di Belen Fernandez
Mentre mi trovavo in Messico all'inizio di dicembre, stavo cercando una parola in un dizionario online quando mi sono imbattuta in un duplice annuncio pubblicitario in spagnolo - in alto e di fianco sullo schermo - che proclamava Israele "il miglior regalo" per Hanukkah [festività ebraica. Ndtr.].
L'annuncio mi ha portata al sito web della Development Corporation for Israel, comunemente nota come Israel Bonds [Obbligazioni di Israele. Ndtr.], l'operatore finanziario con sede a New York e sottoscrittore per i titoli emessi dallo Stato di Israele negli Stati Uniti.
Israel Bonds è stato fondato nel 1951 da David Ben-Gurion, il primo presidente del consiglio israeliano, ed ha fatto ultimamente affari particolarmente lucrosi, con vendite nel 2015 che dovrebbero superare per il terzo anno consecutivo il miliardo di dollari. Da quando sono comparsi sulla scena, circa 65 anni fa, sono stati venduti bonds per un valore di circa 40 miliardi di dollari in tutto il mondo.
Nel 2011 le obbligazioni si potevano acquistare anche online, fruttando più di 100 milioni di dollari in quattro anni. Gli accattivanti nomi dei bond spaziano da Maccabeo a Sabra [nome degli israeliani nati in Palestina. Ndtr.], a Mazel Tov ["Buona fortuna" in ebraico. Ndtr.] a eMitzvah ["Comandamento"].
Pare che il prestigio della società sia tale che lo scorso 17 dicembre il presidente di Israel Bonds e amministratore delegato Israel "Izzy" Tapoohi ha suonato la campana di chiusura del Mercato Nasdaq a Time Square.
Come sempre, il comunicato stampa nel sito web del Nasdaq ha trasformato il suono di chiusura della campana in un evento altrettanto sensazionale del primo atterraggio sulla Luna - con "esaltante entusiasmo virale e foto di rito" annunciati nella pagina Tumblr [piattaforma di social network. Ndtr.] del Nasdaq e un video proposto da due diversi siti su internet.
Ci si potrebbe stupire del perché lo Stato di Israele chieda altri miliardi di dollari oltre a quelli che riceve ogni anno dagli USA.
Per una possibile risposta a questa come ad altre domande, prendiamo in considerazione la sezione "A proposito di" del sito web di Israel Bonds. Qui veniamo a sapere che l'organizzazione è fondamentale per garantire la capacità di Israele di agire "in tempi di sfide economiche e per la sicurezza" senza dipendere da entità come gli USA per l'assistenza: "Anche se gli USA sono i più fermi alleati di Israele, le loro continue difficoltà economiche e il peso del debito rendono difficile ripristinare un significativo programma civile di aiuto a favore di Israele durante una crisi."
Non importa che le cosiddette difficoltà non abbiano ridotto nei fatti lo zelo dell'America nel riversare denaro in Israele, privando al contempo la propria popolazione di servizi essenziali come un sistema sanitario e un'educazione per tutti.
Non importano, inoltre, i recenti titoli in prima pagina del tipo: "Washington progetta un aumento di un miliardo di dollari nell'aiuto militare ad Israele."
Le obbligazioni sono vendute anche come mezzo tattico per combattere il movimento per il Boicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni (BDS) "inviando un inequivocabile messaggio ai sostenitori del BDS: l'economia israeliana rimarrà forte." In un intervento per il Jerusalem Post, lo stesso Tapoohi ha ripetuto insistentemente il concetto che ogni singolo investitore in bond sta "aiutando l'economia di Israele a resistere e ad inviare un sonoro "no!" ai sostenitori del BDS" - che, afferma, farebbero bene a "porre fine alla loro fissazione con Israele e rivolgere la loro attenzione dove dovrebbero: i tiranni e i despoti del mondo che obbligano i propri cittadini a vivere in una spregevole povertà e in una terribile repressione."
Tali condizioni di vita sono, tuttavia, apparentemente accettabili quando sono messe in atto dalle etnocrazie.
Israel Bonds, a quanto pare, ha qualche scagnozzo in ottima posizione ben oltre Times Square.
In un reportage per Mondoweiss, il giornalista Ben Norton ha ricordato la campagna del 2014 degli Studenti per la Giustizia in Palestina per spingere l'università del Sud della Florida (USF) a disinvestire dall'occupazione israeliana: con più di 10.000 firme, è stata la "più grande petizione studentesca nella storia della Florida."
Dopo appena 13 minuti di discussione, nota Norton, il consiglio d'amministrazione della Fondazione USF ha respinto la petizione. L'istigatore del rifiuto della mozione era un tale Alan Bomstein, membro del consiglio ed ex tesoriere della Fondazione, che si dà il caso fosse un ospite d'onore alla serata di Israel Bonds in Florida del 2011 e destinatario della medaglia commemorativa Theodor Herzl.
Padre del moderno sionismo politico, Herzl è una delle persone da ringraziare per questo redditizio affare noto comunemente come lo Stato di Israele.
La pagina Facebook di Israel Bonds presenta un elenco dei modi in cui l'organizzazione ha "aiutato a costruire ogni settore dell'economia di Israele." I proventi della vendita di obbligazioni hanno "giocato un ruolo decisivo nella rapida evoluzione di Israele in un innovativo e universalmente imitato leader nelle nuove tecnologie, nella tecnologia pulita e nelle biotecnologie" ed ha aiutato a sostenere "una grande potenza tecnologica che spinge continuamente avanti le frontiere dell'innovazione."
Di sicuro, niente dice "tecnologia pulita" quanto sommergere la Striscia di Gaza con erbicidi, o attaccare ripetutamente le infrastrutture idriche e per la depurazione palestinesi in modo tale che l’acqua inquinata rimanga il problema fondamentale. A Gaza non ci sono deserti che fioriscono [luogo comune della propaganda israeliana per esaltare i propri successi in agricoltura. Ndtr.].
D'altra parte Israele continua a trarre profitto dai suoi molto pubblicizzati progressi nella tecnologia idrica e in altre industrie - tutti realizzati, naturalmente, grazie all'utile aiuto dell'usurpazione di terre e risorse palestinesi.
Nel contempo, sul fronte dell'alta tecnologia, anche il successo di Israele nell'industria degli armamenti e dei sistemi di sorveglianza si basa sulle diffuse sofferenze palestinesi. Ma, grazie al monopolio israeliano sull’informazione, l'oppressione dei palestinesi è cancellata in favore di una narrazione in cui Israele interpreta il ruolo di una forza del bene nel mondo, civilizzata, all'avanguardia, moderna, innovativa e tecnologica.
Come per i continui tentativi di "spacciare per verde" il comportamento decisamente antiecologico di Israele, il cromatismo fa pensare ad un altro potenziale tipo di "riciclaggio verde" - come gli sforzi di Israel Bonds che opera in dollari [biglietti verdi. Ndtr.] di vendere il Paese oppressore come una forte economia e un'oasi per fare buoni affari.
Per le prossime feste, non dimenticate che Israele è il "miglior regalo".
Belen Fernandez è l'autrice di "Il messaggero imperiale: Thomas Friedman al lavoro", pubblicato da Verso. E' una collaboratrice editoriale di "Jacobin magazine".
Fonte: Middle East Eye
Traduzione di Amedeo Rossi