Pubblichiamo un comunicato del Coordinamento Cittadino “Bologna per la Palestina” sull’iniziativa di socie e soci di Coop Alleanza 3.0 che chiedono alla loro cooperativa, per coerenza con i principi del suo Codice Etico, di interrompere la commercializzazione di prodotti israeliani finché Israele non rispetterà i diritti umani e il diritto internazionale.
Questa richiesta è contenuta in una lettera che ha già raccolto oltre mille firme e che sarà consegnata alla direzione della cooperativa. Socie e soci di Coop Alleanza 3.0 possono firmare online la lettera a questo link: https://forms.gle/v2AdDG88uigc8BRX6
Sono stati i valori fondanti della stessa COOP, espressi nel suo Codice Etico, a motivare un gruppo di socie e soci ad attivare, insieme al Coordinamento Cittadino Bologna per la Palestina, l’iniziativa “Socio COOP per la Palestina”, esercitando il proprio diritto/dovere di partecipare alle scelte della Cooperativa, soprattutto su temi di grande rilevanza etica come il rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale.
Il coordinamento, che riunisce 40 associazioni cittadine e nazionali impegnate a chiedere la fine della guerra genocida in corso a Gaza, a denunciare le violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale da parte di Israele e a sostenere il popolo palestinese nella sua lotta per l’autodeterminazione, ha così avviato un dialogo con la COOP inviando, a marzo 2024, una lettera alla Presidenza che chiedeva interrompere con urgenza la commercializzazione di prodotti israeliani finché Israele non rispetterà i diritti umani e il diritto internazionale.
Alla lettera sono seguiti gli interventi di socie e soci in molte assemblee separate della COOP e la consegna di un’ulteriore lettera ai 130 Delegati Nazionali all’Assemblea Generale che si è tenuta il 22 giugno a Bologna.
Per sostenere la nostra richiesta, stiamo adesso invitando soci e socie a firmare questa lettera online.
La lettera ha già raccolto circa un migliaio di firme e non esprime solo l’impegno di socie e soci a non comprare prodotti israeliani ma ribadisce anche la richiesta alla COOP di interrompere immediatamente la commercializzazione dei prodotti israeliani.
Non si tratta quindi di una richiesta di boicottaggio, che pure è uno strumento legittimo di lotta non violenta, come insegna l’esperienza del Sud Africa durante la lotta all’apartheid, e prima ancora, quella di Gandhi nell’India colonizzata dagli inglesi: la legittima richiesta dei soci è stata quella di chiedere l’applicazione del Codice Etico, secondo il quale COOP “esige dai propri fornitori di prodotti e servizi, il pieno rispetto delle normative sul lavoro, dei diritti umani, della salvaguardia dell’ambiente e privilegia le aziende che si dimostrano particolarmente sensibili a questi temi (art. 5.3)”.
Non basta infatti la libera scelta del consumatore: è necessaria anche una assunzione di responsabilità civile da parte della COOP, che peraltro è sempre stata un tratto costitutivo e distintivo della cooperazione rispetto ad altre forme di impresa. Altrimenti, in nome della libertà di scelta, ci si potrebbe aspettare in futuro di trovare sui banchi COOP prodotti di aziende che sfruttano il lavoro minorile, o si basano sul caporalato o su pratiche discriminatorie.
È vero che tra i soci e le socie COOP possono esserci valori, opinioni e sensibilità differenti: ma rimane da chiedersi quali siano i valori della COOP se non sa fare oggi una scelta netta di fronte al genocidio, al colonialismo e all’occupazione.
Colpisce da parte della Presidenza COOP l’assenza di sensibilità civile e politica, e in fondo anche di una adeguata comprensione della realtà. Ma probabilmente si tratta soprattutto di una scelta politica di comodo, quella di non assumere una posizione chiara eludendo volutamente il problema morale denunciato e chiaramente comprensibile.
E’ sconcertante che non si senta la necessità di agire, anche con le più semplici forme di solidarietà, mentre si assiste a un genocidio, con l’uso criminale e perverso della fame come arma di guerra e mentre l’esercito israeliano ogni giorno uccide, mutila e ferisce in modo gravissimo migliaia di civili, donne e bambini, operatori sanitari e umanitari, giornalisti e intellettuali: azioni che hanno portato gli esperti della Commissione Indipendente delle Nazioni Unite a dichiarare, durante la presentazione, il 19 giugno 2024, del loro Rapporto sui crimini di guerra, che “l’unica conclusione possibile è che l’esercito israeliano è uno dei più criminali del mondo”.
Può forse bastare, di fronte a tutto questo, limitarsi a lasciare benevolmente ai consumatori la libertà di non comprare i frutti del genocidio e dell’apartheid, proteggendo così un sistema integrato di dominio, occupazione e oppressione di stampo colonialista?
Per poter parlare di pace, in questo contesto, occorre innanzitutto parlare di decolonizzazione, come sostenuto anche da moltissimi intellettuali ebrei e israeliani e da una parte significativa della comunità ebraica negli Stati Uniti: prese di posizione coraggiose che le lobby filo-sioniste cercano costantemente di mettere a tacere con calunnie sui media mainstream.
Purtroppo, a queste richieste e a queste preoccupazioni, la COOP non ha finora fornito alcuna risposta soddisfacente: il tanto vantato dialogo con i soci sembra lontano dall’essere una realtà. La sensibilità e la responsabilità sociale e civile della COOP, che pure in altri momenti (per esempio nel caso dell’apartheid in Sudafrica) sono state presenti, sembrano essere ormai di facciata.
Mentre continuiamo, a sostegno alla nostra richiesta, a raccogliere l’adesione di soci e socie di altre regioni di Italia alla nostra lettera, rimane un interrogativo: la Coop è ancora in grado di rispettare il proprio Codice Etico e di difenderlo e rivendicarlo come assunzione di responsabilità, di fronte ai propri soci e consumatori?