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(Re: "Let It Bleed" del 10 giugno) Roger Cohen nelle pagine della sua rubrica combatte contro i fili della ragnatela da lui stesso creata. Egli sostiene due obiettivi del movimento per il Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni: la fine dell'occupazione e il riconoscimento della parità dei diritti per i palestinesi cittadini di Israele. Eppure egli rifiuta il terzo obiettivo: il diritto al ritorno dei rifugiati. L'accettazione da parte sua della legittimità del B.D.S. Rispetto alle richieste di parità dei diritti per i cittadini palestinesi di Israele è una tacita ammissione che Israele è uno stato razzista, uno stato di apartheid, che ha leggi diverse nei confronti dei cittadini dei diversi gruppi etnici e religiosi.
Per quanto riguarda l'apartheid nei territori occupati, non abbiamo bisogno di ripetere, fino alla nausea, descrizioni del muro, dei checkpoint, degli insediamenti, delle strade destinate solo ai coloni ebrei. Il fatto è che l'esercito israeliano occupante soggioga una popolazione indigena usando una forza letale, compreso l'omicidio di bambini inermi, come Human Rights Watch ha recentemente confermato.
Non voglio ancora una volta rispondere alla calunnia di antisemitismo. Si tratta della solita falsa cortina di fumo. Un'accusa che dovrebbe essere riservata ai bigotti estremisti; e non a persone che credono nella parità dei diritti per tutti, compresi ebrei e palestinesi.
Leggi: I Rolling Stones a Tel Aviv. Roger Waters risponde al giornalista del New York Times
Mercoledi 11 giugno a Torino all’interno del Festival dell’Architettura era in programma un incontro con i curatori del padiglione israeliano alla biennale di Venezia, sul tema “le trasformazioni del territorio israeliano nel XX un XXI secolo”.
Il giorno precedente 10 giugno l’inaugurazione del Festival davanti a telecamere e autorità varie è stata interrotta da due compagni che hanno invitato i circa 200 presenti a boicottare l’iniziativa dell’indomani, spiegando anche che in Gran Bretagna un’importante associazione di architetti ha aderito alla campagna BDS.
L’indomani 11 giugno è stato fatto un presidio all’ingresso del festival con volantini, una mostra sulla nakba e alcuni cartelli su come Israele “trasforma” il territorio palestinese (vedi allegati), con contorno di digos e celere.
All’incontro con gli architetti israeliani hanno partecipato circa 25-30 persone, presentazione asettica del padiglione dove veniva spiegata differenza tra modernismo e ipermodernismo. Una domanda è stata loro rivolta: il Muro dell’Apartheid è moderno o ipermoderno? riscuotendo l’applauso di quasi tutto l’esiguo pubblico.
Fonte: Indymedia Piemonte
Roberto Loddo*
Fare cultura rispettando i diritti delle persone. Questo è il principio ispiratore dello studio editoriale Typos che nasce all’interno della Cooperativa Sociale “Il Giardino di Clara”. Una cooperativa che ha lo scopo di perseguire l’interesse della comunità alla promozione umana e alla integrazione sociale dei cittadini e delle cittadine, con particolare riguardo all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate. Ogni socio aderente alla nostra cooperativa deve rispettare i valori dalla solidarietà, della mutualità e della partecipazione democratica, valori ispiratori del movimento cooperativo internazionale.
Fare cultura per costruire opportunità. Il nostro studio editoriale ha attivato in collaborazione con altre realtà culturali il progetto SquiLibri che attraverso la promozione della lettura intende avvicinare e integrare coloro che vivono l’esperienza della sofferenza mentale con il resto della comunità. Il nostro intento è sostenere le buone pratiche culturali ed editoriali e orientarle verso la difesa dei diritti umani e civili. Siamo convinti che si possa fare cultura restituendo dignità e diritti a tutte le persone che vivono il disagio sociale e l’isolamento sociale.
