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Fonti ufficiali israeliane sostengono che le relazioni diplomatiche saranno compromesse se il Brasile non riconosce Dani Dayan come prossimo ambasciatore a Brasilia

Il Brasile avrebbe respinto la nomina da parte di Israele di un colono come suo prossimo ambasciatore, con un’iniziativa che secondo Israele danneggerà le relazioni diplomatiche tra i due Paesi.

Dani Dayan, un 60enne che vive nella colonia di Ma’ale Shomron in Cisgiordania, è stato nominato in agosto come nuovo ambasciatore israeliano a Brasilia.

Tuttavia il Brasile deve ancora approvare la nomina del diplomatico, nato in Argentina, in seguito a pressioni in Brasile contro la sua nomina e proteste rivolte alla presidentessa Dilma Rousseff a proposito di Dayan.

La nomina ad ambasciatore deve essere approvata dalla nazione ospite – un procedimento noto come “gradimento”. Però, se nessuna approvazione viene espressa entro due mesi, si intende che la scelta non è stata accettata.

Sintesi

Israele vede le linee giuda recentemente  emanate dall'Unione Europea per l'etichettatura di alcuni prodotti delle sue colonie come la punta dell'iceberg. Teme che ciò aprirà la porta a misure più dure contro la sua colonizzazione illegale e sta mettendo in campo le forze filo-israeliane in Europa e negli Stati Uniti. Uno degli argomenti continuamente ripetuti è che l'etichettatura danneggia i lavoratori palestinesi.

In questo documento la responsabile politica di Al-Shabaka Nur Arafeh e le consulenti politiche Samia al-Botmeh e Leila Farsakh sfatano gli argomenti addotti da Israele contro la decisione dell'Unione Europea di etichettare i prodotti delle colonie, dimostrando l'impatto devastante che il sistema delle colonie israeliane ha avuto sull'economia palestinese togliendo ai palestinesi la terra, l'acqua e altre risorse e creando una massiccia disoccupazione. Affrontano anche la condizione di quei lavoratori palestinesi - una minoranza della forza lavoro - che sono stati obbligati a guadagnarsi da vivere proprio nelle colonie che hanno danneggiato in modo così grave l'economia dei palestinesi e più in generale i loro diritti. Proseguono esaminando il passo dell'Unione Europea (UE) e suggeriscono le iniziative successive che l'UE dovrebbe prendere per rispettare pienamente le leggi internazionali ed europee 1.

Il contesto

Ci sono voluti anni all'Unione Europea per sviluppare la sua posizione sull’etichettatura dei  prodotti delle colonie che Israele ha costruito sui territori palestinesi e siriani [le Alture del Golan. Ndtr.] fin da quando li ha occupati nel 1967. La Commissione Europea ha emanato una decisione nel 1998 in cui si sospettava che Israele stesse violando l'accordo di associazione con l'UE, firmato nel 1995 e entrato in vigore nel 2000, che esentava i prodotti israeliani dal pagamento di dazi doganali. Nel 2010 la Corte Europea di Giustizia ha confermato che i prodotti provenienti dalla Cisgiordania non beneficiavano del trattamento doganale preferenziale in base all'accordo di associazione dell'UE con Israele e che le affermazioni delle autorità israeliane non erano vincolanti per le autorità doganali dell'UE.

Horizon 2020 è un nuovo programma di ricerca e innovazione dell'UE con circa 80 miliardi di € disponibili per il periodo dal 2014 al 2020. Al momento, settanta aziende israeliane partecipano a 212 progetti nell'ambito di Horizon 2020. A questo link è disponibile un file Excel, risultato delle ricerche dell’ECCP [European Coordination of Committees and Associations for Palestine], con l'elenco degli enti israeliani che partecipano a Horizon 2020, i loro partner europei e la quantità di denaro stanziato per le aziende e le istituzioni israeliane.

Durante il precedente programma quadro di ricerca dell'UE, l’FP7 [Framework Programme 7, 2007-2013], entità israeliane hanno partecipato a più di 1500 progetti. Nel corso del FP7, Israele ha contribuito 535 milioni di €, ma ha ricevuto da quel programma un finanziamento del valore 840 milioni di € ($ 1 miliardo).

