Comunicati

Pubblichiamo la lettera inivata il 9 maggio 2014 a Romeo Castellucci e alla compagnia Socìetas Raffaello Sanzio. Attendiamo ancora una risposta.

Caro Romeo Castellucci, cara compagnia teatrale Socìetas Raffaello Sanzio,

abbiamo appreso che la vostra compagnia teatrale ha deciso di partecipare all’Israel Festival di Gerusalemme, con la messa in scena di Giulio Cesare – Pezzi staccati, dal 2 al 4 giugno 2015. Vi scriviamo per chiedervi di annullare la vostra partecipazione.

Solo pochi mesi fa, Israele ha lanciato il suo ennesimo assalto sulla Striscia di Gaza, 50 giorni di pesanti bombardamenti che hanno distrutto interi quartieri e ucciso oltre 2200 persone, la stragrande maggioranza civili. Come documentato da Defense for Children International – Palestine, oltre un quarto dei morti sono bambini, e di questi, il 68% sotto l’età di 12 anni.[1] Ed è notizia di questi giorni la pubblicazione delle agghiaccianti testimonianze dei soldati israeliani che hanno partecipato agli attacchi a Gaza, che raccontano di attacchi indiscriminati, dove ogni palestinese a Gaza era diventato un “obiettivo” e si lasciava la scelta dei palazzi da bombardare al “piacere” dei soldati.[2]

Agli attacchi a Gaza si va ad aggiungere l’occupazione militare che opprime la vita in Cisgiordania e a Gerusalemme Est, con il Muro, checkpoint e colonie israeliane, e dove uomini, donne e bambini vengono detenuti senza capi accusa e processo. I palestinesi cittadini di Israele, che rappresentano il 20% della popolazione, sono costretti a vivere sottoun regime razzista imposto per legge che discrimina loro in ogni aspetto della vita, tra cui l’accesso ai posti di lavoro e all'educazione, il diritto di proprietà e alla riunificazione familiare.[3] Inoltre, è dal 1948 che Israele nega il diritto al ritorno, sancito dalla risoluzione ONU 194, a più di 750.000 palestinesi espulsi dalle loro terre con la pulizia etnica durante la creazione dello stato di Israele.

Abbiamo saputo che il Locarno Film Festival ha deciso di mettere Israele al centro dell’edizione di quest’anno, nella iniziativa "Carte Blanche", in collaborazione con il Fondo Israeliano per il Cinema. Questo fondo è un'agenzia finanziata dal governo israeliano che riceve il sostegno del Consiglio per il Cinema di Israele, l’ente consultivo per il finanziamento del cinema nominato dal governo. È inoltre sostenuto dal Dipartimento per il Cinema del Ministero degli Affari Esteri il cui scopo è quello di "promuovere film israeliani all'estero con il sostegno degli addetti culturali delle ambasciate israeliane in tutto il mondo".

Noi, i sottoscritti registi e professionisti del cinema, desideriamo esprimere la nostra profonda preoccupazione per la scelta del Festival di Locarno di collaborare con il Fondo israeliano del Cinema e il Ministero degli Esteri israeliano, nonostante il fatto che Israele non ha solo continuato, ma anche intensificato l’occupazione, la colonizzazione e la pulizia etnica che porta avanti da decenni contro il popolo palestinese.

English version

►Unitevi al Thunderclap per chiedere a Cartoons on the Bay, UNICEF e Rai di non premiare Israele!

Alla cortese attenzione di:

Luigi Gubitosi, Direttore Generale, RAI
Costanza Esclapon, Presidente, RAI Com

Roberto Genovesi, Direttore, Cartoons on the Bay

Giacomo Guerrera, Presidente, Unicef Italia
Anthony Lake, Executive Director, Unicef

Bruno Bozzetto, Presidente Onorario, Asifa-Italia
Maurizio Forestieri, Presidente, Asifa-Italia
Ed Desroches, President, Asifa

8 aprile 2015

Abbiamo saputo che quest'anno Israele sarà il Paese Ospite a 'Cartoons on the Bay', il Festival d'animazione televisiva organizzato dalla RAI che si terrà dal 16 al 18 aprile a Palazzo Labia, Venezia. Inoltre, a Israele verrà conferito il Pulcinella Award 2015 del festival.[1] Felicitazioni sono arrivate dell'ambasciatore israeliano Naor Gilon, intervenuto alla presentazione in Viale Mazzini, mentre Costanza Esclapon, presidente di RaiCom, ha lodato Israele per essere un faro dell'innovazione anche nel campo dell'animazione.[2]

La celebrazione di Israele in un festival centrato sull'animazione per bambini ci sembra quanto mai inopportuna, vista la politica discriminatoria e repressiva che esercita sui bambini palestinesi. Secondo i dati dell'organizzazione israeliana B'Tselem e dell'ONU, dal 2000, sono 1.941 i bambini palestinesi uccisi dalle forze armate israeliane.[3]

A causa dell'occupazione militare, i bambini sono costretti a vivere in condizioni intollerabili, hanno enormi difficoltà di accesso allo studio, e sono sottoposti a trattamenti disumani e degradanti nelle prigioni israeliane.

