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Thurston Moore, membro fondatore dei Sonic Youth, ha confermato il suo sostegno al boicottaggio culturale di Israele, in seguito alla cancellazione della sua performance a Tel Aviv all'inizio di quest'anno.
Il celebre cantautore e chitarrista ha fatto queste osservazioni in un articolo scritto dal musicista britannico-palestinese Samir Eskanda, e pubblicato questa settimana dalla rivista di musica online The Quietus.
Il pezzo, 'Io sono uno dei 1000 Artisti del Regno Unito che hanno aderito al boicottaggio di Israele. Ecco Perche ', spiega il caso di Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni e (BDS), e comprende i contributi di artisti che hanno deciso di sostenere la richiesta palestinese.
Thurston Moore ha annullato concerto in programma della sua band a Tel Aviv nel mese di aprile "senza dare una spiegazione ufficiale." Tuttavia, parlando con Eskanada, ha confermato di essere "giunto alla conclusione personale che la performance della mia band in Israele era in conflitto diretto con i miei valori."
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Caro Roger,
Circa un mese fa abbiamo ricevuto la tua lettera tramite Pedro Charbel, un giovane brasiliano che ha aderito al movimento BDS. Infatti, Pedro era venuto a casa mia, dove ha incontrato anche Gil e i nostri manager, accompagnati da una giovane ebrea brasiliana cittadina Israeliana, Iara Haasz (che anche sostiene il BDS), per chiederci di cancellare il nostro concerto a Tel Aviv fissato per il prossimo mese. Prima di questa visita, avevamo già ricevuto una lettera da un importante militante brasiliano difensore dei diritti umani, con la stessa richiesta. Oggi abbiamo ricevuto un'altra, questa volta da Desmond Tutu in persona (le sue parole erano state citate sia nella tua lettera come in tutte le altre richieste che avevamo ricevuto in merito). Proverò a rispondere anche a lui.
Quando Sud Africa era sotto il regime di apartheid, e sentivo di artisti che si rifiutavano di esibirsi lì, io in modo spontaneo mi sentivo d’accordo con questa decisione. La situazione complicata del Medio Oriente non mi trasmette quell’immagine di divisione bianchi-neri che mi trasmise il razzismo schietto in Sud Africa.
Ho detto a Charbel come mi sento riguardo a ciò. Per lui, come per te, sembra difficile credere che persone come Gil e me non rifiutano l’invito da parte di produttori e dell’audience israeliani (i biglietti sono andati praticamente esauriti), dopo aver sentito che lui voleva parlarci degli aspetti veramente oscuri del rapporto tra Israele e Palestina. Voglio esprimerti, come ho espresso a lui, il mio sentimento contrastante contro l’ala destra e la posizione arrogante del governo israeliano. Io odio la politica di occupazione, le decisioni disumane che Israele aveva preso a riguardo a ciò che Netanyahu definì come autodifesa per il paese. Penso che molti israeliani che sono interessati alla nostra musica devono reagire in modo simile al nostro alle politiche del loro paese.
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Caro Caetano e Gil,
Vi scrivo per esortarvi a non esibirvi in Israele, mentre continua l'occupazione e l'apartheid contro il popolo palestinese. Quando un gruppo di artisti della musica sudafricana ha insistito a ignorare gli appelli della società civile palestinese per annullare una performance in Tel Aviv, gli ho scritto: "Così come abbiamo detto durante l'apartheid che non era opportuno che artisti internazionali si esibissero in Sud Africa, in una società fondata sulle leggi discriminatorie e l'esclusione razziale, allo stesso modo sarebbe sbagliato che la Cape Town Opera si esibisse in Israele".
Noi sudafricani abbiamo sofferto decenni di apartheid e possiamo riconoscerlo in altri luoghi. Io stesso sono stato testimone della realtà di apartheid che Israele ha creato all'interno dei suoi confini e nel territorio palestinese occupato. Ho visto le strade occupate, colonizzate e segregate di Hebron, le colonie solo per gli ebrei ed ho camminato lungo il Muro che divide le famiglie palestinesi di Betlemme e nega ai loro figli di andare regolarmente a scuola. [I have seen the occupied, colonized and racially segregated streets in Hebron, the Jewish-only colonies, and I have walked by the Wall that divides Palestinian families in Bethlehem and denies their children normal access to school.]Ho visto il sistema di identificazione razziale, targhe automobilistiche di diverso colore e le leggi razziali che discriminano i palestinesi. Carissimi Caetano e Gil, ho visto l'apartheid israeliano in azione.
