L'acclamato regista parla con Frank Barat di Palestina, politica e di perchè vuole continuare a causare un po' di problemi.
Potresti dirci come sei venuto a conoscenza e poi coinvolto nella lotta dei palestinesi per i loro diritti?
E’ iniziato qualche anno fa, quando ero impegnato nel mettere in scena uno spettacolo chiamato “Perdizione”. Era un’opera che parlava del sionismo durante la Seconda Guerra Mondiale e sull’accordo che era stato stretto tra certi sionisti e i nazisti. Poneva sotto una luce del tutto nuova la storia della creazione dello Stato di Israele e le politiche del sionismo. In quel momento, e gradualmente poi negli anni successive, ho capito che la fondazione di Israele fu basata su un crimine nei confronti dei palestinesi. E altri crimini sono seguiti da allora. L’oppressione dei palestinesi, che hanno perso la loro terra, le cui vite quotidiane sono interrotte dall’occupazione, che vivono in uno stato di continua depressione anche al giorno d’oggi, è qualcosa di cui dobbiamo occuparci.
Perchè la Palestina? Perchè è simbolica?
Ci sono forme di oppressione in tutto il mondo, ma ciò che rende il conflitto tra Israele e Palestina speciale è una serie di fatti. Primo tra tutti, Israele si presenta al mondo come una democrazia. Un paese come qualsiasi altro nel mondo occidentale. Si presenta così mentre nei fatti compie crimini contro l’umanità. E’ arrivato ad essere uno Stato che applica linee di divisione a seconda della razza, come il Sud Africa dell’apartheid. E’ anche supportato economicamente e militarmente da Europa e Stati Uniti. C’è quindi una grande ipocrisia in atto; noi stiamo sostenendo uno stato che si proclama essere una democrazia, lo stiamo sostenendo in ogni modo anche se, tuttavia, è coinvolto in questi crimini contro l’umanità.
Ci sono vari strumenti per tentare di cambiare tutto ciò, e uno di questi è l’appello al BDS (boicottaggio, disinvestimento e sanzioni). Tu sei stato la prima grande personalità a sostenere e supportare l’appello per il boicottaggio culturale di Israele e hai aperto la strada per tutti gli altri che volevano unirsi a te. Alcune persone dicono che non dovresti boicottare la cultura. Cosa risponderesti in questo caso?
Prima di tutto, sei un cittadino, un essere umano. Quando ti trovi davanti a tali crimini, devi rispondere in quanto essere umano, indipendentemente da che tu sia un artista, un VIP o qualcos’altro. Devi prima di tutto rispondere e devi fare tutto quello che puoi per attirare l’attenzione delle persone sul problema. Il boicottaggio è una tattica. E’ efficace contro Israele perchè questo si presenta come un “faro” della cultura, ed è quindi molto suscettibile al boicottaggio culturale. Non dovremmo aver niente a che fare con progetti che sono supportati dallo Stato di Israele. Ciò non riguarda le singole persone, dobbiamo concentrarci sulle azioni dello Stato israeliano. E’ questo che dobbiamo prendere di mira. E lo prendiamo di mira perchè non possiamo semplicemente stare fermi e guardare persone costrette a vivere le proprie vite nei campi profughi per sempre.
Israele usa l’arte e la cinematografia per una campagna chiamata ‘Brand Israel’. L’arte è quindi politicizzata. Per quanto ti riguarda, tutti i tuoi film sono politici. Quindi, secondo te, l’arte può essere uno strumento per combattere l’oppressione?
Sì. La questione fondamentale è questa: qualsiasi storia scegli di raccontare o qualsiasi immagine scegli di mostrare, quello che scegli indica quali sono le tue intenzioni. Se fai qualcosa che è interamente d’evasione, in un mondo che è pieno d’oppressione, questo indica quali sono le tue priorità. Quindi un grande film commerciale, girato per fare dei soldi, mostra qualcosa. Ha delle conseguenza politiche ed implica delle prese di posizione politiche. La maggior parte dell’arte ha un contesto e delle implicazioni politiche.
Hai sentito di World War Z, un film con dove c’è un virus letale che uccide le persone in tutto il mondo, e l’unico posto sicuro è Israele per via del muro che hanno costruito?
