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Comunicato stampa
Quattordici compagnie di danza e gruppi artistici palestinesi hanno scritto ai festival Danza Urbana di Bologna (7-11 settembre) e Ammutinamenti (9-18 settembre) di Ravenna per chiedere che i finanziamenti del governo israeliano vengano rifiutati.
Nella lettera [qui sotto] hanno evidenziato come Israele usi l’arte per mascherare “decine di anni di apartheid, occupazione militare e oppressione di milioni di palestinesi”, inclusi attacchi sulla cultura palestinese.
“Proprio negli ultimi due anni, i nostri centri culturali sono stati rasi al suolo dalle bombe israeliane, perquisiti dai soldati israeliani e chiusi. I nostri artisti sono stati uccisi dai soldati israeliani, detenuti senza accusa, trattenuti ai posti di blocco militari israeliani ed è stato negato loro il diritto di viaggiare”, hanno scritto.
Le organizzazioni artistiche palestinesi hanno ribadito l’appello della stragrande maggioranza della società civile palestinese a “intraprendere, come minimo, una semplice azione moralmente coerente: rifiutare la complicità con l'apartheid israeliana non accettando i finanziamenti del governo israeliano."
Hanno ricordato le migliaia di artisti in tutto il mondo che hanno accolto l’appello, “riconoscendo e rispettando quella che noi, come società civile palestinese, abbiamo deciso di essere la forma più efficace di solidarietà.”
Hanno inoltre ricordato che nel 2009, il Festival internazionale del cinema di Edimburgo aveva restituito fondi del governo israeliano in seguito a tante proteste. Il noto regista Ken Loach aveva detto: “Sono sicuro che molti registi saranno inorriditi quanto me nell'apprendere che il Festival internazionale del cinema di Edimburgo accetta denaro da Israele. I massacri e il terrorismo di stato a Gaza rendono questi soldi inaccettabili.”
I gruppi artistici palestinesi hanno ricordato che da allora Israele ha ripetutamente bombardato Gaza: “Siamo ancora in lutto per le vittime dell'ultimo massacro di poche settimane fa.”
Continuare ad accettare i fondi dal governo israeliano “fa sì che gli attacchi da parte di Israele alla vita e alla cultura palestinese posso proseguire, con impunità”, hanno scritto.
Nei giorni precedenti, organizzazioni di Bologna e Ravenna impegnate per i diritti dei palestinesi hanno scritto ai due festival, chiedendo di rinunciare ai finanziamenti del governo israeliano. I direttori, pur dimostrando una sensibilità per i diritti umani dei palestinesi, non hanno accolto l’appello a rinunciare ai finanziamenti del governo israeliano dell’apartheid.
Assopace Palestina Bologna, Coordinamento Campagna BDS Bologna, Donne in Nero Bologna, Giovani e Palestina Bologna, IPRI – Corpi Civili di Pace, Pax Christi punto pace Bologna, BDS Ravenna e Donne in Nero Ravenna hanno commentato: “Crediamo che anche festival come Danza Urbana e Ammutinamenti possano fare uno sforzo per trovare alternative ai soldi sporchi del regime di apartheid di Israele. Avrebbero accettato fondi dal Sudafrica dell’apartheid allora e dal governo russo ora? Con la sensibilità che hanno dimostrato, speriamo che i direttori ascoltino le compagnie di danza palestinesi, scegliendo di stare dalla parte giusta della storia, al fianco della lotta dei palestinesi per la libertà, la giustizia e l’uguaglianza.”
Qualora i due festival non rifiutino i fondi di Israele, i gruppi locali intraprenderanno azioni volte ad informare il pubblico.
Assopace Palestina Bologna
Coordinamento Campagna BDS Bologna
Donne in Nero Bologna
Giovani e Palestina Bologna
IPRI – Corpi Civili di Pace
Pax Christi punto pace Bologna
BDS Ravenna
Donne in Nero Ravenna
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LETTERA DEI GRUPPI DI DANZA E ARTISTICI PALESTINESI AI FESTIVAL DANZA URBANA E AMMUTINAMENTI
Dear Danza Urbana and Ammutinamenti festivals,
We write to you as Palestinian dance, arts and cultural organizations to urge you to reject funding from apartheid Israel for Danza Urbana and Ammutinamenti.
We have shown over and over how the Israeli government seeks to use culture to artwash and cover up decades of apartheid, military occupation, and oppression of millions of Palestinians. This includes violent attacks on Palestinian culture and Palestinian artists.
