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di Asa Winstanley
Un anno fa scrissi sulla strategia del Mossad atta a combattere il movimento di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS). In parte, basai la mia tesi sull'analisi dell'ex direttore del Mossad Shabatai Shavit, che aveva scritto al riguardo un importante e poco notato editoriale su Haaretz, quotidiano liberal israeliano.
In quel pezzo Shavit sosteneva, in maniera più sinistra, che "in questa epoca di guerra asimmetrica" le agenzie di spionaggio israeliane non stanno ancora "utilizzando tutte le nostre forze, e questo ha un effetto negativo sul nostro potere deterrente." A me, tutto ciò sembrava equivalere ad una dichiarazione di guerra al movimento BDS. Io ritengo che, a lungo termine, come Israele diverrà sempre più disperato nei suoi (in gran parte falliti) tentativi di combattere il BDS, la cosa più probabile è che realizzerà una sorta di violento attacco agli attivisti BDS.
E' già molto difficile per Israele contrastare il BDS. E' come cercare di contrastare una duna di sabbie mobili. Il BDS è un movimento diffuso e vasto che, anche se ha figure popolari e influenti a sostenerlo, non possiede una leadership centrale o quadri che Israele possa rimuovere con i suoi vari nefasti mezzi. In misura più sostanziale, è piuttosto difficile costringere la gente ad acquistare prodotti israeliani o farla partecipare ad iniziative di propaganda in Israele contro la propria volontà o interesse. Inoltre, anche se alcune persone possono essere corrotte, intimidite o altrimenti costrette al silenzio, è praticamente impossibile fermare tutti quelli che parlano di un'idea o di una strategia.
Tuttavia, ciò non impedisce a Israele di provarci.
di Ghislain Poissonnier, magistrato
[Questo articolo è stato rivisto dall'autore il 7 novembre 2015]
La sezione penale della Corte di Cassazione il 20 ottobre 2015 ha emesso due sentenze, secondo le quali la libertà di espressione non permette si faccia appello al boicottaggio dei prodotti israeliani, il che costituisce pertanto un reato punibile in Francia.
Dodici attivisti della campagna Boicottaggio Disinvestimento Sanzioni (BDS) avevano presentato ricorso in Cassazione contro le due sentenze della Corte d'appello di Colmar il 27 novembre 2013 (CA Colmar Arrêt N12/00304 et Arrêt N12/00305). Nel respingere il ricorso degli attivisti condannati, la Corte di Cassazione ha stabilito che l'appello fatto dagli attivisti ai consumatori a non comprare prodotti israeliani costituisca reato - quello di chiamare alla discriminazione nazionale - e che le condanne della Corte d'appello di Colmar sono quindi coerenti con la legge.
Ricordiamo che gli attivisti avevano partecipato a due azioni del BDS nel 2009 e 2010 in un supermercato nella zona di Mulhouse. Avevano pronunciato slogan, distribuito opuscoli e indossato abiti che chiedevano il boicottaggio dei prodotti israeliani. Perseguiti dal procuratore, erano stati assolti in primo grado dal Tribunale penale di Mulhouse il 15 dicembre 2011. Le due sentenze della Corte d'appello di Colmar, tuttavia, li avevano riconosciuti colpevoli per il reato di incitamento alla discriminazione nazionale. L'infrazione accertata era quella prevista ai sensi dell'articolo 24, comma 8 della legge del 1881 sulla stampa, che punisce con un anno di reclusione e una multa € 45.000 chiunque abbia "provocato alla discriminazione, all'odio o alla violenza contro una persona o un gruppo di persone a causa della loro origine o della loro appartenenza o non appartenenza a un gruppo etnico, nazione, razza o religione." Qui si è trattato specificatamente di provocazione (con qualsiasi mezzo, scritti, slogan, abiti, ecc.) alla discriminazione nei confronti dei produttori e dei fornitori di beni (considerati come un "gruppo di persone") in ragione della loro appartenenza alla nazione israeliana.
Una recente sentenza del tribunale accentua la repressione della Francia nei confronti dell'attivismo in solidarietà con la Palestina.
