Comunicati

Le lettere chiedono a Paolo Fresu e Pippo Delbono di annullare la loro partecipazione

Si stanno moltiplicando le lettere agli artisti italiani che questo mese si esibiranno all’Israel Festival di Gerusalemme, con la richiesta di annullare la partecipazione e di rispettare l’appello della società civile palestinese al boicottaggio, anche culturale, il disinvestimento e le sanzioni (BDS) contro Israele fino a quando quest’ultimo non rispetterà il diritto internazionale e i diritti umani.[1]

L’Associazione Amicizia Sardegna Palestina e BDS Sardegna hanno scritto a Paolo Fresu, chiedendo al noto jazzista di cancellare il concerto in programma per il 13 giugno. Nella lettera si ricorda che “[t]enere un concerto in Israele in questo momento è moralmente equivalente ad esibirsi in Sudafrica durante il periodo dell'apartheid” quando “molti artisti hanno deciso di stare dalla parte della solidarietà”.[2] L’appello è stato sottoscritto da quasi 1000 persone.

È arrivata anche da Israele una lettera a Fresu da parte di Boycott from Within, un gruppo di israeliani che sostiene l’appello palestinese al boicottaggio. Gli attivisti israeliani chiedono a Fresu “di rimandare il concerto fino a quando Israele non ponga fine alla sua occupazione militare e alle sue politiche di apartheid”, ricordando che “il governo israeliano fa un uso aperto degli eventi culturali per distogliere l’attenzione dai suoi crimini di guerra”.[3] Boycott from Within sottolinea inoltre come in passato numerosi musicisti jazz abbiano disdetto i loro concerti in Israele, tra cui Eddie Palmieri, Cassandra Wilson, Jason Morana, Portico Quartet, Tuba Skinny, Andreas Öber e Stanley Jordan.

Anche alla Compagnia Teatrale Pippo Delbono è stato richiesto di non lasciare che i loro spettacoli, in programma per il 7 e l’8 giugno, occultino l'apartheid israeliana.

BDS Italia, facendo appello all’impegno della compagnia a favore degli oppressi e degli ultimi, ha invitato Delbono ad unirsi a quanti già sostengono l’appello palestinese al boicottaggio, tra cui l'arcivescovo sudafricano Desmond Tutu, il premio Pulitzer Alice Walker, il regista Ken Loach, la scrittrice Naomi Klein, Roger Water dei Pink Floyd e il giurista e relatore speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani nei territori palestinesi Richard Falk[4], il quale ha dichiarato che "la migliore speranza per i palestinesi non sta a livello governativo o attraverso le Nazioni Unite, ma piuttosto nella campagna per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni contro Israele".[5]

Un’altra lettera a Pippo Delbono è arrivata dai colleghi teatranti di UltimoTeatro Produzioni Incivili.[6] Nella lettera, “Questa tappa non s’ha da fare”, da artisti ad artisti, si ricorda a Delbono che a chiedere il boicottaggio di Israele sono “i palestinesi che sono stanchi di essere denigrati, rinchiusi, oppressi, imprigionati, lasciati morire di fronte agl'occhi di tutti”.

Ciao Pippo,
ciao a tutta la compagnia,

siamo Luca e Nina di UltimoTeatro Produzioni Incivili. Ti scriviamo prima per rinnovare la nostra stima verso te, il tuo lavoro, i/le tuoi/e compagni/e di viaggio. In seconda sede, ma sicuramente non come seconda motivazione, perché abbiamo appreso che andrai in terra santa a fare spettacolo.

Non sappiamo che dire, ne siamo umilmente imbarazzati, per te e per noi che siamo costretti a doverti scrivere per una cosa che a noi sembra scontata, ma che forse non lo è. Come colleghi minori, ma soprattutto come persone che lavorano da molti anni sulla questione Israele-Palestina, sia in scena che nella vita, ti chiediamo con il cuore in mano di non partecipare all'elogio di una democrazia dittatoriale che sembra essere aperta al mondo, ma che in realtà sta distruggendo un popolo, attraverso la complicità di tutti, paesi arabi compresi.

Pubblichiamo la lettera inivata il 20 maggio 2014 alla Compagnia teatrale Pippo Delbono. Attendiamo ancora una risposta. 

Caro Pippo Delbono,

abbiamo recentemente appreso che la vostra compagnia teatrale intende partecipare all’Israel Festival di Gerusalemme, con spettacoli previsti per il 7 e l’8 giugno 2014. Conoscendo il vostro impegno a favore degli oppressi, degli ultimi, vi scriviamo per chiedervi di annullare la vostra partecipazione al festival.

Ve lo chiediamo perché Israele opera in palese violazione dei diritti umani fondamentali e del diritto internazionale [1], costringendo i palestinesi a vivere sotto l’oppressione di un crudele sistema di espropriazione, di discriminazione razziale e di apartheid.