Just in the last couple of years, our cultural centers have been flattened by Israeli bombs, raided by Israeli soldiers and closed down. Our artists have been killed by Israeli soldiers, detained without charge, held up at Israel’s military checkpoints, and denied their right to travel.
These are only some of apartheid Israel’s attempts to erase Palestinian culture over decades.
As Palestinians, and particularly as artists, we can’t remain silent. As creative artists in dance, music, cinema and theater, we contribute to the Palestinian struggle for freedom, justice and equality, and to the preservation of our culture and heritage against ongoing erasure and appropriation.
Together with the vast majority of Palestinian civil society organizations, we call on international artists, cultural institutions, and festivals to join us by taking, at a minimum, one simple morally consistent step: refuse complicity in Israeli apartheid by rejecting Israeli government funding.
We are inspired by literally thousands of artists who stand with us in our struggle, recognizing and respecting what we, as Palestinian civil society, have determined to be the most effective form of solidarity.
In 2009, the Edinburgh International Film Festival returned Israeli government funding following public outcry over accepting it, in particular so soon after Israel’s bombardment of besieged Palestinians in Gaza that year. Prominent British filmmaker Ken Loach said at the time, “I’m sure many film makers will be as horrified as I am to learn that the Edinburgh International Film Festival is accepting money from Israel. The massacres and state terrorism in Gaza make this money unacceptable.”
Since then, Israel has carried out multiple military assaults on Gaza, killing thousands of our Palestinian sisters and brothers, including hundreds of children. We are still mourning those killed from the most recent massacre just weeks ago.
No matter how well-intentioned, there is simply no way to rationalize accepting funding from apartheid Israel and displaying its logo in your festivals’ materials, in particular one cynically marking 74 years of Israeli oppression of Palestinians. Doing so allows Israel’s attacks on Palestinian lives and culture to continue with impunity.
We urge you to reject funding from apartheid Israel.
Signed:
Palestinian Performing Arts Network (PPAN)
El Funoun Palestinian Dance Troupe
Popular Art Center
Wishah Dance Troupe
Naqsh Popular Art Troupe
Al Harah Theater
Freedom Theater
ASHTAR for Theater Productions and Training
The Popular Theater Society for Performing Arts and Training
YES Theater
Palestinian Circus School
The Edward Said National Conservatory Of Music
Al-Kamandjati Association
Palestinian Institute for Cultural Development - NAWA
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TRADUZIONE
Cari festival di Danza Urbana e Ammutinamenti,
Vi scriviamo come organizzazioni palestinesi di danza, arte e cultura per esortarvi a rifiutare i finanziamenti dell'Israele dell’apartheid per Danza Urbana e Ammutinamenti.
Abbiamo mostrato più e più volte come il governo israeliano cerchi di usare la cultura per operazioni in cui l'arte viene usata per mascherare e coprire decenni di apartheid, occupazione militare e oppressione di milioni di palestinesi. Ciò include attacchi violenti alla cultura palestinese e agli artisti palestinesi.
Proprio negli ultimi due anni, i nostri centri culturali sono stati rasi al suolo dalle bombe israeliane, perquisiti dai soldati israeliani e chiusi. I nostri artisti sono stati uccisi dai soldati israeliani, detenuti senza accusa, trattenuti ai posti di blocco militari israeliani ed è stato negato loro il diritto di viaggiare.
Questi sono solo alcuni dei tentativi dell'Israele dell’apartheid di cancellare la cultura palestinese nel corso di decenni.
Come palestinesi, e in particolare come artisti, non possiamo rimanere in silenzio. Come artisti creativi nella danza, nella musica, nel cinema e nel teatro, contribuiamo alla lotta palestinese per la libertà, la giustizia e l'uguaglianza e alla conservazione della nostra cultura e del nostro patrimonio contro la continua cancellazione e appropriazione.
Insieme alla stragrande maggioranza delle organizzazioni della società civile palestinese, chiediamo agli artisti internazionali, alle istituzioni culturali e ai festival di unirsi a noi intraprendendo, come minimo, una semplice azione moralmente coerente: rifiutare la complicità con l'apartheid israeliana non accettando i finanziamenti del governo israeliano.
Siamo ispirati da letteralmente migliaia di artisti che stanno con noi nella nostra lotta, riconoscendo e rispettando quella che noi, come società civile palestinese, abbiamo deciso di essere la forma più efficace di solidarietà.
