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01 settembre 2011, Nena News
La sentenza di liquidazione della cooperativa Agrexco-Carmel sarà pronunciata l'11 settembre da un tribunale civile israeliano. Quel giorno, che in tutto il mondo coinciderà con il decimo anniversario degli attacchi alle Torri Gemelle, sarà formalizzata la bancarotta della principale holding israeliana di esportazione di frutta e verdura, bersaglio di intense campagne di boicottaggio all'estero. La Agrexco-Carmel per anni ha venduto all'estero illegamente con il marchio "Made in Israele", prodotti agricoli in realtà provenienti dalle colonie israeliane costruite nei Territori occupati palestinesi in violazione delle leggi internazionali. Nel 2010 una sentenza della Corte di giustizia europea ha stabilito che i prodotti provenienti dagli insediamenti israeliani nei Territori occupati non possano beneficiare delle tariffe commerciali preferenziali nell'ambito dell'accordo Ue- Israele.
Si è tenuto in Francia il primo Forum europeo contro Agrexco, il più grande esportatore di prodotti agricoli freschi di Israele, che commercializza frutta e verdura prodotte nelle colonie in Cisgiordania. Cruciale il ruolo deii sindacati degli agricoltori palestinesi.
di Stephanie Westbrook
Roma, 22 Giugno 2011 – Nena News – Ai primi di giugno a Montpellier, in Francia, più di cento di attivisti provenienti da nove paesi si sono riuniti per il primo Forum europeo contro Agrexco. Dal 4-5 giugno, i delegati provenienti da Italia, Gran Bretagna, Svizzera, Belgio, Olanda, Spagna, Germania e Palestina insieme agli organizzatori francesi hanno partecipato a due giorni di workshop volti a rafforzare la campagna di boicottaggio contro il gigante israeliano delle esportazioni agricole.
Agrexco è in fatti il più grande esportatore di prodotti agricoli freschi di Israele e la maggior parte sono destinati ai mercati europei sotto il marchio Carmel. L'azienda è per il 50 per cento proprietà del governo israeliano e commercializza dal 60-70 per cento della frutta e verdura coltivate negli insediamenti (illegali secondo la comunità internazionale ndR) israeliani in Cisgiordania occupata facendo dell'Agrexco un obiettivo strategico primario per la campagna boicottaggio disinvestimento e sanzioni (BDS ).
Leggi: Israele: Le pressioni europee contro il gigante dell'export
Un declassamento di rating e perdite crescenti significa che l'azienda esportatrice di prodotti agricoli controllata dal governo non può pagare i suoi debiti.
20 giugno 2011
L'Agrexco, azienda di esportazione agricola controllata dal governo, è alla ricerca di una soluzione per ripagare i suoi debiti dopo aver perso € 33 milioni nel 2010, perdita che ha determinato un netto deficit patrimoniale di € 13 milioni. Gli obbligazionisti della società si incontreranno giovedi per prendere in considerazione la richiesta di restituzione immediata di € 32 milioni.
Il governo detiene il 30,3% di Agrexco e ne controlla il consiglio di amministrazione. Il Consiglio per la promozione agricola ne possiede il 55,3%, e Tnuva Food Industries Ltd. l'11%. La maggior parte delle esportazioni della società è destinata a Regno Unito, Germania, Francia, Paesi Bassi e paesi dell'Europa orientale. I suoi marchi principali sono Carmel e Alesia. Gestisce rapporti commerciali con 2.200 coltivatori in Israele e esporta 400.000 tonnellate di prodotti agricoli all'anno.
In vista alla situazione finanziaria dell'Agrexco, Midroog Ltd. ha declassato le obbligazioni dell'azienda da A3 allo stato di junk bond B1 (titoli spazzatura) con outlook "negativo". Il declassamento significa un elevata probabilità per la società di non riuscire a ripagare i suoi debiti.
In attesa del corteo anti-Israele di oggi, l’area antagonista ha messo a segno un altro paio di colpi a effetto: l’altra sera alcune decine di giovani hanno occupato Cascina Merlata, un’area destinata all’Expo mentre ieri attivisti filo-palestinesi, hanno consegnato frutta marcia e acqua sporca a un’azienda israeliana che esporta prodotti agricoli e florovivaistici.
Si avvicina dunque il momento della grande manifestazione della sinistra radicale che oggi alle 15 partirà da Cairoli per protestare contro il governo di Tel Aviv e la grande kermesse in Duomo «Israele che non ti aspetti». Manifestazione subito osteggiata dall’area antagonista, tanto che si pensò al suo trasferimento all’interno di un più «difendibile» castello Sforzesco per timore di attentati e assalti. Alla fine ridotti a poche e sporadiche presenze, facilmente contenute dalle forze dell’ordine, che comunque fin dal 13 hanno mantenuto un forte presidio attorno allo stand espositivo. Questo pomeriggio dunque il corteo, a cui parteciperanno dalle 500 alle 1.000 persone, dagli esiti assolutamente imprevedibili: dipenderà dal numero dei partecipanti e dalla loro provenienza. In ogni caso, si temono momenti di tensione, tra imbrattamenti e bandiere bruciate.