Il 5 giugno con Aaron Ciechanover (Technion) Leggendo Metropolitano “apre il cuore” all’Apartheid!
Aaron Ciechanover, premio Nobel per la chimica nel 2004 e professore emerito del Technion - Israel Institute of Technology di Haifa, sarà ospite dell’edizione 2015 di Leggendo Metropolitano.
Nel luglio 2014, con l’operazione “Margine Protettivo” Israele ha compiuto il suo ennesimo massacro sulla Striscia di Gaza, 50 giorni di bombardamenti che hanno causato a Gaza una devastazione senza precedenti e hanno ucciso oltre 2200 persone, di cui la stragrande maggioranza composta da civili. Come documentato da Defense for Children International – Palestine, oltre un quarto dei morti sono bambini, e di questi, il 68% al di sotto dei 12 anni. Oltre ai sanguinosi attacchi nella Striscia di Gaza, ricordiamo anche l'occupazione militare della Cisgiordania e di Gerusalemme est, dove i palestinesi sono stati privati delle loro terre e di ogni mezzo di sussistenza, dove vivono oppressi da oltre 600 checkpoint, dalle colonie illegali israeliane e dal Muro dell'Apartheid, e dove uomini, donne e bambini vengono arrestati e imprigionati senza capi d’accusa né processo. I palestinesi che vivono all'interno di Israele, e che rappresentano il 20% della popolazione, subiscono un regime razzista di apartheid, con un sistema di oltre 50 leggi che discrimina i palestinesi cittadini di Israele, negando loro di avere gli stessi diritti di cui godono gli ebrei israeliani. Inoltre, dal 1948, ovvero dalla Nakba, quando oltre 750.000 palestinesi furono espulsi dalle loro case dalle milizie sioniste e subirono la spietata pulizia etnica del nascente Stato di Israele, ai profughi palestinesi viene negato il diritto al ritorno, sancito anche dalla risoluzione ONU n. 194.
Eppure, nonostante le continue discriminazioni, le innumerevoli violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale, Aaron Ciechanover sostiene che Israele sia un paese democratico:
“Israele è un grande successo. Sono orgoglioso di essere israeliano, sono nato in Israele, vivo in Israele, e non ho mai pensato di lasciare Israele, morirò e sarò sepolto in Israele. Questo è un grande Paese”.
Ma chi è Aaron Ciechanover? È un esponente di primo piano del Technion - Israel Institute of Technology, università e istituto di ricerca israeliano che svolge “un ruolo guida nel rafforzamento della sicurezza di Israele” e che fornisce all’esercito israeliano gli strumenti tecnologici indispensabili per il quotidiano funzionamento dell’occupazione, ad esempio per i checkpoint e per il Muro. Inoltre, il Technion ha sempre espresso appoggio incondizionato ai militari israeliani, per esempio dichiarando solidarietà e sostegno ai suoi “studenti combattenti” che nell’estate del 2014 hanno partecipato all’aggressione su Gaza. È inoltre da sottolineare che, proprio mentre era in corso “Margine Protettivo”, la prestigiosa rivista Lancet ha pubblicato un appello in cui medici di tutto il mondo hanno denunciato i massacri indiscriminati commessi da Israele a Gaza. In risposta a questo appello umanitario, che ha raccolto oltre 20mila adesioni in breve tempo, alcuni scienziati israeliani, tra cui Aaron Ciechanover, hanno attaccato Lancet e il suo direttore Richard Horton, chiedendone la rimozione dall’incarico. Aaron Ciechanover e alcuni suoi colleghi israeliani hanno definito la “Lettera aperta al popolo di Gaza” “an outrageous diatribe lacking context and a deliberate vilification of the sovereign state of Israel”, hanno avanzato la richiesta di “immediata ritrattazione e pubbliche scuse”, e minacciato di boicottare tutte le pubblicazioni di Reed Elsevier, maggiore editore mondiale in ambito medico e proprietario di Lancet.
Leggi anche la lettera di Desmond Tutu, la risposta di Caetano Veloso, il comunicato della società civile palestinese e la seconda lettera di Roger Waters.
Cari Caetano e Gilberto,
guardo le vostre foto, ascolto la vostra musica, ho letto la storia delle vostre lotte personali e professionali, e mi vengono in mente tutte le lotte di tutti i popoli che hanno resistito nei millenni ai domini imperiali, militari e coloniali, che hanno combattuto per 'gli imprigionati ei morti'. Non è mai stato facile, ma è sempre stato giusto.
