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Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni per i diritti del popolo palestinese.

Notizie BDS

Notizie internazionali del movimento globale BDS.

Lo storico israeliano, in questa lettera pubblicata su Electronic Intifada, parla del ruolo dei media israeliani, del boicottaggio e dell’impegno per la parità di diritti umani e civili e la piena restituzione per tutti coloro che sono e sono stati vittime del sionismo

di Ilan Pappé – the Electronic Intifada*

Non so ancora chi fosse il vostro caro. Avrebbe potuto essere un bimbo di pochi mesi, o un ragazzo giovane, un nonno o uno dei vostri figli o genitori. Ho sentito parlare della morte del vostro caro da Chico Menashe, un commentatore politico di Reshet Bet, la principale stazione radio di Israele.

Ha spiegato che l’uccisione del vostro amato, così come la trasformazione dei quartieri di Gaza in macerie e l’allontanamento di 150.000 persone dalle loro case, è parte di una strategia israeliana ben calcolata: questa carneficina distruggerà l’impulso dei palestinesi di Gaza a resistere alle politiche israeliane.

Ho sentito questo mentre leggevo nell’edizione del 25 luglio del presunto rispettabile quotidiano Haaretz le parole del non così rispettabile storico Benny Morris  sul fatto che questo non sia ancora abbastanza.

Egli chiama le politiche di genocidio attuate finora “refisut” – debolezza della mente e dello spirito. Egli esige molta più distruzione di massa in futuro con la consapevolezza che questo è il modo giusto di comportarsi se si vuole difendere la nostra “villa nella giungla”, come l’ex primo ministro israeliano Ehud Barak ha descritto Israele.

Il Ministero dell'Economia chiede ai rivenditori di distinguere tra i beni prodotti in Cisgiordania dai coloni israeliani e quelli prodotti dai palestinesi

Il Belgio ha consigliato ai rivenditori di etichettare in modo chiaro l'origine dei prodotti fabbricati negli insediamenti israeliani nei Territori palestinesi occupati.

La raccomandazione, non vincolante, non ha nulla a che fare con l'escalation del conflitto tra Israele e i militanti palestinesi nella Striscia di Gaza, il ministero dell'economia ha detto, notando che la Gran Bretagna e la Danimarca hanno già simili linee guida in atto in materia di etichettatura.

"È un consiglio non vincolante indicare sulle etichette se i prodotti provengono dagli insediamenti nei Territori occupati", ha detto una portavoce. "Noi non vediamo questo come una sanzione contro Israele, ma le norme comunitarie prevedono che i consumatori  debbano essere informati sulle origini dei prodotti".

Il ministero prevede di inviare una lettera alle federazioni dei rivenditori martedì, raccomandando l'uso di tali etichette. Né la federazione belga nazionale di rivenditori al dettaglio, Comeos, né l'ambasciata israeliana a Bruxelles hanno voluto commentare la questione prima di leggere la lettera.

La guerra a Gaza ha portato ad una grave crisi nelle relazioni di Israele con l'America Latina. I ministri degli Esteri del Cile e del Perù hanno annunciato che stanno richiamando i loro ambasciatori da Tel Aviv, per consultazioni per protestare contro l'operazione di Israele contro Hamas nella Striscia di Gaza.

Queste mosse arrivano sulla scia di quanto fatto da Brasile ed Ecuador, che ha annunciato la settimana scorsa che stavano richiamando i loro inviati.

Sabato 26 Luglio, per il secondo fine settimana consecutivo, decine di migliaia di manifestanti hanno marciato per le vie di Londra, in una massiccia dimostrazione di supporto alle persone di Gaza e di tutta la Palestina.

Questo supporto sta crescendo rapidamente – e l’opinione pubblica sta lasciando da parte I politici e I media tradizione, ancora allineati nel loro sostegno al colonizzatore, ossia Israele.

I manifestanti e gli oratori che hanno guidato la folla Sabato riflettono la profondità e la diversità del sostegno alla causa palestinese nel Regno Unito e, in termini di oratori, una nuova volontà tra il pubblico di voler parlare della Palestina.

di Rafeef Ziadah

Ho iniziato la mia vita sotto l’assedio e i bombardamenti israeliani. Mi ricordo che anche da bambina, mentre l’odore dei colpi d’artiglieria riempiva l’aria di Beirut nel 1982 e noi correvamo per mettere in salvo le nostre vite, mi chiedevo : “Perché il mondo sta permettendo che questo accada?” Sul viso dei bambini di Gaza di oggi vedo un’altra generazione nata con lo stesso trauma, e con la stessa domanda. Come si può permettere che tutto questo accada?

Gaza è stata sotto assedio israeliano per sette anni. I pescatori vengono sparati quando escono in mare. Il commercio è bloccato. Il viaggiare è quasi impossibile. L’acqua è contaminata. I rifornimenti degli ospedali stanno scarseggiando. L’economia è tenuta sotto controllo fino al collasso, ad un passo dalla catastrofe. Israele raziona qualsiasi cosa entri a Gaza, dalle calorie ai libri della letteratura mondiale.

