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Una causa contro i crimini di colonizzazione
La Confederazione Contadina, l'UJFP (Unione degli Ebrei Francesi per la Pace), la Cimade, ISM Francia (International solidarity movement), la CCIPPP (Campagna Civile Internazionale per la Protezione del Popolo palestinese) e l'AURDIP (Associazione degli Universitari per il Rispetto del Diritto Internazionale in Palestina) membri della Coalizione contro Agrexco (Francia) stanno intraprendendo una causa civile contro Carmel-Agrexco davanti al tribunale di Créteil.
La politica di Israele si basa su una violazione costante del diritto internazionale.
Israele si appropria delle terre che non gli appartengono per cacciare i Palestinesi ed insediare la propria popolazione. Questa politica sistematica di colonizzazione si basa sullo sfruttamento economico dei territori, che ne rappresenta la condizione di sostenibilità. Inoltre, la colonizzazione e lo sfruttamento economico dei territori formano un'unità indissociabile.
- Sinokrot mira a competere con i coloni israeliani
- La perdita del mercato di Gaza ha catalizzato il passaggio all'agricoltura
- Il magnate vede prospettive per investimenti palestinesi in agricoltura
Gerico, Cisgiordania, 27 maggio (Reuters) - Il blocco imposto da Israele alla Striscia di Gaza ha impedito all'imprenditore Mazen Sinokrot l'accesso ad un terzo del mercato palestinese e lo ha costretto alla diversificazione.
Oggi, invece di commerciare wafer al cioccolato ai palestinesi che distano soli due ore dalle sue fabbriche in Cisgiordania, esporta pomodorini coltivati nella Valle del Giordano verso l'Europa.
"Abbiamo iniziato a diversificare - non aumentando le nostre capacità esistenti, ma diversificando in modo da ricavare almeno più utili per sopravvivere", ha detto Sinokrot, capo di un gruppo di imprenditori che producono di tutto, dai guanti chirurgici all'acqua minerale.
Nel suo stabilimento d'imballaggio Palestinian Gardens nella Valle del Giordano, pomodorini coltivati su terreni di Sinokrot o provenienti da altri coltivatori palestinesi escono dalla linea di produzione in scatole di plastica destinati agli scaffali dei supermercati esteri.
L'idea è sfruttare il clima unico e sotto il livello del mare della Valle del Giordano, sempre più caldo delle aree circostanti, per coltivare e esportare prodotti agricoli quando le stagioni sono terminate altrove nel mondo.
Leggi: Intervista: Sparito il mercato di Gaza, le esportazioni palestinesi verso l'Europa
di Amira Hass
Alcuni supermercati italiani hanno deciso di bandire i prodotti Agrexco. Anche Amira Hass sceglie con attenzione cosa comprare e cosa no.
Ogni volta che entro in un negozio israeliano esamino attentamente l'origine del prodotto. Il miglior vino d'Israele è fatto sulle alture del Golan, occupate, e quindi non lo compro mai. Penso ai 15mila siriani che nel 1967 furono espulsi dalle loro terre.
I migliori ortaggi biologici sono coltivati nelle colonie del sud della Cisgiordania e della valle del Giordano. Lì i coloni dispongono di grandi quantità di acqua, mentre le vicine comunità palestinesi non sono collegate alla rete idrica.
Poi ci sono le uova di gallina provenienti dall'insediamento di Itamar, dove i soprusi dei coloni e le restrizioni militari hanno reso la vita impossibile ai palestinesi. Ma questi prodotti non si trovano solo in Israele.
Certi negozi di Ramallah vendono, consapevolmente o no, alcuni prodotti degli insediamenti. I funghi secchi, per esempio, provengono dalla colonia di Teqoa (anche qui i palestinesi soffrono di una cronica mancanza d'acqua). Una recente legge palestinese che vieta la vendita di prodotti degli insediamenti non è ancora applicata ovunque.
Molti israeliani si comportano come me. Questo fa di noi degli antisemiti? Sembrerebbe di sì, stando al putiferio suscitato dalla decisione (poi revocata) di alcune catene di supermercati italiani di bandire i prodotti Agrexco, perché l'etichetta non indica se provengono da Israele o dalle colonie. Ma è meglio essere accusati di antisemitismo che mangiare ortaggi annaffiati di razzismo.