In una delle tue canzoni, Gil, si menziona l'arcivescovo Desmond Tutu. Io non parlo portoghese, ma parto dal presupposto che entrambi avete appoggiato la resistenza dell'arcivescovo Tutuche alla fine è riuscita a rovesciareil razzismo e l'apartheid in Sud Africa. Quelli erano giorni esaltanti, in cui la comunità di artisti di tutto il mondo si è schieratafianco a fianco con i loro fratelli e sorelle oppressiin Africa. Noi musicisti abbiamo guidato la carica, per sostenere Nelson Mandela, l'ANC, il popolo africano oppresso e tutti 'gli imprigionati e i morti'.
Siamo di fronte a una simile opportunità ora. Ci troviamo davanti a un punto di svolta. Quelli di noi che sono convinti che il diritto ad una vita umana dignitosa e di autodeterminazione politica dovrebbe essere universale sono ora concentrati sulla Palestina, insieme alle 139 Nazioni che hanno votato all'Assemblea generale delle Nazioni Unite.
Sulla scia del brutale attacco israeliano della scorsa estate contro il popolo palestinese di Gaza, l'opinione pubblica si è giustamente spostata a favore delle vittime, a favore degli oppressi e diseredati, a favore ' deicarcerati e dei morti.'
Il Primo Ministro israeliano Netanyahu, con il suo traballante governo di estrema destra, mi ricorda la storia de “I nuovi vestiti dell'imperatore”; sicuramente sicuramente non c'è mai stato un governo più messo a nudo per le sue calunnie di questo. Si autocondannano con ogni loro respiro, con ogni discorso razzista che fanno. "Guarda mamma,l'imperatore è nudo!".
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Caro Caetano, caro Gil,
con ammirazione per il vostro lavoro e il vostro storico impegno per le lotte per la giustizia, la libertà e l'uguaglianza, vi chiediamo di cancellare il vostro concerto a Tel Aviv, previsto per il 28 luglio. Il mese di luglio segnerà il primo anniversario degli attacchi israeliani contro Gaza durante i quali Israele ha ucciso più di 2.000 palestinesi, compresi oltre 500 bambini. Più di 100.000 persone rimangono senza casa a causa di questi attacchi.
Esibirsi in Israele significa mettere il timbro d’approvazione sulle illegali politiche coloniali, razziste e di apartheid di Israele. Il governo israeliano strumentalizza i concerti in Israele come se fossero un’indicazione di sostegno alle sue politiche. Israele viola sistematicamente il diritto internazionale: impedisce ai profughi palestinesi di tornare nelle loro case, colonizza e occupa la Cisgiordania e Gaza, e discrimina sistematicamente contro i palestinesi cittadini di Israele. E non sono solo i palestinesi che devono affrontare l'oppressione israeliana: migliaia di migranti etiopi sono stati recentemente brutalmente repressi per aver protestato contro il razzismo in Israele.
La nostra richiesta fa eco a quella di artisti e della società civile palestinesi, che chiedono agli artisti di non esibirsi in Israele. Artisti che hanno rispettato questo appello comprendono Lauryn Hill, Roger Waters (dei Pink Floyd), Snoop Dog, Carlos Santana, i Cold Play, Lenny Kravitz e Elvis Costello.
Il Premio Nobel sudafricano, l'arcivescovo Desmond Tutu, il quale è un sostenitore importante del l'appello palestinese per il boicottaggio, ha spiegato che esibirsi a Tel Aviv è sbagliato, "esattamente come abbiamo detto, durante l'apartheid, che era inappropriato per artisti internazionali esibirsi in Sud Africa, in una società fondata sulle leggi discriminatorie e sull'esclusività razziale". Esibirsi oggi in Israele è l'equivalente di esibirsi a Sun City in Sud Africa durante il periodo dell'apartheid.
Non ignorate questo appello. Sostenere l'apartheid non è in sintonia con la Tropicalia!
Fonte: Change.org
Traduzione di BDS Italia
La cantante statunitense non si esibirà a Tel Aviv, dopo le forti pressioni della campagna Bds e la rivisitazione della canzone che ha reso famosa l’artista.
“Killing me softly with your bombs, killing me softly with your wars”. Il messaggio inviato dal Comitato palestinese di Boicottaggio sotto forma di canzone ha convinto Lauryn Hill: la cantante R&B statunitense, ex voce dei Fugees, ha deciso di cancellare il concerto previsto per questo giovedì a Tel Aviv.
