Il sito non riconosce la Cisgiordania e sul sito “cede” tutto allo stato ebraico. Il partito Fatah si ribella: «Stanno lucrando su terre e proprietà rubate»
di Alessio Lana
Talvolta basta una domanda a carattere geografico per scatenare una crisi politica. Il quesito in questione è «Dove vuoi andare?», frase che campeggia all'apertura del sito di house sharing Airbnb. Basta rispondere Gerusalemme per trovarsi in una disputa internazionale sulle colonie israeliane in Palestina. La startup infatti considera gli insediamenti come facenti parte di Israele e non, come risulta da accordi internazionali, all'interno dei territori palestinesi occupati. Airbnb insomma cancella le lotte mediorientali con un colpo di spugna netto e cede tutta la Cisgiordania a Israele in un colpo solo.
Le accuse palestinesi
La cosa non è stata presa bene dalle alte sfere palestinesi. Il responsabile degli Affari esteri nel partito Fatah, Husam Zomlot, sul sito The National ha accusato la startup di attività «illegali e criminali». Airbnb, questa la tesi, sta «lucrando» su «terre e proprietà rubate» ma «verrà un tempo in cui imprese come queste che lucrano sull'occupazione saranno portate di fronte alla giustizia». Per avere una prova delle parole di Husam Zomlot basta cercare casa a Efrat, colonia a una mezz'ora da Gerusalemme che risulta regolarmente registrata in Israele oppure a Kedar o Tekoa, insediamento della West Bank in cui troviamo questo appartamento che nella descrizione è già tutto un programma. «Eleganza mozzafiato. Politica», dice l'annuncio.
Le indagini
In una dichiarazione scritta Airbnb ha fatto sapere che è pronta a indagare «le preoccupazioni sollevate circa inserzioni specifiche» e di seguire «le leggi e i regolamenti circa i luoghi in cui possiamo fare affari». La questione così ricorda quella internazionale, irrisolta e impossibile da risolvere. Almeno per ora.
Fonte: Corriere della Sera