Amira Hass è una giornalista israeliana. Vive a Ramallah, in Cisgiordania, e scrive per il quotidiano Ha'aretz
Fonte: Internazionale
La catena di supermercati sospende la distribuzione dei prodotti Carmel
Dopo un anno di campagna, una prima vittoria per la coalizione "Stop Agrexco", fondata a Pisa. La Coop ha deciso infatti di sospendere le forniture dei prodotti Carmel Agrexco per ragioni di chiarezza verso il consumatore. Molte associazioni e ONG aveva evidenziato nei mesi precedenti come molti dei prodotti distribuiti dal colosso provenissero dai Territori Occupati della Palestina. La dichiarazione arriva dunque dopo un anno di campagna portata avanti da "Stop Agrexco", coalizione che nasce proprio a Pisa nell'ottobre 2009, durante il meeting nazionale della campagna BDS. Tra le organizzazioni che compongono il cartello di Stop Agrexco spiccano Pax Christi, la FIOM-CGIL, la Federazione della Sinistra e la rete degli Ebrei Contro l'Occupazione.
A Pisa la campagna è portata avanti dal gruppo BDS-Pisa, che in questi mesi ha organizzato volantinaggi nei supermercati della città e momenti di confronto anche con i soci Coop.
L'Agrexco, azienda per metà di proprietà dello Stato di Israele che commercializza prodotti ortofrutticoli, è obiettivo di molte campagne di boicottaggio soprattutto in Europa. L'accusa è che i suoi affari siano strettamente legati all'economia dell'occupazione. Dirigenti dell'azienda stessa, infatti, hanno dichiarato che Agrexco esporta il 60-70% dei prodotti provenienti dai Territori Occupati in Cisgiordania e nelle Alture del Golan. Recentemente i vertici di Agrexco Italia si sono difesi dichiarando che il 99,6% dei prodotti importati in Italia provengono dall'interno dei confini di Israele, dichiarazione quanto mai ambigua considerando che Israele è l'unico paese a non aver mai dichiarato i propri confini. Tale motivazione non ha dunque convinto i dirigenti Coop.
COOP sulla sospensione temporanea di merci prodotte nei territori palestinesi occupati: "Non accettiamo le accuse di razzismo o di discriminazione nei confronti di Israele. Ripetiamo che il nostro non è un boicottaggio, ma una sospensione commerciale limitata a quelle merci e non ai prodotti israeliani. ".
In merito alla decisione presa di sospendere la vendita delle merci provenienti dai territori palestinesi occupati e a seguito del perdurare di reazioni allarmate e di accuse di razzismo, Coop precisa di non aver mai effettuato nessun boicottaggio su Israele nè su altri, essendo questa una modalità estranea al proprio modo di operare e che spetta eventualmente ai singoli consumatori.
A seguito di richieste dei propri soci e consumatori in merito all'origine di alcuni prodotti ortofrutticoli etichettati "made in Israel", ma potenzialmente provenienti anche dai territori occupati, Coop ha richiesto di sospendere l'approvvigionamento esclusivamente dei prodotti provenienti da queste aree, al fine di valutare se esistono possibilità di specificare maggiormente l'origine e così da salvaguardare un diritto di informazione al consumatore.
A riprova di nessun atteggiamento ostile, Coop sta attualmente commercializzando regolarmente i prodotti israeliani: le arachidi a marchio Coop provengono proprio da aziende agricole del territorio di Israele (oltre che dall'Egitto).
Siamo fiduciosi di poter trovare in breve tempo, con la collaborazione del fornitore, una soluzione per una informazione più completa e per la riammissione in vendita dei prodotti.
Roma, 25 maggio 2010
Per informazioni:
Silvia Mastagni – responsabile ufficio stampa Coop
Tel. 06 441811 – Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
26 maggio 2010
La Coop e la Conad sono state invitate da un gruppo di Ong e associazioni (Attac, Pax Christi, Federazione della Sinistra, Fiom Cgil, Forum Palestina, Un Ponte Per, Ebrei contro l'occupazione, Donne in Nero) a togliere dai loro scaffali le derrate agricole israealiane importate dalla società Agrexco, perché provenienti dai Territori della Giudea e della Samaria. Ne parliamo con Shimonal Alchasov, direttore amministrativo dell'azienda israeliana, convinto che una scelta del genere finirebbe per influenzare negativamente la "pace economica" in Medio Oriente.
