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Da due anni più di ottanta artisti e altri professionisti dell’industria, tra cui coloristi, scrittori, critici ed editori, provenienti da più di venti paesi chiedono all’organizzazione del Festival international de la bande dessinée d’Angoulême di interrompere i rapporti con Sodastream, sponsor della manifestazione.

L’azienda israeliana produttrice di gasatori è stata più volte oggetto di critiche per essersi stabilita in Cisgiordania, in territori palestinesi «dove gli Israeliani non dovrebbero essere». Dopo due lettere aperte a Franck Bondoux, delegato generale del Festival, gli artisti hanno vinto la loro causa. Quest’anno, infatti, Sodastream non compare tra gli sponsor della manifestazione.

Fonte: Fumettologica

Azioni a Roma, Barcellona, Londra, Berlino e Tel Aviv contro la partecipazione di chef e ristoranti internazionali all'evento culinario Round Tables Tour a Tel Aviv, sponsorizzato dal governo israeliano e da un'impresa in una colonia. #ApartheidRoundTables

ROMA:

1 novembre, proteste al ristorante Stazione di Posta della Città dell'Altra Economia

Vedi anche il comunicato del Coordinamento BDS Roma e Provincia e la nota della Città dell'Altra Economia

BARCELLONA:

8 novembre, protesta per chiedere al restaurant Tragaluz di non partecipare al festival gastronomico a Tel Aviv

Vedi anche le foto e un articolo.

LONDRA:

10 novembre, proteste al ristorante Cinnamon Kitchen con la forte presenza di forze di polizia e sicurezza privata.

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BERLINO:

Il 10 novembre, attivist* di BDS Berlin hanno parlato con lo staff e i cliente del ristorante Frühsammers

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TEL AVIV:

Attivisti sostituiscono il menù di Pastel, uno dei ristoranti partecipanti

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Manca di verità la dichiarazione della Confederazione Israeliana del Brasile (Conib), quando dice in nota che la campgna contro l’apartheid israeliana è opera di “gruppi di odio che predicano il boicottaggio cieco a Israele”, che Caetano Veloso ha “ceduto” alla supposta “onda antisemita” e che “si finge cieco di fronte all’incitazione al terrorismo e all’odio contro gli ebrei”. La nota parla anche di “negoziazioni di pace” e “causa di pace” come se fosse quel che il governo israeliano nella figura del primo ministro Benjamin Netanyahu cerca.

La CONIB omette il fatto che Netanyahu costruisce ogni giorno di più colonie israeliane in territorio palestinese, e che ha nel suo entourage figure come la segretaria della giustizia Ayelet Shaked, che su Facebook incita apertamente al genocidio palestinese e chiama le madri palestinesi “piccole serpi”.

La CONIB ignora anche che nel 2012, durante l’Operazione Pilastro di Difesa, dove bombardieri israeliani fecero vittime tra i civili palestinesi nella Striscia di Gaza, l’allora ministro dell’Interno Eli Yishai disse che le forze di Israele dovevano mandare Gaza indietro al medioevo.

Curioso che la CONIB menzioni la “incitazione al terrorismo” in questa nota, ma che abbia anche dimenticato che lo stato di Israele è stato imposto agli arabi attraverso azioni violente di organizzazioni terroriste israeliane come Haganah, Stern Gang e Irgun, quest’ultima anche responsabile di un camion bomba contro l’hotel King David a Gerusalemme nell 1946.

Il teatro si offre di rimborsare i biglietti per la presa di posizione anti-israeliana del musicista ma lo spettacolo fa ancora il tutto esaurito

L'offerta di un teatro di New York di rimborsare i biglietti dello spettacolo tutto esaurito di Roger Waters a causa del suo attivismo anti-israeliano è stata accolta con indifferenza e il teatro non ha ancora ricevuto alcuna richiesta di rimborso.

Waters è da molto tempo voce critica delle politiche di Israele, sostenitore del movimento BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni) ha apertamente invitato colleghi musicisti a boicottare Israele.

