Notizie BDS
Notizie internazionali del movimento globale BDS.
La ONG israeliana Shurat HaDin sosteneva che un sindacato statunitense aveva violato il diritto del lavoro USA appoggiando il movimento per il boicottaggio anti-israeliano, ma il tribunale non ha accolto la richiesta.
Un centro legale israeliano che si autodefinisce "in prima linea nella lotta al terrorismo e nella salvaguardia dei diritti degli ebrei in tutto il mondo" ha perso una causa intentata contro un sindacato USA per aver aderito al boicottaggio contro Israele.
La causa era stata presentata dal centro di consulenza legale Shurat HaDin contro il sindacato United Electrical, Radio and Machine Workers of America (UE), dopo che questo durante la sua convenzione nazionale nell'agosto 2015 aveva aderito al movimento Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS).
La UE, che rappresenta circa 35.000 lavoratori nei settori industriale, pubblico e non profit, è stato il primo sindacato nazionale americano ad appoggiare il BDS, che propone i boicottaggi come mezzo per spingere Israele a ritirarsi dai territori occupati.
Leggi: Un tribunale del lavoro americano respinge l'istanza antiboicottaggio di una ONG israeliana
di Ali Abunimah
Human Rights Watch chiede ad ogni impresa di interrompere completamente le proprie attività economiche nelle colonie israeliane nella Cisgiordania occupata, compresa Gerusalemme.
In un rapporto pubblicato martedì [12 gennaio 2016] l'organizzazione di New York ha anche sollecitato i governi a interrompere l'aiuto a Israele.
"Gli affari delle colonie inevitabilmente contribuiscono alle politiche di Israele che espropriano e discriminano pesantemente i palestinesi, mentre traggono profitto dal furto perpetrato da Israele della terra palestinese e di altre risorse," ha detto in una conferenza stampa Arvind Ganesan, direttore della sezione "Affari e diritti umani" di Human Rights Watch.
"L'unico modo che le imprese hanno per rispettare le proprie responsabilità nei confronti dei diritti umani è smettere di lavorare con e nelle colonie israeliane," ha aggiunto Ganesan.
Leggi: Porre fine ad ogni affare nelle colonie israeliane, sostiene Human Rights Watch
La terra, che garantisce e sostiene la vita, troppo spesso e in troppe parti del mondo viene sfruttata con il solo scopo di accumulare capitale. Una logica che da un lato produce enormi profitti per pochi e dall’altro causa distruzione di interi ecosistemi, appropriazione illegale di territori, povertà e oppressione per intere comunità: questo sia che si tratti delle monocolture che dell’occupazione dei territori palestinesi da parte delle aziende agricole israeliane. Esiste però uno strumento che possiamo utilizzare ogni giorno: il boicottaggio che di fronte ad un’economia che distrugge diventa un atto d’amore per la vita
di Gustavo Duch
Quei primi centimetri di terreno, ricchi di sostanze nutritive, che lo rendono fertile e produttivo; le gocce, l’umidità che consente alle piante di assorbirle e di portare a compimento la fotosintesi che le fa crescere; e il sangue che ci fa andare avanti. Sono i tre elementi fondamentali che permettono all’umanità di coltivare e raccogliere gli alimenti che ci danno e ci garantiscono la vita.
Tuttavia, in molte parti del mondo, la terra, l’acqua e il sudore -come tre ferite- vengono sfruttati con uno scopo molto diverso da quello di sostenere la vita: la semplice accumulazione del capitale.
Così possiamo vedere come gli incalcolabili profitti generati dall’olio di palma sono direttamente proporzionali all’enorme povertà dei paesi, come il Congo, dove cresce la palma. Vediamo come in Paraguay, la grande crisi alimentare corrisponda agli enormi profitti della produzione di soia nelle monocolture di pochi. O che l’economia di Israele genera un’enormità di profitti a partire daun’agricoltura che non fa nulla per sostenere la vita, al contrario, la ferisce tre volte, fino alla morte.
