Caro Moby,

abbiamo appena letto il tuo messaggio, nel quale ti scusi  per "aver turbato alcune persone" con la tua decisione di suonare in Israele. Infatti, siamo turbati. E visto che hai tirato in ballo anche Berlusconi in tutto questo, ti vogliamo rispondere. 

Siamo d'accordo quando dici che, visitare l'Italia, come farai questo fine settimana, non vuol dire sostenere Berlusconi. Certo, ma, e qui sta la differenza  importante non esiste un  appello che chiami al boicottaggio dell’Italia, come modalità  per esercitare pressioni su Berlusconi affinché cambi le sue politiche. Lo  stesso non si può dire  per Israele!

 

Oltre 170 organizzazioni della società civile palestinese, proprio le persone che soffrono direttamente le conseguenze delle politiche israeliane, hanno chiesto il boicottaggio di Israele fino a quando non si conformerà al diritto internazionale. E il boicottaggio, come abbiamo già spiegato, è sostenuto da artisti internazionali, e da  persone importanti  come l'arcivescovo Desmond Tutu e il  relatore speciale delle Nazioni Unite sulla Palestina, Richard Falk.

Può essere benissimo che al tuo concerto nel Nord Italia ci saranno fan provenienti dalla Slovenia o dall'Austria. Lo stesso non si può dire per i tuoi fan della Cisgiordania o di Gaza, cui è vietato di venire e  vederti suonare a Tel Aviv, anche se lo desiderano.

E per quanto Berlusconi possa essere imprevedibile, puoi stare tranquillo che il tuo concerto non verrà utilizzato da lui per legittimare le sue politiche, cosa che non si  può dire invece per il governo israeliano: gli artisti che suonano in Israele, infatti, vengono utilizzati come alibi per creare un alone di normalità attorno ad uno stato che, da decenni, sta portando avanti un'occupazione illegale e politiche di apartheid.  Proprio lo scorso giugno, durante una kermesse israeliana a Milano sponsorizzata dal governo di Tel Aviv, all’interno dell'installazione multimediale sulla piazza principale della città, sono stati usati  videoclip di star internazionali che suonavano a Tel Aviv, illustrando chiaramente, che, con Israele, non è possibile  separare la musica e la politica.

È certamente vero, come dici tu, che quasi tutti i paesi hanno aspetti discutibili della loro politica estera, e l'Italia non è esclusa. Tuttavia, pochi hanno dato vita ad un movimento internazionale di boicottaggio, in cui fondi pensione statali scelgono di disinvestire, le star annullano concerti, università interrompono i rapporti, consumatori controllano le etichette, e premi Nobel esprimono pubblicamente il loro sostegno.

Non importa che tu dica di voler solo un "contatto con la gente attraverso la musica", non c'è niente da fare, suonare in Israele vuol dire violare l'appello per il boicottaggio. Non c'è niente da fare, si tratta di intrattenimento per l'apartheid. Non c'è niente da fare, il tuo spettacolo verrà utilizzato per legittimare le politiche israeliane. 

Avresti suonato a Sun City durante il boicottaggio del Sudafrica dell'apartheid? Avresti insistito sul tuo semplice desiderio di avere un contatto con i bianchi vi attraverso la tua musica?

Make love, fuck war. E non suonare per l'apartheid.

Cordiali saluti,

BDS Italia