Il Centro Simon Wiesenthal in un comunicato emesso martedì ha invitato i newyorkesi "a dare a Roger Waters l'accoglienza che si merita: una sala vuota. Invitiamo le persone che potrebbero essere all'oscuro della sua campagna di boicottaggio piena di odio e che hanno acquistato i biglietti del suo spettacolo a ripensarci e essere invece solidali - fuori dal teatro - con le vittime innocenti del terrorismo in Terra Santa".

J.K. Rowling, autrice della celebre serie di Harry Potter, ha di recente firmato una lettera, insieme a noti sostenitori di Israele e pubblicata su The Guardian, contro il boicottaggio culturale di Israele, promuovendo invece “ponti culturali”. Di seguito una selezione delle tante repliche alla Rowling riportate dal Guardian.

• La lettera firmata da JK Rowling e altri (Israele ha bisogno di ponti, non di boicottaggi culturali, 23 ottobre) ha superato la sua data di scadenza. Ponti culturali tra Israele e l'élite britannica hanno fatto parte del paesaggio per decenni - e hanno contribuito a condurci al punto in cui siamo ora, dando ad Israele la patina di rispettabilità di cui aveva bisogno per camuffare le sue politiche espansioniste e razziste.

Oggi non c'è alcun dubbio: un artista o intellettuale che collabora con le attività finanziate o approvate dallo Stato di Israele è complice della pulizia etnica della Palestina.

E' triste vedere nomi di personalità significative associati ad una sequela di luoghi comuni logora e di comprovata falsità. Ma, alla fine, è una questione di coscienza personale e di quanto le persone prendano con responsabilità la loro arte e il loro ruolo pubblico.

Gli artisti occidentali che hanno firmato in sostegno al movimento per il Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) lo hanno fatto dopo aver riflettuto e interrogato a lungo la loro coscienza. Si sono presi la briga di conoscere veramente a fondo la situazione, talvolta di verificare di persona. Firmano perché BDS è una modalità di lotta democratica, non violenta, che fa leva sulla coscienza di ciascuno, per cercare di porre fine ad una impresa coloniale del XIX secolo che ancora sanguina nella nostra vita nel 2015.

Molti di loro stanno pagando un prezzo alto per la loro posizione. Ma come una di queste persone coraggiose e serie mi disse: "Il nostro compito è la verità."

Ahdaf Soueif
London

• E' consuetudine parlare di questa crisi come se fosse in una situazione di stallo, come se nulla si muovesse. Ma non è vero: ogni giorno coloni israeliani armati stanno occupando illegalmente sempre più terra in Palestina e privando i palestinesi delle poche libertà ancora rimaste, con l'appoggio tacito o palese dell'esercito e dello Stato. E ogni giorno il governo sta costruendo nuovi muri attraverso i quartieri per chiudere fuori ancora di più i palestinesi. Israele trae benefici dalla situazione di crisi permanente e la usa come copertura per estendere - in nome della legittima difesa - il proprio controllo in modo sempre più capillare sulle vite dei palestinesi. Dopo aver promesso in campagna elettorale che non ci sarà mai uno Stato palestinese, Netanyahu sta cercando ora di incolpare gli arabi dell'Olocausto (e lui è descritto come una delle persone più sane dell'ala destra della politica israeliana!). Vi pare un buon modo per iniziare un dialogo su una soluzione a due stati? O è più probabile che sia il preludio di uno Stato israeliano senza arabi?

Io rispetto le buone intenzioni dei firmatari di questa lettera e apprezzo la volontà di dialogo, ma che tipo di dialogo è realisticamente possibile tra un popolo in gran parte disarmato e imprigionato, a cui sta scomparendo la terra davanti agli occhi, e uno stato armato pesantemente che gliela sta prendendo? Suona un po’ come il "dialogo" che fu offerto ai nativi americani mentre un altro gruppo di coloni li stava eliminando.

