Notizie BDS
Notizie internazionali del movimento globale BDS.
Lettera aperta dei Cristiani Palestinesi al Consiglio Mondiale delle Chiese e al movimento ecumenico
Lettera aperta della Coalizione Nazionale delle Organizzazioni Cristiane in Palestina (NCCOP) al Consiglio Mondiale delle Chiese e al movimento ecumenico
Impara a fare bene; segui la giustizia. Difendi l'oppresso. (Isaia 1:17)
Un dimostrante sistema una bandiera palestinese sopra un tratto del muro dell'apartheid d'Israele. (Reuters / Mohamad Torokman)
Dopo anni di occupazione e di spoliazioni, è ora il momento della libertà per i palestinesi.
Di Omar Barghouti *
L'occupazione militare di Gaza e della Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, ha raggiunto 50 anni questa settimana. La cicatrice sulla mia testa dopo una fatidica giornata del giugno 1967, quando ha avuto inizio il regime militare, è ora completamente coperta da capelli grigi, ma la cicatrice che quel giorno ha lasciato sulla mia vita rimane in larga parte scoperta.
Avevo meno di 3 anni quando la mia madre ventiquattrenne afferrò frettolosamente me e i miei due fratelli più grandi per fuggire verso la relativa sicurezza della Giordania, pochi giorni dopo che le forze armate israeliane avevano occupato Ramallah.
Mia nonna, una rifugiata di Safad durante la Nakba del 1948 - l'espulsione di massa di più di 750.000 palestinesi per stabilire in Palestina uno stato a maggioranza ebraica - era tormentata su cosa consigliare a sua figlia. Non voleva che soffrissimo il destino della sua famiglia quando furono costretti sotto la minaccia delle armi ad abbandonare la loro casa a Safad e, in seguito, a diventare profughi in Siria. Eppure, più di tutto, mia nonna voleva che fossimo al sicuro.
La voce, fonte di panico, che le autorità militari israeliane avrebbero chiuso presto l'unico passaggio tra Palestina e Giordania risolse il dilemma. Ciò convinse mia madre a portarci ad Amman "temporaneamente, fino alla fine della guerra". Mia nonna cercò di confortarla con queste parole, ma non sapeva nascondere la propria convinzione che Israele non ci avrebbe mai permesso di tornare.
Mia madre scivolò attraversando il ponte di legno verso la Giordania gravemente danneggiato. Stava portando il mio fratello maggiore e me mentre afferrava il nostro fratello più grande e due borse. Sono caduto a terra, e il sangue ha cominciato a sgorgare dalla mia testa. La mia ferita, grazie a un rimedio arabo tradizionale a base di olio d'oliva e aglio, è guarita, ma non lo sono la mia vita e quella dei miei cari.
In quel momento, siamo entrati nelle file di centinaia di migliaia di altri rifugiati palestinesi, sradicati dalle nostre comunità e ai quali è stato negato il diritto di tornare nell'unico luogo che abbiamo conosciuto come casa.
Quasi tutto è cambiato in questi ultimi decenni tranne che l'aspirazione di milioni di Palestinesi a vivere in dignità, liberi da un brutale regime militare e di apartheid che controlla quasi ogni aspetto della nostra vita.
Il tempo può guarire molte cose, ma le cicatrici lasciate dalle due ondate di spostamenti forzati nel 1948 e nel 1967 possono difficilmente guarire quando Israele continua quello che molti di noi considerano una Nakba in corso, una spoliazione senza fine.
Il tempo da solo non può curare le ferite dei palestinesi che vivono da più di 10 anni sotto l'assedio fatale di Israele a Gaza, all'ombra dell'odioso muro israeliano che usurpa la nostra terra, o delle centinaia di checkpoint militari in Cisgiordania. Esso non può attenuare la violenza degli sforzi sempre più intensi di Israele al fine di espellere le comunità palestinesi dalla loro terra, sottraendola per la costruzione di insediamenti illegali, riservati agli ebrei, in violazione del diritto internazionale e di decenni di politica statunitense dichiarata.
Le comunità palestinesi nell'attuale Israele, che vivono sotto quello che il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti una volta definiva un sistema di "discriminazione istituzionale, legale e sociale", hanno affrontato un destino simile. All'inizio di quest'anno, per esempio, le forze armate israeliane hanno demolito il villaggio beduino di Umm al-Hiran per costruire sulle sue rovine un nuovo insediamento esclusivo per gli ebrei, chiamato "Hiran".
I palestinesi che vivono al di fuori della Palestina storica, prevalentemente rifugiati, rappresentano il 50 per cento di tutti i palestinesi e a loro è negato il diritto legale riconosciuto a livello internazionale di tornare nelle loro case d'origine.
