Comunicati
Riceviamo e pubblichiamo il comunicato stampa del Coordinamento interregionale della Campagna Coop/Grande Distribuzione per la Palestina che denuncia la mancanza di risposte soddisfacenti da parte di Coop: nessuna assunzione di responsabilità e nessuna chiara intenzione di interrompere la complicità con il sistema produttivo discriminatorio di Israele.
Intanto continua la raccolta firme di socie e soci per chiedere alla Coop di interrompere la commercializzazione di prodotti israeliani finché Israele non rispetterà i diritti umani e il diritto internazionale.
Firma qui!
--> Soci/e UNICOOP TIRRENO: https://tinyurl.com/UNICOOP-TIRRENO
--> Soci/e UNICOOP FIRENZE: https://tinyurl.com/UNICOOP-FIRENZE
--> Soci/e COOP LOMBARDIA: https://tinyurl.com/COOP-LOMBARDIA
--> Soci/e COOP ALLEANZA 3.0: https://tinyurl.com/COOP-ALLEANZA
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COMUNICATO STAMPA
Migliaia le firme dei soci e delle socie che, riuniti/e in un Coordinamento Interregionale, chiedono alla Coop di interrompere la commercializzazione di prodotti israeliani finché Israele non rispetterà i diritti umani e il diritto internazionale.
È da aprile 2024 che come soci e socie, attraverso una campagna di raccolta firme online e in presenza, la partecipazione ad assemblee di bilancio in varie città e incontri con le dirigenze di tre cooperative (Coop Alleanza 3.0, Unicoop Firenze e Unicoop Tirreno), chiediamo alla COOP di interrompere la commercializzazione di prodotti israeliani finché Israele non rispetterà i diritti umani e il diritto internazionale.
Abbiamo inviato lettere anche alle istituzioni nazionali del mondo Coop, ovvero a Coop Italia, ANCC e Lega delle Cooperative, chiedendo loro di condividere e appoggiare la nostra richiesta.
Finora, purtroppo, la COOP ha dato risposte insoddisfacenti: nessuna assunzione di responsabilità e nessuna chiara intenzione di interrompere la complicità con il sistema produttivo discriminatorio di Israele.
A questa campagna aderiscono ora più di 150 associazioni in 5 regioni italiane (Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Toscana e Veneto), riunite in un Coordinamento Interregionale.
La nostra non è una richiesta di boicottaggio, nonostante il boicottaggio rimanga uno strumento legittimo di lotta non violenta, come hanno insegnato il Sud Africa contro l’apartheid, e Gandhi nell’India colonizzata dagli inglesi. Si tratta invece della legittima richiesta di soci/socie e clienti che chiedono che sia applicato il Codice Etico, secondo il quale la COOP "esige dai propri fornitori di prodotti e servizi, il pieno rispetto delle normative sul lavoro, dei diritti umani, della salvaguardia dell’ambiente e privilegia le aziende che si dimostrano particolarmente sensibili a questi temi (art. 5.3)”.
Tra i prodotti israeliani (per produzione, lavorazione o commercializzazione) per i quali chiediamo l’interruzione della commercializzazione ci sono anche arachidi a marchio COOP.
Con questo marchio, la COOP rischia di dare una certificazione di eticità a genocidio, occupazione e apartheid!
Quale fiducia possono allora avere soci/e e clienti nel sistema di certificazione COOP quando i criteri di riferimento non prendono in considerazione le gravissime violazioni dei diritti umani che sono parte integrante del sistema produttivo israeliano?
Non basta la libera scelta dei consumatori e delle consumatrici: è necessaria anche un’assunzione di responsabilità etica da parte della COOP, in nome dei principi costitutivi del movimento cooperativo. Altrimenti, in nome della libertà di scelta, ci si potrebbe aspettare in futuro di trovare sui banchi COOP anche prodotti di aziende che sfruttano il lavoro minorile, o si basano sul caporalato e pratiche discriminatorie di vario genere. Apartheid, colonialismo e occupazione sono crimini non meno condannabili.
Nelle ultime settimane le stesse richieste sono state rivolte anche ad altre importanti aziende della Grande Distribuzione Organizzata (Conad) e della Grande Distribuzione (MD, LIDL, PAM, Esselunga, Eurospin): anch’esse commercializzano prodotti israeliani e violano così i principi ai quali si richiamano nei loro codici etici.
Una spesa non salva il mondo: ma non può e non deve essere complice di crimini contro l’umanità. E non dipende solo dai consumatori e dalle consumatrici: la Grande Distribuzione deve fare la sua parte!
