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Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni per i diritti del popolo palestinese.

Notizie BDS

Notizie internazionali del movimento globale BDS.

Lasciando cadere pretese di democrazia, l'adozione di palesi politiche coloniali darà ancora più forza ad un movimento che è diventato una seria minaccia per Israele

Omar Barghouti*

Israele ha eletto il governo più fanatico della sua storia. Ma molti militanti dei diritti umani e politici palestinesi si aspettano che questo governo, un impresentabile miscuglio di destra, estrema destra e partiti fondamentalisti ebraici, sia la madre di tutte le nubi più nere.

Questa drastica svolta a destra non può, a breve termine, promettere niente di buono per i palestinesi che soffrono sotto il regime di oppressione israeliano. L'assedio di Gaza, la costruzione illegale di colonie, soprattutto a Gerusalemme, la distruzione di comunità palestinesi nella valle del Giordano e nel Naqab (Negev) peggioreranno, esigendo un costo umano ancora più esorbitante.

Ma l'abbandono delle pretese democratiche di Israele e l'adozione di esplicite politiche coloniali rafforzerà anche la già impressionante crescita del movimento globale, non violento e guidato dai palestinesi di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (B.D.S.).

Promosso nel 2005 dalla più ampia coalizione della società civile palestinese, il B.D.S. chiede la fine dell'occupazione israeliana che dura dal 1967, della discriminazione razziale istituzionalizzata, che rientra nella definizione data dall'ONU di apartheid, e sostiene il diritto al ritorno per i profughi palestinesi sradicati e privati delle loro proprietà nel 1948.

Emendamenti alla Camera e al Senato USA attaccano il movimento BDS. Qualcosa di giusto deve essere stato fatto.

di David Palumbo-Liu

La maggior parte delle persone comprende bene come i politici utilizzino lo strumento dell'emendamento per infilare messaggi, apparentemente non collegati, ma politicamente potenti, a normative che sarebbero altrimenti innocue e di routine. Chi avrebbe mai immaginato che un ordinario disegno di legge sul commercio sarebbe stato utilizzato per assumere una posizione controversa e persino radicale sul conflitto israelo-palestinese e in particolare sul movimento BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni)? Eppure, è esattamente quello che è successo.

Di recente, la Camera e il Senato degli Stati Uniti hanno inserito degli emendamenti simili tra loro all'interno del disegno di legge che autorizza i negoziati per il Commercio Transatlantico e la Partnership di Investimento (TTIP) con l'Europa; emendamenti che, con un semplice tratto di penna, tentano di rendere legali gli insediamenti israeliani, la cui illegalità è già stata sancita sia dalle Nazioni Unite sia dal diritto internazionale. Dall'altra parte, i suddetti emendamenti mirano a punire le aziende per avere rispettato proprio quelle leggi internazionali relative a misure in materia di protezione contro il colonialismo.

L'emendamento della Camera, promosso da Peter Roskam dell'Illinois e da Juan Vargas della California, dichiara che il "principale obiettivo della negoziazione degli Stati Uniti" includerebbe ora la volontà di ostacolare "quelle azioni di partner potenziali che direttamente o indirettamente pregiudicano o scoraggiano l'attività commerciale tra gli Stati Uniti e Israele" e anche "quelle azioni, politicamente motivate, di boicottare, disinvestire, o sanzionare Israele, nonché tutte quelle barriere, politicamente motivate, e non tariffarie, imposte su beni o servizi israeliani".

L’occupazione e la colonizzazione della Palestina da parte di Israele, non si manifesta solo a livello militare, ma anche nell'uso politico e strumentale del turismo. Esso viene utilizzato per rafforzare la propria posizione come potere occupante, per mantenere il suo dominio sulla terra e sul popolo palestinese, ma anche per diffondere la propria propaganda a milioni di turisti, tra cui politici, leader di Comunità e giornalisti che ricevono offerte di viaggi gratuiti di prima classe in Israele.

Tutti questi viaggi sono accompagnati da guide israeliano ben preparate il cui scopo principale è quello di diffondere la narrativa ufficiale israeliana a tutti i visitatori. Questa narrativa prevede l’omissione di informazioni cruciali e fa si che non vi sia alcun contatto tra visitatori e comunità locali palestinesi.