Il 20 ottobre, la sezione penale della più alta corte di Francia ha confermato la condanna di una dozzina di attivisti solidali con la Palestina, per avere chiesto pubblicamente il boicottaggio dei prodotti israeliani.
Questa decisione della Corte di Cassazione si aggiunge alle già crescenti preoccupazioni per la grave repressione della libertà di espressione, sostenuta dal Presidente francese Francois Hollande, dopo gli omicidi di giornalisti negli uffici della rivista Charlie Hebdo nel mese di gennaio.
Questo fa sì che la Francia, con Israele, sia l'unico Paese a sanzionare gli appelli a non comprare prodotti israeliani.
Ma la legge francese, che prevede sanzioni penali, è probabilmente più severa di quella di Israele, che permette di perseguire per danni finanziari i sostenitori del boicottaggio, ma non metterli in carcere.
Leggi: Appello al boicottaggio: oggi la Francia è più repressiva di Israele
di Glenn Greenwald
La marcia a Parigi sulla “libertà di espressione” dopo [la strage compiuta ai danni di] Charlie Hebdo è stata un inganno come ho scritto allora. In testa c'erano decine di leader mondiali, molti dei quali fanno imprigionare o addirittura uccidere persone che hanno espresso opinioni proibite. La marcia è stata appoggiata da molti esponenti occidentali che ostentano sgomento solamente quando le limitazioni alla libertà di parola sono effettuate da musulmani ma non, come più comunemente avviene, dai propri governi contro i musulmani.
Peggio ancora, la marcia si è svolta in un Paese che in Occidente è uno dei più ostili ai diritti di libertà di parola, come la Francia ha presto dimostrato nei giorni successivi alla manifestazione rastrellando e incriminando musulmani e altri attivisti anti-Israele per avere manifestato le loro idee politiche.Un bel libro di un filosofo francese, Emanuel Todd, pubblicato quest'anno e che ha avuto molto successo, afferma che queste marce per “la libertà di espressione” sono state una “farsa” in cui c'erano diverse posizioni politiche – nazionalismi, rivendicazioni identitarie, pregiudizi contro i musulmani – che niente avevano a che fare con la libertà di parola.
Gli attivisti di Mulhouse solidali con il popolo palestinese condannati (Collectif Boycott 68), Coordination Mulhouse / Palestine Association France Palestine Solidarité Alsace, Association REDA, Maison de la Citoyenneté Mondiale, Association JID, Comité BDS France Mulhouse, Solidarité Paix Moyen Orient (SPMO), LDH, Justice Pour La Palestine, PCF68, Alternatives & Autogestion 68.
Comunicato stampa
«Condannati perché solidali con il popolo palestinese!»
La condanna da parte della Corte Suprema di Mulhouse di 12 attivisti del Collectif Boycott 68 ci lascia sbalorditi!
Questi attivisti che hanno partecipato nel 2009 e nel 2010 ad una campagna internazionale di "Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni" denunciavano con la loro azione l'occupazione della Palestina da parte di Israele, il furto della terra e la colonizzazione in Cisgiordania, il blocco, le guerre contro la popolazione civile di Gaza e la violazione di tutti i diritti umani del popolo palestinese. Chiamavano l'opinione pubblica francese a sostenere l'azione portata avanti dalla società civile palestinese, sostenuta da numerose associazioni di pace nel mondo e anche in Israele, per costringere lo Stato di Israele a rispettare il diritto internazionale.
Così in Francia, in un clima di criminalizzazione dei cittadini che lottano, diventerebbe impossibile denunciare la politica di Israele, Stato criminale, che da quasi 70 anni viola il diritto internazionale? Dopo questa condanna, sarebbe diventato oggi impossibile boicottare il Sudafrica per lottare contro l'apartheid? Eppure, negli anni 70/80, il boicottaggio del Sud Africa condotto contro questo Stato razzista è stato un fattore chiave che ha portato all'abolizione dell'apartheid, vittoria del progresso umano.
Leggi: BDS in Francia: «Condannati perché solidali con il popolo palestinese!»