Fare cultura per sostenere i popoli oppressi. Abbiamo deciso di rispondere positivamente all’appello dell’associazione di amicizia Sardegna Palestina perché siamo consapevoli delle responsabilità dello Stato di Israele contro le cittadine e i cittadini palestinesi. Siamo consapevoli delle responsabilità di uno Stato che attua una politica di occupazione, colonialismo e apartheid. Per questi motivi noi stiamo dalla parte del popolo palestinese.
Fare cultura anche senza i soldi dello Stato di Israele. Come studio editoriale e come cooperativa sociale siamo in grado di costruire progetti culturali ed editoriali anche senza i finanziamenti dell’ambasciata israeliana in Italia. Perché non vogliamo essere complici di politiche crudeli e disumane, non fino a quando esisterà il Muro d’Apartheid e delle colonie. La nostra cooperativa sociale potrà cooperare con lo Stato di Israele solo quando verranno restituite le terre palestinesi e cesserà l’assedio che strangola la Striscia di Gaza.
*Presidente cooperativa sociale “Il Giardino di Clara”
Fonte: Ondecorte
Il 6 giugno ai cancelli del Museo di Pietrarsa, ISRAELE DANZA SU TERRA RUBATA ha chiarito al pubblico che si recava allo spettacolo di danza della Vertigo Dance Company il vero obiettivo dello spettacolo e delle ormai periodiche apparizioni nella regione Campania di questo balletto: WHITE WASHING!!!! ripulitura dell'immagine, come un sepolcro imbiancato! E di sepolcro si tratta: del tentativo di uccidere la storia e la cultura del popolo palestinese, eliminandone ogni traccia e spacciando per propri i luoghi rubati, le tradizioni culinarie rubate la storia rubata. Per chi avesse nutrito qualche dubbio sull'opportunità di dar vita a questa protesta-denuncia, che si è concretizzata in un presidio con volantinaggio, musica e "pazzariello", l'invito è di leggere i programmi della compagnia. In questi sono intensi i tentativi di richiamare in Israele giovani stranieri per inglobarli nella loro "visione" (se ci credano davvero, è poco probabile) d'Israele.
Leggi: Napoli: Al Teatro Festival contro il balletto della Vertigo Dance Company
A Pietrarsa la compagnia Vertigo Dance, annunciato il volantinaggio delle associazioni
Comincia tra le polemiche la settima edizione del Napoli Teatro Festival, la cui apertura è prevista questa sera, venerdì, con uno spettacolo della Vertigo Dance Company, al museo ferroviario di Pietrarsa. La compagnia israeliana, ospite della manifestazione negli ultimi due anni, inaugura il cartellone con Reshimo, spettacolo in cui otto danzatori saranno guidati dal coreografo israeliano Noa Wertheim in un percorso che elabora in musica e ballo il rapporto tra finito e infinito.
All'esterno del museo, a partire da qualche ora prima dello spettacolo, si svolgerà una manifestazione di protesta. I partecipanti contestano la presenza a Napoli del gruppo di danzatori, nell'ambito della campagna internazionale Bds (boicottaggio, disinvestimento, sanzioni), nata in contrasto alle politiche di occupazione e di apartheid israeliana in Palestina.
«ISRAELE DANZA SU TERRA RUBATA» - L'obiettivo dei cittadini e delle associazioni mobilitati dall'iniziativa «Israele danza su terra rubata» è quello di sensibilizzare, attraverso la distribuzione di un dossier, gli spettatori che assisteranno allo spettacolo. In particolar modo, il materiale che sarà distribuito metterà l'accento sui rapporti tra il mondo della cultura e dell'arte israeliana e un governo che continua a mancare in questioni come la tutela dei diritti civili dei cittadini palestinesi a Gaza e nei territori occupati: «È ovvio che anche in Israele ci sono delle differenze – spiegano i promotori della campagna – a cominciare dal gruppo di intellettuali, che annovera gente come Ilan Pappe che condanna duramente quanto accade nel proprio paese. Ma la maggior parte degli esponenti della cultura in Israele si rende complice della situazione, prestandosi alla propaganda del governo o girando quotidianamente la testa dall'altra parte».