Israele, semplicemente, sa che l'esposizione dei turisti alla realtà attuale e storica dell’occupazione avrebbe un effetto di trasformazione sulla maggior parte dei turisti che vanno in Palestina, che, una volta tronati nei propri paesi di origine sarebbero degli avversari delle politiche oppressive di Israele contro i palestinesi. Per esempio, nel 2008 è stata sviluppata per l’industria del turismo una campagna sul  brand israeliano proprio allo scopo di distogliere l'attenzione dall'occupazione.

Come spiega Rifat Kassis, coordinatore di Kairos Palestine: "Ogni anno vengono a Betlemme ed in Palestina milioni di turisti che tornano a casa come nemici della Palestina e ambasciatori di Israele, senza aver parlato con un solo palestinese." Evitando le zone palestinesi i tour israeliani mandano il messaggio che i palestinesi sono pericolosi e che non bisogna dar loro fiducia. Il risultato è che i turisti ritorno a casa con la falsa "conferma" che i palestinesi sono effettivamente una minaccia per la sicurezza di Israele e dei suoi turisti.

La visita di sei giorni nei Territori occupati, organizzata per avviare una collaborazione accademica tra l’ Università di Johannesburg e l’Università di Birzeit, sarebbe stata negata da Tel Aviv per la presa di posizione del governo sudafricano contro la politica israeliana

di Rosa Schiano

Era atteso a Ramallah per una visita nei Territori Palestinesi Blade Nzimande, ministro dell’istruzione sudafricano nonché segretario del partito comunista del paese, il SACP, molto radicato nella società e componente con l’Africa National Congress (ANC), e il sidacato COSATU dell’alleanza tripartitica che governa il paese.
Ma le autorità israeliane avrebbero preso la decisione di negare il visto in risposta della presa di posizione del governo sudafricano contro la politica israeliana. Esprimendo la propria indignazione, Nzimande ha riferito di essere stato informato della decisione dall’ambasciata israeliana che ha mandato indietro la sua domanda senza spiegazioni e senza alcuna comunicazione scritta.

Durante la visita di sei giorni in Cisgiordania, che sarebbe dovuta durata fino al 29 aprile, il Ministro Blade Nzimande avrebbe dovuto incontrare Khawla Shaksheer, Ministro dell’istruzione palestinese e discutere la realizzazione di una collaborazione accademica tra l’ Università di Johannesburg e l’Università di Birzeit, il prosieguo di un accordo firmato quando il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha visitato il Sud Africa a novembre dello scorso anno. Il Ministro avrebbe inoltre dovuto partecipare al lancio del Centro per gli Studi Sudafricani all’Università di Birzeit. Allo stesso modo, un Centro per gli Studi del Medio Oriente avrebbe dovuto essere inaugurato all’Università di Johannesburg.

Nelle colonie israeliane si schiavizza il lavoro minorile palestinese. Invece di stigmatizzare Israele per le sue politiche di sfruttamento della terra, dell’acqua, di donne, uomini e bambini palestinesi, l’Italia invece offrirà una vetrina alle aziende israeliane a Expo2015. 

di Stephanie Westbrook

Una doppia illegalità. Nelle colonie israeliane costruite in Cisgiordania, occupata in violazione del diritto internazionale, si sfrutta anche il lavoro minorile palestinese. È quanto è emerso dal nuovo rapporto di Human Rights Watch, la nota organizzazione internazionale impegnata per i diritti umani.

Il quindicenne Saleh, che ha lasciato la scuola alla seconda media, porta un serbatoio di 15 litri di pesticidi sulle spalle. Spruzza le piante per mezz’ora alla volta, poi riempie di nuovo il serbatoio. Ripete questo ciclo 15 volte durante la sua giornata lavorativa. 