Nel 2009, il Festival internazionale del cinema di Edimburgo ha restituito i finanziamenti del governo israeliano a seguito della protesta pubblica per averli accettati, in particolare subito dopo il bombardamento israeliano dei palestinesi assediati a Gaza quell'anno. Il famoso regista britannico Ken Loach ha detto all'epoca: "Sono sicuro che molti registi saranno inorriditi quanto me nell'apprendere che il Festival internazionale del cinema di Edimburgo accetta denaro da Israele. I massacri e il terrorismo di stato a Gaza rendono questi soldi inaccettabili.”
Da allora, Israele ha effettuato molteplici assalti militari a Gaza, uccidendo migliaia di nostre sorelle e fratelli palestinesi, tra cui centinaia di bambini. Siamo ancora in lutto per le vittime dell'ultimo massacro di poche settimane fa.
Non importa quanto sia ben intenzionato, semplicemente non c'è modo di inventare giustificazioni per l'accettazione di finanziamenti da parte dell’Israele dell'apartheid e per mostrare il suo logo nei materiali dei vostri festival, in particolare uno che cinicamente ricorda i 74 anni di oppressione israeliana dei palestinesi. Ciò consente agli attacchi di Israele alle vite e alla cultura dei palestinesi di continuare impunemente.
Vi esortiamo a rifiutare i finanziamenti da parte dell’Israele dell'apartheid.
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Coordinamento Campagna BDS Bologna
La più grande coalizione della società civile palestinese chiede alle organizzazioni governative e alle società keniote che sponsorizzano l'Israeli Film Festival di Nairobi di porre fine alla loro complicità con il pluridecennale regime israeliano di apartheid, colonialismo e occupazione.
Il festival, intitolato provocatoriamente Sherekea ("celebrare"), elenca come partner principali il ministero degli Affari esteri dello Stato israeliano di apartheid e la sua ambasciata a Nairobi, insieme ad altri organi. Se abbiamo imparato qualcosa dalla lotta contro il regime di apartheid in Sud Africa, che Israele ha annoverato tra i suoi massimi sostenitori, è che l'apartheid deve essere boicottato, non celebrato. Celebrare l'apartheid è un insulto non solo ai palestinesi ma anche ai popoli africani che l'hanno combattuto.
L'appello palestinese al boicottaggio del settore culturale complice dell'apartheid israeliana è strettamente istituzionale e non prende di mira gli individui. Il nostro obiettivo è la responsabilità delle istituzioni nell'apartheid. Il ministero degli Affari esteri e le ambasciate dello Stato israeliano di apartheid dovrebbero essere ritenuti responsabili della pulizia etnica del regime e dei massacri contro i palestinesi, e del ruolo assunto da tali istituzioni nel mascherare questi crimini.
Che il Museo Nazionale del Kenya ospiti un evento del genere – e che la Kenyan Film Commission, il Kenya Film Classification Board e varie società tra cui Safaricom, Citizen TV e Diamond Trust Bank lo sponsorizzino – è profondamente vergognoso e immorale. Sappiamo di poter contare sul popolo del Kenya, con la sua ricca eredità di lotta contro il colonialismo, per sfidare la complicità del suo governo con il colonialismo e l'apartheid israeliana.
Fonte: Campagna palestinese per il boicottaggio accademico e culurale di Israele (PACBI)
Traduzione di BDS Italia
L'attacco colonialista di Jack Lang contro gli intellettuali arabi per nascondere la complicità con il colonialismo e l'apartheid israeliani.
Nella sua critica nei confronti del colonialismo francese ed europeo in Algeria, in tutta l'Africa e in molte nazioni dei Caraibi e del mondo, Frantz Fanon ha descritto uno degli aspetti profondi del colonialismo come una "negazione sistematica della persona (nativa colonizzata) e una forte determinazione a negare all'altro qualsiasi attributo umano”.
In un recente richiamo a questa efficace descrizione il presidente dell'Institut du Monde Arabe (IMA) di Parigi, Jack Lang, ha attaccato più di 250 intellettuali e personalità della cultura arabe definendole "pecore" per aver firmato una petizione di condanna dei tentativi dell'IMA di normalizzare il regime israeliano di colonialismo e apartheid nei confronti della regione araba e della cultura arabe.
La Campagna palestinese per il boicottaggio accademico e culturale di Israele (PACBI) condanna la dichiarazione di Lang, che manifesta un'ideologia suprematista bianca e ricorda l'era oscura di un manifesto colonialismo francese nel mondo.