L’Itimaraty, il Ministero degli Affari Esteri brasiliano, ha emesso una nota Mercoledì sera dicendo che considera “l’escalation di violenza tra Israele e Palestina” come “inaccettabile” e che il Brasile “condanna fermamente l'uso sproporzionato della forza da parte di Israele nella Striscia di Gaza.”

La nota ha detto che l'ambasciatore del Brasile a Tel Aviv, Henrique Pinto, è stato richiamato, una mossa che il sito Globo News Brazil ha etichettato come “eccezionale,” aggiungendo che una tale tattica viene “presa quando il governo vuole mostrare il suo malcontento e ritiene che la situazione in altro/i paese/i è estremamente grave.”

Il quotidiano Folha de S.Paulo riferito Giovedi che il Brasile ha anche convocato l'ambasciatore israeliano in Brasile, Rafael Eldad.

Il massacro in corso a Gaza ha portato alla luce il sostegno alla Palestina da parte di molti grandi artisti, musicisti e celebrità. Niente di nuovo. Infatti, ad ogni grande offensiva israeliana sembra crescere il numero di artisti che vogliono alzare la voce e schierarsi contro i crimini dello Stato d’apartheid [israeliano, ndt].

Ma esiste il sostegno, ed esiste la solidarietà. Ovviamente, entrambi sono i benvenuti. Esiste però una differenza tra l’esprimere lo sconcerto per i crimini contro l’umanità, e il rispondere, dall’esterno, alla chiamata di coloro che cercano di porre fine a quegli stessi crimini. Il pezzo musicale di seguito è un bel tentativo della seconda parte della frase precedente. 

La Scuola di pace della Valle d'Aosta ha lanciato oggi durante una conferenza stampa la campagna "Boicotta i prodotti israeliani". "E' un'iniziativa internazionale promossa dai pacifisti israeliani e palestinesi, alla quale aderiamo alla luce dei fatti di Gaza", ha spiegato Andrea Asiatici, direttore dell'associazione.

"Distribuiremo i volantini con i marchi da non acquistare nel centro di Aosta - ha aggiunto - e fuori dai supermercati della nostra regione". Si tratta in particolare di cinque "marche legate strettamente a Israele" e che riguardano prodotti "ortofrutticoli, farmaceutici, cosmetici, caffè e gasatori per l'acqua", oltre a una dozzina di marchi che "lo sostengono attivamente".

Per Asiatici il boicottaggio è "un'azione diretta non violenta di stile gandhiano, praticabile da tutti, ovunque e sin da subito". Gli obiettivi sono: "a breve termine lo stop alle armi, a medio l'apertura di un dialogo internazionale per la mediazione tra le parti e a lungo la fine dell'occupazione israeliana e la creazioni di due stati per i due popoli o di uno stato multi-religioso".

Fonte: Regione Valle d'Aosta

“Il regime sionista è sempre più vivo. La polarizzazione all’interno della società prosegue a ritmi serrati. I neo-fascisti aumentano. Non so dove ci porterà quest’ultimo massacro a Gaza, ma le sensazioni non sono buone”. Viaggio nel mondo dell'ultra-destra in Israele, tra contrasti, opposizione e contraddizioni: intervista con l’attivista israeliana T.A. 

di Stefano Nanni

"Chiunque, in qualsiasi società, voglia davvero combattere per la giustizia e libertà paga un prezzo molto alto. Viene isolato, trattato da spergiuro, mentre d'altro canto, per chi lotta insieme a te, puoi essere considerato un eroe. Ma tutto questo non può durare per sempre: sento che il mio limite è vicino, perché nonostante la lotta i risultati sono scarsissimi".

E’ T.A. a parlare. Israeliana, ebrea, attivista politica di sinistra per sua stessa definizione, che ancora di più in questi giorni qualcuno considera semplicemente una "traditrice".

Perché si oppone al massacro in corso nella Striscia di Gaza, all’Occupazione nei Territori Occupati, alle discriminazioni contro i cittadini arabo-israeliani all’interno della sua società, così come di altre minoranze che in Israele subiscono forti disparità in termini di diritti e giustizia. 

Che si tratti di richiedenti asilo di origine africana in cerca dei propri diritti, oppure della comunità ultraortodossa che si oppone al servizio militare, o ancora dei cittadini arabo-israeliani beduini che si vorrebbero sradicare dalle proprie terre nel Negev, lei è sempre lì, in prima linea, come pochi altri colleghi e amici (“saremo in tutto poche centinaia”, ammette), a manifestare contro le ingiustizie e l’oppressione. 

E’in prima linea anche in questi giorni, manifestando nelle strade di Tel Aviv per chiedere di fermare “il genocidio in corso a Gaza”, nonostante gruppi di estrema destra si siano opposti alle proteste. 

Un inviato per diritti umani delle Nazioni Unite ha accusato Israele di politiche di pulizia etnica e di apartheid contro i palestinesi.

Richard Falk, relatore speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani nei Territori Palestinesi, ha detto che Israele ha effettuato un “sistematico e continuato sforzo atto a modificare la composizione etnica di Gerusalemme Est.”

Falk, 82enne americano, ha detto che negli ultimi anni Israele ha reso più difficile per i palestinesi il soggiornarvi, incoraggiando la costruzione di nuovi insediamenti ebraici, illegali secondo il diritto internazionale.