Contatto stampa: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Il Coordinamento interregionale della Campagna Coop/Grande Distribuzione per la Palestina, nel sostenere il popolo palestinese nella sua lotta per l’autodeterminazione, chiede la fine della guerra genocida in corso a Gaza e denuncia le violazioni dei diritti umani e lo smantellamento del diritto internazionale da parte di Israele.
Israele è responsabile della strage genocidaria a Gaza (già oltre 42.000 morti), intensifica la pulizia etnica nei territori occupati, invade il Libano e massacra i suoi abitanti, minaccia e attacca Siria, Iraq, Yemen e Iran seminando morte e distruzione, delegittima le istituzioni del Diritto Internazionale, distruggendo le garanzie create dopo la Seconda Guerra Mondiale a difesa dei diritti umani. Un’azione volta a imporre al mondo, con il sostegno degli Stati Uniti e la complicità dei governi occidentali, il diritto del più forte e del più armato.
La responsabilità civile riguarda tutte e tutti, cittadine e cittadini e imprese della GD e della GDO: occorre isolare e fermare chi, come Israele, occupa, distrugge, compie atti di terrorismo internazionale e minaccia tutto il Medio Oriente e in fondo il mondo intero con la sua politica genocidaria.
Con la campagna COOP/Grande Distribuzione vogliamo informare e attivare i soci e le socie COOP e consumatori/consumatrici sulle complicità delle imprese della grande distribuzione con i crimini di Israele.
Pubblichiamo un comunicato del Coordinamento Cittadino “Bologna per la Palestina” sull’iniziativa di socie e soci di Coop Alleanza 3.0 che chiedono alla loro cooperativa, per coerenza con i principi del suo Codice Etico, di interrompere la commercializzazione di prodotti israeliani finché Israele non rispetterà i diritti umani e il diritto internazionale.
Questa richiesta è contenuta in una lettera che ha già raccolto oltre mille firme e che sarà consegnata alla direzione della cooperativa. Socie e soci di Coop Alleanza 3.0 possono firmare online la lettera a questo link: https://forms.gle/v2AdDG88uigc8BRX6
Sono stati i valori fondanti della stessa COOP, espressi nel suo Codice Etico, a motivare un gruppo di socie e soci ad attivare, insieme al Coordinamento Cittadino Bologna per la Palestina, l’iniziativa “Socio COOP per la Palestina”, esercitando il proprio diritto/dovere di partecipare alle scelte della Cooperativa, soprattutto su temi di grande rilevanza etica come il rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale.
Il coordinamento, che riunisce 40 associazioni cittadine e nazionali impegnate a chiedere la fine della guerra genocida in corso a Gaza, a denunciare le violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale da parte di Israele e a sostenere il popolo palestinese nella sua lotta per l’autodeterminazione, ha così avviato un dialogo con la COOP inviando, a marzo 2024, una lettera alla Presidenza che chiedeva interrompere con urgenza la commercializzazione di prodotti israeliani finché Israele non rispetterà i diritti umani e il diritto internazionale.
Alla lettera sono seguiti gli interventi di socie e soci in molte assemblee separate della COOP e la consegna di un’ulteriore lettera ai 130 Delegati Nazionali all’Assemblea Generale che si è tenuta il 22 giugno a Bologna.
Per sostenere la nostra richiesta, stiamo adesso invitando soci e socie a firmare questa lettera online.
La lettera ha già raccolto circa un migliaio di firme e non esprime solo l’impegno di socie e soci a non comprare prodotti israeliani ma ribadisce anche la richiesta alla COOP di interrompere immediatamente la commercializzazione dei prodotti israeliani.
Non si tratta quindi di una richiesta di boicottaggio, che pure è uno strumento legittimo di lotta non violenta, come insegna l’esperienza del Sud Africa durante la lotta all’apartheid, e prima ancora, quella di Gandhi nell’India colonizzata dagli inglesi: la legittima richiesta dei soci è stata quella di chiedere l’applicazione del Codice Etico, secondo il quale COOP “esige dai propri fornitori di prodotti e servizi, il pieno rispetto delle normative sul lavoro, dei diritti umani, della salvaguardia dell’ambiente e privilegia le aziende che si dimostrano particolarmente sensibili a questi temi (art. 5.3)”.
Non basta infatti la libera scelta del consumatore: è necessaria anche una assunzione di responsabilità civile da parte della COOP, che peraltro è sempre stata un tratto costitutivo e distintivo della cooperazione rispetto ad altre forme di impresa. Altrimenti, in nome della libertà di scelta, ci si potrebbe aspettare in futuro di trovare sui banchi COOP prodotti di aziende che sfruttano il lavoro minorile, o si basano sul caporalato o su pratiche discriminatorie.
