Boicottaggio sportivo
Il calcio palestinese mira all’espulsione di Israele in quanto le restrizioni sulla libertà di movimento dei giocatori incidono sulle loro prestazioni
La Federcalcio palestinese (PFA) mira ad un divieto della FIFA per i loro omologhi israeliani, dopo anni in cui si assiste al fallimento di un calcio giocato sotto occupazione.
Ma una tale mossa risolverebbe qualcosa?
Israele attualmente occupa illegalmente la Cisgiordania, Gerusalemme Est e esercita un blocco sulla Striscia di Gaza. Ciò rende il lavoro del PFA piuttosto difficile. Restrizioni per i giocatori che si muovono nei, fuori dai e tra i territori palestinesi sono solo alcuni dei molti problemi che deve affrontare mentre cerca di sviluppare lo sport sotto l'occupazione. Questo in aggiunta agli spari ai giovani calciatori da parte delle forze di sicurezza israeliane.
La FIFA riconosce il problema e ha istituito una task force lo scorso anno con l'obiettivo di far firmare un accordo ad entrambi in modo da risolvere il problema prima del Congresso FIFA di giugno a San Paolo. Però, se l'accordo non soddisfacesse le sue aspettative, la PFA prevede di lanciare un tentativo audace per ottenere l’espulsione di Israele dalla FIFA.
Per il secondo anno consecutivo, 30 corridori della Striscia non potranno prendere parte alla maratona di Betlemme. Tra loro l’olimpionico al-Masri. La Corte Suprema rigetta la sua petizione.
di Chiara Cruciati
A due giorni dalla seconda maratona di Palestina, giunge atteso il primo no israeliano: trenta atleti residenti nella Striscia di Gaza non potranno prendere parte alla corsa che attraverserà la città di Betlemme, il Muro e i suoi campi profughi. Era successo anche lo scorso anno, quando i 28 corridori gazawi che fecero domanda di partecipazione si videro rifiutare il permesso di uscita dalla Striscia e non poterono unirsi agli oltre 650 atleti che corsero lungo le strade di Betlemme.
Tra i 30 atleti esclusi, anche l’olimpionico Nader al-Masri. Inutile l’appello alla Corte Suprema israeliana perché cancellasse il rifiuto da parte delle autorità israeliane: ieri l’Alta Corte ha rigettato la petizione presentata a favore di al-Masri dall’associazione per la protezione della libertà di movimento, Gisha. “Viste le circostanze descritte, non possiamo accettare l’appello”, ha sentenziato il giudice Daphne Barak-Erez, aggiungendo che la magistratura non può intervenire sulle decisioni discrezionali del Ministero della Difesa. “Si spera – ha concluso – che in futuro la situazione della sicurezza migliorerà permettendo l’allentamento di tali restrizioni”.
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Dopo l'allenamento, Jawhar Nasser (19 anni) e Adam Abd al-Raouf Halabiya (17) sono stati colpiti ai piedi ad un checkpoint in Cisgiordania: rischiano di non poter più camminare
di Luca Pisapia
Il 31 gennaio scorso un gruppo di soldati israeliani a un checkpoint vicino ad Al-Ram, inCisgiordania, hanno sparato a Jawhar Nasser, di 19 anni, e Adam Abd al-Raouf Halabiya di 17 anni: giovani promesse della nazionale palestinese che tornavano da un allenamento. Adesso i due ragazzini non potranno mai più giocare a calcio. Forse nemmeno camminare. Con negli occhi il volto di questi due adolescenti, nella memoria l’assurda storia di Mahmoud Sarsak – stella della piccola nazionale Palestinese ingiustamente incarcerato e torturato nelle prigioni israeliane senza nemmeno un processo, e uscito solo dopo che uno sciopero della fame aveva debilitato irreversibilmente i suoi organi - il presidente della federcalcio palestinese Al-Rajoub ha detto che il prossimo giugno in Brasile chiederanno ufficialmente che Israele sia estromessa dalla Fifa.
Insieme a lui ci saranno molte federazioni mediorientali e nordafricane, difficile l’appoggio dellefederazioni europee. Un portavoce della polizia di frontiera israeliana ha detto che i due ragazzini passavano davanti a un checkpoint subito dopo che un gruppo di terroristi aveva tirato bombe alla postazione, e che le milizie palestinesi usano il calcio per portare armi da una parte all’altra del confine. I soldati coinvolti nella sparatoria avrebbero detto che i due volevano attaccare il checkpoint. Le due vittime, che tornavano da una sessione di allenamento allo stadio Faisal al-Husseini di Al-Ram, hanno invece detto che i soldati hanno sparato loro senza nemmeno lanciargli un avvertimento. Il sospetto che sapessero benissimo che erano due calciatori è dato dal fatto che gli israeliani abbiano sparato loro appositamente sui piedi.