La stessa UNICEF, che è tra i patrocinanti del festival, ha documentato più volte il "sistematico e diffuso" maltrattamento dei bambini palestinesi nel regime di detenzione militare israeliana.[4]

Comunicato stampa

BDS Italia si rivolge a Enrico Rava, Francesco Diodati, Gabriele Evangelista e Enrico Morello. 

Il 19-20 febbraio si svolgerà il Red Sea Jazz Festival nella città israeliana di Eilat sul Mar Rosso. In calendario anche due concerti dell’Enrico Rava New Quartet, che mette insieme il noto jazzista con alcuni dei nuovi talenti come Francesco Diodati, Gabriele Evangelista e Enrico Morello.

Da più parti arrivano appelli agli artisti jazz che si esibiranno al festival di annullare la propria partecipazione in sostegno all’appello palestinese per il Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) contro Israele finché non rispetterà i diritti umani e il diritto internazionale.

La società civile palestinese, infatti, ha scritto a tutti gli artisti per ricordare loro che il festival, sponsorizzato da “una ventina di organizzazioni ufficiali israeliane”, si svolge “a pochi chilometri di distanza” dalla Striscia di Gaza, dove nell’ultima aggressione “Israele ha ucciso più di 2.168 palestinesi e ferito oltre 10.895, soprattutto civili”.

Nella lettera dalla Palestina viene rimarcato l’uso che Israele fa della cultura “per mascherare le violazioni del diritto internazionale”, una politica “apertamente confermata dal governo israeliano con il lancio della campagna globale di Brand Israel”. Secondo un portavoce del Ministero degli Esteri israeliano, Brand Israel ha lo scopo di veicolare "una migliore immagine per Israele”, il successo della quale “è parte integrante della sicurezza nazionale". Un linguaggio che ricorda quello utilizzato a suo tempo dal regime d’Apartheid in Sud Africa, e che rivela “un tentativo cinico e sistematico di manipolare l'opinione pubblica mondiale” per “distogliere l'attenzione dai crimini di guerra in corso dipingendo [Israele] come un vivace centro culturale e artistico.”

►Inviate la lettera di BDS Italia all'Enrico Rava New Quartet 

La Campagna Palestinese per il Boicottaggio Accademico e Culturale di Israele (PACBI) invita gli artisti e i fan del jazz a boicottare il Red Sea Jazz Festival - Inverno 2015 a Eilat, 19-21 febbraio. PACBI ritiene che questo festival, così come analoghe iniziative culturali sostenute da istituzioni statali israeliane, è stato ideato per mascherare i crimini dell'apartheid israeliana. Il festival vanta sul suo sito web la sponsorizzazione di una ventina di organizzazioni ufficiali israeliane, tra cui il Ministero della Cultura e dello Sport, il Ministero del Turismo e il Comune di Eilat.[1]

Mentre il Red Sea Jazz Festival “torna per il quinto anno nella città meridionale di Eilat [per] un weekend ricco di cultura e musica”,[2] a pochi chilometri di distanza, la Striscia di Gaza non si è ancora ripresa dall'ennesima guerra feroce israeliana. Nella sua ultima aggressione a Gaza, Israele ha ucciso più di 2.168 palestinesi e ferito oltre 10.895, soprattutto civili.[3] Ospedali, ambulanze, soccorritori, moschee, chiese e centri di accoglienza per persone con esigenze particolari non sono stati risparmiati dai missili "intelligenti" di Israele - forniti dagli USA - e dai proiettili di artiglieria.

Le parole non possono descrivere questa campagna omicida; Israele ha annientato intere famiglie nelle loro case, mentre i suoi aerei da guerra hanno preso di mira e bombardato casa dopo casa.[4] Oltre 16.000 case sono state distrutte o gravemente danneggiate in questi attacchi criminali.[5] Le famiglie sono state prese di mira e uccise nelle scuole delle Nazioni Unite dove hanno cercato rifugio, spesso dopo che a Israele sono state ripetutamente fornite le coordinate esatte delle scuole - rivelando un intento deliberato di uccidere e terrorizzare i civili.[6] Quasi mezzo milione di palestinesi sono stati sfollati con la forza [7] quando il regime israeliano ha ampliato la sua cosiddetta zona cuscinetto per comprendere il 45% del già ristretto territorio di Gaza, letteralmente "spingendo i palestinesi nel mare".[8] “Save the Children” ha descritto l'attacco israeliano su Gaza come una "guerra contro i bambini".[9]

 

 

 

 

“Se siete neutrali in situazioni di ingiustizia, avete scelto la parte dell’oppressore".

Desmond Tutu

 

Lettera aperta

- al Festival “Danza Urbana”

- Radio Città del Capo - Popolare Network

- organi di informazione

- ai cittadini che hanno a cuore i diritti umani e la legalità internazionale

 

L’Ufficio Culturale dell’Ambasciata di Israele in Italia [1] risulta essere tra i finanziatori del Festival “Danza Urbana” in corso a Bologna (5-14 settembre), nel quale è prevista la partecipazione dell’artista israeliana Sharon Vazanna.