Attraverso la partecipazione di Israele a progetti di ricerca comunitari e consentendo alle imprese di armi e istituti di ricerca militari israeliani di partecipare ai programmi comunitari, l'UE svolge un ruolo chiave nel sostenere l’apparato militare di Israele, aiutando Israele a coprire il costo dell’occupazione della Palestina e delle azioni militari che comporta. Aziende o organizzazioni come le università spesso contribuiscono direttamente alle violazioni israeliane del diritto internazionale, fornendo i mezzi per facilitare il reato - un elemento rilevante di complicità. Secondo il diritto penale internazionale, chi è coinvolto nella commissione di un reato penale può essere ritenuto responsabile come autore principale o come complice.

Organismi israeliani che partecipano a Horizon 2020 annoverano importanti società militari:

Elbit Systems

Finanziamento ha ricevuto dal FP7: 3.268.720 €.

Finanziamenti Horizon 2020 assegnati finora: 403.750 €.

Elbit Systems è l’azienda leader in Israele in tecnologia militare e armi. I suoi droni (Unmanned Aerial Vehicles - UAV) Hermes 450 e Hermes 900 sono ampiamente utilizzati negli attacchi militari di Israele a Gaza e l’organizzazione Human Rights Watch ha documentato il loro utilizzo da parte delle forze armate israeliane per attaccare deliberatamente i civili palestinesi. A seguito dell'assalto a Gaza dello scorso anno, in cui i civili sono stati deliberatamente presi di mira utilizzando droni, Elbit Systems ha partecipato a una serie di conferenze volte a pubblicizzare le tecnologie utilizzate durante l'attacco. Secondo una ricerca compiuta dal governo norvegese che ha portato alla sua decisione di disinvestire il proprio fondo sovrano dalla società, Elbit Systems fornisce un sistema di sorveglianza elettronico su base continua, chiamato 'Torch', per il muro di separazione illegale di Israele. Il governo norvegese e numerose banche europee hanno rimosso i propri investimenti dalla società a causa di queste forme di complicità con le violazioni israeliane del diritto internazionale. Elbit è stato recentemente accettato a partecipare a FLYSEC, un programma di ricerca Horizon 2020 sulla sicurezza.

Di seguito la versione integrale della nota dell'Avv. Dario Rossi pubblicata su Il Fatto Quotidiano il 21 novembre

Le novità introdotte della “Comunicazione interpretativa” della Commissione Europa del 11/11/2005 sull’etichettatura dei prodotti israeliani provenienti dalle colonie, non sono esattamente quelle che si potrebbero immaginare dalla lettura di tutto quanto pubblicato in questi giorni sui mezzi di informazione.

La UE non ha infatti introdotto alcuna nuova norma, ma si è limitata ad indicare in che modo vanno assolti gli obblighi derivanti da norme già esistenti, in ordine all’etichettatura dei prodotti israeliani che siano originari delle colonie del Golan e della Cisgiordania.

La UE ha già adottato numerose disposizioni in ordine all’obbligo di indicare il luogo di origine dei prodotti (per es. per prodotti cosmetici, ortofrutticoli, pesce, carni bovine etc); esistono altresì nei singoli paesi UE analoghe regolamentazioni, (si pensi in Italia al Codice del Consumo, o alle norme penali di tutela dalle informazioni ingannevoli); trattasi di norme che pur esistendo da anni, risultano largamente inattuate, visto che nell’indifferenza generale, Israele continua a smerciare beni provenienti dagli insediamenti coloniali etichettandoli con il made in Israel.

È emerso che, nella riunione dell'esecutivo nazionale di martedì scorso, il partito laburista ha deciso di boicottare la compagnia di sicurezza privata G4S, che negli ultimi anni ha curato la sicurezza delle sue conferenze, perché aiuta Israele a gestire le prigioni in cui i prigionieri politici palestinesi sono detenuti senza processo e sottoposti a tortura. Negli ultimi anni hanno avuto luogo proteste su questo tema all'esterno delle conferenze del partito laburista.

G4S fornisce attrezzature e servizi alle carceri israeliane in cui i prigionieri politici sono detenuti senza processo e sottoposti a tortura. Nel solo mese di ottobre, Israele ha arrestato oltre 1.000 palestinesi per soffocare la resistenza popolare palestinese. Molte di queste persone saranno detenute nelle prigioni israeliane che G4S sta aiutando a operare. Assistendo Israele a gestire queste prigioni e i centri dove avvengono gli interrogatori, G4S partecipa all’uso che fa Israele della tortura e incarcerazione di massa di oltre 6.000 palestinesi come un modo per scoraggiare qualsiasi azione di resistenza alla sua occupazione.