E ve lo chiediamo perché nel 2005, 170 organizzazioni della società civile palestinese hanno lanciato un appello per il boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) nei confronti di Israele sino a quando non rispetterà i diritti umani e il diritto internazionale.[2] L’appello palestinese al BDS, ispirato dal vincente boicottaggio che contribuì alla fine del regime d’apartheid in Sudafrica, ha il sostegno di artisti, accademici, sindacati, chiese, gruppi studenteschi, organizzazioni e persone di coscienza in tutto il mondo. In particolare l’appello al boicottaggio culturale si rivolge a tutti gli artisti del mondo chiedendo loro di non esibirsi in Israele e di non partecipare a eventi che mirino a normalizzare la drammatica situazione in atto ponendo sullo stesso piano l'occupante e gli occupati, l’oppressore e gli oppressi.[3]

La collaborazione di Primavera Sound con l’Ambasciata Israeliana in Spagna fa del Festival un complice delle politiche contro il Diritto Internazionali dei Diritti Umani che lo Stato sionista ha portato Avanti in Palestina sin dal 1948. 

Il festival di musica indipendente Primavera Sound, che avrà luogo a Barcellona dal 28 al 31 Maggio [1], include nella sua line up tre band israeliane: Vaadat Charigim [2], The Secret Sea [3] e Lola Marsh [4], che suoneranno tutte quante all’interno della sezione “Sounds from Israel” [5]. Queste band sono in procinto di suonare il 29 Maggio al PrimaveraPro, che il Festival definisce come un “incontro per i professionisti dell’industria musicale in parallelo con Primavera Sound”. [6]

Queste tre band ricevono sostegno istituzionale dall’Ambasciata Israeliana in Spagna, come apertamente dichiarato sul sito web di PrimaveraPro [5]: "Il Dipartimento della Cultura dell’Ambasciata di Israele in Spagna mira a sostenere compagnie, artisti ed organizzazioni che promuovono la cultura e la scienza di Israele al di fuori dei suoi confini. Il suo obiettivo è di promuovere le ultime innovazioni nei campi della cultura e della scienza, in cui Israele, nella sua breve vita come nazione, è internazionalmente riconosciuto. In questa occasione, [l’Ambasciata, ndt] sta supportando il meglio della scena musicale israeliana promuovendo una piccola selezione di band che sono state scelte tra 190 candidati.”

Signora Valentina Lo Surdo,

nella trasmissione Primo Movimento di ieri giovedì 12 settembre, nel presentare il Jerusalem Quartet ha accennato alla contestazione di cui il complesso fu oggetto a Londra e che portò alla interruzione del concerto, definendola “episodio bruttissimo” pur avendo indicato nel finanziamento della tournée da parte del governo israeliano il motivo dell’azione di  boicottaggio.

Ora è ben noto che Israele finanzia tournée all’estero di musicisti, cantanti, ballerini, romanzieri ed in genere di artisti israeliani, in attuazione di un programma di promozione della propria immagine, predisposto con la collaborazione delle maggiori società di marketing statunitensi, che va sotto il nome di Brand Israel. Lo scopo è di presentare un volto di Israele “che non ti aspetti”, per coprire il suo volto di stato razzista e coloniale, condannato ripetutamente da Risoluzioni dell’Onu e da Dichiarazioni dell’UE per la illegittima occupazione dei “Territori Palestinesi Occupati” con la guerra del ’67, per la indebita creazione di colonie israeliane in terra palestinese mediante azioni  considerate “crimini di guerra” dall’art. 8 dello Statuto della Corte Penale Internazionale, per innumerevoli violazioni del Diritto Internazionale e la quotidiana negazione dei Diritti Umani alla popolazione soggetta all’occupazione.

Firma la petizione ai Depeche Mode

È con grande disappunto che la Campagna Palestinese per il Boicottaggio Accademico e Culturale di Israele (Palestinian Campaign for the Academic and Cultural Boycott of Israel, PACBI) ha appreso del vostro concerto in Israele fissato per il 7 maggio 2013[1]. Anche se avete già suonato in Israele nel 2009, ci appelliamo a voi ora con la speranza che siate più consapevoli della situazione. Poiché Israele è coinvolto in gravi violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani vi chiediamo con urgenza di cancellare il concerto fin quando Israele non rispetterà gli obblighi del diritto internazionale e rispetterà pienamente i diritti dei palestinesi.

Nel 2004, ispirata dal vincente boicottaggio dell'apartheid in Sudafrica, e supportata da sindacati e gruppi culturali palestinesi, PACBI ha diffuso un appello per il boicottaggio accademico e culturale delle istituzioni coinvolte nell'occupazione e nell'apartheid israeliano[2]. Vogliamo evidenziare in questa lettera che vi rivolgiamo, l'importanza di questo appello palestinese e sottolineare la ragione per il movimento globale di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) contro Israele.

Noi del PACBI (Campagna palestinese per il boicottaggio accademico e culturale di Israele), siamo rimasti profondamente turbati nell’apprendere che il 20 febbraio 2013 lei si esibirà a Tel Aviv. [1]

Le scriviamo per esortarla a non suonare nell’Israele dell’apartheid e a non avallare con la sua presenza le violazioni israeliane del diritto internazionale e dei diritti umani nei confronti della popolazione palestinese.
 