Significativamente, il PACBI vede l'attacco razzista di Lang come un disperato tentativo di distogliere l'attenzione dai fatti inconfutabili citati nella petizione degli intellettuali arabi. Questi includono la promozione da parte di Lang degli "accordi di Abramo" di Donald Trump tra i regimi arabi autoritari e il regime di apartheid israeliano e il tentativo dell'IMA di imporre Israele e le sue istituzioni in uno spazio culturale che dovrebbe celebrare la cultura araba nelle sue diverse componenti, inclusa la sua dimensione ebraico-araba.
La petizione, firmata da eminenti personalità arabe, comprese personalità ebraico-arabe, è precisa nell'affermare che l'istituto "tradisce la sua missione intellettuale adottando questo approccio di normalizzazione - una delle peggiori forme di abuso politico coercitivo e immorale dell'arte come strumento per legittimare il colonialismo e l’oppressione”.
Invece di sfuggire al confronto con queste realtà sulla tendenza alla normalizzazione dell'IMA lanciando un attacco razzista contro i suoi legittimi critici sarebbe stato più dignitoso per il presidente dell'IMA abbandonare questa tendenza che danneggia l'importante ruolo dell'istituto nell'abbracciare e promuovere la cultura araba. Cosa ancora più importante, il signor Lang deve riconoscere che questa petizione anti-normalizzazione è ispirata da Angela Davis quando dice: "Non accetto più le cose che non posso cambiare. Cambio le cose che non posso accettare”.
Campagna palestinese per il boicottaggio accademico e culturale di Israele (PACBI)
Fonte: Comitato nazionale palestinese per il BDS (BNC)
Traduzione di BDS Italia
Il Love Sharing - Festival di Teatro e cultura nonviolenta, appena conclusosi a Cagliari, ha perso dei pezzi a causa della aspra ironia della sponsorship del governo israeliano.
La scorsa settimana, l’Associazione Amicizia Sardegna-Palestina aveva denunciato la sponsorship del dell’Ufficio Culturale Ambasciata di Israele, chiedendo come fosse possibile “conciliare la violenza perpetrata dall’occupazione israeliana nei confronti dei palestinesi con la cultura nonviolenta”.
L'Associazione Amicizia Sardegna-Palestina ha ricordato le violenti pratiche che Israele porta avanti da decenni, tra cui la pulizia etnica degli indigeni palestinesi dalla loro terra, ripetuti crimini di guerra documentati dalle Nazioni Unite, la tortura dei prigionieri politici palestinesi, compresi bambini, e la demolizione di case palestinesi su larga scala.
L’imprenditore senegalese Mouhamed Dieng, relatore dell’incontro “Famiglie e Comunità” in programma il 25 ottobre, ha revocato la sua adesione al festival. In un post sul suo profilo Facebook, Dieng ha affermato:
“È necessario smascherare ogni forma di propaganda che abbia lo scopo di ‘normalizzare’ il comportamento dello stato di Israele facendolo apparire come pacifista, dialogante e promotore di iniziative sullo sfondo della non violenza quando in realtà è risaputo che pratichi da svariati decenni atteggiamenti del tutto opposti nei confronti del popolo palestinese.”
Leggi: Cagliari: Defezioni dal Love Sharing Festival a causa della sponsorship di Israele
Conne Island, Golden Pudel e ://About Blank sono complici dell'oppressione israeliana contro i Palestinesi
"I tentativi, in Germania, di imporre condizionamenti politici agli artisti, soprattutto alle persone di colore e agli artisti queer, che sostengono i diritti dei Palestinesi, costituiscono una vergognosa propensione alla censura, alla repressione anti-palestinese e agli attacchi alla libertà di coscienza". - Oltre 100 affermati artisti, accademici e personaggi pubblici
La campagna palestinese per il boicottaggio accademico e culturale di Israele (PACBI) chiede il boicottaggio di Conne Island a Lipsia, Golden Pudel ad Amburgo e ://About Blank a Berlino. PACBI è un membro fondatore della più grande coalizione nella società civile palestinese alla guida del movimento globale di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) per i diritti dei Palestinesi.
Leggi: Il movimento BDS invita a boicottare tre club anti-palestinesi in Germania
Sabato sera a Sanremo ha vinto Mahmood, giovane artista di Milano, con la canzone Soldi.