G4S ha anche contratti con il governo israeliano per fornire attrezzature e servizi ai checkpoint che fanno parte del muro di "separazione" e apartheid, i varchi che rinforzano l'assedio di Gaza e le stazioni di polizia israeliane. Le guardie di G4S operano anche in diverse basi militari israeliane. Nel 2012, al culmine di uno storico sciopero della fame dei prigionieri politici palestinesi, organizzazioni palestinesi fecero appello ad azioni per chiedere conto a G4S del suo ruolo nelle carceri israeliane.

di Adri Nieuwhof

Dopo mesi di discussioni, il Consiglio Comunale di Amsterdam ha bocciato all'inizio del mese la proposta che la città desse inizio ufficialmente alla cooperazione con Tel Aviv. Invece ha optato per la cooperazione individuale o basata su un progetto.

Nel primi mesi del 2013 Ronnie Naftaniel, personaggio della lobby israeliana aveva lanciato l'idea del gemellaggio tra Amsterdam e Tel Aviv. Lo ha fatto subito dopo le dimissioni come direttore della lobby filo-israeliana Centrum Informatie en Israël Documentatie (o CIDI).

Il Consiglio Comunale aveva accolto con favore l'idea in quello stesso anno.

Ma molte organizzazioni e cittadini hanno intrapreso una campagna contro questa proposta. Gli attivisti hanno protestato nella sala del municipio di Amsterdam, hanno parlato contro il gemellaggio nelle riunioni del consiglio, hanno scritto lettere al consiglio e ai media e lanciato petizioni.

di Flavia Lepre

L’articolo uscito il 13 novembre 2015 dal titolo “Boicottiamo i boicottatori. Comprate prodotti israeliani”, firmato dalla redazione [de Il Foglio], è uno splendido esempio del modo di funzionare della propaganda in generale. La sua elementare grossolanità fa emergere con nettezza il meccanismo su cui è costruito, che poi è lo stesso responsabile dell’imbarbarimento delle comunicazioni sociali e della diffusione dell’incapacità di pensiero razionale e argomentativo.

E’ la scelta della strategia emotiva (contro quella cognitiva), quella che nella formulazione dei titoli fa parlare di “titoli caldi” e che fa leva in modo quasi esclusivo sulla emotività, in cui la razionalità è scavalcata, tutt’al più frammentata in pillole di nessi di base stereotipati la cui applicabilità non è né dimostrata né tematizzata.

Non sorprende che alle prove di logica, negli INVALSI e nei test d’ingresso universitari, i nostri studenti diano risultati particolarmente scadenti. Se il contesto culturale nel quale sono inseriti è normale ricorrere a pseudo ragionamenti che offendono ogni criterio logico, è particolarmente arduo per loro sviluppare quella dimensione generalmente negata e omessa.

In questo modo il Foglio, in realtà, più che promuovere i prodotti israeliani, promuove semmai se stesso.

Oggi, il Centro per i Diritti Costituzionali (CCR) e il co-difensore Loevy & Loevy hanno annunciato il compenso nel caso del professor Steven Salaita contro la University of Illinois at Urbana-Champaign (UIUC) per il licenziamento dal suo posto di docente di ruolo dovuto ai suoi tweets personali di critica all'attacco a Gaza nel 2014 da parte del governo israeliano. Il professor Salaita aveva citato in giudizio l'UIUC, il consiglio d'amministrazione dell'università e gli amministratori di alto livello per aver violato il Primo Emendamento che garantisce il suo diritto alla libertà di espressione e per la violazione del contratto. Il licenziamento di Salaita è diventato un punto caldo dei dibattiti su libertà accademica, libertà di parola e repressione del sostegno alla difesa dei diritti dei palestinesi. In cambio di un accordo a rinunciare alle proprie rivendicazioni da parte del professor Salaita, l'università ha accettato di pagare 875.000 dollari.

"Questo accordo è una rivincita per me, ma ancora più importante, si tratta di una vittoria per la libertà accademica e il Primo Emendamento", ha detto il professor Salaita. "Le petizioni, manifestazioni e inchieste, così come il caso legale, hanno rafforzato l'istruzione superiore americana come luogo di pensiero critico e dibattito rigoroso e sono profondamente grato a quanti hanno preso posizione pubblicamente."

