In 2 mila si sono ritrovati davanti alla sede di Alenia Aermacchi per protestare contro la vendita di 30 aerei militari ad Israele e propongono: “riconvertitevi in una produzione socialmente utile”.
Chiedono una cosa molto semplice gli oltre 2mila manifestanti che si sono ritrovati a Venegono, davanti alla sede di Alenia Aermacchi: «Non vendete gli M346 ad Israele». Un messaggio urlato con un lungo corteo attorno alla grande fabbrica varesina. «La nostra è una Provincia di morte -dicono gli organizzatori- perchè abbiamo l’Agusta a Verghera, la Nato a Solbiate e l’Aermacchi qui, ma tutto deve e può cambiare». Quello che chiedono i manifestanti non è solo lo stop alla vendita dei 30 aerei -sulla carta mezzi di addestramento ma che sono armabili- ma la «riconversione dell’industria bellica». I manifestanti ribadiscono più volte il fatto che «noi non siamo contro i lavoratori, siamo contro l’industria della morte» ma allo stesso tempo «non si può giustificare lo spargimento di tanto sangue con la sola difesa dei posti di lavoro». E non c’è solo il pacifismo nelle motivazioni di chi ha sfilato per molte ore sotto un cielo minaccioso di pioggia. «Vendere armi ad Israele è doppiamente sbagliato» perchè «saranno usate contro il popolo Palestinese», come l’operazione Piombo Fuso ricorda in modo raccapricciante. «In Italia abbiamo una legge che proibisce la vendita di armi a paesi i guerra o che non rispettano i diritti umani -spiega Marco Tamborini, ex dipendente dell’Aermacchi- e chi “meglio” di Israele è in questa condizione?». Lui, che ha lavorato in quell’azienda per una vita, ricorda quando «per vendere aerei al Sud Africa sotto embargo si passava dalla Svizzera» e quanto sta succedendo oggi ricorda quegli anni con la differenza che «questa volta Israele non pagherà con denaro ma con altra tecnologia militare, cose di cui non abbiamo bisogno».
Il corteo, colorato e animato da buona musica, ha visto sfilare bambini accanto ad anziani, ex lavoratori dell’azienda e molta gente comune, tutti accomunati dalla volontà di esprimere la propria contrarietà al piano industriale di una azienda del gruppo Finmeccanica, quindi statale. E tra tutti questi manifestanti ce n’era anche uno molto particolare, Padre Alex Zanotelli.
«Oggi è molto importante essere qui -afferma il padre comboniano, celebre per le sue battaglie contro la guerra- dal momento che ieri l’Unione Europea ha vinto il Nobel per la pace». Una decisione che non esita a definire «incredibile» e che viene contrastata anche da accordi di questo tipo. Il religioso ricorda come la costruzione di mezzi militari e la vendita di armi «nel 2011 ha mosso 1740 miliardi di dollari» il che equivale a «3 milioni al minuto». Padre Alex denuncia quindi non solo l’assordante silenzio dell’Italia «che ha speso in un anno 26 miliardi per le spese militari» ma sopratutto quello della chiesa. «Sto male davanti al silenzio della mia chiesa» ha spiegato tra gli applausi, rilanciando la proposta di «dire che la bomba atomica è peccato e di far scegliere: o il battesimo o l’esercito».
Padre Alex, che ha tenuto il suo discorso davanti all’ingresso di una Aermacchi eccessivamente blindata, spiega poi che «noi non dobbiamo prenderci in giro» e riconoscere che le armi ad una cosa servono: «difendere il nostro posto privilegiato nel mondo». Ma proprio per questo è necessario «darsi da fare per avere un mondo in cui gli uomini siano accolti con pari dignità alla stessa tavola». Padre Alex Zanotelli, prima di concludere il suo intervento rivela uno dei suoi sogni più importanti. «Vorrei che le numerose forse del pacifismo si mettessero insieme proprio come nella campagna dell’acqua pubblica» per iniziare una battaglia contro la guerra. E vedere 2000 persone nella sperduta Venegono, in una giornata fredda e minacciosa di pioggia, non può essere che di buon auspicio.
Fonte: VareseNews