La maggior parte dei bambini intervistati afferma di lavorare con i pesticidi. Non sanno molto delle sostanze chimiche che trattano, ma degli effetti sì. Soffrono di “giramenti di testa, nausea, irritazioni agli occhi ed eruzioni cutanee”. I ragazzi che lavorano nei vigneti dove si usa il pesticida Alzodef, vietato in Europa dal 2008, si riconoscono dalle desquamazioni dell’epidermide. I bambini palestinesi lavorano 6-7 giorni alla settimana, per 8 ore al giorno, anche nelle serre a temperature che si avvicinano ai 50 gradi. Portano carichi pesanti e usano macchine pericolose. Secondo uno studio del 2014 sugli infortuni tra i minori palestinesi che lavorano, il 79% aveva subito un infortunio sul lavoro nei precedenti 12 mesi. E tutto questo per una paga di meno della metà di quella minima garantita dalla legge israeliana e senza assicurazione sanitaria e altri benefit, assicurando così maggiori guadagni alle aziende agricole delle colonie.

Appello di 16 paesi Ue alla Mogherini: Bruxelles si impegni a promuovere l’etichettatura dei beni provenienti dalle colonie nei Territori Occupati. In Israele la Corte Suprema conferma la legge anti-boicottaggio.

Bruxelles torna a fare pressioni per attuare le linee guida della Ue che prevedono l’etichettatura dei prodotti israeliani provenienti dalle colonie in Cisgiordania. Un tentativo cominciato ormai tre anni fa quando l’Unione Europea annunciò l’intenzione di prendere misure in merito alle attività economiche israeliane nei Territori Occupati.

Nel febbraio 2013, la Ue raccomandò ai paesi membri di evitare transazioni con compagnie impiegate nelle colonie e di etichettare i prodotti così da non ingannare i consumatori europei sulla loro reale provenienza. Un percorso lungo che ancora oggi muove i suoi primi passi, come se la raccomandazione fosse stata pubblicata solo poco tempo fa.

E così ieri sedici ministri degli Esteri della Ue hanno scritto alla rappresentante degli Affari Esteri europei, Federica Mogherini, chiedendo l’implementazione del processo di etichettatura dei beni delle colonie. Tra loro i ministri di Francia, Italia, Spagna, Gran Bretagna, Olanda, Belgio, Svezia, Danimarca, Irlanda, Croazia, Malta, Portogallo, Slovenia, Austria, Lussemburgo e Finlandia. “La continua espansione delle colonie israeliane illegali nei Territori Palestinesi occupati e in altri territori occupati da Israele nel 1967 minaccia la prospettiva di un accordo di pace finale e giusto – si legge nella lettera dei 16, pubblicata dal quotidiano israeliano Haaretz – La corretta e coerente implementazione della legislazione Ue sulla protezione dei consumatori e l’etichettatura è necessaria per garantire che i consumatori non siano ingannati da false informazioni. Devono conoscere le origini dei beni che comprano”.

La Corte ha annullato una disposizione di poca importanza della legge, che ha concesso un  risarcimento straordinario più consistente senza la necessità di provare i danni, ma ha lasciato invariato il resto della legge.

Stanotte, 15 aprile 2015, l’Alta Corte Israeliana ha emesso una sentenza di 233 pagine in cui si rigetta la maggior parte di una petizione promossa da organizzazioni per i diritti umani e movimenti politici contro la legge antiboicottaggio. 

La legge, promulgata nel luglio 2011, impone sanzioni nei confronti di individui o enti che promuovano il boicottaggio economico, culturale o accademico delle colonie israeliane in Cisgiordania o dello stesso Israele. Consente a soggetti di richiedere ed ottenere risarcimenti da parte di individui o organizzazioni che abbiano promosso il boicottaggio. Permette inoltre al Ministero delle Finanze di imporre pesanti sanzioni a persone, gruppi e istituzioni [israeliane] che ricevano aiuti statali nel caso in cui invitino o partecipino ad un boicottaggio.  

Le organizzazioni che hanno presentato il ricorso contro la legge hanno aspramente criticato la sentenza dell’Alta Corte:

“Oggi l’Alta Corte si è astenuta dal fare una cosa imprescindibile – difendere la libertà di espressione. La Legge antiboicottaggio è una legge per “ tappare la bocca”. Il suo unico scopo è mettere a tacere le critiche legittime. La decisione della Corte permette di sanzionare la libertà di espressione e il diritto all’azione politica relativamente a temi di discussione oggetto di aspre contestazioni.”