È vero che tra i soci e le socie COOP possono esserci valori, opinioni e sensibilità differenti: ma rimane da chiedersi quali siano i valori della COOP se non sa fare oggi una scelta netta di fronte al genocidio, al colonialismo e all’occupazione.
Colpisce da parte della Presidenza COOP l’assenza di sensibilità civile e politica, e in fondo anche di una adeguata comprensione della realtà. Ma probabilmente si tratta soprattutto di una scelta politica di comodo, quella di non assumere una posizione chiara eludendo volutamente il problema morale denunciato e chiaramente comprensibile.
E’ sconcertante che non si senta la necessità di agire, anche con le più semplici forme di solidarietà, mentre si assiste a un genocidio, con l’uso criminale e perverso della fame come arma di guerra e mentre l’esercito israeliano ogni giorno uccide, mutila e ferisce in modo gravissimo migliaia di civili, donne e bambini, operatori sanitari e umanitari, giornalisti e intellettuali: azioni che hanno portato gli esperti della Commissione Indipendente delle Nazioni Unite a dichiarare, durante la presentazione, il 19 giugno 2024, del loro Rapporto sui crimini di guerra, che “l’unica conclusione possibile è che l’esercito israeliano è uno dei più criminali del mondo”.
Può forse bastare, di fronte a tutto questo, limitarsi a lasciare benevolmente ai consumatori la libertà di non comprare i frutti del genocidio e dell’apartheid, proteggendo così un sistema integrato di dominio, occupazione e oppressione di stampo colonialista?
Per poter parlare di pace, in questo contesto, occorre innanzitutto parlare di decolonizzazione, come sostenuto anche da moltissimi intellettuali ebrei e israeliani e da una parte significativa della comunità ebraica negli Stati Uniti: prese di posizione coraggiose che le lobby filo-sioniste cercano costantemente di mettere a tacere con calunnie sui media mainstream.
Purtroppo, a queste richieste e a queste preoccupazioni, la COOP non ha finora fornito alcuna risposta soddisfacente: il tanto vantato dialogo con i soci sembra lontano dall’essere una realtà. La sensibilità e la responsabilità sociale e civile della COOP, che pure in altri momenti (per esempio nel caso dell’apartheid in Sudafrica) sono state presenti, sembrano essere ormai di facciata.
Mentre continuiamo, a sostegno alla nostra richiesta, a raccogliere l’adesione di soci e socie di altre regioni di Italia alla nostra lettera, rimane un interrogativo: la Coop è ancora in grado di rispettare il proprio Codice Etico e di difenderlo e rivendicarlo come assunzione di responsabilità, di fronte ai propri soci e consumatori?
Comunicato del Comitato nazionale palestinese per il boicottaggio
- Gli attivisti europei affermano che le importazioni di frutta e verdura da parte di Israele facilitano le violazioni dei diritti dei palestinesi e del diritto internazionale
- Più di 60 le azioni che si svolgono in 10 paesi
Palestina occupata, 27 novembre – Un'ondata di manifestazioni, flash mob e azioni di pressione da parte di attivisti europei per i diritti umani, sindacalisti, organizzazioni non governative e gruppi religiosi ha chiesto di porre fine al commercio con le aziende israeliane di esportazioni agricole come Mehadrin e Agrexco a causa della loro complicità con le violazioni israeliane del diritto internazionale e diritti dei palestinesi.
Le azioni, organizzate sotto la sigla "Fuori l'Apartheid dal menù", coincidono con la Giornata delle Nazioni Unite di solidarietà con il Popolo Palestinese del 29 novembre, volta a sensibilizzare l'opinione pubblica circa il ruolo che le aziende agricole israeliane svolgono nel furto di terra e risorse palestinesi nei territori palestinesi illegalmente occupati e nello sfruttamento dei lavoratori palestinesi.
Delle dimostrazioni si sono svolte al di fuori della sede centrale britannica e francese del principale esportatore di frutta e verdura israeliano, la Mehadrin, che esporta prodotti provenienti da colonie israeliane illegali nei territori occupati palestinesi e che lavora con Mekerot, una società di proprietà statale che priva dell'acqua le comunità palestinesi. Gli attivisti di Roma hanno organizzato uno spezzone sulla Palestina alla manifestazione nazionale per l'accesso all'acqua ad un giusto prezzo per tutti.