Mentre sempre più persone riconoscono la verità riguardo al sistema israeliano di oppressione contro l'intero popolo palestinese, cresce il sostegno popolare per i diritti palestinesi e la pressione per porre fine all'impunità israeliana.
Un sondaggio dell'ottobre del 2016 rilasciato dalla Brookings Institution rivela che il 46 per cento di tutti gli statunitensi e il 60 per cento dei Democratici sostengono l'imposizione di sanzioni o misure più severe contro Israele perché arresti i suoi insediamenti illegali.
Questi sondaggi e indicatori simili denotano la crescita sana negli ultimi anni del movimento di base del Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS), guidato dalla Palestina, che io ho aiutato a fondare e che credo sia fondamentale per raggiungere libertà, giustizia, uguaglianza e pace duratura.
Il BDS ha rilanciato le nostre speranze che, con una resistenza interna non violenta e una crescente pressione internazionale, simile a quella applicata all'apartheid del Sudafrica, possiamo prevalere sul sistema oppressivo israeliano.
Quando 6 degli 11 giocatori della lega nazionale di calcio hanno rifiutato di partecipare a una visita ufficiale di propaganda israeliana e quando una "ondata" di cancellazioni da parte di ospiti internazionali ha colpito il Tel Aviv LGBT Film Festival, la nostra speranza è cresciuta.
La speranza palestinese è stata anche rafforzata quando alcune delle più grandi chiese degli Stati Uniti, tra cui la Chiesa Metodista Unita, la Chiesa Presbiteriana e la Chiesa Unita di Cristo, hanno disinvestito dalle banche israeliane o dalle multinazionali complici e quando alcune di queste multinazionali hanno dovuto cessare il proprio coinvolgimento nei progetti illegali di Israele.
Accende ugualmente la nostra speranza il fatto che il sostegno ai diritti palestinesi stia rapidamente crescendo tra i giovani americani, inclusi gli ebrei del millennio, e venga integrato ancora una volta nelle lotte per i diritti dei rifugiati, degli immigrati, delle donne, dei lavoratori, dei neri americani, dei musulmani, dei nativi americani e della comunità LGBTQI.
Dopo 50 anni di brutale regime militare israeliano e quasi 70 anni di spoliazioni, basta. Ora è il tempo della libertà per i palestinesi. Dopo più di due decenni di negoziazioni sponsorizzate dagli Stati Uniti, che Israele usa come copertura per il suo "il massimo della terra con il minimo dei palestinesi", è chiaro che, a meno che non sia effettivamente costretto, Israele continuerà a negarci la nostra libertà e i nostri diritti.
Non potremo mai dimenticare le nostre molte cicatrici affettive e spesso fisiche. Ma quando, non se, raggiungeremo la giustizia e gli uguali diritti, potremo veramente guarire. E noi contiamo sul crescente sostegno di persone di coscienza in tutto il mondo come aiuto per arrivarci.
*Omar Barghouti è un Palestinese difensore dei diritti umani e co-fondatore del movimento per il Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni per i diritti dei Palestinesi. Egli è un co-destinatario del Premio Gandhi del 2017.
Fonte: The Nation
Traduzione di BDS Italia
I 69 anni dall’inizio della Nakba palestinese hanno marcato nella giornata di ieri anche il ventinovesimo giorno di sciopero della fame per i prigionieri politici palestinesi.
Basterebbe questo legame tra passato e presente a evidenziare il carattere continuativo di un evento simbolo che ha segnato e segna ancora la vita dei palestinesi, in Palestina come in diaspora.
Karim Younes, noto come "il decano dei prigionieri palestinesi", ha scritto una lettera che sottolinea che i prigionieri continueranno con lo sciopero della fame fino alla vittoria o alla morte e nonostante le misure repressive adottate dalla polizia penitenziaria per stroncare la volontà dei prigionieri e detenuti in sciopero della fame.
Il detenuto Younes ha anche dichiarato nella lettera che i prigionieri hanno informato l'amministrazione penitenziaria israeliana (IPS) che sono pronti solo a negoziati seri e non a vane sequenze di incontri e promesse.
Karim Younes ha aggiunto che l'unico organismo autorizzato a negoziare è quello costituito dai leader dello sciopero e secondo gli standard fissati all'inizio dello sciopero.