E come «antipasto», ieri alle 14.30 una decina di attivisti dell’estrema sinistra è entrata negli uffici della Agrexco di via Camillo Hajech 10, travestiti da corrieri. Quindi hanno lasciato un cesto di frutta marcia con un biglietto «Il marcio dell’apartheid israeliano per la frutta marcia», e due bottiglie di acqua sporca con l’etichetta «Acqua della valle del Giordano». L’Agrexco, fondata nel 1956, è infatti il principale esportatore di prodotti agricoli israeliani, commercializza il 70 per cento di frutta, verdura, fiori e erbe aromatiche pari a oltre 400mila tonnellate di merce con un giro d’affari di circa 650 milioni di dollari. Prodotti che provengono da Israele ma anche dalle contestate colonie costruite in territorio Palestinese.
Leggi: Consegnato frutta marcia e acqua sporca a un’azienda israeliana
16 maggio 2011
Incontro con i professori di agronomia della facoltà di Al-Azhar
Nel pomeriggio una delegazione del convoglio ha incontrato alcuni professori di agronomia della facoltà di Al -Azhar per approfondire la tematica della coltivazione della terra nella striscia di Gaza e le sue evidenti problematiche.
Abbiamo incontrato il professor Ahmed Schaban, agronomo specializzato in economia e gestione delle risorse, il professor Khalil Tubai, scienziato del suolo e il professor Isalznad, specializzato in orticoltura.
Immediatamente gli agronomi hanno ringraziato per la presenza e l'interessamento il convoglio, sottolineando quanto sia importante per la Palestina. Hanno ovviamente parlato di Vik, con sentita commozione, ricordando come il suo lavoro a fianco dei contadini fosse fondamentale. "Era conosciuto da tutti i Gazawi come un fratello, il ragazzo italiano, una presenza non istituzionale, nelle strade, tra la gente".
Dimostrandosi molto disponibili ed entusiasti, ci hanno fatto una panoramica, in modo anche tecnico, delle problematiche che affliggono la coltivazione della terra nella Striscia e nel West Bank.
La terra in Palestina è fertile e feconda, il clima ottimo per numerose colture anche di eccellenza: peperoni, cetrioli, fragole, fiori, pomodori. Una volta anche il sesamo, ora non più. La Palestina continua a produrre "la migliore salsa di sesamo dell'intero medio oriente, ma deve comprare il sesamo dagli altri!" Una coltivazione di colture intensive, che non necessitano di ampi terreni, coprirebbe ampiamente il fabbisogno alimentare interno.
Servizio di Press TV sull'azione legale contro l'Agrexco in Francia
9 gennaio 2011
(video in inglese)
Fonte: Press TV
Estratti del rapporto di Human Rights Watch, Separate and Unequal, che riguardano le imprese che operano negli insediamenti, tra cui l'Agrexco
Sezione II - Raccomandazioni
Alle aziende che traggono profitti dagli insediamenti
In conformità con i rispettivi codici di etica aziendale e con le linee guida internazionali, quali il Quadro Ruggie, che affermano che le imprese devono rispettare i diritti umani delle persone soggette all'impatto delle loro attività:
- Rivedere il loro coinvolgimento negli insediamenti in modo da determinare quanto contribuiscono e/o traggono beneficio dalle violazioni dei diritti umani dei residenti palestinesi;
- Identificare e implementare strategie per prevenire e mitigare qualsiasi coinvolgimento delle imprese in tali abusi, e
- Nel caso in cui le attività commerciali contribuiscano direttamente a gravi violazioni del diritto internazionale, compresi i divieti contro la discriminazione, adottare misure per porre fine al coinvolgimento in tali violazioni, comprese, se necessario, porre del tutto termine a tali operazioni.
Leggi: Human Rights Watch sull'Agrexco e le imprese negli insediamenti
Traduzione della presentazione sull'Agrexco da parte della Coalizione contro Agrexco in Francia per la sessione londinese del Tribunale Russell, 20-22 novembre 2010
AGREXCO Agricultural Company Ltd
Christophe Perrin - Coalition contre Agrexco
Il contesto delle attività della società Agrexco
Sebbene l'attività agricola incida per una quota molto piccola sull'economia israeliana, pari a solo il 3% del PIL, essa ha svolto e continua a svolgere un ruolo chiave nella colonizzazione della Palestina. A livello universale è simbolica la "lavorazione della terra". Lavorare la terra significa appropriarsene.