Leggi: Napoli: Danza israeliana al Teatro Festival, scoppia la protesta
L’attore Danny Glover e il cast del documentario sulla vita dell’attivista americana Grace Lee Boggs hanno chiesto la rimozione della pellicola dal festival di Tel Aviv, la cui proiezione è in programma per domani
L’ultimo a chiamare al boicottaggio di Israele era stato Roger Waters, leader dei Pink Floyd, che aveva pubblicamente chiesto ai Rolling Stones di non suonare a Tel Aviv il prossimo 4 giugno e sostenere così la lotta per i diritti dei palestinesi. Ora al coro di artisti internazionali impegnati nel boicottaggio culturale di Israele si è unito anche Danny Glover, che assieme al resto del cast del film “La rivoluzionaria americana: l’evoluzione di Grace Lee Boggs” in proiezione domani al “DocAviv” – il più importante film festival in Israele – nella capitale israeliana ha preteso la cancellazione della proiezione della pellicola dal festival.
Membri fondatori della band si uniscono per parlare a favore del movimento BDS e per sollecitare gli Stones a ripensarci
Con la recente notizia che i Rolling Stones terranno per la prima volta un concerto in Israele, e in questo momento critico nella lotta globale per la libertà e per i diritti dei palestinesi, noi, i due fondatori superstiti dei Pink Floyd, ci siamo uniti a sostegno del Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS), un crescente movimento globale nonviolento per i diritti umani lanciato dalla società civile palestinese nel 2005 per porre fine all'occupazione, alla discriminazione razziale e alla negazione dei diritti fondamentali palestinesi da parte di Israele.
Il movimento BDS è ispirato dai movimenti nonviolenti di successo che hanno contribuito a porre fine al razzismo del Jim Crow nel Sud degli Stati Uniti e all'apartheid in Sudafrica. Infatti, figure chiave che hanno guidato la lotta per la libertà in Sudafrica, come l'arcivescovo Desmond Tutu e Ahmed Kathrada, stretto collaboratore di Nelson Mandela, sostengono il BDS per i diritti dei palestinesi. La campagna BDS offre a tutti noi un modo per esercitare pressione in modo nonviolento sul governo israeliano affinché riconosca pienamente che le sue ingiustizie contro il popolo palestinese sono giuridicamente e moralmente inaccettabili e insostenibili.
Il movimento non sostiene un particolare quadro politico - uno stato o due - e nemmeno noi. Piuttosto, chiediamo una soluzione che affermi la libertà, la giustizia e i pari diritti per tutti, indipendentemente dalla identità, e che non provochi sofferenza aggiuntiva a nessuno dei due popoli.
Quindi, per le band che intendono tenere concerti in Israele nel 2014, vi esortiamo a ripensarci. Suonare in Israele ora è l'equivalente morale di aver suonato a Sun City al culmine dell'apartheid sudafricano. A prescindere dalle vostre intenzioni, se non rispettate l’appello per il boicottaggio, fornirete le pretese per la propaganda che il governo israeliano userà nei suoi tentativi di occultare le politiche del suo regime ingiusto e razzista.
Ci stiamo avvicinando a un punto di non ritorno nella consapevolezza globale che la negazione dei diritti dei palestinesi ha avuto un impatto devastante su generazioni di persone, e che hanno bisogno del nostro sostegno ora più che mai. Pertanto, vi invitiamo, colleghi artisti, a chiedervi che cosa fareste se foste costretti a vivere sotto il dominio militare e leggi discriminatorie per decenni. Se la risposta è che resistereste fino a quando non abbia prevalso la giustizia, allora vi chiediamo di sostenere il BDS come un mezzo nonviolento e collettivo di garantire un futuro migliore per tutti. Se non avreste suonato a Sun City, a suo tempo, come voi, dei Rolling Stones che avete rifiutato, allora non suonate a Tel Aviv fino a quando la libertà e i pari diritti non regnino per tutti.