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Mentre 25mila corridori prendevano parte alla corsa israeliana, la polizia fermava la contro-iniziativa palestinese nel quartiere arabo di Issawiya. Almeno due gli arrestati.
Doppia maratona con esiti ben diversi quella corsa oggi nella di Gerusalemme. Oggi, 21 marzo, è il giorno della quarta maratona israeliana: stanno prendendo parte alla corsa 25mila corridori, impegnati in un percorso intorno alle mura della Città Vecchia fino al Monte Zion e al Monte Scopus.
La città è blindata, chiusa al traffico fino alle 13.30. Ma non solo al traffico: immediatamente bloccata la contro maratona palestinese, organizzata come risposta all’evento israeliano, che da quattro anni ha tra suoi obiettivi l’affermazione della natura ebrea di Gerusalemme, spiegano gli organizzatori della contro-manifestazione.
La maratona palestinese era partita stamattina dal quartiere di Issawiya, uno dei più martoriati a Gerusalemme Est, ed è stata subito fermata dalla polizia israeliana. I manifestanti, tra cui molti bambini, sventolavano bandiere palestinesi e indossavano una t-shirt con su scritto “La terza maratona di Gerusalemme per l’identità araba della città”.
Dopo l’aggressione della polizia, riportano alcuni siti palestinesi, i manifestanti sono fuggiti. Almeno due gli arrestati. Intanto in Città Vecchia, oltre a chiudere al traffico la zona vicina alla Città Vecchia, le forze di polizia israeliane hanno impedito ai fedeli musulmani di raggiungere la Moschea di Al Aqsa per la preghiera del venerdì. Un evento sempre più frequente negli ultimi tempi, dopo la proposta del parlamentare del Likud Moshe Feiglin, di porre la Spianata delle Moschee sotto il controllo israeliano.
Ieri lo stesso Feiglin ha “visitato” la Spianata, un atto considerato offensivo dai palestinesi della città che hanno subito reagito con proteste, slogan e lancio di pietre. Due manifestanti sono stati arrestati, mentre la polizia scortava fuori il parlamentare della destra israeliana.
Fonte: Nena News
Firma la petizione che chiede alla FIFA di sospendere Israele
di Dave Zirin
I loro nomi sono Jawhar Nasser Jawhar, 19 anni, e Adam Abd al-Raouf Halabiya, 17. Una volta erano giocatori di calcio in Cisgiordania. Ora non riusciranno mai più a praticare alcuno sport. Jawhar e Adam stavano percorrendo la strada di casa dopo una sessione di allenamento nello stadio Faisal al-Husseini il 31 gennaio, quando le forze israeliane hanno sparato su di loro mentre si avvicinavano ad un checkpoint. Dopo essere stati colpiti ripetutamente, sono stati azzannati dai cani al checkpoint e poi picchiati. Dieci proiettili sono stati sparati nei piedi di Jawhar. Adam una pallottola per piede. Dopo essere stati trasferiti da un ospedale di Ramallah al Re Hussein Medical Center di Amman, hanno ricevuto la notizia che il calcio non avrebbe fatto più una parte del loro futuro (la pattuglia israeliana di frontiera sostiene che i due giovani erano in procinto di lanciare una bomba).
Questo è solo l'ultimo caso in cui i calciatori palestinesi sono presi a bersaglio da parte dell'esercito e delle forze di sicurezza israeliane. La morte, le ferite o la reclusione sono state, e sono ancora oggi, una realtà per diversi membri della squadra nazionale palestinese nel corso degli ultimi cinque anni. Provate a immaginare se i membri della squadra Campione del Mondo, la Spagna, venissero imprigionati, fucilati o uccisi da un altro paese e immaginate l'indignazione internazionale dei media che ne deriverebbe. Immaginate se i militari di un'altra nazione sparassero ai piedi dei giovani prospetti del Brasile. Ma, tragicamente, questi eventi lungo i checkpoint hanno ricevuto poca attenzione sulle pagine sportive, tantomeno sulle altre pagine.
Leggi: Dopo l'ultimo incidente, il futuro di Israele nella FIFA è incerto
La storia del corridore olimpico al Farra e delle difficoltà di fare sport a Gaza. Le violazioni israeliane nel rapporto della Federcalcio palestinese. Due atleti feriti a febbraio: non potranno più giocare.
Testo e foto di Rosa Schiano
All’ombra degli spalti dello Stadio Yarmouk di Gaza City, ancora danneggiati dai bombardamenti israeliani, il giovane corridore olimpico dei 400 metri, Bahaa Al Farra, si allena. Bahaa aveva partecipato alle Olimpiadi di Londra nel 2012 insieme ad altri tre atleti palestinesi: “Ho iniziato a correre all’età di 14 anni, di solito usavamo gareggiare tra studenti. Gli allenatori assistevano alle competizioni e selezionavano i migliori giocatori”.
