Boicottaggio sportivo
Jibril Rajoub, presidente dell'Associazione Calcistica Palestinese, ha dichiarato che “L'iniziativa della FIFA per risolvere le restrizioni di libertà di movimento dei calciatori palestinesi è destinata a fallire se Israele non abbandonerà le sue politiche intimidatorie e la smetterà di fare giochietti.” Il presidente FIFA Sepp Blatter, aveva espresso la sua speranza [1] di una soluzione entro la fine dell'anno, e si era detto ottimista sull'arrivare ad una risoluzione che avrebbe ricevuto l'approvazione da parte delle autorità di Israele, in seguito agli incontri avvenuti con Rajoub e la sua controparte israeliana Avi Luzon.
La figura più rappresentativa del calcio palestinese ha disprezzato l'impegno di Israele ad alleviare la condizione dei giocatori e funzionari del suo paese, e dice che l'iniziativa della FIFA per risolvere le profonde divisioni tra i due vicini del Medio Oriente non funzionerà mai a meno che Israele non cessi la sua tattica di "bullismo". All'inizio di questa settimana, il presidente della Fifa Sepp Blatter ha salutato i colloqui iniziali volti a semplificare le restrizioni di viaggio per i Palestinesi della Cisgiordania e di Gaza come "storici" e ha detto di sperare di trovare una soluzione definitiva per la fine dell'anno.
Blatter ha parlato dopo quella che ha descritto come una "vivace" prima riunione della speciale task force istituita per trovare una soluzione diplomatica, a cui hanno partecipato sia Avi Luzon, presidente della FA israeliana, sia Jibril Rajoub, capo della FA palestinese (nella foto).
I due si erano snobbati l’un l'altro all’edizione del Congresso FIFA di quest’anno a Mauritius, ma si sono seduti faccia a faccia presso la sede della FIFA a Zurigo insieme ai rispettivi dirigenti del calcio asiatico e europeo, lo sceicco Salman bin Ibrahim Al Khalifa del Bahrain e Michel Platini.
Platini ha applaudito agli Under 21 di calcio in Israele. Lo sport palestinese intanto fa i conti con le pesanti restrizioni imposte dall'occupazione militare
di Penelope Ferrazzani
Era l'ultimo giorno dell'anno: faceva molto freddo e cominciava a nevicare. Una povera bambina camminava per la strada con la testa e i piedi nudi. La bimba aveva molta fame e molto freddo, nel vecchio grembiule ancora un gran numero di fiammiferi, che non era riuscita a vendere a nessuno perché le strade erano deserte. Le finestre erano tutte illuminate e si sentiva odore di oca arrosto. Era la vigilia del nuovo anno. Una gran festa.
Così ci si sente a leggere sul portale dell'ebraismo italiano, alla data del 19 giugno, i commenti di Platini alle ultime finali Uefa under 21 giocate lo scorso giugno in Israele, se si è stati vicini alle ragioni degli ultimi e dei loro diritti. Esclusi dalla gran festa, celebrata dal presidente UEFA con lodi per lo stato ospitante, Israele, che -scrive l'articolo- "ha saputo incantare con le sue atmosfere"! Di atmosfere era maestra la maga Circe, Ulisse ne portò qualche testimonianza. Vediamo i motivi seri di tanto entusiasmo: nell'arco di 13 giorni, oltre 175mila persone avrebbero assistito ai 15 match, e all'ultima partita, quella giocata tra Italia e Spagna, vinta da quest'ultima, gli spettatori sarebbero stati 30mila. Una questione di numeri. Una questione d'incassi, una questione di mercato. Quella che con drammaticità si è imposta sulle scene brasiliane, quando, dopo un avvio il 13 giugno con una manifestazione di 15mila persone a San Paolo contro l'aumento dei trasporti pubblici collegato con i preparativi dispendiosi dei miliardari campionati del mondo in calendario, ha coinvolto 400 città in manifestazioni contro le enormi spese previste per i mondiali.
Leggi: La piccola fiammiferaia e l'Uefa. Lo sport palestinese e l'oppressione israeliana
Lo scorso febbraio il Barcellona aveva annunciato l'intenzione di essere la prima squadra a giocare una partita a Tel Aviv contro una squadra mista di giocatori israeliani e palestinesi per aiutare "a costruire ponti di dialogo tra i due popoli". Avrebbe dovuto chiamarsi "la partita della pace", prevista per il 31 luglio 2013.
Appena annunciata tale intenzione, tuttavia, si è subito sollevata l'opposizione del popolo palestinese e delle organizzazioni internazionali solidali con la Palestina. Il presidente della Federazione Calcio Palestinese, Jibril Rajoub, ha accolto freddamente la proposta, affermando che era "troppo presto" per un'iniziativa di questo tipo e che "Israele non riconosce la Palestina nemmeno come entità sportiva".