BDS ha il sostegno di quasi tutti i palestinesi e ha anche il sostegno di molti ebrei israeliani liberal. Nella clima attuale di “morte agli arabi!”, è una posizione coraggiosa per un israeliano - non certo la scelta più facile. Per quel poco di differenza che potrà fare, io continuerò a stare dalla loro parte.

Brian Eno
London

#SolidarityWaveBDS

Mentre una nuova generazione di palestinesi sta marciando sulle orme delle generazioni precedenti, sollevandosi contro la brutale e ormai vecchia di decenni politica israeliana di occupazione, colonialismo e apartheid, quattro festival cinematografici colombiani si uniscono al boicottaggio culturale contro il regime di Israele. Il gruppo locale BDS in Colombia (BDS en Colombia) sostiene che questo non è che l'inizio: "Ci aspettiamo che sempre più artisti e operatori culturali in Colombia smuovano le loro coscienze e prendano parte a questa importante forma di protesta contro l'apartheid di Israele".

La Campagna Palestinese per il boicottaggio accademico e culturale di Israele (PACBI), una parte fondamentale Comitato Nazionale Palestinese per il BDS (BNC), accoglie con favore la decisione. Haidar Eid, docente dell'Università di Al-Aqsa a Gaza e membro del PACBI, dichiara: "Dopo l’ultimo massacro a Gaza nel 2014, Israele ha intensificato la sua politica di colonizzazione, apartheid e occupazione. Il sostegno al BDS proveniente dall'America Latina è molto importante in questo momento perché cresca nel mondo la pressione per condurre Israele all’isolamento fino a quando non agirà nel rispetto del Diritto internazionale".

Noi, organizzazioni e individui che costituiscono la maggioranza del settore culturale palestinese, musicisti, artisti circensi, attori e ballerini, invitiamo i nostri colleghi e le organizzazioni di tutto il mondo che operano nel settore culturale a condannare le deliberate e sistematiche politiche israeliane di occupazione, il colonialismo e l’apartheid di Israele contro il popolo palestinese.

Nonostante tutte le difficoltà, le arti e le istituzioni culturali palestinesi continuano a lavorare in Cisgiordania, nella Striscia di Gaza e a Gerusalemme Est, utilizzando le arti per mobilitare ed educare.

Nelle ultime settimane l'esercito israeliano di occupazione e coloni israeliani armati hanno deliberatamente ucciso e preso di mira bambini innocenti e giovani, bruciato terreni agricoli, case, moschee e chiese, e hanno istituito politiche di attacco e divisione dei Luoghi Santi palestinesi. Queste premeditate politiche di provocazione, punizione collettiva e razzismo profondamente radicato contro il popolo palestinese richiede, oggi più che mai, che una voce di sostegno,  coraggio e umanità sia ascoltata in Palestina e in tutto il mondo.

È il primo articolo della figlia di Omar Barghouti, Nai, che ha 19 anni e studia musica jazz a Bloomimgton, Indiana (USA). È stato pubblicato il 17 ottobre 2015 sul quotidiano online IndyStar col titolo “Una palestinese: Continuerò a cantare e a fare ciò che ho cominciato”

di Nai Barghouti

Le mie pagine Facebook sono piene di video terrificanti. Fadi, un giovane palestinese di 19 anni è inseguito a Gerusalemme da un’orda di coloni israeliani che lo vogliono linciare e gridano ‘a morte’, finché dei soldati israeliani lo uccidono mettendo in atto una tipica esecuzione sommaria. Ahmad, un ragazzo palestinese di 13 anni è colpito dalla polizia di Israele in un insediamento israeliano illegale vicino a Gerusalemme. Giace sanguinante a terra, gridando di dolore mentre i passanti gli lanciano insulti e uno dice al poliziotto di “tirargli un colpo in testa.” Una giovane palestinese, cittadina israeliana, è stesa faccia a terra mentre un Israeliano le torce un braccio dietro la schiena e i passanti le gridano oscenità. Le cure mediche sono deliberatamente ritardate nella maggior parte dei casi. Ma sarebbero troppi i casi da descrivere.