Abbandonata la scuola, fanno un lavoro pericoloso per una misera paga

In un rapporto presentato oggi Human Rights Watch sostiene che le fattorie delle colonie israeliane in Cisgiordania utilizzano lavoro minorile palestinese per la coltivazione, la raccolta e l'impacchettamento dei prodotti agricoli, molti dei quali esportati. Le fattorie pagano ai bambini bassi salari e li sottomettono a condizioni di lavoro pericolose in violazione degli standard internazionali.

Il rapporto di 74 pagine "Maturi per gli abusi: il lavoro minorile palestinese nelle colonie agricole israeliane in Cisgiordania" documenta che bambini anche di 11 anni lavorano in alcune fattorie delle colonie, spesso ad alte temperature. I bambini trasportano carichi pesanti, sono esposti a pesticidi pericolosi ed in alcuni casi devono pagarsi i trattamenti medici per ferite o malattie dovute al lavoro.

"Le colonie israeliane stanno traendo profitto dalle violazioni dei diritti contro i bambini palestinesi," afferma Sarah Leah Whitson, direttrice per il Medio Oriente e il Nord Africa. "I bambini delle comunità impoverite dalle discriminazioni di Israele e dalle politiche di colonizzazione stanno lasciando la scuola e accettando lavori pericolosi perché sentono di non avere alternative, mentre Israele fa finta di niente."

Human Rights Watch ha intervistato 38 bambini e 12 adulti che lavorano in sette fattorie delle colonie nella zona della valle del Giordano, che rappresenta circa il 30% della Cisgiordania e dove si trovano i maggiori insediamenti agricoli.

Presentata dai parlamentari Peter Roskam (repubblicano) e Juan Vargas (democratico), il disegno di legge, oltre ad ostacolare la campagna di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele, scoraggerebbe i potenziali partner commerciali degli Stati Uniti dal partecipare o promuovere azioni contro l’economia israeliana.

di Raffaele Angius

Mentre da un lato i rapporti tra l’amministrazione Obama e Netanyahu non sono mai stati così freddi, dall’altra al Congresso americano arriva una proposta di legge finalizzata a strutturare meccanismi di difesa dell’economia israeliana sfruttando il TTIP (Trattato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti) che nasce con l’obiettivo di rafforzare l’asse commerciale Europa – Stati Uniti.

La “Legge sull’Incremento commerciale e lo scambio tra Israele e Stati Uniti”, presentata dai parlamentari Peter Roskam (repubblicano) e Juan Vargas (democratico) intende colpire esplicitamente la campagna BDS – Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni – la quale promuove misure di boicottaggio delle merci e dell’economia israeliana con l’obiettivo di forzare la fine dell’occupazione dei Territori Palestinesi e delle politiche di segregazione contro il popolo palestinese.

Comunicato del Comitato nazionale palestinese per il BDS

La campagna del BDS ha costato alla Veolia miliardi di dollari in contratti. Ma la Veolia è ancora coinvolta nella gestione della metropolitana leggera di Gerusalemme. Va quindi continuata la campagna di boicottaggio.

Gli attivisti della società civile palestinese hanno salutato la decisione della grande impresa francese Veolia di vendere  quasi completamente le sue partecipazioni finanziarie in Israele  come  un' importante vittoria del movimento globale del Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni. La vendita è la conseguenza di una campagna internazionale contro il ruolo della società nelle illegali colonie israeliane, che costa all'impresa miliardi di dollari in contratti persi.

La campagna di boicottaggio contro la Veolia è partita nel novembre del 2008 a Bilbao, nel Paese basco, per costringere la società a chiudere la sua partecipazione nei progetti illegali israeliani che  forniscono servizi alle colonie nei territori palestinesi occupati (TPO).

Sotto la pressione del BDS, la Veolia non è riuscita a vincere l'appalto di un grande numero di commesse con enti locali europei, degli USA e del Kuwait. Consigli comunali europei hanno  approvato delibere che escludono dalle gare d'appalto la società in quanto coinvolta nelle violazioni israeliane dei diritti umani.