In qualità di artista reggae, figlio del leggendario cantante Bob Marley, la cui canzone "Songs of Freedom" continua ad ispirare milioni di persone che lottano contro le forze disumane di un’oppressione razzista, le chiediamo di non chiudere gli occhi di fronte al brutale sistema colonialista e di Apartheid praticato da Israele.

A Roma, venerdì 9 novembre, per la seconda serata di seguito, la presenza della Batsheva Dance Company al RomaEuropa Festival, sponsorizzata dall’ambasciata di Israele, è stata contestata. Oltre 50 attiviste e attivisti della campagna di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) contro Israele si sono radunati fuori dall’Auditorium Santa Cecilia in una manifestazione autoconvocata per protestare contro la scelta della compagnia di danza di prestarsi a fare la foglia di fico per nascondere le continue violazioni dei diritti dei palestinesi da parte di Israele.

Oltre ad essere finanziata dal governo israeliano insieme al Fondo Nazionale Ebraico, che gioca un ruolo chiave nella pulizia etnica della Palestina, Batsheva è anche protagonista di Brand Israel, una campagna di marketing studiata a tavolino dal governo, in consultazione con esperti di pubbliche relazioni statunitensi, con lo scopo dichiarato di distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica mondiale da un’occupazione brutale e da un regime dell’Apartheid che durano da decenni. I legami diretti che Batsheva mantiene tuttora con il governo di Israele rendono impossibile descrivere la compagnia come 'apolitica'.

L’8 novembre alla prima della Batsheva Dance Company nell’ambito del RomaEuropa Festival, attivisti per i diritti umani hanno interrotto lo spettacolo, sponsorizzato dall’Ambasciata di Israele e alla presenza dell’ambasciatore, per denunciare il ruolo che la compagnia di danza gioca nel mascherare un’occupazione brutale e un regime d’Apartheid che durano da decenni.

Batsheva è una figura centrale della campagna di marketing Brand Israel, lanciata e finanziata dal governo israeliano, dopo tre anni di consultazioni con esperti di pubbliche relazioni statunitensi. Lo scopo della campagna è di distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica mondiale dalle continue violazioni dei diritti umani da parte del Governo Israeliano.

Alle grida di “Batsheva, sei complice! All’occupazione dì di no!”, i manifestanti hanno rivolto un appello diretto ai danzatori di uscire dal progetto Brand Israel, rifiutare finanziamenti dal governo israeliano e mostrarsi, nelle parole e nei fatti, contro le violazioni dei diritti dei Palestinesi. Dal 2010 simili appelli sono stati disattesi da Batsheva, la quale continua a prestarsi come ambasciatore culturale dell'Apartheid israeliana.

Gli attivisti hanno sottolineato l’importanza di eventi culturali internazionali che promuovono musica, danza e teatro, affermando tuttavia che non ci può essere spazio per un uso propagandistico della cultura. I legami diretti che Batsheva mantiene tuttora con il governo di Israele rendono impossibile descrivere la compagnia come 'apolitica'.

Tre manifestanti sono stati allontanati dal teatro, portati in questura e rilasciati poco dopo.

L’iniziativa di Roma si inserisce nella campagna internazionale Don’t Dance With Israeli Apartheid, che nelle ultime settimane ha visto proteste a tutte le performance di Batsheva in Gran Bretagna, coinvolgendo noti coreografi e personalità dello spettacolo.

Una lettera aperta da BDS Italia 

Firmate la petizione internazionale che chiede ai Red Hot Chili Peppers di disdire il concerto in Israele!

Cari Flea, Anthony, Chad e Josh,

Dopo aver appreso del vostro concerto previsto a Tel Aviv, ci siamo sentit@ in dovere di aggiungere le nostre voci al coro internazionale di appelli ad annullare quel concerto. Essendo una band con una coscienza, non possiamo vedervi suonare in una bolla privilegiata, circondata da milioni di palestinesi costretti a vivere sotto l’oppressione, l'apartheid e l'occupazione israeliana.

I testi della vostra musica sono in netto contrasto alle politiche di Israele, che impongono una brutale occupazione per cacciare le persone dalla loro terra nativa [1], leggi razziste che smembrano le famiglie [2] e una violenta repressione per sopprimere la resistenza nonviolenta[3].

Come siete ormai sicuramente a conoscenza, dopo aver ricevuto lettere analoghe alla nostra provenienti dagli Stati Uniti, Francia, Israele, India, Libano, Sud Africa, così come collettivi internazionali "Don’t Play Apartheid Israel" e "Artists Against Apartheid," [4] un movimento globale lanciato e guidato dalla società civile palestinese invita gli artisti a rifiutare di esibirsi in Israele nell’ambito della campagna per il boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) contro Israele [5], una risposta nonviolenta per porre fine alle politiche israeliane che rispecchiano quelle del Sudafrica dell’Apartheid. Sono la ragione per cui Tel Aviv è considerata la Sun City dei nostri tempi.