26 novembre 2011 - Giornata europea d'azione contro gli esportatori israeliani di prodotti agricoli
Palestina occupata, 11 novembre 2011 – L'esportazione di prodotti agricoli israeliani è il cuore del regime d'apartheid di Israele sul popolo palestinese. Si tratta di una componente fondamentale del processo di colonizzazione e distruzione ambientale della terra palestinese, del furto dell'acqua, e della violazione dei diritti dei lavoratori palestinesi. [1] Per decenni, le aziende agricole e le piantagioni israeliane hanno sfruttato le terre illegalmente espropriate ai palestinesi e l'acqua che di diritto appartiene ai palestinesi. [2] Ciò è più pronunciato nell'area della Valle del Giordano dei territori palestinesi occupati. L'Europa è il più grande mercato per i prodotti agricoli israeliani. [3]
La società israeliana Mehadrin, insieme a tutti gli esportatori agricoli israeliani, traggono profitti dalla vendita di frutti d'apartheid israeliana e sono spesso essi stessi direttamente coinvolti nella colonizzazione della terra e delle risorse palestinesi e nello sfruttamento dei lavoratori palestinesi. [5] Denunciare la complicità di queste aziende, sviluppare campagne di boicottaggio dei loro prodotti e fare pressioni sui grossisti e rivenditori affinché non li commercializzino sono forme efficaci e vitali di solidarietà con la lotta palestinese per la libertà, la giustizia e l'uguaglianza.
Leggi: Fuori l'Apartheid dal menù! Comunicato del Comitato nazionale Palestinese per il boicottaggio
Comunicato Stampa
10 agosto 2011
Mentre la crisi finanziaria dell'Agrexco dilaga, la Coalizione europea contro l'esportatore israeliano si rafforza
Stop Agrexco Italia partecipa alla campagna nei confronti di potenziali investitori; La maggior parte di essi ritirano le proprie offerte.
Oggi l'esportatore di prodotti agricoli israeliano Agrexco si è trovato di fronte ad un'udienza per bancarotta a Tel Aviv. Le notizie riportate da giugno dalla stampa israeliana sulle gravi difficoltà finanziarie per la società, posseduta per il 33% dallo stato, sono solo una parte dei suoi problemi. Gruppi di solidarietà con il popolo palestinese da tutta Europa, tra cui Stop Agrexco Italia, hanno unito le forze per intensificare la campagna di boicottaggio che va avanti da qualche anno.
A luglio oltre 20 organizzazioni provenienti di 13 paesi europei, a seguito del Primo Forum Europeo Contro l'Agrexco, si sono impegnate a dare vita ad azioni coordinate mirate a cacciare la compagnia israeliana dall'Europa, con una prima giornata europea contro Agrexco in programma per il 26 novembre 2011. La campagna di boicottaggio richiama l'attenzione sul coinvolgimento dell'Agrexco nell'occupazione israeliana, in quanto esportatore del 60-70% dei prodotti agricoli provenienti dagli insediamenti illegali israeliani.
Nel mese di giugno, il giornale finanziario israeliano Globes ha riferito di "pesanti perdite" dell'Agrexco e Fruitnet.com ne segnala i debiti ammontanti a €106 milioni. Da fine giugno, infatti, le navi dell'Agrexco, che prima approdavano ogni settimana a Vado Ligure, per poi proseguire verso la Francia e la Spagna, non si sono spostate dal porto di Haifa.
Carl McCann
Presidente, Total Produce
Charles McCann Building
Rampart Road
Dundalk
Ireland
29 luglio 2001
Caro Carl McCann,
Noi, sottoscritti rappresentanti della società civile Palestinese di cui fanno parte organizzazioni sindacali di agricoltori, organizzazioni agricole e comitati popolari intendiamo esprimere la profonda preoccupazione riguardo alla notizia che Total Produce sta valutando la possibilità di acquistare Agrexco, società israeliana complice nel regime di occupazione, colonizzazione e apartheid da parte di Israele. Vi scriviamo per richiamare la vostra attenzione sulla complicità dell'Agrexco nei crimini di guerra e nelle attività illegali israeliane negli insediamenti coloniali costruiti sulle terre Palestinesi occupate e l'influenza di segno negativo che l'ampio e determinato movimento globale per il boicottaggio dell'Agrexco è riuscito ad esercitare sull'immagine e la redditività della società. Vi sollecitiamo a soprassedere a questa idea malamente partorita di acquistare una compagnia che commercializza la maggior quantità dei prodotti agricoli illegali degli insediamenti coloniali d'Israele e che ha subito un fatale colpo economico, in parte grazie ad un vigoroso boicottaggio che senza dubbio proseguirà indipendentemente da chi ne possa essere il nuovo proprietario.
