Per il secondo anno consecutivo, 30 corridori della Striscia non potranno prendere parte alla maratona di Betlemme. Tra loro l’olimpionico al-Masri. La Corte Suprema rigetta la sua petizione. 

di Chiara Cruciati

A due giorni dalla seconda maratona di Palestina, giunge atteso il primo no israeliano: trenta atleti residenti nella Striscia di Gaza non potranno prendere parte alla corsa che attraverserà la città di Betlemme, il Muro e i suoi campi profughi. Era successo anche lo scorso anno, quando i 28 corridori gazawi che fecero domanda di partecipazione si videro rifiutare il permesso di uscita dalla Striscia e non poterono unirsi agli oltre 650 atleti che corsero lungo le strade di Betlemme.

Tra i 30 atleti esclusi, anche l’olimpionico Nader al-Masri. Inutile l’appello alla Corte Suprema israeliana perché cancellasse il rifiuto da parte delle autorità israeliane: ieri l’Alta Corte ha rigettato la petizione presentata a favore di al-Masri dall’associazione per la protezione della libertà di movimento, Gisha. “Viste le circostanze descritte, non possiamo accettare l’appello”, ha sentenziato il giudice Daphne Barak-Erez, aggiungendo che la magistratura non può intervenire sulle decisioni discrezionali del Ministero della Difesa. “Si spera – ha concluso – che in futuro la situazione della sicurezza migliorerà permettendo l’allentamento di tali restrizioni”.

La petizione presentata da Gisha sottolineava come gli accordi tra Israele e Autorità Palestinese prevedano il rilascio di permessi di uscita per la partecipazione a conferenze o eventi sportivi sponsorizzati dallo stesso governo di Ramallah, come la maratona di venerdì: “Nader al-Masri è un’altra vittima della politica di separazione, delle decisioni vaghe e arbitrarie che ogni giorno danneggiano decine di migliaia di palestinesi che vogliono solo vivere una vita piena e normale – hanno commentato da Gisha – L’udienza all’Alta Corte ha mostrato le gravi carenze di tale politica, che crea una spaccatura dei territori palestinesi ed è in totale contrasto con le politiche dichiarate di Israele che riconoscono l’importanza del mantenimento di una vita civile nei Territori”.

Nader, 34 anni, dopo l’esperienza olimpica in Cina nel 2008, non potrà correre alla maratona, il cui obiettivo mediatico è proprio quello di mostrare la mancanza di libertà di movimento per la popolazione palestinese dei Territori Occupati. Come lo scorso anno, anche stavolta i 42 km di corsa si svolgeranno tutti in Area A (il 18% del territorio della Cisgiordania, sotto controllo militare e civile palestinese), dalla Chiesa della Natività al Muro, dai campi profughi di Aida e Dheisha al villaggio di Al Khader. Lo stesso percorso sarà compiuto più volte vista l’impossibilità di trovare in Cisgiordania uno spazio abbastanza ampio in Area A per percorrere una tale distanza.

Gli organizzatori, l’associazione “Right to Movement”, tornano a lanciare la loro sfida: “Vogliamo dimostrare che il popolo palestinese è in grado di muoversi senza restrizioni in aree estremamente ridotte a causa delle politiche delle autorità israeliane – ci aveva spiegato lo scorso anno Larke Hein, una delle ragazze danesi dietro l’idea di una maratona in Palestina – Guardate il percorso della maratona: non esiste in Cisgiordania una porzione di Area A grande almeno 42 km, necessari a una maratona. I corridori correranno dentro la città di Betlemme, lungo il Muro e attraverso i campi profughi per quattro giri consecutivi”.

Lo scorso anno, nonostante le restrizioni e i divieti, la maratona si concluse in una festa di piazza: oltre 650 partecipanti, tante donne, tante famiglie e bambini che in scarpe da ginnastica corsero sotto la leggera pioggia di metà aprile che aveva accompagnato l’evento. Quest’anno l’entusiasmo è lo stesso. E anche l’obiettivo: mostrare ai media e alla comunità internazionale le difficoltà di vivere una vita normale per un popolo diviso in enclavi e bantustan, ma anche la capacità di fare sport, di divertirsi e di fare comunità. Nonostante tutto. 

Fonte: Nena News