"Together We Stand"
Fonte: Salon
Traduzione di BDS Italia
Sindacato dell'Associazione dei Comitati per il Lavoro Agricolo, 8 Aprile 2014
Caro Neil Young,
siamo degli agricoltori e dei lavoratori agricoli palestinesi nella Striscia di Gaza assediata.
Dato che Lei si è battuto molte volte per gli agricoltori e i lavoratori agricoli in tutto il mondo, senza dubbio le sarà capitato di incontrare alcune delle persone che più hanno a cuore la dignità, il lavoro duro e la famiglia. Lei saprà che coltivare la terra non è una vita facile. Per quanto riguarda i palestinesi nella striscia di Gaza, dovrebbe vedere con i Suoi occhi per credere a quello che le forze di occupazione israeliana, per molti dei cui appartenenti Lei ha intenzione di esibirsi nel luglio di quest'anno, hanno fatto alle nostre risorse agricole, alle famiglie e alle comunità. Provi a immaginare come possono essere le nostre vite di agricoltori quando:
Ho deciso di annullare il mio concerto a Tel Aviv in programma per il 1° febbraio. Questo è stata senza dubbio la decisione più difficile che io abbia mai preso come artista, e che mi fa male quasi quanto mi fa sentire di fare la cosa giusta.
Il motivo della mia decisione è la situazione in Israele e le aree da esso controllate. Anche se la musica può essere un'arena singolare per un dibattito pubblico, il dibattito su questi territori è stato abusato da tanto tempo. La discussione e il dialogo creano un'impressione di un progresso costante. La realtà della politica è molto diversa. Un esempio: mentre scrivo, John Kerry sta portando avanti i colloqui di pace tra Israele e Palestina, e allo stesso tempo Israele annuncia la costruzione di 1400 case negli insediamenti nei territori occupati. Mentre tutti parlano di una soluzione a due stati, la costante divisione della Cisgiordania attraverso la costruzione di nuovi posti di blocco, recinzioni e muri di sicurezza sta rendendo tale soluzione praticamente impossibile.
Il discorso di pace crea un fitto velo, nascondendo l’assedio sempre più stretto di Gaza, la frammentazione in corso della Cisgiordania e la continua discriminazione dei cittadini arabi-israeliani. Nell’incoraggiare il 'dialogo' e la 'tolleranza' come ideali, temo che la mia voce non farebbe nulla, se non aumentare il divario già disfunzionale tra parole e azione in un conflitto in cui nessuno sembra fidarsi delle intenzioni dell’altro.
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L'acclamato regista parla con Frank Barat di Palestina, politica e di perchè vuole continuare a causare un po' di problemi.
Potresti dirci come sei venuto a conoscenza e poi coinvolto nella lotta dei palestinesi per i loro diritti?
E’ iniziato qualche anno fa, quando ero impegnato nel mettere in scena uno spettacolo chiamato “Perdizione”. Era un’opera che parlava del sionismo durante la Seconda Guerra Mondiale e sull’accordo che era stato stretto tra certi sionisti e i nazisti. Poneva sotto una luce del tutto nuova la storia della creazione dello Stato di Israele e le politiche del sionismo. In quel momento, e gradualmente poi negli anni successive, ho capito che la fondazione di Israele fu basata su un crimine nei confronti dei palestinesi. E altri crimini sono seguiti da allora. L’oppressione dei palestinesi, che hanno perso la loro terra, le cui vite quotidiane sono interrotte dall’occupazione, che vivono in uno stato di continua depressione anche al giorno d’oggi, è qualcosa di cui dobbiamo occuparci.
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