LIBERTÀ. GIUSTIZIA. UGUAGLIANZA.

Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni per i diritti del popolo palestinese.

Notizie BDS

Notizie internazionali del movimento globale BDS.

Fonti ufficiali del ministero degli Esteri israeliano hanno manifestato sorpresa riguardo alla decisione delle Chiese Metodiste Unite (CMU) di disinvestire da cinque banche israeliane per questioni relative ai diritti umani.

Le banche Hapoalim, Leumi, First International Bank of Israel, Israel Discount e Mizrahi-Tefahot sono tra le 39 imprese messe sulla lista nera dal fondo pensione dell'CMU per non aver seguito le linee guida di una politica di investimenti rispettosa dei diritti umani. Anche una società di costruzioni, Shikun & Binui, è stata esclusa per il suo coinvolgimento nella costruzione di colonie.

Secondo il giornale Haaretz, la decisione statunitense è stata presa molto sul serio e sta provocando preoccupazione al ministero degli Esteri. Viene considerata una delle più pericolose decisioni prese fino ad ora da un'istituzione degli USA riguardo all'imposizione di sanzioni contro le imprese israeliane a causa delle loro attività in Cisgiordania.

Il giornale cita fonti ufficiali del ministero degli Esteri israeliano che sostengono che stanno ancora studiando la decisione e le sue conseguenze. Hanno anche detto che cercheranno di prendere contatti con i dirigenti della chiesa per tentare di fare pressioni per un ritiro della decisione o almeno di ridurne l'impatto.

La CMU è una delle maggiori congregazioni protestanti degli Stati uniti, con un numero stimato di sette milioni di membri.

Fonte: Middle East Monitor

Traduzione di Amedeo Rossi

Il sito non riconosce la Cisgiordania e sul sito “cede” tutto allo stato ebraico. Il partito Fatah si ribella: «Stanno lucrando su terre e proprietà rubate»

di Alessio Lana

Talvolta basta una domanda a carattere geografico per scatenare una crisi politica. Il quesito in questione è «Dove vuoi andare?», frase che campeggia all'apertura del sito di house sharing Airbnb. Basta rispondere Gerusalemme per trovarsi in una disputa internazionale sulle colonie israeliane in Palestina. La startup infatti considera gli insediamenti come facenti parte di Israele e non, come risulta da accordi internazionali, all'interno dei territori palestinesi occupati. Airbnb insomma cancella le lotte mediorientali con un colpo di spugna netto e cede tutta la Cisgiordania a Israele in un colpo solo.

Le accuse palestinesi
La cosa non è stata presa bene dalle alte sfere palestinesi. Il responsabile degli Affari esteri nel partito Fatah, Husam Zomlot, sul sito The National ha accusato la startup di attività «illegali e criminali». Airbnb, questa la tesi, sta «lucrando» su «terre e proprietà rubate» ma «verrà un tempo in cui imprese come queste che lucrano sull'occupazione saranno portate di fronte alla giustizia». Per avere una prova delle parole di Husam Zomlot basta cercare casa a Efrat, colonia a una mezz'ora da Gerusalemme che risulta regolarmente registrata in Israele oppure a Kedar o Tekoa, insediamento della West Bank in cui troviamo questo appartamento che nella descrizione è già tutto un programma. «Eleganza mozzafiato. Politica», dice l'annuncio.

Il fondo pensioni della Chiesa Metodista Unita, il più grande gruppo protestante degli Stati Uniti con più di 7 milioni di aderenti, ha messo le cinque più grandi banche israeliane nella lista delle imprese in cui non investire e al tempo stesso ha disinvestito da due di queste banche che aveva nel suo portafoglio, a causa dei loro finanziamenti alla costruzione di insediamenti illegali nei Territori Occupati Palestinesi.

Le cinque banche nella blacklist sono: Bank Hapoalim, Bank Leumi, First International Bank of Israel, Israel Discount Bank, e Mizrahi Tefahot Bank. I titoli venduti ammontano ad alcuni milioni di dollari.

Lo stesso fondo pensioni metodista ha incluso Israele tra una dozzina circa di paesi “caratterizzati da prolungate e sistematiche violazioni dei diritti umani”, come l’Arabia Saudita, la Repubblica Centro Africana e la Corea del Nord.

Gli attivisti per i diritti dei Palestinesi stanno plaudendo a una importante vittoria dopo che Orange ha confermato di aver accolto la loro principale richiesta di porre fine al suo rapporto con la sua affiliata israeliana.

La notizia che la multinazionale sta chiudendo il suo contratto con l'azienda israeliana Partner Communications era stata  riportata  all'inizio di questo mese dai media israeliani.

E 'ormai ufficiale che il marchio Orange Israele cesserà di esistere.

Le donne palestinesi si sono recentemente unite al movimento BDS lanciando le loro campagne locali per spingere la popolazione ad astenersi dall’acquisto dei prodotti israeliani.

