Il calcio palestinese mira all’espulsione di Israele in quanto le restrizioni sulla libertà di movimento dei giocatori incidono sulle loro prestazioni

La Federcalcio palestinese (PFA) mira ad un divieto della FIFA per i loro omologhi israeliani, dopo anni in cui si assiste al fallimento di un calcio giocato sotto occupazione.

Ma una tale mossa risolverebbe qualcosa?

Israele attualmente occupa illegalmente la Cisgiordania, Gerusalemme Est e esercita un blocco sulla Striscia di Gaza. Ciò rende il lavoro del PFA piuttosto difficile. Restrizioni per i giocatori che si muovono nei, fuori dai e tra i territori palestinesi sono solo alcuni dei molti problemi che deve affrontare mentre cerca di sviluppare lo sport sotto l'occupazione. Questo in aggiunta agli spari ai giovani calciatori da parte delle forze di sicurezza israeliane.

La FIFA riconosce il problema e ha istituito una task force lo scorso anno con l'obiettivo di far firmare un accordo ad entrambi in modo da risolvere il problema prima del Congresso FIFA di giugno a San Paolo. Però, se l'accordo non soddisfacesse le sue aspettative, la PFA prevede di lanciare un tentativo audace per ottenere l’espulsione di Israele dalla FIFA.

"Se l'occupazione israeliana si dimostra intransigente nel perseguire le sue politiche razziste e se tutti i buoni sforzi di FIFA, UEFA e AFC falliscono, ci troveremo costretti a porre la questione al congresso", ha detto PFA presidente Jibril Rajoub ad Al Jazeera.

Nonostante la minaccia, gli israeliani credono che le cose stiano procedendo in una direzione positiva. Un portavoce della Federcalcio israeliana (IFA) ha confermato a Al Jazeera che 'l’IFA lavora in piena collaborazione con la FIFA sul tema e negli ultimi mesi c'è stato un miglioramento dei rapporti di lavoro”.

La soluzione?

Per la PFA, l'espulsione di Israele non è lo scopo, se non in ultima istanza. Ma il fatto che se ne parli suggerisce quanto entrambe le parti siano lontane dal raggiungere un accordo. Ottenere l’espulsione di Israele risolverebbe i problemi di PFA?

Oltre alle restrizioni sui movimenti dei giocatori, anche allenatori e dirigenti devono affrontare gli stessi problemi, afferma la PFA, con le forze di sicurezza di Israele che accusano i palestinesi di usare il calcio per nascondere il movimento di armi e militanti.

C'è anche la questione della sicurezza dei giocatori. All'inizio di quest'anno, le forze di sicurezza israeliane avrebbero sparato ai piedi di due giovani giocatori palestinesi. La loro carriera calcistica è finita lì.

La PFA sostiene inoltre che Israele interferisce costantemente nelle trattative per istituire partite amichevoli internazionali.

Se l’espulsione potrebbe non migliorare queste condizioni, potrebbe però essere l'unico modo per portare ad un cambiamento, secondo Uzi Dann, l'editor internazionale per lo sport di Haaretz, un giornale israeliano, che ha detto ad Al Jazeera che la mossa non sarà comunque ‘a beneficio dei palestinesi nel breve termine’.

"Non risolverà il problema delle restrizioni sul movimento subito", ha detto Dann. "Per mia esperienza, solo minacce e pressioni sono in grado di risolvere questo problema. Visto che è una questione di sicurezza, trattare con l'associazione calcistica non può funzionare. Solo le minacce e la pressione possono costringere il governo israeliano ad agire.

"Al momento non prendono la cosa sul serio, ma lo faranno una volta che l'espulsione sia all'orizzonte".

Al centro di questa contestazione è il problema che riguarda il diritto di giocare al calcio. L’occupazione lo impedisce pesantemente. Ma se i palestinesi otterranno l’espulsione di Israele, saranno i giocatori di Israele a soffrire.

Dann ritiene che anche se questo sarebbe ingiusto, è forse necessario.

"Non sarà giusto nei confronti dei giocatori e solleverebbe un’indignazione di massa in Israele. Ma a volte, l’unico modo per ottenere qualcosa è quello di punire qualcuno".

Spazio per svilupparsi

Vi è inoltre il parere che l'unico modo per il calcio palestinese di svilupparsi è attraverso la liberazione politica, e l'espulsione di Israele dalla FIFA è un grosso passo in quella direzione.

Questa è la posizione di Omar Barghouti, un attivista palestinese dei diritti umani e co-fondatore del movimento BDS, che promuove il boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele.

Ha detto ad Al Jazeera che 'l'espulsione di Israele dalla FIFA, nonché da associazioni accademiche, culturali ed economiche internazionali, annienta efficacemente la loro impunità penale e contribuisce alla lotta palestinese per la libertà, la giustizia e l'uguaglianza'.

Barghouti paragona la situazione al Sud Africa dell’Apartheid, il quale è stato espulso dalla FIFA nel 1961, e ricorda che 'l’isolamento internazionale, soprattutto nello sport, è stato un fattore chiave nel porre fine dell'Apartheid' e per il reinserimento del Paese nella FIFA.

Non è chiaro cosa accadrà tra oggi e il congresso della FIFA, che si apre il 10 giugno. Il presidente della FIFA Sepp Blatter è atteso in Medio Oriente per incontrare importanti personaggi politici di entrambe le parti per trovare un accordo. I palestinesi difficilmente si aspettano un buon esito e una spinta per l'espulsione sembra probabile.

L'unico modo per sapere se risolverebbe qualcosa o no potrebbe essere quello di provarlo.

Quello che è certo, comunque, è che a nessun paese piacerebbe l'umiliazione di essere espulso con il cartellino rosso dal “bel gioco” (in inglese “beautiful game” si riferisce al calcio, ndt).

Fonte: Al Jazeera 

Traduzione di BDS Italia