28 luglio 2011
Spett. Total Produce,
Di recente abbiamo letto su “Globes” che state prendendo in considerazione l'acquisto di partecipazioni azionarie nell'esportatore dei prodotti agricoli israeliano Agrexco. In qualità di potenziali investitori, dovete essere consapevoli del fatto che la società esporta il 60-70% dei prodotti agricoli coltivati negli insediamenti israeliani illegalmente costruiti nei territori Palestinesi occupati. Questo equivale a una responsabilità diretta e complicità nell'occupazione israeliana e nella violazione del diritto internazionale. Infatti l'organizzazione internazionale Human Rights Watch, nella sua relazione "Separate and Unequal," si è servita dell'Agrexco per citare un esempio di coinvolgimento d'impresa negli insediamenti (http://www.hrw.org/en/node/95059/section/5).
Per questo motivo Agrexco è oggetto di una campagna di boicottaggio su larga scala in tutta Europa, che ne ha danneggiato l'immagine agli occhi dei consumatori in parecchi paesi. Total Produce diverrebbe inevitabilmente oggetto di una campagna analoga qualora decideste di investire in Agrexco.
Vi scriviamo per sollecitare un ripensamento su un vostro coinvolgimento in questa società che è chiaramente complice di violazioni del diritto internazionale. Piuttosto che diventare oggetto delle proteste degli attivisti per il rispetto dei diritti umani, Total Produce dovrebbe entrare a far parte di coloro che si rifiutano di fornire sostegno economico all'occupazione e all'oppressione di parte israeliana contro il popolo Palestinese.
Con i migliori saluti,
Stop Agrexco Italia
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Luglio 2011
Noi, palestinesi ed europei, affermiamo insieme la nostra determinazione a porre fine alla presenza di Agrexco in Europa. Le nostre azioni si svolgono nell'ambito della campagna globale guidata dai palestinesi per il Boicottaggio Disinvestimento e Sanzioni (BDS).
Abbiamo creato una coalizione a livello europeo di organizzazioni impegnate a coordinare le nostre campagne di boicottaggio e azioni giudiziarie contro Agrexco. Inoltre, facciamo appello per una giornata europea di azione contro Agrexco, sabato 26 novembre 2011.
Il nostro obiettivo è di costruire un'alleanza più ampia possibile di individui e organizzazioni di tutta Europa interessati al rispetto del diritto internazionale e che rifiutano di essere complici delle violazioni dei diritti del popolo palestinese perpetrate da Agrexco.
Leggi: Dichiarazione politica del Forum europeo contro Agrexco
Stop Agrexco Italia, tra i partecipanti della coalizione europea contro l'esportatore israeliano, rilancia il comunicato stampa del Comitato Nazionale Palestinese per il Boicottaggio Disinvestimento e Sanzioni.
Comunicato Stampa
Cogliendo la crisi finanziaria dell'Agrexco, gli attivisti si impegnano a cacciare l'esportatore israeliano dall'Europa
25 luglio 2011
Con un'udienza per bancarotta in un tribunale di Tel Aviv martedì, l'esportatore israeliano Agrexco è stato negli ultimi mesi oggetto di cattive pubblicità. Ora i suoi problemi sembrano destinati a peggiorare, dopo che gruppi di solidarietà con il popolo palestinese da tutta Europa hanno unito le forze per intensificare una campagna di boicottaggio.
Una nuova coalizione ha promesso giovedì scorso di "porre fine alla presenza dell'Agrexco in Europa". Ventitre organizzazioni hanno firmato una dichiarazione che afferma di aver istituito un meccanismo per coordinare le campagne di boicottaggio e azioni legali nei confronti dell'esportatore israeliano.
Il 17 giugno, attivisti impegnati nella campagna per il boicottaggio dell'Agrexco, il principale esportatore israeliano di prodotti agricoli, hanno preso parte ad una azione alla sede italiana in via Camillo Hajech 10, nel centro di Milano.
Entrando nell'ufficio di rappresentanza italiano dell'azienda, gli attivisti hanno consegnato dei cesti di frutta e di verdura marce, a simboleggiare i prodotti agricoli dei palestinesi che marciscono ai checkpoint israeliani in Cisgiordania. Mentre i prodotti delle piantagioni degli insediamenti israeliani costruiti illegalmente nei Territori palestinesi occupati trovano la via facile verso i mercati europei con l'Agrexco – l'azienda, per il 50% proprietà dello Stato di Israele, esporta il 70% di tutti i prodotti agricoli coltivati sulle terre confiscate – i palestinesi trovano la strada sbarrata dai posti di blocco israeliani.
Leggi: Alla sede dell'Agrexco Italia, consegnata la frutta marcia dell'Apartheid israeliana