Il popolare sito di alloggi Airbnb sotto attacco per aver permesso che i coloni della Cisgiordania mettessero le loro case in affitto senza specificare dove si trovassero. Pronta una risoluzione dell’Unione Europea per marcare ancora di più la distinzione tra Israele e “tutti i territori occupati da Israele nel 1967″
di Giorgia Grifoni
L’appartamento di Oded, che offre 3 posti letto, un patio e una “vista panoramica sulle colline della Giudea”, sembra la sistemazione ideale per trascorrere qualche giorno in visita a Gerusalemme. Dotato di tutti i confort, a poca distanza dalla città vecchia e di proprietà di “un nativo gerosolimitano”, è la perfetta combinazione dei servizi offerti dal famoso portale di annunci Airbnb: relax, convenienza, privacy e contatto con la popolazione locale. Peccato che dietro la generica indicazione “Gerusalemme, Israele” si nasconda in realtà il “quartiere” di Armon Hanatziv, insediamento ebraico illegale dirimpettaio di Jabel Mukaber, nella Gerusalemme est occupata nel 1967 e mai riconosciuta come parte di Israele dalla comunità internazionale.
Poco oltre la Linea Verde, a Tekoa, colonia illegale della Cisgiordania meridionale, Howard propone un’abitazione “dall’eleganza mozzafiato, in posizione meravigliosa al limite del deserto” per la modica cifra di 475 euro a notte più spese. Può anche organizzare un giro sul cammello nel deserto, se gli ospiti lo desiderano. L’indicazione geografica, che in questo caso non può lasciare alcun dubbio sull’eventuale “contesa” di territori, è Tekoa, Israele. Sono dozzine gli alloggi sul sito Airbnb venduti da coloni israeliani come se fossero nello Stato ebraico, ma che in realtà si trovano nei Territori palestinesi occupati. Non solo appartamenti strappati nel 1967 ai residenti palestinesi di Gerusalemme est, ma anche cottage con piscina in alcune colonie come Maale Adumim e Kfar Eldad e addirittura piccoli container negli avamposti sparsi in Cisgiordania, come Havat Gilad, che sono considerati illegali persino da Tel Aviv.
Leggi: Territori palestinesi occupati: Airbnb dà il benvenuto in casa d’altri
Fonti ufficiali del ministero degli Esteri israeliano hanno manifestato sorpresa riguardo alla decisione delle Chiese Metodiste Unite (CMU) di disinvestire da cinque banche israeliane per questioni relative ai diritti umani.
Le banche Hapoalim, Leumi, First International Bank of Israel, Israel Discount e Mizrahi-Tefahot sono tra le 39 imprese messe sulla lista nera dal fondo pensione dell'CMU per non aver seguito le linee guida di una politica di investimenti rispettosa dei diritti umani. Anche una società di costruzioni, Shikun & Binui, è stata esclusa per il suo coinvolgimento nella costruzione di colonie.
Secondo il giornale Haaretz, la decisione statunitense è stata presa molto sul serio e sta provocando preoccupazione al ministero degli Esteri. Viene considerata una delle più pericolose decisioni prese fino ad ora da un'istituzione degli USA riguardo all'imposizione di sanzioni contro le imprese israeliane a causa delle loro attività in Cisgiordania.
Il giornale cita fonti ufficiali del ministero degli Esteri israeliano che sostengono che stanno ancora studiando la decisione e le sue conseguenze. Hanno anche detto che cercheranno di prendere contatti con i dirigenti della chiesa per tentare di fare pressioni per un ritiro della decisione o almeno di ridurne l'impatto.
La CMU è una delle maggiori congregazioni protestanti degli Stati uniti, con un numero stimato di sette milioni di membri.
Fonte: Middle East Monitor
Traduzione di Amedeo Rossi
Il sito non riconosce la Cisgiordania e sul sito “cede” tutto allo stato ebraico. Il partito Fatah si ribella: «Stanno lucrando su terre e proprietà rubate»
di Alessio Lana
Talvolta basta una domanda a carattere geografico per scatenare una crisi politica. Il quesito in questione è «Dove vuoi andare?», frase che campeggia all'apertura del sito di house sharing Airbnb. Basta rispondere Gerusalemme per trovarsi in una disputa internazionale sulle colonie israeliane in Palestina. La startup infatti considera gli insediamenti come facenti parte di Israele e non, come risulta da accordi internazionali, all'interno dei territori palestinesi occupati. Airbnb insomma cancella le lotte mediorientali con un colpo di spugna netto e cede tutta la Cisgiordania a Israele in un colpo solo.
Le accuse palestinesi
La cosa non è stata presa bene dalle alte sfere palestinesi. Il responsabile degli Affari esteri nel partito Fatah, Husam Zomlot, sul sito The National ha accusato la startup di attività «illegali e criminali». Airbnb, questa la tesi, sta «lucrando» su «terre e proprietà rubate» ma «verrà un tempo in cui imprese come queste che lucrano sull'occupazione saranno portate di fronte alla giustizia». Per avere una prova delle parole di Husam Zomlot basta cercare casa a Efrat, colonia a una mezz'ora da Gerusalemme che risulta regolarmente registrata in Israele oppure a Kedar o Tekoa, insediamento della West Bank in cui troviamo questo appartamento che nella descrizione è già tutto un programma. «Eleganza mozzafiato. Politica», dice l'annuncio.