Non possiamo accettare che un governo come quello israeliano, che continua a violare i diritti umani di milioni di palestinesi e la legalità internazionale, macchiandosi di delitti contro l’umanità con l’uccisione e il ferimento indiscriminati di migliaia di civili, come nel recente attacco alla popolazione di Gaza (operazione “Margine Protettivo”), [2] utilizzi la cultura e l’arte per distogliere l’attenzione dai suoi crimini.

Caro Dusty Kid,

abbiamo recentemente appreso che il 22 Agosto 2014 suonerai a Tel Aviv [1].

Ti scriviamo per chiederti di non suonare nello stato di apartheid chiamato Israele e di condannare le violazioni israeliane del diritto internazionale e dei diritti umani contro il popolo palestinese.

Israele opera in palese violazione dei diritti umani fondamentali e del diritto internazionale costringendo i palestinesi a vivere sotto l’oppressione di un crudele sistema di discriminazione razziale e di apartheid [2].

Per questo motivo, nel 2005, oltre 170 organizzazioni della società civile palestinese hanno lanciato un appello per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni (BDS) nei confronti di Israele sino a quando quest’ultimo non rispetterà i diritti umani e il diritto internazionale [3].

L’appello palestinese al BDS, ispirato dal vincente boicottaggio che contribuì alla fine del regime d’apartheid in Sudafrica, ha il sostegno di artisti, accademici, sindacati, chiese, gruppi studenteschi, organizzazioni e persone di coscienza in tutto il mondo. In particolare, l’appello al boicottaggio culturale si rivolge a tutti gli artisti del mondochiedendo loro di non esibirsi in Israele e di non partecipare a eventi che mirino a normalizzare la drammatica situazione in atto ponendo sullo stesso piano l'occupante e gli occupati, l’oppressore e gli oppressi [4].

Ora più che mai, mentre il massacro indiscriminato di civili palestinesi prosegue per mano Israeliana nel silenzio complice delle istituzioni, dopo settimane di feroci azioni militari in Cisgiordania e di bombardamenti su Gaza, bisogna condannare il regime sionista responsabile di oltre 60 anni di massacri, colonizzazione, espropriazione e la strumentalizzazione politica e mediatica che da sempre, e oggi in maniera ancora più vergognosa, caratterizza la narrazione della realtà in Palestina e tenta di giustificare la brutale violenza omicida di Israele.

Ora più che mai è importante sottolineare come non ci siano due parti in conflitto, ma solo occupanti e occupati, oppressori e oppressi, e ribadire come la radice di ogni problema sia nel progetto sionista, e nell'impunità con cui ha potuto realizzarsi mediante la pulizia etnica, l'occupazione militare, i check-point, il muro dell'apartheid, l'assedio su Gaza, la negazione di ogni diritto umano.

Il rapper statunitense Talib Kweli ha tweetato, ai suoi quasi 900.000 follower, che non si esibirà in Israele. 

Per quanto mi farebbe piacere tenere un concerto in Israele, ho deciso di non farlo, in solidarietà con i palestinesi che non possono venire alla performance.

Dopo giorni di confronti con tante persone, ho deciso di visitare sia Israele che la Palestina insieme a chi lotta per porre fine a questo stato di apartheid…

…invece di usare la mia arte per forzare l’argomento su quelli che preferirebbero non pensarci. 

 

Il Cagliari Social Forum esprime una posizione critica nei confronti della collaborazione che è stata attuata dalla Regione Sardegna, Università di Cagliari, Comune di Cagliari e Assessorato alla cultura del Comune di Cagliari, con l'Ambasciata israeliana per la realizzazione della manifestazione Leggendo metropolitano "I giochi dell'essere".

Tale posizione è stata spiegata in una nota recante data odierna ed indirizzata dal Cagliari Social Forum ai rappresentanti delle suddette Istituzioni, che essendo organi di un paese democratico quale quello italiano, non dovrebbero collaborare con l'ambasciata di uno stato, quello d'Israele, che:

- ignora ogni risoluzione dell'ONU e ogni principio di diritto internazionale attuando insediamenti civili e militari nel territorio di un altro stato, lo stato palestinese,

- erige un muro invalicabile per sottrarre ulteriori territori e isolare le comunità palestinesi malgrado la sentenza della corte internazionale dell'Aja l'abbia giudicato illegale,

- in vario modo pratica un regime di apartheid contro la popolazione palestinese, facendola vivere tra muri di separazione, limitazioni di movimento e nell'oppressione di leggi marziali in cui anche i bambini possono essere arrestati e torturati a puro scopo di intimidazione,

- attua stragi e punizioni di massa attraverso bombardamenti su vasta scala come la cosiddetta operazione "Piombo fuso" a Gaza tra il 2008 e il 2009,

- arresta oppositori politici anche senza fondati capi d'accusa, imprigionandoli con tempi indeterminati,

- che sottrae risorse primarie come l'acqua e mira al collasso economico delle comunità palestinesi.