“Quando abbiamo deciso di suonare nella regione, la mia intenzione era di esibirmi sia a Tel Aviv che a Ramallah – ha scritto ieri la cantante sul suo sito web – Organizzare un concerto nei Territori Palestinesi e allo stesso tempo in Israele si è dimostrato una sfida”. Alla fine hanno prevalso le pressioni della campagna di boicottaggio culturale di Israele: “Ho deciso di cancellare la mia performance in Israele e tentare una diversa strategia per portare la mia musica a TUTTI i fan nella regione. Volevo essere una presenza che sostiene la giustizia e la pace”.
Una vittoria del Bds che si aggiunge alle tante conquistate in questi anni e che stanno facendo preoccupare non poco l’establishment politico israeliano. Tanto in ansia da approvare una legge – confermata due settimane fa dalla Corte Suprema israeliana – che vieta ogni forma di boicottaggio e incitamento al boicottaggio, pena multe salatissime per individui e organizzazioni e la perdita di eventuali sussidi statali. La legge è stata duramente criticata dalle associazioni per i diritti umani israeliane che la definiscono un’aperta violazione del diritto d’espressione. Come spesso accaduto, Tel Aviv ha giustificato la norma come un modo per preservare gli interessi nazionali: per mostrare al mondo un’immagine democratica, Israele spende ogni anno milioni di dollari.
Aggiornamento: al 22 febbraio sono oltre 900 gli artisti che hanno firmato l'appello
Insieme a più di altri 600 artisti comunichiamo oggi che non ci impegneremo più nelle consuete relazioni culturali con Israele. Non accetteremo né inviti professionali in Israele, né finanziamenti, da alcuna istituzione legata al suo governo. A partire dalla guerra dell’estate a Gaza, i palestinesi non hanno avuto respiro dagli incessanti attacchi alla loro terra, alla loro vita, al loro diritto di esistenza politica. “Il 2014, afferma l’organizzazione israeliana per i diritti umani B’Tselem, è stato uno degli anni più crudeli e mortali nella storia dell’occupazione.” La catastrofe palestinese continua.
Le guerre di Israele si combattono anche sul fronte culturale. Il suo esercito mette sotto attacco le istituzioni culturali palestinesi ed impedisce la libertà di movimento degli operatori culturali. Le sue compagnie teatrali si esibiscono per il pubblico dei coloni in Cisgiordania – quelle stesse compagnie che girano il mondo in veste di diplomatici della cultura, per promuovere il “Marchio Israele”. Nel periodo dell’apartheid in Sudafrica, i musicisti dichiararono che non sarebbero andati a “suonare nella Città del Sole”. Adesso noi diciamo che a Tel Aviv, Netanya, Ashkelon o Ariel, noi non faremo concerti, non accetteremo premi, non parteciperemo a spettacoli, festival o conferenze, non condurremo seminari o master, finché Israele non rispetterà il diritto internazionale e porrà fine all’oppressione coloniale sui palestinesi. Per vedere l’elenco completo delle adesioni, consultare il sito web artistsforpalestine.org.uk
Khalid Abdalla, Riz Ahmed, Peter Ahrends, Hanan Al-Shaykh, Will Alsop, Richard Ashcroft, John Berger, Bidisha, Nicholas Blincoe, Leah Borrromeo, Haim Bresheeth, Victoria Brittain, Niall Buggy, Tam Dean Burn, Jonathan Burrows, David Calder, Anna Carteret, Taghrid Choucair-Vizoso, Ian Christie, Caryl Churchill, Sacha Craddock, Liam Cunningham, Selma Dabbagh, Colin Darke, April De Angelis, Andy de la Tour, Ivor Dembina, Shane Dempsey, Elaine Di Campo, Patrick Driver, Earl Okin, Sally El Hosaini, Brian Eno, Gareth Evans, Annie Firbank, James Floyd, Aminatta Forna, Jane Frere, Kadija George, Bob Giles, Mel Gooding, Tony Graham, Omar Robert Hamilton, Jeremy Hardy, Mike Hodges, James Holcombe, Rachel Holmes, Adrian Hornsby, Rose Issa, Ann Jungman, John Keane, Brigid Keenan, Hannah Khalil, Shahid Khan, Peter Kosminsky, Hari Kunzru, Paul Laverty, Alisa Lebow, Mike Leigh, Tom Leonard, Sonja Linden, Phyllida Lloyd, Ken Loach, Liz Lochhead, David Mabb, Sabrina Mahfouz, Miriam Margolyes, Kika