Testo integrale della lettera:
Leggi: “O vittoria o martirio”: lettera di Karim Younes dalla prigione di Ayalon (Ramla)
Il Tel Aviv Pride 2017 in Israele dichiara di celebrare la diversità, ma dietro all’arcobaleno Israele nasconde 69 anni di occupazione, colonialismo, apartheid. Mentre il tema ufficiale di quest’anno è l'accettazione sociale della comunità bisessuale, con il suo slogan “Let it B”, in realtà l’annuale Pride Parade di Tel Aviv non è altro che un esercizio di diplomazia internazionale. Le agenzie governative Israeliane lavorano a stretto contatto con organizzazioni LGBTQ Israeliane per presentare Tel Aviv come un’isola felice progressista in modo da distogliere l’attenzione internazionale dalle quotidiane violazioni dei diritti dei Palestinesi. L’industria del Tel Aviv Pride non si regge da sola. Ogni anno giornalisti internazionali, organizzazioni LGBTQ, il circuito delle imprese e dei gay party, agenzie di viaggio gay, artisti, drag queens e registi sono invitati non solo per promuovere e partecipare al Tel Aviv Pride, ma anche per fornire legittimazione all’ininterrotta oppressione Israeliana dei Palestinesi.
Attivisti protestano contro un evento con un ufficiale militare israeliano a Seattle, il 5 aprile. (Queers Against Israeli Apartheid, Seattle)
Attivisti queer e transgender hanno protestato contro un evento che ha visto protagonista un soldato israeliano a Seattle, il 5 aprile.
Leggi: Il primo ufficiale israeliano trans contribuisce alla pulizia etnica
Sosteniamo e condividiamo con forza la protesta contro i provvedimenti di cancellazione della programmazione degli spettacoli del cinema Aquila. Uno spettacolo teatrale e due documentari previsti sulla Palestina, di cui uno aveva concorso all'Oscar come miglior film straniero e l'altro era stato nominato ai Nastri d'Argento, al David di Donatello e selezionato a Cannes. La decisione è quindi incomprensibile. Il previsto documentario sul canile municipale, anch'esso cancellato, risponde non solo al libero diritto di critica ma anche al diritto all'informazione che hanno i cittadini sull'andamento della cosa pubblica.
Questi provvedimenti sanno di censura, di divieto di dibattito e di manifestazione del pensiero, che invece in forza dei principi fondamentali della Costituzione non conosce ostacoli, tranne che per l'apologia del fascismo e del razzismo, ovvero di quelle ideologie che si risolvono nella negazione della libertà di manifestazione del pensiero. La stessa critica politica è necessario possa manifestarsi in forme anche aspre, pur non dovendo trascendere nell'insulto e nell'aggressione personale. Si organizzassero dibattiti, incontri di studio, spettacoli diversi, ma non si censurasse più. Bene hanno fatto quanti hanno protestato e per questo ci uniamo a loro.
La Presidenza dell'Anpi provinciale di Roma
Ha avuto successo pieno il Convegno A Napoli il mondo, organizzato da noi del Comitato BDS Campania contro Israele per libertà, uguaglianza e diritto al ritorno del popolo palestinese con l'Associazione TIRIS per i diritti del popolo Saharawi e l'Associazione ASPER per i diritti umani del popolo Eristreo, con il sostegno dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio Comunale di Napoli.
Oltre agli autorevoli interventi previsti dal programma: Fatima Mafoud, rappresentante del Fronte Polisario in Italia, Emilio Druidi dell’Associazione Hasheshia, Mjriam Abu Samra del Youth Palestinian Movement, Marco Fasciglione ricercatore del CNR, Danilo Risi Presidente GG.DD. Napoli, Sandro Fucito Presidente del Consiglio Comunale di Napoli, hanno offerto il proprio contributo intervenendo diversi Consiglieri comunali: Mario Coppeto (Sinistra Napoli in Comune a Sinistra), Francesco Vermetti (DemA), Eleonora De Majo (DemA), Francesca Menna (Movimento 5 Stelle), erano inoltre presenti i Consiglieri Domenico Palmieri (Napoli Popolare) e Pietro Rinaldi (Sinistra Napoli in Comune a Sinistra), chiediamo scusa se sfugge a questa registrazione la presenza di altri Consiglieri.
NB: dopo la pubblicazione dell’articolo sul Forward, il titolo originale è stato modificato come segue:
L’impegno pro-Israele sta fallendo. Può salvarlo il prendere duramente di mira gli 'istigatori' del BDS?
In un nuovo rapporto che questo mese circola privatamente nei circoli politici ebraici, due tra i principali gruppi pro-Israele riferiscono che i diffusi tentativi di gruppi ebraici di contrastare il movimento BDS hanno ampiamente fallito.
Il rapporto, rilasciato dalla Anti-Defamation League e dal Reut Institute con sede in Israele, sostiene che gli investimenti dei gruppi ebraici per contrastare quello che chiamano "l'assalto alla legittimità di Israele" sono cresciuti di venti volte dal 2010, ma che "i risultati rimangono impercettibili."
Leggi: Gli sforzi per contrastare il BDS stanno fallendo, dicono ADL e Reut
Il discorso di Angela Davis alla Marcia delle donne a Washington.
"I diritti delle donne sono diritti umani, in tutto il pianeta, ed è per questo che diciamo: Libertà e giustizia per la Palestina"