Ramallah, Cisgiordania – Sahar Tbaileh ha iniziato la sua attività di boicottaggio dei prodotti israeliani con l’aiuto di tre sue vicine che vivono tra i quartieri di Ain Munjid e al-Masyoun nel centro di Ramallah.

Le donne si sono incontrate a casa di Tbaileh ed hanno unito le loro forze per creare un comitato di donne per diffondere il boicottaggio e spazzare via dal loro quartiere i prodotti israeliani, parlando con le donne, i commercianti e i proprietari di negozi. Il comitato ha anche contattato le scuole del quartiere e discusso l’importanza del boicottaggio con gli studenti, con un’iniziativa senza precedenti che ha avuto inizio il 5 novembre.

Tbaileh ha detto ad Al-Monitor, “E’ stata una campagna spontanea avviata da noi donne, spinte dalla nostra sentimento patriottico della necessità di condurre un boicottaggio. Questa scelta è nata dall'aggressione israeliana contro i nostri giovani e bambini, tenendo anche presente il fatto che i negozi sono pieni di prodotti israeliani per i quali esistono alternative locali.”

di Belen Fernandez

Mentre mi trovavo in Messico all'inizio di dicembre, stavo cercando una parola in un dizionario online quando mi sono imbattuta in un duplice annuncio pubblicitario in spagnolo - in alto e di fianco sullo schermo -  che proclamava Israele "il miglior regalo" per Hanukkah [festività ebraica. Ndtr.].

L'annuncio mi ha portata al sito web della Development Corporation for Israel, comunemente nota come Israel Bonds [Obbligazioni di Israele. Ndtr.], l'operatore finanziario con sede a New York e sottoscrittore per i titoli emessi dallo Stato di Israele negli Stati Uniti.

Israel Bonds è stato fondato nel 1951 da David Ben-Gurion, il primo presidente del consiglio israeliano, ed ha fatto ultimamente affari particolarmente lucrosi, con vendite nel 2015 che dovrebbero superare per il terzo anno consecutivo il miliardo di dollari. Da quando sono comparsi sulla scena, circa 65 anni fa, sono stati venduti bonds per un valore di circa 40 miliardi di dollari in tutto il mondo.

Fonti ufficiali israeliane sostengono che le relazioni diplomatiche saranno compromesse se il Brasile non riconosce Dani Dayan come prossimo ambasciatore a Brasilia

Il Brasile avrebbe respinto la nomina da parte di Israele di un colono come suo prossimo ambasciatore, con un’iniziativa che secondo Israele danneggerà le relazioni diplomatiche tra i due Paesi.

Dani Dayan, un 60enne che vive nella colonia di Ma’ale Shomron in Cisgiordania, è stato nominato in agosto come nuovo ambasciatore israeliano a Brasilia.

Tuttavia il Brasile deve ancora approvare la nomina del diplomatico, nato in Argentina, in seguito a pressioni in Brasile contro la sua nomina e proteste rivolte alla presidentessa Dilma Rousseff a proposito di Dayan.

La nomina ad ambasciatore deve essere approvata dalla nazione ospite – un procedimento noto come “gradimento”. Però, se nessuna approvazione viene espressa entro due mesi, si intende che la scelta non è stata accettata.

Sintesi

Israele vede le linee giuda recentemente  emanate dall'Unione Europea per l'etichettatura di alcuni prodotti delle sue colonie come la punta dell'iceberg. Teme che ciò aprirà la porta a misure più dure contro la sua colonizzazione illegale e sta mettendo in campo le forze filo-israeliane in Europa e negli Stati Uniti. Uno degli argomenti continuamente ripetuti è che l'etichettatura danneggia i lavoratori palestinesi.

In questo documento la responsabile politica di Al-Shabaka Nur Arafeh e le consulenti politiche Samia al-Botmeh e Leila Farsakh sfatano gli argomenti addotti da Israele contro la decisione dell'Unione Europea di etichettare i prodotti delle colonie, dimostrando l'impatto devastante che il sistema delle colonie israeliane ha avuto sull'economia palestinese togliendo ai palestinesi la terra, l'acqua e altre risorse e creando una massiccia disoccupazione. Affrontano anche la condizione di quei lavoratori palestinesi - una minoranza della forza lavoro - che sono stati obbligati a guadagnarsi da vivere proprio nelle colonie che hanno danneggiato in modo così grave l'economia dei palestinesi e più in generale i loro diritti. Proseguono esaminando il passo dell'Unione Europea (UE) e suggeriscono le iniziative successive che l'UE dovrebbe prendere per rispettare pienamente le leggi internazionali ed europee 1.

