia del Medio Oriente, sebbene non lo sia e non lo è mai stata, non è nemmeno mai iniziato ad esserlo. E alcuni anni dopo, gli israeliani e i media mondiali hanno cominciato a parlare di Israele come una democrazia imperfetta. Ora, a 10 anni di distanza, il Segretario di Stato Americano John Kerry ha menzionato l’apartheid in relazione ad Israele.

Questo è estremamente importante. L’apartheid è un crimine contro l’umanità e tutte le persone e tutti gli Stati sono obbligati a lottare contro questo crimine.

AN: Sei in contatto con gli attivisti BDS degli altri paesi? Hai qualche idea su come migliorare le campagne BDS?

RB: La campagna BDS è decentralizzata e la leadership palestinese ne istituisce le line guida. Alcune persone hanno l’idea sbagliata che tutto riguardi il porre fine ai legami e alle comunicazioni. Ma la verità è l’opposto. Noi continuiamo a costruire ponti, nuovi modi di comunicazione con ogni possibile gruppo BDS o affiliato.

Boycott from Within gioca un ruolo importante nel concettualizzare le future attività che si svolgeranno intorno al mondo. Penso che ciò di cui ci sia bisogno sia un’assai maggiore strategia. Abbiamo fatto molti progressi. Abbiamo raggiunto i funzionari statunitensi e il Primo Ministro Netanyahu ha parlato del gruppo in un conferenza dell’AIPAC [American Israel Public Affairs Committee].

Poiché siamo un gruppo piccolo ed eterogeneo, il nostro punto forte è lavorare assieme e creare strategie. Dobbiamo riuscire a mantenere la discussione come argomento pubblico. Quando Scarlett Johansson ha messo piede nella realtà BDS, c’è voluta una manciata di attivisti per sfidare lei e il ruolo di Oxfam. E’ diventata uno dei nostri più grandi successi. E quando si arriva a parlarne nei principali media statunitensi, significa che ci stiamo muovendo nella direzione giusta. E’ un grande passo in avanti.

Penso la campagna BDS possa essere migliorata attraverso la condivisione delle esperienze, degli eventi organizzati e la condivisione delle informazioni.

AN: Ci sono alcune liste e-mail che lo fanno concentrandosi su argomenti specifici, come ad esempio la mobilizzazione contro le compagnie che traggono profitto dall’occupazione, come Veolia e G4S.

RB: Le liste e-mail sono limitate. Se qualcuno ad Utrecht vuole essere convolto, l’informazione deve essere accessibile. Non dovrebbe essere qualcosa che dipende dal fatto che tu conosca qualcuno che ha più informazioni di te. I gruppi Facebook possono agire da piattaforma. La vera sfida è coinvolgere gente nuova. Dobbiamo trovare il modo di far entrare più gente dentro il movimento BDS.

AN: Tu sei un obiettore di coscienza. Sei in contatto con altri obiettori? Come possiamo supportarli?

RB: Quando ero un obiettore di coscienza, non avevo questa terminologia disponibile. Sentivo solamente che non volevo far parte dell’esercito. Quando fui esentato dall’esercito, è stato il momento in cui New Profile è venuto alla luce [New Profile è un gruppo impegnato nella demilitarizzazione della società israeliana]. La cosa principale di cui c’è bisogno è che sia date informazioni precise, piuttosto che informazioni distorte o la propaganda. E agire come una rete di supporto.

Oggi ci sono due obiettori di coscienza in carcere, un druze e un ebreo ortodosso. Gli obiettori stanno facendo un meraviglioso lavoro nel contrapporsi in tutto ciò che la società israeliana rappresenta. Ma comunque, non credo sia un movimento in crescita. Ci sono una manciata di dissidenti, tutto qui.

Chiunque parli di sinistra israeliana o di gruppi per la pace sta mentendo o è ignorante. Non c’è una sinistra israeliana e non c’è mai stata. Solo una manciata di dissidenti.

Ma non è solo una questione di numeri. Prendere posizione contro l’oppressione è già importante di per sé. Quando la legge anti BDS è stata approvata, abbiamo pubblicato un nostro comunicato come Boycott from Within. Era nominato “Noi non staremo zitti”, prendendo ispirazione dai dissidenti tedeschi della Società della Rosa Bianca. E’ importante parlare ad alta voce e non dare un grammo di legittimità al progetto sionista in Palestina.

AN: Qual è la tua risposta ai proclami secondo cui il movimento BDS distruggerà Israele?

RB: Sì, questo è quello che si sente in giro: se insistiamo sulla richiesta di eguali diritti per tutti [una delle richieste dell’appello BDS], ciò porterà alla distruzione di Israele. Questo la dice lunga su Israele. Distruggere l’apartheid riguardava l’apartheid, non lo Stato del Sud Africa.

Il BDS supporta la lotta per l’uguaglianza dei diritti. Il BDS si indirizza verso il vero aspetto dello Stato di Israele, basato sulla pulizia, la separazione e la supremazia etnica. Ogni governo israeliano è preoccupato dal mantenere la maggioranza demografica. Se l’apparato di sicurezza dello Stato pensa che l’alterazione della composizione demografica sia una minaccia alla sicurezza stessa, cosa vuol dire? Vuol dire che è illegittimo in maniera strutturale.

Quando Netanyahu pone ad Abbas come condizione alle negoziazioni il riconoscimento di Israele come Stato Ebraico, questa è una richiesta assolutamente illegittima. Nessun paese ha il diritto ad essere uno Stato che crede nella supremazia di un’etnia. Proprio nello stesso modo in cui il Sud Africa non poteva essere uno Stato per la supremazia dei bianchi, Israele non può esserlo per la supremazia degli ebrei.

Il pensiero della supremazia etnica è così predominante che persino le cosiddette organizzazioni liberali, che dicono di parlare a nome della pace e dei diritti umani, o che hanno la dicitura “diritti umani” nel proprio nome, riconoscono quei diritti dei palestinesi che non mettono in pericolo i loro privilegi o i loro diritti.

Si oppongono all’occupazione del ‘67, mentre legittimano la natura di supremazia etnica dello Stato di Israele. Tali organizzazioni hanno sviluppato un percorso di menzogne riguardo ad Israele, trasformandolo in una forma d’arte. Parlano dei forti principi democratici di Israele, mentre rifiutano di dire una singola parola sull’apartheid o persino sui rifugiati palestinesi. Proteggono i diritti dei rifugiati dall’Africa purchè a nessun rifugiato dalla Palestina sia concesso tornare a casa.

 

 

 

Fonte: electronicintifada.net

Traduzione: BDS Italia