Lettera del  Coordinamento Europeo dei Comitati e delle Associazioni per la Palestina alla signora Federica Mogherini - Alto rappresentante per gli Affari Esteri e le Politiche per la Sicurezza dell'Unione Europea e vice presidente della Commissione Europea.

cc: Fernando Gentilini - EURS per il processo di pace nel Medio Oriente
Carlos Moedas –Commissario EU per la Ricerca e l'Innovazione 

Gentile Alto Rappresentante,

Ci rivolgiamo a lei in merito all'attuale escalation della violenza israeliana contro il popolo palestinese. Dall'inizio di ottobre decine di migliaia di palestinesi, per lo più giovani, hanno partecipato alle proteste contro la repressione israeliana, le espulsioni, la pulizia etnica, l'aggressiva espansione delle colonie illegali israeliane, la violenza dei coloni appoggiati dallo Stato e gli arresti arbitrari. Solo in ottobre, le forze armate israeliane hanno ucciso con esecuzioni extragiudiziarie almeno 73 palestinesi, compresi 15 minori e e bambini piccoli in Cisgiordania, a Gaza e a Gerusalemme est, e ferito almeno 5.000 palestinesi. Inoltre le forze armate israeliane hanno ufficialmente adottato una dottrina che prevede l'uso sproporzionato della forza, nota come la "Dottrina Dahiya", che prevede l'attacco deliberato a  civili e strutture civili. Organizzazioni  internazionali dei diritti umani, come Amnesty International e Human Right Watch hanno condannato le "uccisioni extragiudiziarie" di Israele e l'uso "deliberato" di proiettili letali contro i palestinesi.

L'Ue ed i suoi Stati membri sono a conoscenza che Israele ha occupato la Palestina con mezzi militari in violazione delle risoluzioni dell'ONU e delle leggi internazionali. L'Ue ed i suoi Stati membri non possono ignorare la storia militare israeliana e i crimini di guerra commessi sopratutto a Gaza, dove solo la scorsa estate più di 2.000 palestinesi sono stati uccisi, più di 32.000 abitazioni sono state distrutte e 100.000 persone sono sfollate.

Attraverso la partecipazione di Israele nei progetti di ricerca dell'UE e consentendo alle imprese belliche e agli istituti di ricerca israeliani di partecipare ai programmi dell'UE, l'Unione Europea gioca un ruolo fondamentale nell'appoggio militare, aiutando Israele a coprire i costi dell'occupazione e delle sue azioni militari in questo processo. Ogni critica dell’UE delle violazioni israeliane delle leggi internazionali rimarrà nella pratica senza conseguenze finché questo forte legame resterà in atto e diventerà sempre più profondo.

Perché il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni sono la strada giusta.

di Omar Barghouti

Nonostante Israele riveli uno sfacciato estremismo di destra, soprattutto con l’attuale escalation nella sua brutale occupazione e repressione, l’Europa continua ad essere largamente complice nell’appoggio all’occupazione israeliana e alla violazione dei diritti dei palestinesi, al di là della vuota retorica esibita dall’Unione Europea.

Tutte le chiacchiere a Bruxelles e Tel Aviv sull’etichettatura UE dei prodotti provenienti dalle colonie israeliane nei territori palestinesi occupati non riescono a nascondere il fatto che i rapporti dell’Europa con Israele confliggono con i valori che dichiara ed i suoi impegni giuridici.

Ignorando i propri obblighi sulla base del diritto internazionale e, in particolare, la sentenza della Corte di Giustizia del 2004 contro il muro illegale israeliano, l’UE mantiene una rete di relazioni militari, di ricerche sugli armamenti, di transazioni bancarie e commerciali con imprese, banche ed istituzioni israeliane pesantemente coinvolte nelle violazioni dei diritti umani.

L’UE si è anche ostinatamente rifiutata di imporre la clausola sui diritti umani nel suo accordo di associazione con Israele, coprendo sostanzialmente le costanti violazioni del diritto internazionale da parte del regime israeliano di occupazione, colonialismo da insediamenti ed apartheid. Più di 300 sindacati, ONG ed altre organizzazioni della società civile di tutta Europa hanno fatto appello all’UE perché ponga fine al suo appoggio ai crimini di Israele, sospendendo anche l’accordo di associazione. L’appello è stato sostenuto da più di 60 membri del Parlamento Europeo.

Se i diritti dei palestinesi sono considerati oggi da gran parte del mondo come la “cartina di tornasole dei diritti umani”, secondo l’espressione di John Dugard, il giurista sudafricano ex relatore per i diritti umani delle Nazioni Unite, l’UE ha fallito quel test.