Suona molto come storia di estrema destra. Bisogna vedere il film prima di emettere un giudizio, ma dalla tua descrizione, sembra proprio un fantasia di estrema destra. E’ interessante che Israele si riveli tramite i suoi amici. Nel nord dell’Irlanda – che ha una lunga storia di divisioni tra lealisti e repubblicani – i lealisti, sui loro muri, hanno la bandiera di Israele e dei bianchi del Sud Africa; i repubblicani della Palestina e dell’ANC. E’ curioso come queste alleanze rivelino così tanto di ciò che pensa la gente.
Sei preoccupato dell’avanzata della destra e delle ideologie di estrema destra in Europa? A me ricorda i primi anni ’30.
L’avanzata dell’estrema destra si accompagna sempre con la recessione economica, la depressione e la disoccupazione di massa. Le persone al potere, che vogliono mantenere il loro potere, devono sempre trovare dei capri espiatori poichè non vogliono che le persone combattano il loro vero nemico, cioè il capitalismo classista, i proprietari delle grandi industrie, coloro che controllano la politica. Hanno invece bisogno di trovare un capro espiatorio. I più poveri, gli immigrati, i richiedenti asilo, i rom. Le destra scegli i più vulnerabili, i più deboli da biasimare per la crisi del loro sistema economico. Nella disoccupazione di massa le persone diventano infelice e hanno bisogno di qualcosa contro cui lottare. Gli ebrei vennero presi di prima negli anni ’30, e gli vennero fatte cose terribili. Oggi sono gli immigrati, i disoccupati… In Gran Bretagna abbiamo un pessimo sistema mediatico che biasima coloro che non hanno lavoro per la loro disoccupazione mentre, ovviamente, non ci sono possibilità di lavoro.
Come possiamo rispondere a questo quando la stessa gente controlla stampa, capitali e politica? Come possiamo, noi, società civile, senza accesso alla stampa dei principali media, sfidare e sconfiggere questa ideologia?
Bella domanda. Alla fine non c’è alcuna casa in cui rifugiarsi se non la politica. Bisogna fare un’analisi della situazione ed organizzare la Resistenza. Come sia da organizzare è sempre un bella questione. Bisogna sconfiggere qualsiasi attacco sul campo e stare in solidarietà dalla parte di coloro che sono sotto attacco. Bisogna anche organizzare partiti politici. Il problema è che abbiamo partiti che hanno analisi false. Abbiamo i partiti stalinisti della sinistra che hanno condotto per anni le gente dentro un vicolo cieco, abbiamo i socialisti democratici che vogliono che la gente pensi che dobbiamo lavorare all’interno del sistema, che possiamo riformarlo, che possiamo farlo funzionare. Il che ovviamente è una fantasia, non funzionerà mai. La domanda è quale politica? Le persone sono quotidianamente in difficoltà con tutto ciò.
Il tuo ultimo film tocca queste tematiche. Di gente che viene emarginata per via dei propri punti di vista politici. Oggi ho letto che Jimmy’s Hall potrebbe essere il tuo ultimo film e che dopo vorresti concentrarti sui documentary, grande notizia per la Palestina.
Non lo so. Jimmy’s Hall è stato abbastanza lungo da girare ed è davvero un duro lavoro. Non sono sicuro di riuscire a girarne un altro come quello. Ma ci sono ancora problemi da causare da qualche parte, quindi devo fare il meglio che posso per causarne anche un po’. Certamente, film sulla Palestina andrebbero fatti. Ci vuole che li facciano I palestinesi. La lotta dei palestinesi, alla fine, sarà quella vincente. Le cose non stanno come stanno per sempre. Alla fine vinceranno. La domanda è: che tipo di Palestina ne verrà fuori? Non è solo una questione di porre fine all’oppressione israeliana – questione pluriennale – che Stato ne verrà fuori? Sarà negli interessi di tutto il popolo? O sarà ancora dominato da una classe benestante che opprimerà il resto della popolazione quale che sia il suo background? Quale Stato ne verrà fuori è la domanda più grande.
Fonte: newint.org
Traduzione: BDS Italia