Leggi: Airbnb e le case israeliane affittate nei Territori occupati in Palestina
Il fondo pensioni della Chiesa Metodista Unita, il più grande gruppo protestante degli Stati Uniti con più di 7 milioni di aderenti, ha messo le cinque più grandi banche israeliane nella lista delle imprese in cui non investire e al tempo stesso ha disinvestito da due di queste banche che aveva nel suo portafoglio, a causa dei loro finanziamenti alla costruzione di insediamenti illegali nei Territori Occupati Palestinesi.
Le cinque banche nella blacklist sono: Bank Hapoalim, Bank Leumi, First International Bank of Israel, Israel Discount Bank, e Mizrahi Tefahot Bank. I titoli venduti ammontano ad alcuni milioni di dollari.
Lo stesso fondo pensioni metodista ha incluso Israele tra una dozzina circa di paesi “caratterizzati da prolungate e sistematiche violazioni dei diritti umani”, come l’Arabia Saudita, la Repubblica Centro Africana e la Corea del Nord.
Leggi: Vittoria BDS: il fondo pensioni della Chiesa Metodista USA disinveste da Israele
Gli attivisti per i diritti dei Palestinesi stanno plaudendo a una importante vittoria dopo che Orange ha confermato di aver accolto la loro principale richiesta di porre fine al suo rapporto con la sua affiliata israeliana.
La notizia che la multinazionale sta chiudendo il suo contratto con l'azienda israeliana Partner Communications era stata riportata all'inizio di questo mese dai media israeliani.
E 'ormai ufficiale che il marchio Orange Israele cesserà di esistere.
Le donne palestinesi si sono recentemente unite al movimento BDS lanciando le loro campagne locali per spingere la popolazione ad astenersi dall’acquisto dei prodotti israeliani.
Ramallah, Cisgiordania – Sahar Tbaileh ha iniziato la sua attività di boicottaggio dei prodotti israeliani con l’aiuto di tre sue vicine che vivono tra i quartieri di Ain Munjid e al-Masyoun nel centro di Ramallah.
Le donne si sono incontrate a casa di Tbaileh ed hanno unito le loro forze per creare un comitato di donne per diffondere il boicottaggio e spazzare via dal loro quartiere i prodotti israeliani, parlando con le donne, i commercianti e i proprietari di negozi. Il comitato ha anche contattato le scuole del quartiere e discusso l’importanza del boicottaggio con gli studenti, con un’iniziativa senza precedenti che ha avuto inizio il 5 novembre.
Tbaileh ha detto ad Al-Monitor, “E’ stata una campagna spontanea avviata da noi donne, spinte dalla nostra sentimento patriottico della necessità di condurre un boicottaggio. Questa scelta è nata dall'aggressione israeliana contro i nostri giovani e bambini, tenendo anche presente il fatto che i negozi sono pieni di prodotti israeliani per i quali esistono alternative locali.”
Leggi: Perché le casalinghe palestinesi stanno prendendo il comando delle campagne di boicottaggio
di Belen Fernandez
Mentre mi trovavo in Messico all'inizio di dicembre, stavo cercando una parola in un dizionario online quando mi sono imbattuta in un duplice annuncio pubblicitario in spagnolo - in alto e di fianco sullo schermo - che proclamava Israele "il miglior regalo" per Hanukkah [festività ebraica. Ndtr.].
L'annuncio mi ha portata al sito web della Development Corporation for Israel, comunemente nota come Israel Bonds [Obbligazioni di Israele. Ndtr.], l'operatore finanziario con sede a New York e sottoscrittore per i titoli emessi dallo Stato di Israele negli Stati Uniti.
Israel Bonds è stato fondato nel 1951 da David Ben-Gurion, il primo presidente del consiglio israeliano, ed ha fatto ultimamente affari particolarmente lucrosi, con vendite nel 2015 che dovrebbero superare per il terzo anno consecutivo il miliardo di dollari. Da quando sono comparsi sulla scena, circa 65 anni fa, sono stati venduti bonds per un valore di circa 40 miliardi di dollari in tutto il mondo.