Ilan Pappé, lo storico israeliano ha criticato un’università italiana per aver aver ceduto alle “intimidazioni Sioniste” cancellando un dibattito nel quale era stato invitato a intervenire.
di Stephanie Westbrook*
Solo pochi giorni prima del dibattito che si sarebbe dovuto tenere il 16 febbraio, l’Università di Roma Tre ha negato agli organizzatori l’uso del suo prestigioso Centro di Studi italo-francesi dove si doveva svolgere. L’evento – che avrebbe dovuto trattare l’uso e l’abuso dell’identità in Europa ed in Medio Oriente – si è tenuto lo stesso, ma in una sede differente.
La cancellazione all’ultimo minuto è un altro caso di censura preventiva da parte di un’istituzione di alto livello. “È molto fastidioso vedere come viene trattata la libertà di parola in Europa”, ha detto Pappé a «The Electronic Intifada». “Mettere in ridicolo il profeta Maometto in una vignetta è la cartina di tornasole per una società che cura teneramente la libertà di parola; tuttavia una normale ed aperta conversazione su Israele e Palestina è condannata come un incitamento all’odio”.
Le ragioni iniziali date dall’Università parlano di “errori procedurali”. Pappé ha trovato questa scusa addirittura più sinistra della verità. “Nessuno può veramente dire in modo aperto di voler rifiutare un dibattito sulla Palestina, così dagli eventuali gestori delle sedi di tali eventi solitamente vengono menzionati problemi tecnici, mentre le lobbies sioniste celebrano più apertamente l’ennesimo caso in cui sono riuscite a mettere a tacere i dibattiti sulle politiche di Israele in Palestina”, ha dichiarato Pappé, che è noto a tutti per aver documentato come le forze sionisteabbiano cacciato dalle proprie terre circa 800.000 Palestinesi e distrutto più di 500 villaggi nel 1948. Effettivamente, un sito filo-israeliano, «Informazione Corretta», ha subito cantato vittoria, affermando che ringraziava gli “amici di Roma” per aver negato la sede in seguito alle proteste per la sua vicinanza al quartiere ebraico della città.
Il buonsenso, e forse un rinnovato apprezzamento per i principi fondamentali, sembra ostacolare una legge pericolosa che, col tentativo maldestro di mostrarsi a favore di Israele, minerebbe la libertà di parola.
Venerdì scorso BuzzFeed, citando uno stratega democratico sostenitore di Israele, ha riferito che due grandi gruppi ebraici – l’Aipac, [la potente e influente lobby statunitense nota per il forte supporto allo stato di Israele, ndt] e l'Anti-Defamation League, la Lega Antidiffamazione (degli ebrei) - non intendono sostenere al Congresso il disegno di legge sul ritiro del finanziamento federale alle istituzioni accademiche statunitensi che boicottano Israele.
"Dicono che non c’è modo che lo sosterranno", lo stratega avrebbe detto. Speriamo che abbia ragione.
Leggi: Il boicottaggio di Israele e il Primo Emendamento. Disegno di legge anti-BDS negli USA
La legislatura Newyorkese si sta muovendo per approvare una legge che escluderebbe il finanziamento statale ai gruppi accademici che hanno preso parte ufficialmente al boicottaggio degli istituti di istruzione superiore in Israele. L'iniziativa, che la scorsa settimana è passata al Senato dello stato di New York, è attualmente in attesa dinanzi all'Assemblea dello Stato di New York. Dovrebbe essere bocciata dai legislatori, o, se si dimostrassero inetti, il governatore Andrew Cuomo dovrebbe porre il veto.
Il disegno di legge è stato introdotto dopo che l'American Studies Association, un'organizzazione di studiosi, nel mese di dicembre ha adottato una risoluzione a sostegno di un appello dei palestinesi al boicottaggio delle istituzioni accademiche israeliane. Il gruppo ha dichiarato che avrebbe rifiutato collaborazioni formali con le istituzioni accademiche israeliane o con studiosi che rappresentano le istituzioni o il governo israeliano fino a quando "Israele cessi di violare i diritti umani e il diritto internazionale." Il boicottaggio non si applica ai singoli studiosi israeliani impegnati in scambi ordinari.