Il contesto

Ci sono voluti anni all'Unione Europea per sviluppare la sua posizione sull’etichettatura dei  prodotti delle colonie che Israele ha costruito sui territori palestinesi e siriani [le Alture del Golan. Ndtr.] fin da quando li ha occupati nel 1967. La Commissione Europea ha emanato una decisione nel 1998 in cui si sospettava che Israele stesse violando l'accordo di associazione con l'UE, firmato nel 1995 e entrato in vigore nel 2000, che esentava i prodotti israeliani dal pagamento di dazi doganali. Nel 2010 la Corte Europea di Giustizia ha confermato che i prodotti provenienti dalla Cisgiordania non beneficiavano del trattamento doganale preferenziale in base all'accordo di associazione dell'UE con Israele e che le affermazioni delle autorità israeliane non erano vincolanti per le autorità doganali dell'UE.

Horizon 2020 è un nuovo programma di ricerca e innovazione dell'UE con circa 80 miliardi di € disponibili per il periodo dal 2014 al 2020. Al momento, settanta aziende israeliane partecipano a 212 progetti nell'ambito di Horizon 2020. A questo link è disponibile un file Excel, risultato delle ricerche dell’ECCP [European Coordination of Committees and Associations for Palestine], con l'elenco degli enti israeliani che partecipano a Horizon 2020, i loro partner europei e la quantità di denaro stanziato per le aziende e le istituzioni israeliane.

Durante il precedente programma quadro di ricerca dell'UE, l’FP7 [Framework Programme 7, 2007-2013], entità israeliane hanno partecipato a più di 1500 progetti. Nel corso del FP7, Israele ha contribuito 535 milioni di €, ma ha ricevuto da quel programma un finanziamento del valore 840 milioni di € ($ 1 miliardo).

Attraverso la partecipazione di Israele a progetti di ricerca comunitari e consentendo alle imprese di armi e istituti di ricerca militari israeliani di partecipare ai programmi comunitari, l'UE svolge un ruolo chiave nel sostenere l’apparato militare di Israele, aiutando Israele a coprire il costo dell’occupazione della Palestina e delle azioni militari che comporta. Aziende o organizzazioni come le università spesso contribuiscono direttamente alle violazioni israeliane del diritto internazionale, fornendo i mezzi per facilitare il reato - un elemento rilevante di complicità. Secondo il diritto penale internazionale, chi è coinvolto nella commissione di un reato penale può essere ritenuto responsabile come autore principale o come complice.

Organismi israeliani che partecipano a Horizon 2020 annoverano importanti società militari:

Elbit Systems

Finanziamento ha ricevuto dal FP7: 3.268.720 €.

Finanziamenti Horizon 2020 assegnati finora: 403.750 €.

Elbit Systems è l’azienda leader in Israele in tecnologia militare e armi. I suoi droni (Unmanned Aerial Vehicles - UAV) Hermes 450 e Hermes 900 sono ampiamente utilizzati negli attacchi militari di Israele a Gaza e l’organizzazione Human Rights Watch ha documentato il loro utilizzo da parte delle forze armate israeliane per attaccare deliberatamente i civili palestinesi. A seguito dell'assalto a Gaza dello scorso anno, in cui i civili sono stati deliberatamente presi di mira utilizzando droni, Elbit Systems ha partecipato a una serie di conferenze volte a pubblicizzare le tecnologie utilizzate durante l'attacco. Secondo una ricerca compiuta dal governo norvegese che ha portato alla sua decisione di disinvestire il proprio fondo sovrano dalla società, Elbit Systems fornisce un sistema di sorveglianza elettronico su base continua, chiamato 'Torch', per il muro di separazione illegale di Israele. Il governo norvegese e numerose banche europee hanno rimosso i propri investimenti dalla società a causa di queste forme di complicità con le violazioni israeliane del diritto internazionale. Elbit è stato recentemente accettato a partecipare a FLYSEC, un programma di ricerca Horizon 2020 sulla sicurezza.

Di seguito la versione integrale della nota dell'Avv. Dario Rossi pubblicata su Il Fatto Quotidiano il 21 novembre

Le novità introdotte della “Comunicazione interpretativa” della Commissione Europa del 11/11/2005 sull’etichettatura dei prodotti israeliani provenienti dalle colonie, non sono esattamente quelle che si potrebbero immaginare dalla lettura di tutto quanto pubblicato in questi giorni sui mezzi di informazione.

La UE non ha infatti introdotto alcuna nuova norma, ma si è limitata ad indicare in che modo vanno assolti gli obblighi derivanti da norme già esistenti, in ordine all’etichettatura dei prodotti israeliani che siano originari delle colonie del Golan e della Cisgiordania.

La UE ha già adottato numerose disposizioni in ordine all’obbligo di indicare il luogo di origine dei prodotti (per es. per prodotti cosmetici, ortofrutticoli, pesce, carni bovine etc); esistono altresì nei singoli paesi UE analoghe regolamentazioni, (si pensi in Italia al Codice del Consumo, o alle norme penali di tutela dalle informazioni ingannevoli); trattasi di norme che pur esistendo da anni, risultano largamente inattuate, visto che nell’indifferenza generale, Israele continua a smerciare beni provenienti dagli insediamenti coloniali etichettandoli con il made in Israel.