Ciò è particolarmente evidente nella Valle del Giordano, la regione più fertile dei territori palestinesi occupati nel 1967; secondo gli Accordi di Oslo, la Valle del Giordano è stata definita Area C, quindi sotto il controllo totale dell'esercito israeliano. Gli insediamenti agricoli sulle rive del Giordano costituiscono il 50% dell'Area C e il 28,5% della superficie totale della Cisgiordania. Il consumo annuale di acqua dei novemila coloni, che vi abitano 39 insediamenti illegali, è pari al 75% di quello di tutta la popolazione palestinese della Cisgordania[1]. Nell'Area C, l'esercito israeliano esercita un potere illimitato sulla popolazione locale, senza pietà impone gli ordini coloniali con l'obiettivo manifesto di obbligare gli indigeni palestinesi ad andarsene: demolizioni di case, distruzione di pozzi, divieto di costruire nuovi pozzi, e sorprusi sui beduini, le cui condizioni di sopravvivenza sono particolarmente difficili[2]. Spossessati delle loro terre, la maggior parte dei contadini palestinesi non ha altra scelta che lavorare nelle colonie. Gli stipendi dei lavoratori palestinesi equivalgono a meno della metà del salario minimo legale in Israele e non hanno assistenza sanitaria[3].
11 ottobre 2010
Contro l'ipotesi di accordo commerciale con l'Agrexco, esportatore israeliano di prodotti agricoli
«No ai prodotti illegali nella mia Coop»: con questo slogan domani saranno presentate nella sede di Casalecchio 3.000 firme di soci Coop (pari a oltre il 50%) contro la conclusione di accordi commerciali tra Coop Italia e la Agrexco (esportatore israeliano di prodotti agricoli).
Le firme, raccolte on line e anche nei supermercati di varie città italiane, saranno consegnate alle 11.30 dagli esponenti della Coalizione contro l’Agrexco e dal coordinamento Campagna Bds di Bologna. «Queste firme - spiegano gli organizzatori in una nota - testimoniano la preoccupazione di un numero consistente di soci e clienti per la decisione di Coop Italia di continuare a commercializzare i prodotti provenienti dalle colonie israeliane e di mantenere rapporti commerciali con aziende che traggono profitti dal regime di occupazione illegale dei territori palestinesi». Secondo i manifestanti, che chiedono alla Coop di non firmare il previsto accordo commerciale con l’Agrexco, «non può essere considerato legittimo né etico commercializzare merci prodotte in un regime di occupazione militare», a prescindere da come vengono etichettate. L’ eventuale accordo Coop-Agrexco infatti - spiega la nota - dovrebbe includere norme per garantire la tracciabilità dei prodotti provenienti dalla colonie e differenziarli da quelli prodotti in Israele. Ma questo - si sottolinea - «non risolverebbe la questione di fondo delle pratiche illegali di aziende come Agrexco».
Leggi: Coop, dai soci 3 mila firme contro prodotti da colonie israeliane
7 ottobre 2010 - servizio di Babush, il settimanale di approfondimento di Amisnet
I nostri percorsi metropolitani partono dagli scaffali dei supermercati italiani per capire cosa accade con un particolare tipo di merci: quelle etichettate come “Made in Israel” ma che non sempre sono prodotti israeliani.
Gli scambi commerciali tra Unione Europea ed Israele si sono intensificati negli ultimi anni, anche grazie all’accordo doganale sottoscritto tra Bruxelles e Tel Aviv, ma di pari passo è cresciuta la campagna di boicottaggio promossa dalla società civile palestinese e sostenuta da attivisti internazionali e dagli israeliani contrari all’occupazione.
Ma come funziona la campagna, quali sono i prodotti che destano maggiori perplessità, da dove vengono e in che quantità arrivano da noi?
Per capirlo abbiamo puntato i nostri microfoni verso i Territori Palestinesi Occupati ed in particolare verso le colonie israeliane, considerate illegali dall’ ONU e da dove proviene una parte delle merci esportate come israeliane. Ci sposteremo poi a Vado Ligure, cioè dal porto dove arriva la maggior parte dei prodotti agricoli israeliani e da dove è partita la campagna italiana. Tenteremo di capire l’intricata vicenda della Coop che la scorsa primavera è stata accusata di antisemitismo per aver annunciato la sospensione dei prodotti Carmel-Agrexco, la principale società israeliana per l’esportazione di frutta e verdura che è oggetto dell’ attenzione degli attivisti per l’origine opaca dei suoi prodotti che a volte sono riconducibili ai terreni espropriati ai palestinesi in cui sorgono le a colonie .
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