Markham, Simon McBurney, Sarah McDade, Jimmy McGovern, Pauline Melville, Roger Michell, China Miéville, Russell Mills, Laura Mulvey, Jonathan Munby, Courttia Newland, Lizzie Nunnery, Rebecca O’Brien, Treasa O’Brien, Andrew O’Hagan, Jeremy Page, Timothy Pottier, Michael Radford, Maha Rahwanji, Ravinder Randhawa, Siobhan Redmond, Lynne Reid Banks, Ian Rickson, Leon Rosselson, Kareem Samara, Leila Sansour, Alexei Sayle, Seni Seneviratne, Kamila Shamsie, Anna Sherbany, Eyal Sivan, Gillian Slovo, John Smith, Max Stafford-Clark, Maggie Steed, Sarah Streatfeild, Mitra Tabrizian, Mark Thomas, Cat Villiers, Roger Waters, Esther Wilson, Penny Woolcock, Susan Wooldridge, Emily Young, Andrea Luka Zimmerman
Fonte: The Guardian
Traduzione di BDS Italia
►Scrivete all'Enrico Rava New Quartet e firmate la petizione internazionale Non suonare per l'Apartheid israeliana
Da cittadini israeliani ad artisti che si esibiranno al Red Sea Jazz Festival:
Non lasciate che Israele utilizzi lo spirito libero del Jazz per mascherare l'Apartheid e l’occupazione militare!
Cari Enrico Rava; Francesco Diodati; Gabriele Evangelista; Enrico Morello; Clarinet Factory; Dorantes; Renaud Garcia-Fons; Joey Alexander; Rachelle Garniez;
Siamo cittadini di Israele che si oppongono al continuo trasferimento forzoso per mano del nostro governo del popolo palestinese, attraverso politiche di occupazione militare e d’apartheid.[1] Scriviamo a voi, al fine di assicurarci che siate a conoscenza di tutte le implicazioni morali di un’esibizione in Israele in questo momento. Vi chiediamo di rimandare i vostri concerti, al giorno in cui Israele avrà posto fine all’occupazione militare e alle politiche d’apartheid.
È impossibile non parlare della sede del festival e della sua storia. Tra il 1947 e il 1948 le milizie israeliane portarono avanti la pulizia etnica della popolazione indigena palestinese della Palestina. Oltre 500 villaggi furono distrutti. I massacri di migliaia di persone portarono alla fuga la metà della popolazione per paura per le loro vita.[2] Ci rifiutiamo di dimenticare che Eilat sorge su quello che una volta era il villaggio palestinese di Umm Rashrash [3], e che l'intera area fu sfacciatamente ribattezzata con il nome dell'operazione militare di pulizia etnica, "Uvda", che in ebraico significa "fatto,” cioè "creare fatti sul campo". Il Ministero del Turismo israeliano, uno dei fondatori del Red Sea Jazz Festival, al quale state per prendere parte, non ha remore a usare questo nome.[4]
Di Sarah Irving
Questa settimana il quotidiano Haaretz di Tel Aviv ha riportato che i due maggiori sponsor di film israeliani hanno vietato ai beneficiari dei finanziamenti di identificare le proprie opere come palestinesi.
La Israel Film Fund e la Yehoshua Rabinovich Foundation hanno preso provvedimenti in seguito alla decisione di Suha Arraf, una regista palestinese con cittadinanza israeliana, di iscrivere il proprio film Villa Touma alla Mostra del Cinema di Venezia del 2014 come palestinese. Nell’articolo di Haaretz si può leggere che “Arraf considera sé stessa un’artista palestinese e ritiene Villa Touma, i cui personaggi sono palestinesi calati in un’ambientazione palestinese, un film palestinese”.
Il film era stato finanziato dall’Israel Film Fund, dal ministero dell’economia e dalla lotteria nazionale.
Dopo le notizie sull’iscrizione del film di Arraf come palestinese, il ministero della cultura e dello sport israeliano ha richiesto alla Film Fund di restituire la propria quota, mentre il ministero dell’economia (retto da Naftali Bennett, politico di estrema destra) ha invitato Arraf a restituire il finanziamento che aveva ricevuto direttamente al ministero.
In risposta, Arraf ha dichiarato a The Electronic Intifada che “Vogliono vedermi come una ‘registra arabo-israeliana perbene’ o una ‘araba israeliana carina’…Nel momento in cui dici palestinese, però, diventi il nemico”.
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