A guardare i video e leggere le notizie mi vengono i brividi e mi sento prostrata e disperata. Ci potrei benissimo essere io in uno di quei video: ho 19 anni come Fadi e sono palestinese. Ma ora sto guardando da lontano, dalla mia stanza a Bloomington, Indiana, dove studio musica jazz.

E allora canto.

Ma, a cantare, mi sento come se sfuggissi al mio dovere di stare a fianco del mio popolo in un momento come questo, in cui i leader di Israele invitano ad armarsi ogni potenziale vigilante, compresi i coloni che occupano illegalmente la nostra terra. Allora cado in un lungo silenzio che mi pare di non poter più rompere; ma devo finirlo questo silenzio, prima che sia lui a finirmi.

Di seguito la replica di Angelo Stefanini all'editoriale pubblicato da L'Unità sul caso Matisyahu. È stata pubblicata su Unità.tv il 25 agosto

Spettabile redazione,

Nell'editoriale del 19 agosto sulla cancellazione dell’artista Matisyahu dal festival Rototom Sunsplash a Valencia l’autore presenta un’immagine del tutto fuorviante del caso.

Come chiarito dagli attivisti spagnoli, a Matisyahu era contestato il suo “supporto ai massacri dell'esercito israeliano di occupazione e ai crimini di guerra contro i civili palestinesi e libanesi.” In particolare il sostegno, nel 2007, all’assedio di Gaza e l’aggressione del Libano, con più di mille civili uccisi; nel 2010, all'uccisione, in acque internazionali, di membri di una flottiglia con aiuti umanitari per Gaza, fatto condannato dal Consiglio dei Diritti Umani come violazione del diritto internazionale.
Matisyahu elogia i coloni israeliani che nella Cisgiordania occupata sottraggono terre ai palestinesi. L’autore delle sue canzoni, Efraim Rosenstien, è egli stesso residente in una colonia illegale e a favore della rimozione violenta dei palestinesi dalle loro terre.

Gli attivisti spagnoli chiariscono che non si trattava di un’azione del movimento per il boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) contro Israele, ma di proteste contro la presenza in un festival che dichiara di promuovere “pace, uguaglianza, diritti umani e giustizia sociale" di un artista che incita all’odio razziale e alla violazione dei diritti umani.

Estratto del racconto di Vittorio Agnoletto sul Festival del Cinema di Locarno 

“Abbiamo saputo che il Locarno Film Festival ha deciso di mettere Israele al centro dell’edizione di quest’anno, nella iniziativa “Carte Blanche”, in collaborazione con il Fondo Israeliano per il Cinema. Questo fondo è un’agenzia finanziata dal governo israeliano… È inoltre sostenuto dal Dipartimento per il Cinema del Ministero degli Affari Esteri il cui scopo è quello di “promuovere film israeliani all’estero con il sostegno degli addetti culturali delle ambasciate israeliane in tutto il mondo”.

Noi, i sottoscritti registi e professionisti del cinema, desideriamo esprimere la nostra profonda preoccupazione per la scelta del Festival di Locarno di collaborare con il Fondo israeliano del Cinema e con il Ministero degli Esteri israeliano, nonostante il fatto che Israele non ha solo continuato, ma ha anche intensificato l’occupazione, la colonizzazione e la pulizia etnica che porta avanti da decenni contro il popolo palestinese.

Siamo particolarmente turbati dalla tempistica della decisione del Locarno Film Festival di promuovere Israele; decisione che arriva sulla scia della recente strage provocata da Israele a Gaza nell’estate del 2014, in cui più di duemila palestinesi sono stati uccisi, tra cui oltre cinquecento bambini. La decisione del Festival di Locarno segue anche l’elezione del più razzista governo di estrema destra nella storia di Israele.