È così che ha conosciuto 7 anni fa il suo attuale allenatore Ibrahim Abu Hasira: “Nel 2005 avevo avuto la possibilità di gareggiare in una competizione in Egitto, ma a causa della chiusura del valico non ho potuto partecipare. Ogni volta che si presentano occasioni affrontiamo problemi legati all’assedio ed alle aggressioni militari. Diverse volte ho interrotto l’attività sportiva per depressione o cattivo umore. La prima volta che sono uscito dalla Striscia è stato nel 2011 quando mi sono recato in Corea, ero molto motivato. Poi nel marzo 2012 ho gareggiato in Instanbul e nell’agosto 2012 a Londra per i giochi olimpici. Dopo una settimana però ci hanno detto che saremmo dovuti ripartire; infatti, a causa dei problemi nel Sinai, avremmo rischiato di non poter rientrare nella Striscia”.
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Introduzione:
Quando ci si avvicina al tema dello sport palestinese in generale, e del calcio in particolare, è quasi universalmente riconosciuto che questo fiorente movimento sportivo deve far fronte ad una serie di deterrenti e ostacoli, tra cui l'occupazione israeliana si distingue come la forza principale che trattiene.
Il calcio, come uno degli sport più importanti del mondo, è strumento che avvicina le persone, promuovendo l'etica, e costruisce ponti di amicizia tra le nazioni, basati sui valori della pace e della concorrenza leale, eppure le circostanze che l'occupazione israeliana stanno creando per il calcio palestinese sono di danneggiamento del morale dei calciatori giovani che possono solo interpretare queste restrizioni come misure razziste che hanno lo scopo di minare il loro futuro come atleti.
Se questa occupazione intende ostacolare, distruggere, impedire o controllare lo sport palestinese non è il problema di questo articolo, l'autore preferisce lasciare la risposta a questa controversa domanda a seri ricercatori che sono invitati a indagare, e poi decidere.
Leggi: Dossier: Trasgressioni israeliane contro lo sport palestinese (in particolare il calcio)
Oltre 18.000 firme!
La repressione dei Palestinesi da parte di Israele è dura e invasiva. Quando individui ed organizzazioni sportive importanti tacciono di fronte all’ingiustizia essi ne diventano complici:
Nella Cisgiordania occupata, le punizioni collettive privano i Palestinesi del diritto fondamentale alla salute, all’istruzione, alla libertà di movimento, all’acqua e alle attività economiche vitali. Essi sono soggetti alla legge militare, molti sono imprigionati senza processo.
Gaza è una prigione.
Esistono più di cinquanta leggi discriminatorie nei confronti dei Palestinesi cittadini di Israele. Le leggi internazionali sul trattamento delle minoranze vengono disattese.
La pulizia etnica dei Palestinesi continua a ritmo sostenuto, anche dentro lo Stato di Israele, dove il piano Prawer intende “trasferire” 40.000 Beduini dalle loro tradizionali abitazioni nel Negev/Naqab.
Molteplici azioni commerciali e culturali in tutto il mondo chiedono la fine delle politiche repressive e crescono in forza e dimensioni.
Leggi: Firma per esigere che la FIFA sospenda l'associazione calcistica israeliana
Due giovani promesse del calcio nazionale palestinese non potranno mai più scendere in campo; sarà un miracolo – dicono i medici palestinesi – se potranno riprendere a camminare. I dottori dell’ospedale di Ramallah dicono che i due ragazzi – Jawhar Nasser Jawar di 19 anni e Adam Abd al-Rauf Halabiya di 17 – avranno bisogno di almeno sei mesi di trattamenti prima di poter sciogliere la diagnosi, che sembra però lasciare poche speranze.
Il loro sogno si è infranto il pomeriggio del 31 gennaio, mentre tornavano a casa dopo una sessione di allenamento dallo Stadio Feisal Husseini di Al-Ram, quello dove gioca e si allena la nazionale palestinese nei pressi di Gerusalemme, appena oltre il Muro di sicurezza. La tuta sportiva, le scarpe da ginnastica e un borsone a tracolla con gli scarpini e la divisa dentro, hanno allarmato una pattuglia israeliana, che ha giudicato sospetta la loro camminata nei pressi di un checkpoint militare e ha aperto il fuoco a raffica contro la coppia senza preavviso. Poi ha liberato i cani-poliziotto mentre i due ragazzi crollavano a terra in un lago di sangue. Semi-incoscienti per ferite sono stati ammanettati e portati via da un’ambulanza militare e trasportati in un ospedale israeliano di Gerusalemme dove sono stati sottoposti a una serie di interventi chirurgici, prima di essere trasferiti all’ospedale palestinese di Ramallah.
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