Con questa vittoria, Mahmood ha vinto anche sul razzismo e sull’intolleranza.
Ma con la vittoria a Sanremo, Mahmood ha anche titolo per partecipare a Eurovision, che quest’anno si svolge in Israele.
Tuttavia, Mahmood non ha confermato la sua partecipazione.
Facciamo gli auguri a Mahmood, ma chiediamogli di non partecipare a Eurovision in Israele.
Leggi: Auguri per la tua vittoria, però #MahmoodNonAndare a Eurovision in Israele!
Più di 60 (ora 100, ndt) organizzazioni per l'emancipazione dei queer e trans di quasi 20 paesi in Europa e oltre, chiedono alle comunità LGBTQIA in tutto il mondo di boicottare l'Eurovision Song Contest 2019 in Israele.
I firmatari condannano l'uso "vergognoso" che Israele fa dell'Eurovisione, che ha un forte seguito tra le comunità LGBTQIA, per "sviare l'attenzione dai suoi crimini di guerra contro i palestinesi" e "portare avanti il suo programma di pinkwashing, l'uso cinico dei diritti degli omosessuali al fine di distogliere l’attenzione dall’occupazione da insediamento e dall'apartheid israeliani normalizzandoli".
La Campagna palestinese per il boicottaggio accademico e culturale di Israele (PACBI), membro fondatore del movimento BDS per i diritti dei palestinesi, rende omaggio a Angela Davis per la sua battaglia ininterrotta per la giustizia ed esprime nei suoi confronti la sua piena solidarietà.
L'annullamento da parte dell'Istituto per i Diritti Civili di Birmingham (BCRI) (Stati Uniti, NdT) della decisione di assegnare alla Professoressa Davis un premio per i diritti umani è stato determinato, come lei ha dichiarato, dal suo "sostegno continuativo alla giustizia per la Palestina". È un'occasione mancata per onorare una figura iconica che ha incarnato per decenni i valori che il premio è destinato a riconoscere.
Come vincitrice israeliana dell'Eurovisione, Barzilai rappresenta lo stato e partecipa agli sforzi di “rebranding” [ri-promozione] del governo israeliano al fine di perpetuare un falso senso di normalità, mentre vengono nascoste le sue violazioni dei diritti umani dei palestinesi e del diritto internazionale.
Israele utilizza apertamente la cultura come strumento di propaganda per nascondere, giustificare o distrarre dal suo regime di occupazione, colonizzazione per insediamento e di apartheid sul popolo palestinese.
L'appello del PACBI per un boicottaggio culturale di Israele è strettamente istituzionale, nel senso che prende di mira le istituzioni israeliane per la loro complicità nell'oppressione israeliana dei palestinesi. Ancorato ai principi del diritto internazionale e dei diritti umani universali, il movimento BDS, incluso il PACBI, respinge, in linea di principio, il boicottaggio delle persone basato sulla loro identità (come cittadinanza, razza, genere o religione) o opinione.
Nel caso, tuttavia, un individuo rappresenti lo stato di Israele o una istituzione israeliana complice, o venga incaricato/reclutato per partecipare agli sforzi israeliani di "rebranding", allora le sue attività sono soggette al boicottaggio istituzionale lanciato dal movimento BDS. Gli ambasciatori culturali non sono semplicemente individui, sono rappresentanti ufficiali del regime di occupazione e apartheid di Israele.
Leggi: Netta Barzilai, ambasciatrice culturale per il regime di occupazione e apartheid israeliano
Il 13 agosto 2018 la Campagna palestinese per il boicottaggio accademico e culturale di Israele ha inviato una lettera a Ralph Tarraf, capo della delegazione dell'UE in Cisgiordania e a Gaza, tra altri funzionari dell'UE, a proposito del programma dell'UE "Giovani leader israeliani e palestinesi al Parlamento europeo". La lettera sottolinea che il programma viola le fondamentali linee guida del BDS concordate dalla stragrande maggioranza della società civile palestinese.
La lettera afferma inoltre che l'UE e i suoi programmi sono fortemente complici delle violazioni israeliane dei diritti dei palestinesi e del diritto internazionale. Questo programma mira cinicamente a ridurre 70 anni di sofferenze palestinesi sotto il regime colonialista israeliano, l'occupazione militare e l'apartheid a un "conflitto" che può essere risolto attraverso il dialogo.
La lettera chiede all'UE di porre fine a tutte le forme di complicità e di interrompere tutti i suoi programmi di normalizzazione.