Sotto la bandiera della "pace", il club poneva sullo stesso piano il potere occupante e il popolo occupato. Il Barcellona, in collaborazione con il presidente israeliano e criminale di guerra, Shimon Perese, voleva che il mondo credesse che il conflitto israelo-palestinese fosse frutto di un'incomprensione tra due parti uguali che potrebbe essere risolto con il "dialogo" e costruendo "ponti di pace".
25 anni di vita, 3 in carcere senza motivo per estorcere una confessione su un reato che non aveva mai commesso: l'ex giovane promessa del calcio palestinese racconta la sua storia al fattoquotidiano.it. E accusa: "Israele non merita di ospitare gli Europei Under 21"
di Luca Pisapia
Mahmoud Sarsak è, anzi era una giovane promessa della nazionale di calcio palestinese. Il 22 luglio 2009 è stato arrestato e poi detenuto senza processo per tre anni nelle carceri israeliane, da cui è uscito solo l’anno scorso dopo un lungo sciopero della fame che ha debilitato alcuni suoi organi vitali. Sarsak due settimane fa era a Londra e durante il 37mo congresso Uefa ha consegnato al presidente Platini una richiesta formale affinché a Israele non fosse concesso di ospitare l’Europeo Under 21. Un appello cui ha fatto seguito quello promosso dall’arcivescovo sudafricano Desmond Tutu, dal regista britannico Ken Loach e altri, concordi nel ritenere “sconvolgente che la Uefa dimostri totale insensibilità nei confronti della palese e radicata discriminazione inflitta ai palestinesi da parte di Israele”. In quell’occasione, Mahmoud Sarsak ha deciso di raccontare a ilfattoquotidiano.it la sua storia e le ragioni della sua protesta.
Leggi: Le prigioni di Mahmoud Sarsak: “Torturato per 3 anni da Israele senza motivo”
Durante la manifestazione settimanale del villaggio palestinese Nabi Saleh si alza il cartellino rosso all'Apartheid israeliana per protestare la coppa UEFA Under 21 in Israele.
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Leggi: FOTO: Nabi Saleh alza il cartellino rosso all'Apartheid israeliana!
Attiviste israeliane alzano il cartellino rosso all'Apartheid e chiedono il boicottaggio della coppa Uefa Under 21 davanti agli stadi di Teddy a Gerusalemmme e di Bloomfield a Jaffa.
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Leggi: FOTO: C'è chi in Israele alza il cartellino rosso all'Apartheid!
Proiezione di "Palestina per principianti" e torneo di calcetto
La scelta della Uefa di far giocare gli europei Under 21 in Israele, significa di fatto negare quanto avviene quotidianamente in Palestina e cerca di normalizzare agli occhi della comunità internazionale i soprusi dell'occupazione militare sionista.
Una partita di pallone non può cancellare 65 anni di violenza e abusi perpetrati contro la popolazione palestinese.
Noi scegliamo di Restare Umani fino all'autodeterminazione e alla libertà della Palestina.
Leggi: Ostia, 15-16 giugno - Boicotta gli Europei Under 21 in Israele. Un calcio all'apartheid!
Martedi 18 giugno dalle ore 19 presso il campo sportivo della Colletta (Piazza Aleramo, 24-Torino) si svolgerà un triangolare di calcio tra A.C. PACO RIGORE, RAPPRESENTATIVA PALESTINESE e AFRICA UNITED (profughi c/o ex-moi)
La data scelta coincide con la finale degli Europei di calcio Under 21 che si giocano in Israele, in adesione alla campagna internazionale “Show red card to Israeli Racism”, contro l'assegnazione della manifestazione ad uno stato che occupa militarmente da decenni i territori palestinesi in violazione continua del diritto internazionale e dei diritti umani.
L’iniziativa ha inoltre l'obiettivo di raccogliere fondi a sostegno della costruzione dell'Asilo "Vittorio Arrigoni "a Khan Younis in Palestina, progetto dell'Associazione Dima in collaborazione con l’associazione “Ghassan Kanafani”, che gestisce cinque strutture simili in diverse località della Striscia di Gaza.
La casa automobilistica correrà nella Città Santa il 13 e il 14 giugno. Protesta dell'Anp: «Violate tutte le convenzioni internazionali». L'azienda non replica.
di Michele Giorgio
A Maranello continuano a dimenticare violazioni di diritti, occupazioni militari, convenzioni e leggi internazionali. È accaduto un paio di mesi fa in Bahrain dove la Rossa, senza esitare un minuto, è scesa sul circuito di Sakhir nonostante le proteste popolari che da due anni sono represse del sangue dalla monarchia assoluta che domina quel Paese. Accade ora a Gerusalemme, città occupata secondo le risoluzioni dell'Onu, al centro del conflitto tra israeliani e palestinesi. Dopo Rotterdam, Doha, Rio, Mosca e altre città, la Ferrari sarà protagonista di un'altra esibizione cittadina.
Leggi: Gerusalemme: La corsa della Ferrari nella città occupata indigna i palestinesi