LIBERTÀ. GIUSTIZIA. UGUAGLIANZA.

Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni per i diritti del popolo palestinese.

La più significativa delle vittorie per la campagna globale di boicottaggio contro lo Stato di Israele: la decisione della compagnia anglo-danese G4S di non rinnovare il contratto con le autorità di Tel Aviv ha un valore storico. Da tempo uno dei principali target del BDS per la fornitura di tecnologie per checkpoint e carceri israeliane – due dei simboli peggiori dell’occupazione israeliana dei Territori – il G4S avrebbe capitolato. Almeno in parte.

Se infatti pochi giorni fa la compagnia annunciava l’intenzione di interrompere i legami con Israele entro i prossimi tre anni, dall’altra lanciava una sorta di “inchiesta indipendente”, volta ad auto-assolversi dalla complicità nei crimini di guerra compiuti da Israele contro la popolazione palestinese. Il timore – fondato – della G4S, che sta alla base della decisione di stracciare il contratto milionario, è di venir implicati in possibili inchieste o indagini future sui crimini commessi nei Territori Occupati, lungo il Muro di Separazione e dentro le prigioni dove sono rinchiusi oltre 5mila prigionieri politici e alcuni di loro sono morti durante interrogatori.

Il rapporto, “Human Rights Review of G4S Israel”, è stato redatto da due accademici, entrambi considerati pro-israeliani. Le sedici pagine, comparse su internet un giorno prima del meeting annuale della compagnia, si concludono con un secco “Non ci sono casi sul terreno che leghino la G4S alla complicità con i crimini di guerra presunti commessi da Israele”. Ovvero, il lavoro della compagnia che fornisce sistemi di sicurezza a Israele, dai body scanner ai checkpoint, altro non sono – secondo il rapporto – che strumenti utili alla sicurezza degli stessi palestinesi perché “riducono le minacce alla dignità e alla privacy delle persone dovuti a perquisizioni invasive”. Le carceri sono descritte, invece, come luoghi “in cui è stato creato un ambiente più sicuro per i prigionieri”. Le stesse carceri che Amnesty International definisce luoghi di tortura.

Queste le ragioni che stanno dietro la campagna del BDS contro il G4S che dopo anni di battaglie si è tradotto all’inizio di giugno nella decisione della multinazionale anglo-danese di ritirarsi dal business con Israele. Gli attivisti del BDS sono cauti nei festeggiamenti, vista la vittoria a metà: il G4S straccia il contratto, ma entro tre anni. “Intendiamo lasciar scadere i contratti e non prevediamo di rinnovarli”, aveva annunciato la compagnia.

“La G4S sta certamente sentendo la pressione e teme il danno alla reputazione dovuto alla complicità nell’occupazione militare israeliana – ha commentato Randa Wahbe dell’associazione palestinese per i diritti dei prigionieri, Addameer – La notizia del mancato rinnovo del contratto con l’Israeli Prison Service è un passo che accogliamo con piacere, ma non avrà effetti immediati sulle violazioni dei diritti umani nelle prigioni israeliane. La G4S ha più volte detto qualcosa per poi fare l’opposto e non ha ancora fatto annunci scritti sulla fine del contratto con le prigioni israeliane”.

A permettere di raggiungere, per ora, questo obiettivo è stata la potenza della campagna globale contro la multinazionale, a cui hanno preso parte figure importanti, dall’arcivescovo sudafricano Desmond Tutu ad Alice Walker, da Roger Waters a Angela Davis. Ma non solo: a investigare sulle attività della compagnia è anche il governo britannico che ha avviato un’inchiesta per verificare eventuali coinvolgimenti della G4S nella commissione di crimini di guerra.

La G4S, che conta decine di migliaia di impiegati in tutto il mondo, di cui 8mila in Israele, rifornisce 50mila clienti. Ha sempre affermato di non avere propri dipendenti dentro le carceri né di gestire direttamente i sistemi di controllo usati da Israele nei Territori Occupati.

Fonte: Nena News