Dottor Alchasov, Coop e Conad smentiscono di aver indetto un "boicottaggio" ai danni di Israele ma sono state pesantemente attaccate da alcuni politici italiani
Preferirei non parlare di politica. Lavoro dal '73 in Agrexco, ho vissuto in Francia e anche nel vostro Paese. La nostra azienda si occupa di esportare derrate agricole che vengono da produttori ebrei, cristiani, musulmani. Noi pensiamo alla qualità del prodotto, non alle questioni politiche.
Coop e Conad effettivamente sostengono di voler evitare che sugli scaffali arrivi merce non etichettata e di cui, dunque, non si può stabilire l'esatta provenienza e qualità
Le dico una cosa: la nostra azienda esporta molto prodotti in Italia, dai pompelmi all'avocado, ma la quantità di merce che arriva da quelle che Lei ha definito "Colonie" si aggira intorno allo 0,4 per cento del totale. A parte qualche erba aromatica, onestamente mi sembra di poter dire che nel vostro Paese non arrivano derrate agricole coltivate nei territori di Giudea e Samaria.
Leggi: Agrexco: "La Coop dovrebbe pensare alla pace economica fra Israele e Palestina"
26 maggio 2010
Ministro Andrea Ronchi, i prodotti israeliani spariscono dagli scaffali di Coop e Conad. È o no un boicottaggio?
«Voglio lasciare il beneficio della buona fede. Ma quello che sta accadendo si inserisce in un quadro più ampio. I grandi soggetti della distribuzione devono sapere che è in corso un boicottaggio dell'Anp (Autorità nazionale palestinese, ndr) che mira a impedire la vendita dei prodotti israeliani».
Le cooperative italiane sostengono che il loro non è boicottaggio (vietato in Italia, ndr) ma che le etichette delle merci provenienti dai Territori non specificano la provenienza. Un pretesto?
«Io credo che in Italia ci sia stata superficialità su questa vicenda, le strutture distributive devono stare attente a non cadere nella trappola».
25 maggio 2010
La nota del gruppo dopo la notizia diffusa da organizzazioni umanitarie
MILANO - Non un boicottaggio, nessuna sospensione delle forniture. Conad precisa così la propria posizione dopo le notizie riportate dalla stampa sul blocco di un prodotto prodotti proveniente da Israele.«In merito alle notizie apparse sulla stampa circa la denuncia da parte di alcune organizzazioni umanitarie relativa alla commercializzazione di prodotti che sarebbero stati coltivati nei Territori Occupati della Palestina, - si legge in una nota del gruppo - si puntualizza quanto segue:
-non è in atto alcuna attività di boicottaggio da parte di Conad; a lanciare campagne di boicottaggio sono le associazioni delle diverse parti in causa che vorrebbero coinvolgere e condizionare Conad, come ben si evince dalle oltre 600 pagine web;
25 maggio 2010
Il gruppo toglie dai suoi scaffali i prodotti delle colonie israeliane. La notizia è stata accolta sui siti d'informazione palestinesi come un grande successo. "Solo una sospensione temporanea per motivi di trasparenza" per Coop. Ma il segnale è forte
La catena di supermercati italiana Coop e la Nordiconad, gruppo cooperativo della Conad che lavora in nord Italia come centro di acquisto e distribuzione, hanno deciso di interrompere la vendita di prodotti provenienti dalle colonie israeliane costruite nei territori occupati.25 maggio 2010
A seguito del boicottaggio contro i prodotti israeliani annunciato qualche giorno fa dai gruppi CONAD e COOP e rilevando in tale boicottaggio la violazione dell'articolo 14 (divieto di discriminazione) della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo l'Associazione Secondo Protocollo ha inviato un esposto alla Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo chiedendo l'apertura di un procedimento contro CONAD e COOP al fine di stabilire se in tale azione vi siano i presupposti di una violazione della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo.
A nostro parere il boicottaggio dei prodotti israeliani annunciato da CONAD e COOP viola l'art. 14 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo nonché dell'art. 2 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani in quanto è da considerarsi un chiaro atto discriminatorio nei confronti dello Stato Ebraico.
Naturalmente sarà la Corte Europea ad esprimere un giudizio su questo gravissimo atto. In ogni caso riteniamo che qualsiasi richiesta di boicottaggio contro lo Stato Ebraico di Israele prefiguri un chiaro messaggio discriminatorio basato su un credo religioso, su un idealo politico o basato sulle origini dei prodotti boicottati in palese violazione dell'Art. 14 della Convenzione Europea dei Diritti Umani.